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Ciro: "Mollare Mai"

Post n°331 pubblicato il 12 Dicembre 2009 da goblins76

TORINO
Ferrara, dopo quanto è successo con il Bayern si sente in bilico?
«No e avverto fortemente la stima e l’apprezzamento della società per il mio lavoro: sono un allenatore alle prime armi e devo crescere. Il problema è che c’è poco tempo».
Dunque non ha mai pensato di dimettersi?
«Non ci penso proprio».
Nonostante le critiche?
«Dopo l’eliminazione dalla Champions League mica potevamo essere elogiati: nel bene e nel male bisogna andare avanti e sopportare le critiche, rifiutando quelle prevenute e cattive. Per il resto ci sta tutto».
Fa un esempio di critica prevenuta e cattiva?
«Chi sa leggere se le vada a riguardare. Qualcosa non torna: anche all’inizio della stagione, quando vincevamo, più del risultato si sottolineavano le occasioni che lasciavamo agli avversari».
Forse era soltanto preveggenza. Quei difetti non sono stati capiti né corretti e vi hanno portato a questo punto.
«Però c’è chi, dopo l’eliminazione, ha criticato costruttivamente e chi va oltre, sul pesante: è un gioco che non mi piace, io sto tranquillo ma prima o poi restituisco tutto al mittente. Il libro nero l’ho già aperto da un po’».
Si sente attaccato come Ranieri l’anno scorso?
«Un’altra domanda».
Con che spirito può ripartire?
«Le persone forti e intelligenti devono reagire quindi siamo tenuti a farlo. Contro il Bayern non abbiamo fatto quanto ci si attendeva: incassiamo le critiche, le mazzate e andiamo avanti. Bisogna avere coraggio senza mettere giù la testa».
Crede che a qualcuno dei suoi martedì sera sia mancato proprio il coraggio?
«Non penso che i miei giocatori avessero paura di sbagliare: non è stato questo il problema. La delusione è stata forte, la sconfitta brucia. Ho detto a loro le stesse cose che ripeto a tutti: dobbiamo crescere».
Tre giorni prima della Coppa, contro l’Inter, si era vista un’altra Juve. Come lo spiega?
«È la dimostrazione che ogni partita fa storia a sé».
La storia con il Bayern è meglio non raccontarla. Non è soprattutto il modo in cui siete stati battuti a rendere grave l’eliminazione europea?
«Uscire sarebbe stato comunque il fastidio più grande: certo, il modo in cui è successo non aiuta a superarlo».
Lei usa molto i concetti di gruppo, di impegno, di motivazione. Dopo ogni sconfitta la ricetta sembra soltanto psicologica. Dunque la tecnica di chi sbaglia passaggi di 2 metri e l’organizzazione tattica che non si è vista in Coppa non contano più?
«Non le ho mai messe in secondo piano però se parla con i giocatori capirà che, oltre al modulo e alle tattiche, danno importanza ad altre cose».
Lei insiste su questo tipo di gioco o cambia?
«Non c’è nessuna revisione tattica. Mi sembra di vivere in un altro mondo: io non cambio modulo così sono tutti contenti. Questi discorsi mi hanno già rotto le scatole, ne avete scritte di cose sul modulo...».
Qui non si discute di formulette ma di come la Juve si allena e di come sta in campo.
«Noi lavoriamo su tecnica, tattica, corsa. Su tutto».
Lavorerete anche sui tanti gol presi su calcio piazzato?
«Per quello ci sono poche scuse e nessun alibi. Non è una questione di modulo o di quanto si corre: lì conta l’attenzione che va migliorata».
Almeno sappiamo che qualcosa non va nel concreto.
«Non ho mai negato che in alcune partite abbiamo incontrato difficoltà a concretizzare in attacco, in altre potevamo fare meglio in difesa. Sono cose che sappiamo».
Non interverrà su alcuni giocatori chiaramente in confusione? A Felipe Melo, ad esempio, non servirebbe una sosta più lunga della giornata di squalifica che lo fermerà con il Bari?
«Non farò niente di specifico. Il momento e la sconfitta ci coinvolgono tutti: i brasiliani non sono più responsabili di quanto lo sia io o gli altri».
Però Melo, Diego e anche Amauri stanno deludendo più degli altri. Come può intervenire?
«Anche loro sanno che devono migliorare. Tutto qui».
Perché ha permesso a Buffon di rinviare ancora l’operazione al ginocchio?
«Perché è un bel gesto. E’ l’ulteriore dimostrazione di quanto sia grande e importante per la squadra: vuole essere vicino ai compagni e alla società».
Però con questo ritardo diventa quasi impossibile che recuperi per il 10 gennaio con il Milan.
«Il rischio ci sarebbe stato anche se si fosse operato mercoledì scorso».
Contro il Bari e il Catania vi giocate l’ultima credibilità?
«Ce la giochiamo tutti i giorni ma restiamo lucidi e sereni: non possiamo andare a Bari carichi di pressione. E se avremo la stessa umiltà che dimostra il Bari faremo bene».
(La Stampa)

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PRIMO GOAL

Eri poco più di un ragazzo quando ti buttarono dentro al tuo primo campo di calcio di serie A.

In quel momento, quando il Trap ti disse:"Dai, scaldati che tocca a te", tu non sapevi che pensare, un groppo in gola, le gambe che tremavano, ma ti facesti coraggio.

Alzarsi dalla panchina e iniziare il riscaldamento, una corsa verso l'ignoto.

Pensasti a tuo padre, a tua madre, al fratello che ti aveva sempre sostenuto, ai tuoi amici più cari ai quali sarebbe venuto un'infarto nel vederti entrare in campo, ma  dopo c'era solo l'ignoto.

Non sapevi a cosa seresti andato in contro dentro quel campo da calcio, eppure il terreno di gioco l'avevi calpestato migliaia di volte, in quel momento ti sembrava fosse la prima volta che ti capitava di giocare...

Pensare a cosa fare, a come doverlo fare, pianificando tutto nei minimi dettagli, e  poi l'arbitro fischiò…toccava a te.

Baggio ti sorrise e  strizzò l'occhio, Moeller ti guardò impassibile, Ravanelli ti battè il 5..:"e adesso?.....cosa ne sarà di me", ti chiedesti?...Dribbling di Julio Cesar, palla a Marocchi che dà subito a Baggio,il quale lancia la palla in profondità, sui tuoi piedi..Goal..si Goal...non sapevi cosa fosse...gioia, emozione...cuore gonfio di sentimenti che passano veloci confusi nella mente e nell'animo che sembra poter volare

 

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LA STORIA SIAMO NOI

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