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DEL TURCO DELLA VERGOGNA TANGENTI, L'ORDINANZA dal corriere.it DAI NOSTRI INVIATI Loro, i politici, hanno fretta di incassare: «Vai a parlare con Ottaviano, ci stanno le vacanze, la corrente» gli dice il capogruppo del Pd Camillo Cesarone. Ma anche Angelini pretendeva sempre di più: «Hanno fatto una delibera che, perdoni l'espressione volgare signor giudice, è messa su misura per il mio sedere».
Angelini non si ferma mai con le sue richieste al palazzo: «Ma se il problema è che avete sbagliato a emettere le patologie, le patologie vanno cambiate». Il re delle cliniche arriva persino a lamentarsi del trattamento ricevuto in un noto ristorante di Roma frequentato da molti politici. Angelini spiega al pm Di Florio come e dove sarebbe avvenuto il pagamento delle tangenti a Del Turco, ovvero nella casa di Collelongo, «in una specie di ripostiglio che lui c'ha sotto la scala, una specie di scala circolare». Entrava con il sacchetto pieno di soldi e usciva, pare, con lo stesso sacchetto pieno di mele per non destare sospetti. Il pm Bellelli: «C'erano altre persone?». Angelini: «No, qualche volta è venuta la moglie Cristina, la quale però, poveretta, ha salutato e se ne è andata». Pm: «La titolare del ristorante di Roma?». Angelini: «Esatto». Pm: «Il Bolognese?». Angelini: «Della famiglia Bolognese, sì, sì. Al Bolognese, dove ho sempre mangiato pesante, quando ci andavo io pagavo io, e che scherzi?». Il presidente della giunta regionale è il principale obiettivo del pentito Angelini. Tant'è che il giudice, con linguaggio perentorio, traccia del governatore un «profilo delinquenziale non comune che lascia ritenere pressoché certa, indipendentemente da dimissioni da incarichi pubblici, la reiterazione dei medesimi reati per i quali si procede ». E anche Angelini non ha una grande considerazione morale di Del Turco, che viene addirittura paragonato al capo di Cosa nostra: «Neanche Totò Riina sarebbe arrivato a queste raffinatezze». Angelini davanti al pm Di Florio spiega anche che Del Turco avrebbe utilizzato quei soldi anche per fini politici: «E qui lui mi suona la musica che sta costituendo una corrente, la controcorrente, che ci sono otto senatori che lui deve, come dire, tenere buoni per sé rispetto a Boselli». Le pressioni bipartisan L'imprenditore Angelini racconta le pressioni crescenti dell'entourage di Del Turco, esplose dopo le elezioni vinte dal centrosinistra, ma anche le insistenze degli uomini della vecchia giunta di centrodestra. I fedelissimi del governatore Giovanni Pace (Forza Italia), Giancarlo Masciarelli e Sabatino Aracu dicevano all'imprenditore: «Noi ti abbiamo dato quello che hai chiesto per la tua prima cartolarizzazione e adesso ci devi... Guarda che noi per te possiamo fare tanto e tu devi stare attento...». A parlare è Giancarlo Masciarelli — uomo di confine tra le due coalizioni, già presidente della Fira col centrodestra e poi anche consulente ombra di Del Turco con la nuova giunta — il cui linguaggio, tuttavia, assomiglia molto a quello usato da Camillo Cesarone. Lui, ex sindacalista della Cgil, capo del personale delle cliniche Angelini, si butta in politica e si rivolge così al suo ex datore di lavoro: «La loro organizzazione (i partiti di centrosinistra, ndr) sono arrivati al potere però fanno politica e quindi hanno dei costi rilevanti... ». Chiosa dunque il gip nell'ordinanza: «Accettavano dunque e ricevevano (materialmente il Del Turco la somma di 200 mila euro consegnati dal suddetto Angelini)». Le minacce E quando Angelini scalpitava, rifiutava di pagare tutte le somme richieste, arrivavano le minacce più o meno velate. Questo, va sempre ricordato, lo racconta lo stesso imprenditore, la cui collaborazione andrà valutata col bilancino: «Cesarone mi diceva che per loro era molto difficile difendermi perché presentavo un sacco di problemi braccato come ero da Procura, Finanza, Nas e quant'altro. Mi diceva che solo loro mi potevano aiutare perché anche il resto della politica era contro di me e mi volevano rompere le gambe». E il capogruppo del Pd insisteva: «Devi parlare con Del Turco, portagli 100 mila euro». Spiega il gip: «Costringevano a consegnare la somma» e Del Turco, secondo il racconto di Angelici, commentava: «Sì, sì, va bene, non ti preoccupare, ma sai, io non mi voglio sforzare di parlare di sanità perché io amo la musica della politica, per cui dimmi qual è il problema e rivolgiti a Quarta». Cesarone non si accontenta mai. Intima ad Angelini di «consegnare mezzo milione a Del Turco: o paghi o non riusciamo a contenere le ispezioni (si riferisce alle case di cura