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"Giuli-uccia" di Gianna Taverna

Post n°11 pubblicato il 13 Settembre 2013 da cutupedizioni

Vaduccia, sono come Vaduccia, quella de l’Amante di Yehoshua.
Sono... cosa sono ora... pianta, minerale, animale? Animale, sono ancora un animale.
Un’anima-lessa... ecco, sono ancora persino spiritosa.
Sono qui in un letto, in una casa che non è la mia, con i piedi fuori dal lenzuolo... non parlo, la
voce non so se ce l’ho ancora.
Eppure io parlavo tanto, ma tanto, e gridavo anche. Ho gridato tanto, fino a che ho potuto.
Poi è successa quella cosa, la mia testa ha cambiato casa, e non ho gridato più.
La casa.
Mi dicono che questa è casa mia, ma lo so che non è vero.
E’ successo quel giorno in cui è cambiato tutto, era nei giorni di San Giuseppe, è successo
qualcosa che non so, e mi hanno cambiato la casa di sotto i piedi.
Perché io lo so che non sono mai partita, che non ho mai traslocato, ma se non sono mai
andata via, perché questa non è la stessa casa?
Ogni giorno, verso le cinque del pomeriggio mi agito e comincio a fare i bagagli per tornare a
casa.
Arrotolo il lenzuolo, se trovo dell’altra stoffa a portata di mano la prendo e la metto insieme al
lenzuolo e faccio su un fardello come quelli che si vedevano una volta, quelli che i contadini
portavano appesi ad un lungo bastone, li reggevano sulle spalle.
Ma allora quella negretta mi dice “Tata stai tranquilla, tata no te agitare” e mi da le gocce così
mi viene sonno e non finisco mai di fare i bagagli.
Provo anche a tirarmi su, vorrei saltare la sbarra che hanno messo lungo il letto, ma non ce la
faccio. E giù goccine.
Non parlo più, non mi viene la voce.
Prima erano solo le parole che mi mancavano, ora anche la voce.
Mi sono dimenticata tutto.
Viene una che mi sembra giovane (ma dice di avere quasi sessant’anni, mah) e l’altro giorno
mi ha detto che è mia figlia. Sono stata così contenta! Non mi ricordavo di avere una figlia, e
invece mi ha detto che ne ho due. A dire la verità di averne una con i capelli rossi me ne ricordo
un po’, ma questa non me la ricordavo.
E poi questa non mi sembra una figlia, è quella che credevo fosse mia sorella.
Ma quando me l’ha detto le ho fatto un sorriso bellissimo e lei è rimasta proprio contenta.
Meno male.
Ah come sono stanca...
Ho sentito oggi il dottore che diceva che sono così perché già due volte non dovevo più esserci
invece ci sono.
Eh, lo so bene.
Lo so che non ho più niente dentro.
Lo so che sono come un pupazzo, che nessuno mi può più dare la corda, che il meccanismo è
troppo vecchio per trovare la chiave giusta che lo carichi.
Lo so.
Ma che ci posso fare?
Mica posso morire da sola, no?
Come si fa?
Non ho più neanche paura, non riesco a provare più niente.
Solo, a volte, qualcosa mi fa sorridere.
O qualcosa mi fa male.
Ma non so neanche più dire dove mi fa male.
Mangiare mi piace ancora, anche se mi danno tutto frullato che non capisco tanto bene cosa
sia, mi piace ancora.
E anche gli uomini mi piacciono ancora, ho fregato tutti quando tanti anni fa fingevo che non mi
interessassero...
Ma quella negretta mi porta di quei nipoti! Belli, grandi, non proprio neri, giovani... e mi fanno le
carezze, mi dicono tata, mi danno i bacini... peccato che sono così ridotta male...
Io devo bere, devo bere perché ai vecchi gli serve tanta acqua.
Ma io non sono più capace a bere.
E allora questa qui mi dice tata bevi e mi mette una siringona piena d’acqua in bocca. A volte
bevo, a volte non mi va e allora... la sputo tutta, come i bambini, e un po’ mi diverto a farla venir
fuori dalla bocca come da una fontana.
Me ne frego, che mi pulisca, che mi asciughi, io potrò pure sputare in casa mia! Casa mia... se
fosse poi casa mia...
Ah, c’è un’altra cosa che mi piace.
Una bambina nera, la nipote di questa qui che mi lava.
E’ carina... E’ come una bestiolina, come me. Ci vogliamo bene.
Tra di noi parliamo, non capiamo niente di quello che diciamo ma siamo contente lo stesso.
Le voglio bene alla bambina, è bella.
Anche lei mi vuole bene.
E’ forse la prima bambina che mi piace davvero, non mi ricordo se le mie figlie mi piacevano
così tanto.
Ma era difficile la mia vita allora.
Tanto difficile.
Una volta questa figlia-sorella mi ha chiesto “Mamma ma perché non eri così brava anche da
giovane?” e io le ho risposto la prima cosa che mi è capitata dentro la testa, ho detto “Perché
non ne avevo la forza”.
Non so neanche perché le ho risposto così, ma si vede che ho risposto bene, ho risposto
giusto, perché questa che si chiama Gia- Gia- (non mi ricordo), mi ha dato un bacino e
sembrava soddisfatta.
Non ho mai preso tanti bacini in vita mia.
Non li sapevo dare e non li sapevo prendere.
Sapevo solo comandare, e male.
Ma ora me li godo tutti e ho persino imparato a darli.
E’ bello, finalmente, poter essere buoni... e gli altri sono contenti e mi vogliono tutti bene.
Mia mamma?
Dove è mia mamma?
La negretta mi dice sempre che è andata in piazza a fare la spesa, ma quanto ci mette a fare la
spesa? E poi perché va sempre in piazza, perché non va alla Coop qui dietro?
E mio papà, quello stronzo, era sull’armadio l’altro giorno, ma questa tata mi ha detto di no, che
è a navigare. Meno male, perché è uno stronzo.
Anche mio marito, entra ed esce e neanche mi saluta. Uno schifoso anche lui.
Io devo partire, devo andare alla stazione, devo andare a Genova.
Non so perché, ma devo andare, a mezzogiorno c’è il treno.
La casa, la casa!
Questa Gia- mi diceva che questa è casa mia, poi ha cominciato a dirmi che mi ci porta a casa
mia ma che ora mi sta facendo rifare il bagno che era brutto ed anche il riscaldamento, che ci
faceva freddo. Mi sembrano tutte bugie.
Fa apposta per farmi stare zitta, ma io zitta non ci sto.
E se mi passa la febbre domani vedo se riesco a fare i bagagli, magari comincio un po’ prima, e
scavalco la sbarra, e vado a casa. Qualcuno mi aiuterà, forse. Ma ho il catetere... questo tubino
tra le gambe che a volte ci gioco è il catetere. Non importa.
Io vado lo stesso.
E che si provino a dire che casa mia è questa.
Io vado a cercare la mia casa, poi mi siedo lì... e mi riposo.

 
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