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ANTONIO RUSSO VIVE
Post n°496 pubblicato il 18 Ottobre 2008 da dammiltuoaiuto
Francavilla a mare - . Iraq, Iran, Libano, Somalia, ex Jugoslavia, Eritrea, Etiopia, Afghanistan, Pakistan, Cecenia, Ruanda, Congo, da ultima l’ex Birmania. Sono solo alcune delle zone “calde” del pianeta, teatro di conflitti internazionali o di sanguinose guerre civili, di cui abbiamo conoscenza grazie al coraggio dei reporter che sfidano il pericolo pur di raccontarli. Il giornalista abruzzese Antonio Russo, ucciso il 16 ottobre 2000 a Tbilisi, in Georgia, era uno di loro e pagò con la vita il dovere di indagare gli aspetti più controversi della guerra in Cecenia.Per il sesto anno consecutivo la Fondazione “Antonio Russo” lo ricorda, premiando i più autorevoli inviati speciali nei territori di guerra con il Premio Nazionale sul Reportage di Guerra “Antonio Russo”. Paolo Carinci Zorro è vivo Reporter di Guerra. Il Premio Russo FRANCAVILLA AL MARE. Iraq, Iran, Libano, Somalia, ex Jugoslavia, Eritrea, Etiopia, Afghanistan, Pakistan, Cecenia, Ruanda, Congo, da ultima l’ex Birmania. Sono solo alcune delle zone “calde” del pianeta, teatro di conflitti internazionali o di sanguinose guerre civili, di cui abbiamo conoscenza grazie al coraggio dei reporter che sfidano il pericolo pur di raccontarli. Antonio Russo (Francavilla al Mare, Chieti, 3 giugno 1960 - Georgia, 16 ottobre 2000) è stato un giornalista, ucciso in circostanze misteriose nei pressi della città georgiana di Tiblisi. Antonio Russo era un free-lance, abituato a vivere in prima persona gli eventi più scottanti. Non aveva voluto iscriversi all'Ordine dei giornalisti e aveva rifiutato offerte di testate blasonate, poiché così si sentiva libero di raccontare senza veti le realtà della guerra e - diceva - le atrocità che le popolazioni civili erano costrette a subire. Russo è stato per molti anni free lance e reporter internazionale di Radio Radicale. Tra le sue corrispondenze più note quelle dall'Algeria, durante gli anni sanguinosi della repressione, dal Burundi e dal Rwanda, che hanno documentato la guerra nella regione dei grandi laghi, e poi dall'Ucraina, dalla Colombia e da Sarajevo. Russo fu inoltre inviato di Radio Radicale in Kosovo, dove rimase - unico giornalista occidentale presente nella regione durante i bombardamenti NATO - fino al 31 marzo 1999 per documentare la pulizia etnica contro gli albanesi kosovari. Nel corso di quelle settimane collaborò anche con altri media italiani e con agenzie internazionali. In quell'occasione fu anche protagonista di una rocambolesca fuga dai rastrellamenti serbi, unendosi ad un convoglio di rifugiati kosovari diretto in treno verso la Macedonia. Il convoglio si fermò durante il percorso e Antonio Russo raggiunse Skopjie a piedi. Di lui non si ebbero notizie per due giornate intere, in cui lo si diede già per disperso. Antonio Russo è deceduto tra la notte del 15/16 ottobre 2000 in Georgia, dove si trovava in qualità di inviato di Radio Radicale per documentare la guerra in Cecenia. Il suo corpo fu ritrovato ai bordi di una stradina di campagna a 25 km da Tbilisi, torturato e livido, con tecniche riconducibili a reparti specializzati militari. Il materiale che aveva con sé - videocassette, articoli, appunti - non fu ritrovato, anche il suo alloggio fu ritrovato svaligiato da appunti e video (pur senza toccare oggetti di valore). Le circostanze della morte non sono mai state chiarite, ma molti hanno avanzato pesanti accuse al governo di Vladimir Putin a Mosca: Antonio Russo aveva infatti cominciato a trasmettere in Italia notizie scottanti circa la guerra, e aveva parlato alla madre, solo due giorni prima della morte, di una videocassetta scioccante contenente torture e violenze dei reparti speciali russi ai danni della popolazione cecena. Secondo i suoi amici, Russo aveva raccolto prove dell'utilizzo di armi non convenzionali contro bambini ceceni [1]. ricordo la sua voce, su radio radicale, la mattina mentre facevo colazione prima di andare a scuola. da pristina, nascosto in una cantina durante la pulizia etnica della città, dopo che i serbi avevano gentilmente pregato i giornalisti di togliersi dalle palle e quelli non se l'erano fatto ripetere... e ricordo l'ansia per tre giorni di silenzio, quando si pensava che l'avessero preso, e poi di nuovo la sua voce energica, dopo una fuga in colonnato con i profughi fino a skopje. poi la cecenia, i suoi dubbi, le ricerche, poi all'improvviso il ritrovamento del suo corpo e l'eco del suo annuncio: aveva dei filmati, davanti ai quali aveva pianto, filmati orribili, forse torture su bambini ceceni, agghiacciante e incontrovertibile prova di gravissime violazioni dei diritti umani da parte dei russi, gli stessi che in quei giorni cercavano di tagliare fuori il partito radicale dall'onu accusandolo di... pedofilia e narcotraffico. e dopo quella morte di 16 ottobre 2000, la morte di un giornalista italiano ammazzato a percosse... silenzio. peggio, cazzate. la guerra in cecenia è un abominio e il comportamento della stampa a riguardo anche. la velina del provvidenziale terrorismo islamico è stata recepita e riferita, e una volta che il conflitto ha cessato di essere di moda, le sinistre hanno provveduto a indignarsi di qualcos'altro in qualche altro salotto. ma dopotutto, non riesco a pensare che il sacrificio di Antonio sia stato inutile... finchè ci sono ancora persone che ricordano il suono della sua voce. PAOLO CARINCI
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