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Dopo le regionali tre anni per modernizzare il Paese
Una cosa è certa: da martedì Bassolino non sarà più governatore della Regione. Per la Iervolino, invece, dovremo aspettare ancora un anno ma è l’ultimo. Secondo i book makers londinesi, che difficilmente sbagliano, Stefano Caldoro dovrebbe vincere con ampio margine e con lui la coalizione di centro destra. Secondo altre fonti, Vincenzo De Luca dovrebbe prendere più voti della coalizione che lo sostiene e, se deciderà di restare in Consiglio, sarà un agguerrito capo dell’opposizione. Il che non guasta.
Il nuovo governo regionale dovrà innanzitutto affrontare l’emergenza lavoro, dando impulso ai settori industriali che possono creare occupazione, dare attuazione al piano edilizio destinato, così com’è, a restare sulla carta, avviare le bonifiche dei terreni inquinati, fare altri inceneritori, imporre la raccolta differenziata, riformulare il piano della formazione professionale, riformare la Sanità sottraendola a partiti e potentati vari, chiudere le partecipate in passivo e fare piazza pulita delle altre greppie clientelari. Poi occorrerà riordinare l’assetto istituzionale regionale, assegnando più potere alla Assemblea, trasferire deleghe e risorse a Provincie e Comuni ed affrontare il nodo dell’uso dei fondi Ue, concentrandoli su progetti strategici. Ad occhio e croce è il lavoro di una intera legislatura.
Ma il voto di domenica e lunedì ha anche forti implicazioni politiche nazionali. Per il centro destra il nemico principale è l’astensionismo e non a caso, da giorni, Berlusconi insiste sulla necessità di non disertare le urne. Per il Pdl la partita è delicata. Al nord la Lega di Bossi, al centro-sud le postazioni di Gianfranco Fini, tentano di ridimensionare l’egemonia berlusconiana nella coalizione e nel partito. Se la Lega prendesse più voti del Pdl in Veneto ed in Piemonte chiederebbe di mantenere il Ministero dell’Agricoltura e di indicare il prossimo Sindaco di Milano, con ovvi problemi di equilibrio nella coalizione. E d’altra parte un risultato debole rilancerebbe l’iniziativa degli uomini di Fini ed il dialogo con l’Udc di Casini e lo stesso Bersani (ad esempio sulla riforma elettorale). Le regioni “sicure” sono quattro, Lombardia, Veneto, Campania e Calabria e, dando per scontato il voto rosso della fascia appenninica, la partita si giocherà su Lazio e Puglia. Se il centro destra si attribuisse anche solo una delle due si potrebbe parlare di vittoria netta (in termini di abitanti se non in numero di regioni conquistate) e questo consentirebbe di liquidare resistenze e ostacoli al varo delle riforme. Viceversa, fermi restando il patto con Bossi e la lealtà di Fini, si entrerebbe in una fase di fibrillazioni continue che rallenterebbero tutto. Berlusconi, tirato per i capelli dagli ultimi fuochi delle Procure, è sceso in campo nell’ultima settimana utile ma si è detto determinato ad utilizzare i prossimi tre anni di calma elettorale per portare a termine il suo programma e questo fa capire che è comunque deciso a battere ogni resistenza ed a varare le riforme, della Giustizia e della Costituzione, a prescindere dal confronto con le opposizioni ed anche a costo di forzature interne. Dunque, qualunque sarà il risultato delle regionali, il centro destra tenterà di uscire dallo stallo in cui è finito negli ultimi mesi, ma saranno i voti a decidere in quale direzione.
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Inviato da: kfj k jf
il 21/05/2011 alle 07:19
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il 10/05/2011 alle 15:45
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il 17/01/2011 alle 15:24