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Post N° 275

Post n°275 pubblicato il 27 Ottobre 2005 da dade_vagheggio

l senatore Giulio Andreotti, piu’ volte capo del governo italiano, non e’ iscritto a Cosa Nostra. Ha invece intrattenuto "personali, amichevoli relazioni con esponenti di vertice di Cosa Nostra". Ha commesso "reato di partecipazione all’associazione per delinquere", "concretamente ravvisabile fino alla primavera 1980", che oggi e’ semplicemente "estinto per prescrizione". La cessazione del comportamento criminoso dopo una certa data e la sua successiva disponibilita’ a collaborare con la giustizia ne fanno, tecnicamente, un "pentito". Non un mafioso pentito, ma un amico-dei-mafiosi pentito. Se questo basta per festeggiarlo, allora festeggiamolo pure.

* * *

Memoria. La lotta contro Andreotti e il suo potere non e’ stata, come credevamo allora, la crescita civile e la progressiva presa di coscienza di tutto intero un popolo, ma la battaglia di una combattiva minoranza azionista - a quei tempi si diceva giacobina - della societa’ siciliana. Non perche’ fosse particolarmente diffusa, in Sicilia, una qualche forma specifica di "cultura mafiosa" (quella, se mai e’ esistita fuori dalla letteratura, e’ morta con la civilta’ industriale), ma perche’ il dominio mafioso in Sicilia corrispondeva perfettamente alle esigenze profonde - ordine, illegalismo, pace sociale, mantenimento dei piccoli e grandi privilegi, parassitismo sociale - della borghesia siciliana. Nel complesso d’Italia, identiche esigenze erano soddisfatte con meccanismi analoghi, ma con un meno frequente ricorso all’omicidio. Fino alla fine degli anni Settanta, il potere mafioso e’ stato semplicemente la variante meridionale dell’andreottismo, subalterna sia ai poteri politici de jure (la democrazia cristiana) che a quelli de facto (l’ambasciata americana e le massonerie). Il periodo andreottiano, con la sua sub-variante mafiosa, e’ terminato in un momento imprecisato verso la fine dei Settanta, quando si sono verificate in rapida successione le seguenti evenienze, del tutto - benche’ in fondo logiche - inaspettate: il cambio di velocita’ della politica americana nel Mediterraneo (di li’ a poco, Comiso); l’infiltrazione di personale specializzato nelle logge massoniche piu’ potenti, e in ispecie nella P2, e la loro conseguente utilizzazione a fini non piu’ clientelari ma terroristici; l’allevamento di tutta una nuova generazione di personale politico eterodiretto e la creazione artificiale di nuovi indirizzi politici (il Midas e il "nuovo corso" del partito socialista: ogni resistenza al quale venne stroncata dal rapimento del figlio del vecchio leader De Martino); e infine, nel campo della mafia, l’eliminazione dei vecchi "uomini di rispetto" e la crescita di nuovi boss legati non piu’ solo ai politici ma anche ai servizi segreti. Sono gli anni in cui - per fare un esempio significativo - a Catania emergono improvvisamente, da un momento all’altro e senza alcun radicamento apparente, politici come Ando’ (commissione P2, servizi segreti, partito socialista), mafiosi come Santapaola (personaggio minore di un clan periferico), imprenditori come Graci o Rendo (appalti pubblici, velocissime accumulazioni) e diventano rapidissimamente e del tutto inspiegabilmente protagonisti di rilievo nazionale. Sono gli anni di svolta, e Andreotti comincia a decadere gia’ da allora (sara’ utile ancora, sul piano internazionale, come garante dello schieramento filoamericano dell’Italia; ma anche quest’ultima utilita’ verra’ a mancare, ovviamente, alla fine della guerra con l’Unione Sovietica).

