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Intervista a Marco Ursano autore di "Verso il deserto"

Post n°12 pubblicato il 16 Settembre 2013 da cutupedizioni

1) Un episodio simpatico della tua vita.

Racconto un episodio legato in qualche modo a “Verso il deserto”, che è ambientato in Marocco. Io, mia moglie e suo padre stavamo andando da Essaouira a Casablanca in taxi. Un viaggio di diverse ore. Facemmo sosta per il pranzo in un ristorantino sulla strada conosciuto dal tassista. Un posto dove non c’erano turisti e dove probabilmente il tassista portava sempre i suoi clienti ricevendo una percentuale in cambio. Il ristorante era affollatissimo e c’era un caldo tremendo. Mio suocero mi dice: “Hai visto quelli, mangiano tutti dallo stesso piatto, che roba!” In Marocco, come nella maggior parte dei paesi africani, si usa così, si mangia raccogliendo con le dita, o con un pezzo di pane, il cibo dallo stesso piatto di portata. Una pratica conviviale e piacevole. Mio suocero non aveva ancora finito di meravigliarsi quando si ritrovò davanti il suo bel piatto con riso, verdura e carne da condividere con il tassista. Di posate, nemmeno l’ombra. La sua espressione, un misto di sorpresa e di terrore, me la ricordo ancora! Comunque, mangiò tutto e di gusto. 

 2) Perché dovrebbero leggere il tuo libro?

E’ un libro per chi ama il viaggio, non solo inteso come scoperta di luoghi, ma anche come viaggio interiore, come ricerca di se stessi. E’ un libro che ha ritmo narrativo e pieno di colori, sapori, eventi inaspettati, a volte anche violenti. Proprio come è il Marocco.

3) La domanda che non vorresti mai che ti facessero(e che noi ovviamente stiamo per farti…)?

Non ci sono domande scomode, solo risposte elusive o stupide. Sono un giornalista….

4) Sei più scrittore o lettore?

Per scrivere bisogna innanzitutto leggere. Condizione non sufficiente, ma assolutamente necessaria. Sono sempre stato un lettore compulsivo, sin da bambino, e la passione per la scrittura è andata di pari passo. Quindi non c’è un più o un meno, un prima o un dopo, ma un binario parallelo che scorre attraverso di me, è carne e sangue. Senza leggere, e scrivere, non potrei sopravvivere, letteralmente. Ma anche senza ascoltare musica, vedere un film, visitare un luogo o un museo. Senza l’arte e la conoscenza l’uomo non è niente.

5) Un personaggio letterario o cinematografico nelquali ti identifichi, uno che non sopporti e uno col quale passeresti una notte d’amore?

I personaggi che mi affascinano sono quelli come il Marlow di Cuore di tenebra (e quindi il suo alter ego cinematografico il capitano Willard di Apocalypse Now) ma anche anti-eroi come Ferdinand Bardamu, il protagonista del Viaggio al Termine della notte di Celine. In genere, chi rappresenta l’aspetto epico della letteratura e dell’arte e il senso di sfida dell’uomo con la natura o con il potere. Ma, se devo dire il personaggio letterario che sento oggi più vicino è senza dubbio il padre del romanzo la Strada di Cormac McCarthy; uno dei libri più belli, anche se di una tristezza lancinante, mai scritti. Sarà perché da poco sono padre anch’io e perché la situazione generale non è certo incline a scenari di ottimismo. Ma mi sento anche un po’ come il pirata John Silver e come il Barone rampante Cosimo. Forse sono solo un presuntuoso, magari il personaggio che più mi somiglia è Marcovaldo! Invece non sopporto tutto ciò che è pensiero debole e artefatto e pomposo, vedi i romanzi di Baricco. Anche le insulsaggini che riempiono premi come lo Strega e il Campiello. Per non parlare del cinema italiano contemporaneo, ruffiano e smidollato, a parte casi isolati come Sorrentino. Con chi passerei una notte d’amore? Non posso dirlo, mia moglie leggerà questa intervista.

6) Un aggettivo, un colore ed una canzone cherappresentano meglio il tuo romanzo

L’aggettivo è avvincente, un classico da recensione vecchio stile; i colori sono il blu cobalto del cielo africano, il giallo oro delle dune del deserto, ma soprattutto il colore tra il nocciola e il nero degli occhi dei bambini marocchini, occhi di purezza, sofferenza e tenerezza. La musica? Un pezzo a scelta dei Tinariwen, il gruppo di tuareg del Mali, se vogliamo essere didascalici. Ma anche "Fleurette Africaine" di Duke Ellington, nella versione con Charlie Mingus e Max Roach di Money Jungle e Hejira di Joni Mitchell; il verso “ ..we’re only particles of change, i know, i know, orbiting around the sun..” rappresenta bene lo spirito di “Verso il deserto”.

 
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