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ONORE A MIOTTO MATTEO ZORRO E' CON TE

Post n°776 pubblicato il 06 Gennaio 2011 da dammiltuoaiuto
 

TESTIMONIANZA DALL'AFGHANISTAN, Valle del Gulistan, ottobre 2010...

 

 


Corrono giorni in cui identità e valori sembrano superati, soffocati da una realtà che ci nega il tempo per pensare a cosa siamo,da dove veniamo,a cosa apparteniamo... 
Questi popoli di terre sventurate,in cui spadroneggia la corruzione in cui a comandare non sono governanti ma capi clan che ottengono il potere con il sangue, hanno saputo conservare le loro radici dopo che i migliori eserciti, le più grosse armate hanno marciato sulle loro case: invano.
L'essenza del popolo afghano è viva, le loro tradizioni si ripetono,
possiamo ritenerle sbagliate,arcaiche, ma da migliaia di anni sono rimaste immutate.

Questo strano popolo ha qualcosa da insegnerci

Gente che nasce, vive e muore per amore delle proprie radici della propria terra e di essa si nutre. Allora riesci a capire che questo strano popolo dalle usanze stravaganti ha qualcosa da insegnare a noi civilizzati occidentali... 

Come ogni giorno partiamo
“Come ogni giorno partiamo per una pattuglia. Avvicinandoci ai nostri mezzi Lince, prima di uscire, sguardi bassi, qualche gesto di rito scaramantico, segni della croce...Nel mezzo blindo, all'interno, non una parola.

Ogni metro potrebbe essere l'ultimoSolo la radio che ci aggiorna su possibili kamikaze avvistati, su possibili zone per imboscate, nient'altro nell'aria... Conosci che il suolo afghano è cosparso di ordigni artigianali pronti ad esplodere al passaggio delle 6 tonnellate del nostro Lince.
Siamo il primo mezzo della colonna, ogni metro potrebbe essere l'ultimo, ma non ci pensi. La testa è troppo impegnata a scorgere nel terreno qualcosa di anomalo, finalmente siamo alle porte del villaggio...

I bambini senza scarpe
Veniamo accolti dai bambini che da dieci diventano venti, trenta, siamo circondati, si portano una mano alla bocca ormai sappiamo cosa vogliono: sono pieni di fame... Poi li guardi: sono senza scarpe, scalzi, con addosso qualche straccio che a occhio ha già vestito più di qualche fratello o sorella...
Dei loro padri e delle loro madri neanche l'ombra, il villaggio è un viavai di bambini han tutta l'aria di non esser lì per giocare...Non sono lì a caso. Hanno quattro, cinque anni i più grandi massimo dieci e con loro un mucchio di sterpaglie.
Poi guardi bene, sotto c'è un asinello, stracarico, porta con sé il raccolto, stanno lavorando... e i fratelli maggiori, si  intenda non più che quattordicenni, con un gregge che lascia sbigottiti anche i nostri alpini sardi, gente che di capre e pecore ne sa qualcosa...

Che dicano poi che noi alpini siamo cambiati...Dietro le finestre delle capanne di fango e fieno un adulto ci guarda, dalla barba gli dai sessanta settant’anni poi scopri che ne ha massimo trenta...
Delle donne neanche l'ombra, quelle poche che tardano a scappare al nostro arrivo al villaggio indossano il burka integrale: ci saranno quaranta gradi all'ombra...
Quel poco che abbiamo con noi glielo lasciamo. Ognuno prima di uscire per una pattuglia sa che deve riempirsi bene le tasche e il mezzo di acqua e viveri: non serviranno certo a noi...  
Che dicano poi che noi alpini siamo cambiati...

Mi ricordo quando mio nonno mi parlava della guerraMi ricordo quando mio nonno mi parlava della guerra: “brutta cosa bocia, beato ti che non te la vedarè mai...”
Ed eccomi qua, valle del Gulistan, Afghanistan centrale, in testa quello strano copricapo con la penna che per noi alpini è sacro.
Se potessi ascoltarmi, ti direi “Visto, nono, che te te si sbaià...”.
 
Caporal Maggiore Miotto Matteo

 

ONORE    AL   CAPORAL   MAGGIORE  MIOTTO MATTEO  

 
 
 
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