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Creato da: sareva82 il 29/06/2009
commedia romantica in ospedale vista mare

 

 

cap. 98 - Il matrimonio del mio migliore amico -

Post n°100 pubblicato il 27 Agosto 2009 da sareva82

A questo punto dovrei copiare (ripeto che si tratta di una storia che ho scritto nel 2004) l'ultimo capitolo,  quello con la sorpresissima finale.

Per il momento NON LO FARO'.

Forse più in là. Chi ha già letto tutta la storia (dico a te, Paola) è pregato di tacere

Grazie a tutti per la cortese attenzione.


 
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cap. 97 - Uomini, uomini, uomini -

Post n°99 pubblicato il 27 Agosto 2009 da sareva82

Non sono spirata. Ma c’è mancato poco. Stamattina sono andata in ipoglicemia grazie a quarantotto ore continue di digiuno e poi mi è partito un mal di testa condominiale grazie alla pompa antalgica (o bomba? quattro Lixidol, tre Fortradol e una morfina) che mi è stata attaccata per non farmi sentire dolore. In effetti, alla pancia non ho sentito niente, ma ho compensato sentendo di tutto in tutto il resto del corpo e in più, con ogni probabilità, emergerò da questo intervento tossicodipendente.

Con gli occhi chiusi, in uno stato di continua semincoscienza ho sperato che sulla porta apparisse la sagoma di Dario anche se nella mente confusa si affacciava con la fisionomia di Luca. Se non fossi stata così precipitosa, così intransigente, avrei avuto lui accanto a me, anzi mi avrebbe proprio addormentato lui e ora non sarei stata così male.

Avevo urgente bisogno di qualcuno affidabile che prendesse in mano le redini della mia salute mentre le Coccinelle, dimenticando di essere medici, intrattenevano brillantemente gli ospiti, mangiavano biscottini e bevevano aranciata e tè freddo senza occuparsi di me. 

Francesca ed Elisabetta, infatti, non sanno fare troppe cose assieme. Ricevere degnamente la gran massa di visitatori era il massimo impegno che potessero portare a compimento.

Per fortuna Alberto oltre ad essere un bravo chirurgo estetico è anche un bravo medico e si è reso conto che il successo dell’intervento stava per essere inficiato dalla mia dipartita per futili motivi legati agli elettroliti e alla glicemia e ha provveduto.

Ho continuato fiduciosa ad aspettare Dario che aveva promesso, ma lui non ha neanche telefonato.

I maschi, evidentemente, hanno un’idea tutta loro dell’amicizia. Forse ha ragione Billy Cristal.

“Forse lo hai sovrastimato”, dice Marcello vedendo i miei occhi da Lilli e il vagabondo.

“Oh, no, no”, inorridisco. “Gli sarà sicuramente capitato qualcosa. Dario è una persona perbene”

“No”, abbaia Francesca, “Dario è solo un pusillanime che ha mandato giù a memoria decine di testi di medicina. E’ qualcuno solo quando indossa il camice, appena se lo toglie è una nullità”

“No, no, ti sbagli, non lo conosci, è un uomo buono. Ti sei dimenticata quanto tempo ha perso ad insegnarmi tutto quello che sa di aritmologia?”

“No, non l’ho dimenticato e  visto che siamo in argomento ti dico che non lo ha dimenticato nemmeno lui e non permette a nessuno di dimenticarlo perché ogni occasione gli torna buona per ricordare a chiunque che il poco che sai lo devi a lui”. Si porta di scatto una mano alla bocca, ma ormai le parole sono rotolate fuori e stanno sospese nell’aria, fra noi.

“Mi dispiace, non volevo”, dice venendo a sedersi sulla sponda del letto e prendendomi una mano. “Davvero, mi dispiace, ma è che tu gli vuoi talmente bene e lui è talmente gretto e indegno che non ho resistito”.

“Se le cose stanno davvero così”, dice Marcello, “avresti fatto bene a parlare prima. E’ giusto che lei sappia dove ha riposto il proprio affetto”.

“In un vespasiano, ecco dove”, rincara la dose Elisabetta. “E’ vero che ti ha insegnato l’aritmologia ma lo ha fatto solo perché lo faceva sentire importante agli occhi di tutto l’ospedale”

Ok, ok. Ricevuto, Terra. Passo e chiudo.

