corvo rosso
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Sbagliano coloro che criticano il ddl sul “processo breve” perché sarà pure imperfetto, ma nessuno vieta di perfezionarlo; servirà pure ad impedire che il premier venga condannato a Milano nei casi Mills e Mediaset, ma ben venga se serve ad evitare un cortocircuito politico istituzionale letale per il Paese. La legge che riduce la prescrizione a due anni per ogni grado di giudizio e per i reati meno gravi è concettualmente giusta perchè i processi da noi durano un’eternità al punto che la Corte dell’Aja ci ha condannato centinaia di volte. Ed è utile perché crea i presupposti per avviare la riforma della giustizia che tutti riconoscono come improcrastinabile. In Italia ci sono dieci milioni di cause pendenti, l’80% dei reati impuniti, lentezze, inefficienze ed incongruenze di ogni genere. La magistratura è politicizzata, organizzata in associazioni che sono “partiti”, da “ordine” si è costituita in “potere”, è diventata una corporazione, risponde solo a se stessa. Alcune sue frange minoritarie ma influenti sono da quindici anni in guerra aperta con la politica, non tutta, segnatamente con Berlusconi ed il centro destra. Il conflitto pregiudiziale ed ideologico tra il potere di controllo di legalità e la rappresentanza della sovranità popolare a lungo andare è mortale per la democrazia. Tutto questo è noto, se ne parla dai tempi di tangentopoli, è il pane quotidiano del dibattito politico e civile. Invece di fare le barricate sui presunti benefici della prescrizione breve per Berlusconi verso il quale il fumus persecutionis delle Procure si tocca con le mani, sarebbe meglio che le opposizioni, al netto di Di Pietro che campa sul populismo giustizialista, si concentrassero sui contenuti della riforma rendendosi disponibili per un intesa anche parziale. C’è un tema preliminare che è l’autonomia della politica, non un privilegio ma un principio democratico, che va tutelata col ripristino dell’immunità parlamentare e la riproposizione del lodo Alfano con legge costituzionale. Poi c’è la questione del funzionamento del processo nel quale occorre garantire condizioni di parità tra accusa e difesa. Questo implica la separazione delle carriere tra inquirenti e giudicanti e dei rispettivi organi di autogoverno. Bisogna rivedere il principio costituzionale dell’obbligatorietà dell’azione penale che è diventata uno spazio improprio di discrezionalità nell’esercizio dell’azione penale, spesso arbitrario e/o strumentale. Naturalmente la autonomia ed indipendenza della magistratura vanno tutelate e se possibile rafforzate . Ma occorre anche introdurre il principio di responsabilità civile che molti anni fa fu approvata per referendum e subito devitalizzata per legge. Infine, poderoso snellimento delle procedure e certezza della pena, campi nei quali è necessario intervenire anche radicalmente ma solo quando saranno operative le garanzie del giusto processo. Su tutto questo un’ intesa, non un inciucio, tra maggioranza ed opposizione sarebbe l’optimum. Sappiamo che per varie ragioni è difficile. Naturalmente l’accordo va perseguito. Ma non a tutti i costi. Quel che preme è riformare la giustizia nell’interesse del cittadino e chiudere lo scontro magistratura e politica, senza vincitori e vinti. Prima si fa, meglio sarà per tutti.
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