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dissidenza  a cuba

Post n°314 pubblicato il 04 Aprile 2008 da dammiltuoaiuto
 
Tag: cuba

BRECCIA NEL MURO DEL la censura castrista A Cuba i blogger si fingono turisti stranieri Navigano negli hotel dove il web non è controllato e pagano sei dollari all’ora (metà stipendio per un cubano)

NEW YORK – «Generación Y è un blog ispirato a gente come me, nata a Cuba negli anni 70 e 80 e segnata dai giocattoli russi, le fughe illegali e la frustrazione» scrive Yoani Sánchez in www.desdecuba.com/generaciony/, prima di tuffarsi in una accorata critica di Fidel Castro e del suo regime che «non capiscono nulla dei nostri problemi». In www.havanascity.blogspot.com/ Tension Lia si affida alle immagini, più che alle parole, per denunciare il profondo degrado dei tesori architettonici dell’Avana, un tempo il gioiello dei Carabi.
Yoani e Tension Lia sono la punta di diamante di un fenomeno in crescita a Cuba: i blogger indipendenti che si sono scavati una breccia nel muro censorio del regime castrista, riuscendo a trasmettere al mondo una versione quotidiana realista e incensurata della vita sotto Fidel. Un’impresa tutt’altro che facile nell’isola votata da Reporters sans Frontières «uno dei 13 Paesi nemici di Internet» - insieme, tra l’altro, a Cina, Arabia Saudita, Iran e Siria - , perché in vario modo tiranneggiano gli utenti Internet e reprimono la libertà di espressione online.

WEB AL BANDO - Per aggirare il Grande Fratello, la Sanchez si camuffa da turista, finge un accento tedesco e si infila nella hall degli sfarzosi alberghi della capitale. Poi si siede ai tavoli riservati agli stranieri e sborsa sei dollari all’ora – due settimane di stipendio medio per un cubano – per una connessione Internet non controllata che le consente di accedere al suo sito, rigorosamente ospitato da server esterni. I netizen che raggiunge col suo Generaciòn Y sono quasi tutti fuori Cuba. Non una sorpresa per un paese dove soltanto 200mila degli oltre 11 milioni di cittadini hanno accesso al World Wide Web: il numero più basso di tutta l’America Latina. Il governo dell’Avana ha praticamente messo al bando le connessioni Internet private e i cubani sono costretti a recarsi agli Internet point pubblici situati negli uffici postali, dove le attività online possono essere monitorate più facilmente. «Abbiamo un accesso limitato alla rete per colpa dell’embargo Usa contro l’isola», ripete da anni il governo cubano. Che non potendosi collegarsi alla dorsale sottomarina in fibra ottica che corre dodici miglia al largo dei cayos di Cuba, è costretto ad usare i ben più costosi collegamenti satellitari che l’allacciano al Web via Canada, Cile e Brasile.

I DISSIDENTI: «TUTTE SCUSE» - Ma secondo i dissidenti è tutta una scusa per mantenere il controllo totale sulla rete, attraverso software che avvertono la polizia qualora rilevi parole-chiave «sovversive». Il regime si adopera da anni perché giornalisti indipendenti e dissidenti non abbiano accesso ad Internet: per loro comunicare con l'estero è a dir poco rischioso. Scrivere articoli controrivoluzionari su siti esteri può portare in carcere per 20 anni. E cinque anni sono previsti per chi si collega ad Internet illegalmente. Ciò spiega come mai la maggior parte dei blogger è costretta a usare pseudonimi o a scrivere coperta dall’anonimato.

Alessandra Farkas

 
 
 
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