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FUMATUL di Pier Luca Cozzani (seconda parte)

Post n°8 pubblicato il 04 Settembre 2013 da cutupedizioni

Il giovane che si avvicina a Gabriel ha il passo elastico di chi fa molta attività fisica. Lo sfiora con apparente noncuranza, mentre si dirige verso il magazzino.

«Ho la chiave…» sibila Dario, passando accanto a lui. «Hai il camion?»

«Devo telefonare», risponde Gabriel. «Ci vediamo dopo il lavoro, al bar?»

«Alle sette» conferma Dario.

 

Più tardi, davanti a un Negroni e un piattino di olive, il mondo sembra avere messo via quella faccia da stronzo.

«Il camion aspetterà nella via laterale», conferma Gabriel. «Vengono in due. Gli accordi sono metà loro, metà noi.»

«D’accordo.» Dario si infila in bocca una manciata di noccioline, poi ammicca in direzione di Mirka, seduta al tavolo con due ragazzi italiani.

«Non è la mia ragazza, lo sai…» Gabriel stringe le mascelle, mentre lo dice. Anche se abbiamo passato una serata assieme…»

«Ma ti piace parecchio, no?»

«Non sono fatti tuoi, Dario. Stasera alle dieci, e fai un bel lavoro con quell’allarme.»

«Alle dieci.» Il giovane allunga una mano dietro al banco e sfiora una guancia alla giovane barista.

«Paga Gabriel, stasera.»

La ragazza fissa il metallo del bancone, mentre risponde:

«Quando ci vediamo, Dario?» Quando rialza gli occhi verso di lui, vede solo la sua schiena allontanarsi.

«Bastardo» dice, con un filo di voce. Poi:

«Allora sono nove euro, Gabriel.»

Una fabbrica chiusa emana un odore particolare, come di un corpo che dorme ma esala ancora la vitalità della veglia. Il silenzio è scosso da rumori improvvisi, ronzii di apparecchi elettrici accesi anche di notte, il latrato basso e minaccioso del trasformatore nella cabina elettrica, il lamentarsi del cemento armato che scricchiola. Dario è silenzioso e attento, davanti alla porta dello spogliatoio. Stringe in mano la chiave, nervosamente.

«Aspettiamo ancora un po’, Gabriel.»

Il giovane annuisce, dominando la voglia di fumare.

Sto per commettere un crimine. Perdonami, papà.

E non è criminale, quello che stanno facendo a te? Grida la voce nella sua testa.

Sei euro all’ora, lordi, per spaccarsi le mani, per essere maltrattati e umiliati. Tutto quel rame… sono solo scarti di lavorazione, in fondo. Al padrone quel furto farà il solletico. Il rame… Gabriel e Dario hanno fatto bene i conti: al mercato nero un camion ben carico può fruttare dai trenta ai quarantamila euro, se tutto va bene fanno diecimila a testa. Potrebbe cambiare macchina, forse addirittura dare un anticipo, sottoscrivere un mutuo e comprarsi un bilocale a Linfano.

Vicino alla zona industriale i prezzi non sono alti… smettere di regalare soldi a quel bastardo del padrone di casa…. Gabriel ricorda bene quanto ha dovuto penare per avere il contratto di affitto. Tutto quel rame, scarti di lavorazione a pezzatura piccola, col muletto caricheremo direttamente le casse sul pianale del camion… basteranno pochi minuti. Poi, lontano, sente il rumore dell’autocarro.

I due ragazzi si guardano, mentre il rumore aumenta come la voglia di fumare. Dario si inventa un sorriso tirato, poi si avvicina all’autista e gli spiega come arrivare al cancello sul retro.

«Aspettate lì. Fra dieci minuti esco col muletto. Preparate il camion con la sponda abbassata.»

«Sei pronto?» chiede Dario a bassa voce. «Passiamo dagli spogliatoi, stacchiamo l’allarme e corriamo ai muletti. Carichiamo due casse a testa e via di corsa. Prima di scappare ricordiamoci di reinserire l’allarme.»

Gabriel annuisce, con le labbra strette, mentre guarda Dario infilare la chiave nella toppa. Un istante dopo lo afferra per un braccio e stringe fino a fargli male, strattonandolo per costringerlo a girarsi verso il cancello principale del capannone. Gli occhi dei due giovani si dilatano, mentre osservano la luce del cancello elettrico lampeggiare. Subito dopo, un clang metallico dice che il cancello si sta aprendo

«Chi?» chiede Gabriel, poi la vede, la X5 nera che entra nel parcheggio: la macchina di Zanna. Nello stesso momento, un beep prolungato avvisa che l’allarme è stato spento. L’uomo nell’auto rimette il telecomando nel vano portaoggetti, poi accarezza la coscia della ragazza al suo fianco. Lei ride a bassa voce.

«Ehi, quanta fretta. Aspetta almeno di essere dentro, capo!»

Zanna annuisce. Lo hanno fatto altre volte. Il suo ufficio, di notte, è il posto più sicuro dove incontrarsi. Parcheggia la BMW dietro un conteiner, poi l’uomo e la ragazza scendono dall’auto e si avvicinano all’ingresso.

 

«Dammi la chiave dello spogliatoio.» La voce di Gabriel è un basso latrato.

«Sei pazzo?» C’è paura, in quella di Dario. «Vuoi farci arrestare?»

«Dammi la chiave. Tu vai pure via. Quelli del camion se ne andranno, se non ci vedranno arrivare.»

«Non fare pazzie, Gabriel. Possiamo tornare un’altra volta, non ci ha visto nessuno…»

«Dammi la chiave, Dario» Adesso lo sguardo del ragazzo è scuro come la notte, la voce quella di chi non ammetterà un rifiuto.

«E va bene, scemo di un rumeno! Vai a fare la tua cazzata, vai a farti arrestare e a farti dare  un sacco di botte, lo sai come li trattano, quelli come te?»

«Lo so da una vita. La chiave, Dario.»

Il ragazzo appoggia la chiave sul palmo aperto di Gabriel. «… Fanculo!» sbotta, allontanandosi. «Tu non mi conosci, non mi hai mai visto qui e hai fatto tutto da solo. Chiaro, rumeno?»

«Chiaro.» Ora l’unico rumore è quello della chiave che gira piano nella toppa. La porta si apre con un clic leggero, e Gabriel è dentro. (continua...)

 

 
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