* * *

Sono anche anni di lotta: man mano che diventa - che e’ obbligato a diventare - piu’ feroce, il potere mafioso incontra un’opposizione popolare crescente. Cose che prima erano vissute come "normali" incontrano improvvisamente una resistenza inaspettata. Il popolo siciliano - allora non eravamo ancora "la gente" - diffidente, passivo, abituato da millenni a farsi i fatti suoi, scopre con meraviglia alcune bellezze civili e, timidamente, vi mette mano. Una scoperta del vivere, a ripensarla ora, adolescenziale. E’ una scoperta costosissima, perche’ ogni passo fuor della gabbia costa sangue. Ma per alcuni anni, con timidezza ed entusiasmo, i neo-cittadini siciliani vanno avanti. "Sicilia quanta gloria/ E chiantu e cori ruttu/ La mafia e li parrini/ t’hanno vistuta a luttu...". Da Eboli in su, solidarizzano alla televisione. Dell’antimafia a Catania alla fine e’ rimasto questo, che i ragazzini pagano il biglietto salendo sull’autobus; mi cedono il posto vedendomi zoppicante e col bastone, si alzano sorridenti e gentili. A volte penso che gia’ per questo valeva la pena. Abbiamo vinto, contro Andreotti abbiamo vinto noi. Sono passati gli anni, e dopo Andreotti hanno votato Berlusconi. Dopo i Borboni i Savoia, altro che Garibaldi.

E d’altra perche’ usare Toto’ Riina, quando basta la tivvu’? Una televisione vale mille lupare. Ordine, illegalismo, pace sociale, mantenimento dei piccoli e grandi privilegi, parassitismo sociale: tutto ok. Non c’e’ piu’ bisogno di sparare. Una cosa di cui non c’eravamo pienamente accorti allora, o meglio ce n’eravamo accorti ma non nelle budella, non fino in fondo, e’ questa: che uomini son venuti fuori da queste Catania e Palermo, da questo popolo gramo, da questa Sicilia. Io non mi ero mai accorto, in realta’, di avere conosciuto Borsellino. Avevo conosciuto un buon giudice, io che facevo il giornalista, in un posto che si rischiava la pelle; tutto qua. O Calogero Zucchetto, o Montana, o Cassara’. Storie di quotidiano lavoro, persone che s’incontrano, routine; cerimonie di Stato, quando tutto - alla fine - era concluso. Invece, erano eroi greci. Non roba da monumento, non da telegiornale: da poeti. "Voi che siete caduti per l’Ellade...". "Se passi per la mia citta’, straniero, digli che noi siamo caduti qui, obbedienti alle leggi...". "Mio figlio, Robertino Antiochia, che faceva il poliziotto a Palermo...". Da una distanza infinita, da un’epoca in cui non ci sono piu’ baroni ne’ meschini ma solo un grandissimo silenzio e il vento che passa lieve e il mare e il cielo.

* * *

Eppure, una carta c’era da giocare, in quegli anni, una carta che avrebbe potuto - forse - cambiare tutto. C’era una minoranza, abbiamo detto, una minoranza giacobina. Ma era una minoranza giovane, anche anagraficamente. Per due o tre anni, e forse per quattro, una parte non indifferente della gioventu’ siciliana e’ stata politicamente schierata. Politicamente in senso serio, non chiacchiere ma antimafia, democrazia reale, cambiare la vita quotidiana, lotta. Questi giovani hanno trovato dei capi, delle figure carismatiche, non degli organizzatori e dei maestri. Dei Prampolini, dei Pancho Villa, dei Bakunin, dei fratelli Bandiera. Non dei Gramsci, non dei Gobetti.

Se... Ma la storia non si fa coi "se". Essi erano, in realta’, la nuova classe dirigente del Paese. Non guardateli come sono ora, emarginati o integrati o incattiviti o delusi. Ricordateli com’erano allora. Avevano tutto per esserlo, avrebbero cambiato tutto. La vecchia sinistra non li comprese era troppo occupata a flirtare con Andreotti o con Martelli. La nuova non ebbe il tempo - era troppo occupata a litigarsi le candidature, in nome della nuova politica, a questa o quell’elezione. E’ andata cosi’...

 
 
 
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Un blog di: dade_vagheggio
Data di creazione: 06/08/2005
 

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