Creato da franco_delogu il 23/09/2008

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Verso l'aeroporto: Ikebukuro e Nippori la mattina

Post n°6 pubblicato il 21 Ottobre 2008 da franco_delogu
 

 

Stavolta non scrivo dal Giappone. In verità non saprei nemmeno dire da dove scrivo perché in aereo è come se non si fosse da nessuna parte. Ora per esempio sono tra Minsk e Varsavia, ma il mondo scorre lontano laggiù e i posti sono solo nomi. Se guardi dal finestrino quasi sempre vedi nuvole, ma anche quando si vede bene, si fa fatica a credere davvero che la macchia lontana o i puntini di luce siano una città con le persone le macchine, i ristoranti, le scuole... vabbè.

Oggi racconto la mia giornata dilatata dal fuso in volo. In effetti mi sposto insieme al giorno, inseguendo il sole con l’aereo, quindi qui sopra non fa mai notte. Il volo da Tokyo a Roma dura un eternità, 12 ore e mezza e diecimila kilometri. Ma la differenza tra i due mondi è più grande di dodici ore. Mi capita spesso di pensare a quanto poco ci si mette a cambiare completamente lingua, cultura che hanno sedimentato le loro differenze in migliaia di anni di storia.

La lunga giornata inizia con la sveglia presto, alle sette giapponesi, quando in Italia è ancora mezzanotte. In bici con valigione legato dietro e Giulia che mi accompagna con l’altra bici (grazie di avermi accompagnato…). Prima novità è prendere il treno alle 8 del mattino per andare verso il centro di Tokyo. E’ un’esperienza forte, che se vissuta con una valigia gigante diventa un’esperienza limite. Infatti la mattina alle otto diversi milioni di persone prendono il treno dai sobborghi che circondano tokyo per andare in città a lavorare. La salita dentro il treno a wakō-shi è un viaggio antropologico nella giapponesità urbana. La gente aspetta il treno in lunghe file che corrono parallele tra loro e si fermano davanti a linee di diverso colore a terra che segnalano quale treno si prende con quella fila. A wakō-shi ci sono tre linee, una per il locale, una per il semiespresso, una per l’espresso. Io oggi ho preso il semiespresso per Ikebukuro, il secondo nodo ferroviario più grosso in termini di traffico umano dell’intera metropoli, e del mondo. Le file, una per ogni porta di un treno-metro lunghissimo già grossa al mio arrivo, nei due minuti d’attesa del treno crescono sempre di più. I giapponesi aspettano con calma buddista, nessuno parla, molti hanno il cellulare in mano, altri leggono i loro minuscoli libretti mono-mano. Quando il treno è arrivato ho pensato che non ce l’avrei mai fatta a salire. Il treno si ferma, qualcuno scende e finalmente iniziano le operazioni di carico umano. Le file, ordinate, cominciano a riversarsi dentro le carrozze. Le persone, oltrepassata la porta, si girano con la faccia rivolta alla porta e cominciano a retrocedere a passo di gambero verso l’interno del treno. Tutto molto lento, senza drammi, ci si comprime. Non c’è l’individuo, c’è la gente. Non c’è responsabilità individuale per la spinta, è spinta di gruppo, non sai chi la inizia, ne perché è partita, ti senti spinto e spingi, ordinato, lento. anche l’equilibrio non è individuale, ma di gruppo, non sono le tue gambe a reggerti in piedi, ad essere in equilibrio. Così succede che ci si pressa fino all’inverosimile e la gente continua a spingere, tutta insieme per far stare altre persone dentro. Tutto in perfetto silenzio, nessun lamento, nessun piede schiacciato. Le facce sono imperturbabili, impenetrabili. Tutti, ma proprio tutti, sono soli. Io no, ho la mia valigia che mi tortura davanti alle gambe. Qualcuno riesce a leggere o a mandare una mail col cellulare estraendo la mano dalla massa di corpi, molti hanno gli occhi chiusi e sembrano dormire. E li mi sono chiesto quale bivio abbiamo sbagliato per finire inscatolati come sardine in un treno che ti porta al lavoro e poi ti riporta la sera a incontrare una moglie (o un marito) e dei figli che non conosci. Vabbè, nessun giudizio però, sono troppo ammirato dalla stranezza della scena. A Ikebukuro, più che scendere vengo scagliato fuori a pressione con valigia e tutto dall’onda umana al capolinea. Scendo le scale mobili e mi ritrovo nel secondo snodo di Tokyo all’ora di punta. Un brulicare di teste, traiettorie veloci e lineari che si incrociano senza scontrarsi in una grossa hall, anche qui tutti in silenzio. Solo il suono di migliaia e migliaia di passi veloci e il frusciare dei vestiti..

Prendo la Yamanote line, la celebre linea circolare di Tokyo che collega tra loro i principali centri della città. Per curiosità potete ascoltare su you-tube la canzoncina che canta le sue fermate (se cercate "yamanote song" trovate diverse versioni...) . La yamanote è molto meno affollata e posso addirittura sedermi. Scendo a Nippori per prendere da li il treno per Marita, l’aeroporto. Nippori fa parte di una zona di Tokyo molto bella che è stata risparmiata dal bombardamento americano. Immediatamente fuori dalla stazione c’è un tempio buddista e dall’altra parte della strada, un cimitero che abbiamo visitato un paio di settimane fa. Decido allora di fare una piccola sosta al tempio prima di prendere il treno. Una vecchina innaffia i fiori della sua casetta. Li tutto è fermo, calmo, con il giardino e i padiglioni di legno, le porte scorrevoli, le panche su cui sedersi, fermarsi, stare. La gente che passa davanti al tempio si inchina mani giunte davanti al viso in direzione del tempio. C’è un grande Buddha di bronzo in un angolo del giardino, occhi chiusi, espressione rilassata, sorridente, saggia. Non c’è nessun rumore, anche lo sferraglio dei treni sembra rispettare il tempio e aspettare fuori. Antiche statuette votive con iscrizioni in Kanji sono allineate lungo il perimetro delle mura. Fontane di pietra con sopra lunghi mestoli di latta con manico di legno vengono utilizzate per bagnare i Buddha e i “santi”. Al limitare dei padiglioni, ghiaia rastrellata alla maniera zen separa gli edifici dal verde del giardino. Ripenso al formicaio umano di mezz’ora prima e sembra impossibile essere nella stessa città. Sto così, fermo per cinque minuti, poi prendo il treno per l’aeroporto e poi l’aereo per Roma. Corro a 800 kilometri all’ora: sono tra Vienna e l’Istria adesso. E fra dieci giorni si torna in Giappone.

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Commenti al Post:
riru75
riru75 il 24/10/08 alle 21:06 via WEB
Il giappone attraverso i tuoi racconti mi affascina sempre più. A presto
 
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