del suo gruppo, ndr) ». Il capogruppo del Pd sente puzza di bruciato e dice ad Angelini: «Tu devi andare da Del Turco perché la situazione si sta aggravando, tu hai i telefoni sotto controllo». Angelini deve fronteggiare anche il manager Asl Luigi Conga che gli dice: «Io sono direttore generale e devo prendere le decisioni: o mi dai 100 mila euro al mese oppure non prendi più una lira. O paghi oppure i tuoi soldi li vedrai tra 10 anni, divertiti a farmi causa». La casa di Roma Nel dicembre del 2007 proseguono, a detta del gip, le richieste di denaro ad Angelini: «Accompagnate da riferimenti alle sempre maggiori difficoltà ad aiutare le sue cliniche nonché in relazione alle esigenze personali di Del Turco, impegnato economicamente nell'acquisto di una casa a Roma e per questo vengono incrementati in maniera decisiva gli importi. Angelini consegnava a Del Turco 250 mila euro e 750 mila a Cesarone». Stavolta l'imprenditore avrebbe fatto resistenza e si concede anche un commento velenoso sul modo di procedere del presidente, il quale dice: «Guarda che io la posso chiedere a qualcun altro la casa, se non me la vuoi dare tu. Però, poi, finisce un'amicizia ». Commento dell'imprenditore: «Nemmeno Totò Riina arriva a queste raffinatezze... ». L'autoscatto con l'autista Il 2 novembre 2007, Angelini inizia a prendere le sue contromisure per documentare la consegna delle mazzette. Scrive ancora il gip: «Angelini allega al verbale le fascette bancarie delle quattro mazzette da 50 mila euro ciascuna consegnate nella casa di Del Turco a Collelongo: "Io sottoscritto Sciarelli Dario (l'autista dell'imprenditore, ndr), insieme al dottor Angelini, mi sono recato presso l'abitazione dell'onorevole Del Turco in Collelongo ove giunti verso le 17 ho fotografato il dottor Angelini, come da foto allegate e controfirmate, prima dentro l'auto, mentre aveva in mano la busta contenente le mazzette di denaro, poi nel tragitto tra l'auto e l'abitazione di Del Turco e infine quando ne è uscito senza la busta. Al suo rientro in auto mi ha mostrato le fascette bancarie delle 4 mazzette che aveva provveduto a portare indietro"». Finito di leggere il documento, Angelini non rinuncia alla battuta commentando la foto: «Questo sono io che sembro un...». «Baldanzoso?», incalza il pm Di Florio. E lui aggiunge: «Un ciuccio di fiera di quelli da processione». Deutsche Bank La gola profonda Angelini, grande movimentatore di denaro ed esperto di flussi finanziari, dà una valutazione sulla politica della giunta abruzzese in materia economica. Chiede il pm De Florio: «Lei ha potuto capire quale era la ragione per cui Quarta e Del Turco spingevano verso Deutsche Bank? Glielo hanno mai detto?». Risposta: «No, quello che ho constatato di persona è che c'è stato un astio nei confronti di Barklays... Del Turco addirittura mi ha detto "Barklays sono una massa di delinquenti"». La riunione Il gip registra in modo notarile l'intervento di Del Turco presso un notissimo imprenditore a proposito della cessione dell'azienda di Angelini. Tentativo inutile: «Significativa in tal senso era la riunione organizzata a Roma il 13 marzo 2008 nell'abitazione di De Benedetti, presente anche Del Turco (riunione riscontrata da apposita attività di polizia), avente ad oggetto proprio la cessione di Villa Pini». La confessione laica Quando alla Regione capiscono che in Procura qualcosa di molto serio si sta muovendo, Del Turco contatta il procuratore generale dell'Aquila per chiedergli un incontro. Un amico comune, Pino Mauro, invia alle 7.40 del mattino del 4 aprile scorso un sms a Del Turco: «Presidente, ho parlato con il procuratore Amicarelli per incontro... ». La risposta arriva 12 minuti dopo: «Caro Pino, ovviamente dove e quando preferisce il procuratore». Il pg dell'Aquila si consiglia col procuratore capo di Pescara, Nicola Trifuoggi, e decide di andare nella casa del comune amico il 9 aprile alle ore 17. Alle 19.05, a incontro terminato, il pg chiama il collega a Pescara e gli annuncia una relazione per la mattina seguente: Del Turco «mi ha detto di aver voluto manifestare il suo attuale stato d'animo in una sorta di confessione laica. La sua richiesta di incontrarmi era per dolersi di quanto gli stava accadendo. Si diceva vittima del risentimento di titolari di cliniche per il suo piano di ridurre del 30 per cento le tariffe riconosciute ai privati...». Per il gip, questo era un «tentativo evidentemente volto a inquinare l'attività investigativa» e «screditare un'indagine in corso, evidentemente nella speranza di conseguenze a sé favorevoli» Alessandra Arachi |
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