Creato da franco_delogu il 23/09/2008

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La vocina anti-Brunetta nei corridoi del Riken - Brain Science Institute

Post n°8 pubblicato il 13 Novembre 2008 da franco_delogu
 

Ogni martedì alle cinque e mezza, orario in cui si dovrebbe staccare dal lavoro, in tutti gli ambienti comuni del central building del Brain Science Institute si sente una voce suadente provenire dagli altoparlanti, in stile grande fratello (quello Orwelliano). La voce, prima in giapponese e poi in inglese, dispensa ogni martedì lo stesso consiglio, suggerisce metallicamente sempre la stessa pratica. Che suona più o meno così:

“This is the go-home-early day of the week. So, unless you have important work to finish today, please take into consideration the opportunity to go home now”. Cioè “questo è il giorno del torna-a-casa-presto. Perciò, se non hai niente di importante da finire oggi, considera l’eventualità di andare via adesso”.


Pensate a quanto assurdo, antifantozziano e involontariamente comico può suonare un annuncio del genere alle nostre orecchie italiane.

“Andate a lavorare!!” urla da noi Brunetta, terrorizzando i malati immaginari della pubblica amministrazione.

“Andatevene a casa!!” gracchia in Giappone la voce del grande fratello nei corridoi degli istituti e delle grandi aziende per cercare di scoraggiare gli stakanovisti. Inutilmente.



Dopo una risata iniziale sulle due stranezze diametralmente opposte, mi viene da pensare a quanto sconsolante sia la necessità di entrambe le esortazioni.

Non ci si può incontrare nel mezzo? Dove non si timbrano cartellini per poi scappare a fare la spesa, ma nemmeno ci sisogna di rimanere in ufficio anche la notte?

Vabbè, se vi va ditemi che ne pensate…

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Commenti al Post:
herbie0968
herbie0968 il 16/11/08 alle 17:52 via WEB
Penso che siamo tutti un po' stanchi. I tornelli impediscono la fuga dagli edifici dove la gente è segregata senza avere nulla da fare, ma soprattutto vengono installati perchè i manager non debbano giustificare la loro incapacità a motivare e stimolare il personale. Quelli che fanno la notte hanno paura, paura che accada qualche cosa e che gli sfugga il controllo della situazione, paura che mentre non ci sono venga deciso qualche cosa del quale nessuno li informerà. Nel mezzo c'è la capacità impreditoriale e organizzativa, quella che ti fa capire dove dovresti andare e come sfruttare al meglio quello che hai per arrivarci ... siamo distanti, tanto distanti. Un bacio a te e Giulia da Roma (Laura e Bruni)
 
zelig2004
zelig2004 il 23/11/08 alle 10:47 via WEB
su www.repubblica.it di oggi, domenica 23 novembre, c'è un articolo di Renata Pisu che amplia il discorso: pare che le coppie giapponesi siano troppo stressate per fare figli, troppo prese a lavorare per la vita privata, e che il governo giapponese cerchi di limitare il karoshi (overdose da lavoro) in tutti i modi, con annunci ma anche con congedi pagati e incentivi alle ferie. in Italia forse non abbiamo bisogno di incentivi a non lavorare, ma pare che anche qui si facciano pochi bambini ... cominciamo a riflettere sul modello di sviluppo? a dire che forse lavorare e basta non basta? va beh, questo era solo per un saluto da Roma (cioè, in effetti da Sasso Marconi da casa di Stefano, ma stasera torna a casa e domani vado a lavorare, lo giuro!) da Luigi. A presto!
 
franco_delogu
franco_delogu il 25/11/08 alle 13:56 via WEB
Cara Laura, caro Bruno, grazie di questo vostro intervento. Sono d’accordo con voi che la ragione delle nostre tristezze non sia data dalle “fughette” per comprare le cipolle o per accompagnare il pargolo all’asilo. E’ vero, ci sono molti che lavorerebbero se glielo permettessero, ci sono tanti che lo farebbero bene, benissimo, se solo fosse possibile. Allo stesso tempo penso che lo spostamento in alto della responsabilità non spieghi tutto il problema. Se rovesciamo il discorso è anche vero che c’è tanta gente che lavora male pur potendo, e dovendo, fare bene, e altri che non lo lavorano proprio, pur essendo pagati per farlo. E sono tanti. Per risparmiare una mezz’ora o una cipolla. Sono d’accordo,che non è solo, ne principalmente, una “storia di impiegati”: la cipolla dell’impiegato diventa la cassa di cipolle del manager, il camion di cipolle del capo e la coltivazione di cipolle del politico, ma il principio rimane lo stesso. “Fare le cose a schifìo” nel nostro bel paese va bene. Non c’è turbamento, non c’è imbarazzo. Non è che in Giappone o in Svezia non ci siano i ladri di cipolle e di mezz’ore, ma a me sembra, che loro almeno si vergognino un po’. Si vergognano perché si sentono parte di qualcosa, perché si sentono responsabili di quello che dovrebbero fare. Noi non ci sentiamo parte di niente, ci fanno sorridere gli acritici sciocchi che si sentono responsabili del funzionamento del loro ufficietto sgarrupato e non ci vergogniamo mai. Anzi, spesso sogghignamo per le nostre microscopiche furbizie. Un mio collega oggi diceva, riferendosi alle valutazioni dei progetti di ricerca, che tanto in Italia va sempre tutto bene. Che equivale a dire “fai un po’ come ti pare, tanto non è dalla qualità che dipende se il tuo progetto sarà finanziato”. E’ così, tutto va avanti così, un po’ per caso. Sperduti in un oceano di inefficienze ci sentiamo da un lato impotenti e dall’altro sorridiamo della nostra cipolletta in più.
 
 
herbie0968
herbie0968 il 19/12/08 alle 17:21 via WEB
... d'accordo sul fatto che il pensiero "in fondo poi va tutto bene e quindi chi se ne frega" spesso ti sfiora e devo dire che ti aiuta, non me ne sono mai fregata ma quando la sensazione di impotenza aumenta quel pensiero è una bella valvola di sfogo. Ecco perchè torno al modello, inseriti nel modello giusto facciamo parte di qualche cosa siamo partecipi e non impotenti, inseriti nel modello sbagliamo ci muoviamo scomposti non otteniamo risultati ed alla fine ... alla fine ci fermiamo oppure continuamo a sbattere a destra e a sinistra oppure diventiamo furbetti e ... e rubiamo la cipolla. (Laura) La creatività degli italiani non ci aiuta, tutti in effetti se penso a quanta energia spendo e spendono per
 
franco_delogu
franco_delogu il 26/11/08 alle 02:06 via WEB
Caro Luigi, non volevo dire che preferirei le depressioni, i suicidi e il karoshi giapponesi al nostro "ma che ce frega, ma che ce 'mporta". Nel modo più assoluto. Ma pensare a quanto stanno male gli altri non ci aiuta per niente. Anzi, rischia di essere un placebo che ci impedisce di vedere i nostri limiti. Penso che chi può fare tanto per cambiare l'Italia siete voi insegnanti. Ma nella scuola delle tre I berlusconiane la cosa sembra lontanissima.
 
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