dade

Post N° 276

UERRE DI MAFIA
La prima scoppia nel 1978. Il corleonesi, guidati Luciano Leggio detto Liggio, allora in carcere, Bernardo Provenzano e Salvatore Riina, si scatenano contro i palermitani. L’ala militarista della mafia contro l’ala finanziaria. In gioco c’è il controllo del traffico di droga. In due anni muoiono più di mille persone. In questo periodo cadono sotto i colpi della mafia molte personalità dello Stato in lotta contro Cosa nostra: il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, Pio La Torre, Rocco Chinnici, Piersanti Mattarella e Ninni Cassarà. La mafia diventa sempre più una minaccia nazionale, con filiazioni in tutta Italia.

IMPASTATO, PEPPINO (1948-1978)
È una storia molto particolare, raccontata anche da Andrea Tullio Giordana nel film “I cento passi” (2000). Peppino Impastato nasce in una famiglia di Cinisi, in provincia di Palermo, legata alla mafia. A 17 anni si avvicina al Psiup e quando esplode il ’68 si allontana definitivamente dalla famiglia. Nel 1976 fonda Radio Aut, una rete libera da cui attacca continuamente il boss Gaetano Badalamenti. Nel 1978 si candida alle elezioni comunali per Democrazia Proletaria, ma nella notte tra l’8 e il 9 maggio 1978, poche ore prima del ritrovamento del cadavere di Aldo Moro a Roma, viene trovato cadavere sui binari della linea ferroviaria Trapani-Palermo, dilaniato da una carica di tritolo. Il tentativo è di farlo passare per un terrorista morto nella preparazione di un attentato. Ma nel maggio 1984 Tribunale di Palermo, sulla base delle indicazioni del Consigliere Istruttore Rocco Chinnici (assassinato nel luglio del 1983) emette una sentenza che riconosce la matrice mafiosa del delitto, attribuendolo ad ignoti. Nel giugno 1996 il pentito Salvatore Palazzolo indica Badalamenti (in carcere negli Usa per traffico di droga) come mandante dell’omicidio. Il 5 marzo 2001 la Corte d'assise ha condannato Vito Palazzolo a 30 anni di reclusione. Ma il processo contro Badalamenti non è ancora cominciato.

LIGGIO, LUCIANO
Uno dei boss mafiosi più potenti. Natio di Corleone, per quasi trent’anni è il boss di Cosa Nostra, custode degli accordi segreti tra Cupola e Stato. In molti credono che sia stato Liggio a vendere il bandito Salvatore Giuliano allo Stato il 4 luglio 1950. In cambio avrebbe avuto mano libera per vent’anni. Liggio viene arrestato a Milano il 16 maggio 1974, dove vive come un distinto manager. Morirà d’infarto in carcere il 15 novembre 1993.

MAXIPROCESSO
Uno dei principi su cui si basa la potenza della mafia è l’impunità. Un esempio: nel 1969 il pubblico ministero Cesare Terranova istituisce a Bari un processo contro 64 persone, tra cui Salvatore Riina, Bernardo Provenzano, Leoluca Bagarella e Luciano Liggio. Finisce tutto in primo grado con la totale assoluzione di tutti gli imputati per insufficienza di prove. Le cose cominciano a cambiare nel 1984, quando il boss Tommaso Buscetta, stanco della guerra tra clan, comincia a collaborare con Giovanni Falcone. È sulla base delle sue rivelazioni che il pool antimafia guidato da Antonino Caponnetto istituisce i primi processi contro la struttura di Cosa Nostra. Il maxiprocesso (chiamato così perché gli imputati sono 1.400) inizia a Palermo il 10 febbraio 1986. Il 16 dicembre 1987 arriva la sentenza di primo grado: 342 condanne, 2665 anni di carcere e 19 ergastoli inflitti. Tra i condannati ci sono Luciano Liggio, Bernardo Provenzano e Salvatore Riina. L’appello del 30 luglio 1991 attenua le condanne ma il 30 gennaio 1992 la Cassazione il 30 gennaio 1992 riconferma tutte le condanne del primo grado. È una rivoluzione nella storia giudiziaria italiana. I mafiosi dapprima sembrano increduli, poi reagiscono. È venuto meno un assunto fondamentale del loro potere. Qualcuno deve pagare.......