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Ma è radical chic dire che gli elettori possono credere alle frottole?

Post n°84 pubblicato il 30 Gennaio 2017 da claudionegro50
 

 

Ho sempre trovato ridicolo quanto benintenzionato il politically correct, e ho sempre detestato l'approccio del "antropologicamente differente" con cui, anche da noi negli anni di Berlusconi, da sinistra venivano bollati gli elettori del centro destra (vezzo che comunque già si trovava nelle intemerate di Sant'Enrico Berlinguer sul tema dell'onestà).

Ora però mi sembra che, in epoca di populismi trionfanti, stia prendendo piede il vezzo opposto: quello per cui per non sembrare radical chic occorre santificare il voto popolare comunque. Ovvio che il voto decide, ci mancherebbe altro... Ma che occorra dargli alibi e giustificazioni qualunque sia la scelta che fa non mi pare obbligatorio.

Partirei da una constatazione di base: un'opinione può essere una minchiata, magari anche dannosa, pure se viene dal popolo ed è suffragata del voto elettorale. Il che non deve vietare a chi la condivide di sostenerla. Ma non deve neppure vietare a chi se ne rende conto di dire che è una minchiata; senza tanti giri di parole e ricerca di circostanze attenuanti (queste sì insopportabilmente politically correct).

Gli americani hanno votato Trump in odio all'establishment di Washington e agli squali di Wall Street? A parte che adesso si ritrovano con un Governo composto quasi totalmente di miliardari, si sono domandati che effetti avranno i dazi doganali ("buy american") sull'esportazione americana quando gli altri paesi avranno prese le loro contromisure? E' il mito ricorrente dell'autosufficienza della grande potenza, della guerra alla globalizzazione, della sovranità che, grazie ad una politica impavida e gagliarda, sana ogni problema. Sfasciamo la NATO: hanno pensato gli elettori di Trump come sarà il futuro degli USA isolati militarmente e commercialmente in un mondo dove, piaccia o no a Tremonti, la globalizzazione andrà avanti, con Cina, India, Russia a dividersi il pianeta a partire dall'Europa? Certo che no! Si sono riconosciuti in Trump perchè dice le stesse stupidaggini che dicono loro al drugstore o dal barbiere. Dire che si tratta di stupidaggini fa di me uno schifiltoso capalbino? Dice: ma hanno sofferto molto durante la crisi. A parte che in America la crisi è passata da un po' e mica tutti sono ex operai dell'industria dell'auto, si dice che hanno votato "con la pancia": ma la pancia si sa, non è organo preposto al ragionamento; non è proprio il caso di rivalutare il voto di pancia esclusivamente in odio alle pur odiose intelligentzje della sinistra.


Da noi il referendum ha azzoppato Renzi. A parte i NO politici (magari strumentali ma comunque consapevoli), è stato enfatizzato il NO dei giovani. E si è detto che hanno votato contro perché sono disillusi sul futuro, ostili a un sistema che li esclude, sfiduciati da una politica che si presenta distante e sempre uguale a se stessa. E allora hanno per conservare tutto com'è, contro l'unico tentativo fatto negli ultimi trent'anni di cambiare le Istituzioni! Sapevano che votavano per conservare tutto così com'è? Credo di no: hanno votato "contro", non "per". Colpa nostra che non gli abbiamo fornito i "per"? Forse i nostri "per" avevano meno appeal delle bufale e dell'odio che ribollono nei social. Un'osservazione: Renzi ha attirato su di sé un odio non spiegabile con qualunque episodio del suo operato. Un odio distruttivo, che si nutre di falsità, ma perfettamente in sintonia con quanto ci si vuol sentir dire.


E qui mi sembra necessaria un'altra osservazione: il populismo non sopporta la competenza e la conoscenza dei problemi. Ognuno è portatore della sua soluzione, e uno vale uno. L'opinione di Veronesi su come curare un tumore vale come quella della casalinga innamorata del metodo Di Bella. Una bufala di Di Majo vale quanto la spiegazione di Padoan (anzi, piace di più perché vicino a quel che si dice al bar ed evita di doversi documentare). Ognuno in rete può proporre la sua soluzione. Bello: al bar da decenni ognuno propone la propria formazione per la Nazionale. Ma la formazione della Nazionale poi non è sottoposta a suffragio universale: le scelte politiche sì!

 

Quando Grillo dice di voler sottoporre ad una "giuria popolare" le menzogne della stampa, dice esattamente questo: non è importante se la notizia sia giusta o falsa, importante è che la gente la condivida o no.

 

Il virologo Burioni su Facebook si dichiara indisponibile a discutere in materia di vaccini con chi non ha una preparazione specifica in merito. Ha perfettamente ragione: in assenza di una discriminante che si rifaccia alle competenze non c'è confronto, ma un frullato di chiacchiere e sermoni autoreferenziali. C'è il rischio di consegnare la materia ai "colti" escludendo il popolo? Certo! Dall'altra parte c'è il rischio di affogare le questioni in un magma di luoghi comuni, pregiudizi e sciocchezze legittimati dalla categoria dell'ignoranza quale elemento fondante del "sentire popolare" (basta con gli esperti, urlavano gli attivisti pro Brexit...).

 

In fondo Lenin sosteneva che anche una cuoca deve poter dirigere lo Stato, ma probabilmente anche lui avrebbe esitato davanti alla candidatura di Salvini o di Grillo.

 


 

Abbiamo sempre pensato che le menzogne (e ce ne sono state tante, ma a quei tempi la diffusione era limitata dalla scarsa diffusione dei media) potessero "condire" un'elezione, ma non determinarla. Credo che le cose comincino ad essere differenti. Non si tratta infatti semplicemente di una notizia falsa ( tipo: Romani, Cesare vuole farsi re..!) ma di una complessiva percezione falsata della realtà: la criminalità è in aumento (ma non è vero, i reati diminuiscono); i prezzi corrono e la gente non ce la fa più (non è vero, i prezzi sono in discesa); il Governo salva le Banche per compiacere i "poteri forti" (non è vero, si tutelano i correntisti e i lavoratori), la disoccupazione galoppa (non è vero, i posti di lavoro aumentano da più di un anno a questa parte). Il ribellismo populista ha la possibilità di inventare notizie, lanciare allarmi, senza alcun timore di essere giudicato irrealistico: bestialità come il no alle vaccinazioni, le scie chimiche, il "signoreggio" bancario (vecchia invenzione di Beppe Grillo) vengono contrabbandati nel bagaglio di conoscenze comuni e condivise di un numero crescente di persone.

 

Il divide non sarà antropologico (ma in termini di antropologia culturale forse sì) ma è grave lo stesso: segmenti interi della comunità perdono il contatto con tutto quello che è stata la cultura occidentale, l'approccio induttivo alla conoscenza, il metodo razionale, la capacità critica. La sfiducia nella scienza, la paura del nuovo (caratteristiche ahimè riscontrabili anche nella sinistra non certo Trumpiana, e perciò ancora più preoccupanti perché evidentemente tendono a diventare dominanti) sono patrimonio comune.

 

Allora: sono radical chic se dico che questa inclinazione mi pare estremamente pericolosa per l'Occidente e tutto ciò che esso rappresenta a partire dalla democrazia? Non ho da proporre una soluzione: non ce l'ha nessuno, anche perché i golpisti stanno piuttosto dall'altra parte. Ma vogliamo ammettere che il problema esiste, e mette in luce le contraddizioni che possono esistere tra i metodi e i fini della democrazia?

 

 

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