 

 
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cap. 96 - M.A.S.H. -

Post n°98 pubblicato il 27 Agosto 2009 da sareva82

La sala operatoria è grigio azzurra e fredda. Continuo a provare quel sentimento composito di attrazione e repulsione. Stringo tra le mani un pezzetto di mattone che apparteneva al pavimento del salone della mia casa di Carpineto. E’ liscio, caldo, rosso scuro. Mi dicono che non potrò tenerlo durante l’intervento e allora lo affido ad Alberto, il chirurgo estetico destinato a suturarmi in modo elegante - a punto erba -. E’ caro e rassicurante, Alberto. L’ultima cosa che ricordo è il suo sorriso dolce e malinconico.

Quando mi sveglio effettuo una punzonatura sommaria. Ci sono le Coccinelle e la maggior parte delle nostre infermiere. Di Dario nemmeno l’ombra. Gloria probabilmente è con le bestie. Sono rincoglionita, mi viene un po’ da vomitare ma non mi sento diversa da qualche ora fa. Voglio tirarmi su e truccarmi prima che arrivi Jacopo e poi voglio una gassosa, non una sprite o una schweppes, proprio una gassosa nella bottiglietta di vetro e voglio pure un piatto della schifosa minestra di fagiolini di zia Elena e la pastina con l’olio Plasmon e il parmigiano. E voglio pure un maritozzo, uno di quelli con la crosta dura che sembrava ferro arrugginito e lo zucchero in polvere e che via via che mordevi si pietrificava e non finiva mai.

“Li fanno ancora i maritozzi?” farfuglio o forse lo penso e basta. E penso che ormai sono diventati un reperto archeologico pure i maritozzi perché dappertutto trovi i cornetti surgelati che hanno lo stesso sapore a Palermo come a Bolzano. Mi esplode una gran malinconia da maritozzo ma per fortuna mi addormento.

Poi mi sveglio, trovo la forza di spettegolare e di guardarmi allo specchio. Ho appena finito di passarmi il mascara che nella porta si incornicia un giacchino bianco corto coi bottoni dorati e il colletto rigido da allievo dell’Accademia di Modena: tutto è a posto. Posso anche spirare.

 

 
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cap. 95 - Tolgo il disturbo -

Post n°97 pubblicato il 27 Agosto 2009 da sareva82

Ho dormito stanotte? No, mi sono limitata a galleggiare sul materasso oppressa da una sensazione promiscua di ineluttabilità e di incognito che mi procurava un sentimento misto di angoscia e baldanza. Mi alzo compassionandomi. Quanto mi voglio bene! e quanto mi faccio pena!

Faccio mangiare i cani accarezzandoli quel tanto che basta per innervosirli, li saluto uno ad uno con un biscotto Friskies alito fresco a forma di osso e un bacio sulla testa, faccio la doccia guardando persino i rubinetti con la malinconia dell’esule. Le valigie le ho preparate ieri sera. Ora devo solo cambiare le federe ai miei cuscini (le metto di lino finissimo con ricami a mano e inserzioni di pizzo al tombolo. Le adoro), infilarli nel borsone, truccarmi poco, vestirmi molto e andare.

Indosso un tubino nero di Ungaro, l’impermeabile corto che lo gemella, calze nere, sabot rosso fuoco, borsa di seta rossa e guanti di raso in tinta. Sono teatrale e fuori posto ma ho terribilmente bisogno di non essere anonima perché mi sento in pericolo di identità.

Arrivo in ospedale contemporaneamente a Jack lo Squartatore. Gli mollo le valigie - perché il minimo che possa fare per me uno che tra un po’ mi farà del male è portarmi le valigie - e salgo al primo piano.

 

 
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cap. 94 - Domenica maledetta domenica -

Post n°96 pubblicato il 27 Agosto 2009 da sareva82

Trascorro una domenica in assoluta solitudine bevendo spremute d’arancia con vodka al melone o meglio vodka al melone allungata con una spruzzatina di succo d’arancia, facendo il conto alla rovescia, ascoltando tutti i cd che ho comprato ultimamente (e scopro con raccapriccio di aver comprato sulla fiducia il più sdolcinato e imbarazzante Neil Diamond che non contiene nemmeno una di quelle romantiche canzoni che Teleradiostereo negli anni ottanta mandava in tarda serata), cucinando per il mio bambino che ha ottenuto una licenza speciale e domani sera sarà a casa e chiedendomi, decadente come solo io: ‘chissà se quando mangerà questa quiche ai funghi sarà orfano?’ (sono nata per questi ruoli drammatici di LEI eroica che si prodiga per un figlio o un grande amore o una giusta causa e poi abbandona questa valle di lacrime in silenzio e solitudine lasciando dietro di sé rimpianto imperituro e gratitudine sempiterna).

 

 
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