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Bin Laden morto (per un lapsus?)

Post n°258 pubblicato il 18 Gennaio 2008 da dammiltuoaiuto
 

Bin Laden morto (per un lapsus?)






Osama Bin Laden è morto? Secondo Benazir Bhutto, ex primo ministro pakistano uccisa in un attentato il 27 dicembre scorso, sì.
Lo aveva rivelato proprio lei in una intervista al canale Al Jazeera.
O meglio, nel corso di una intervista dello scorso 2 novembre ha detto che Osama Bin Laden «è stato assassinato da Omar Sheikh», noto ufficiale del servizio segreto militare pakistano ISI, considerato vicino all'intelligence militare pachistana e già coinvolto nell'inchiesta sul barbaro omicidio del giornalista Daniel Pearl.
Omar Sheikh, alias Mustafa Muhammad Ahmad, sarebbe anche lo stesso uomo che nel 2001, qualche giorno prima dell'11 settembre, consegnò a Mohammed Atta, il capo dei dirottatori delle Torri Gemelle, una valigetta con 100 mila dollari e che, sempre secondo l'inchiesta ufficiale del Congresso, si trovava proprio a Washington durante l'attacco al Pentagono.
Ma la notizia dell'assassinio di Bin Laden (non esattamente una notizia di secondo piano) non è mai stata nè confermata nè smentita da alcuna fonte giornalistica o politica. In realtà nessun media sembra essersene accorto. Fino a l’altro ieri.
E nemmeno il giornalista collegato con la Bhutto chiede lumi sulla frase, come se fosse distratto, destinata a diventare un ennesimo mistero mondiale.
Distratti come tutti gli altri che erano in studio o che hanno visto l’intervista in questione…
La scoperta l'ha importata in Italia il giornalista Giulietto Chiesa che ha aperto il video su You Tube dopo la segnalazione inviatagli via email da un amico.
«L'intervistatore, David Frost», racconta Chiesa, «è un giornalista esperto. Ma assorbe la notizia come se non l'avesse sentita. Non chiede nemmeno «quando?». Passa oltre. Sbalorditivo. Guardo il contatore delle persone che, nel frattempo, sono andate a vedere quel
filmato: in quel momento sono 292.364. Altre decine di siti web stanno commentando quello che vedo io su You Tube».
E Chiesa si domanda come sia possibile che dal 2 novembre, giorno dell'intervista,, ad oggi tutti i media abbiano taciuto la notizia.
Ma c'è anche chi, come la Bbc ritiene che quella frase sia frutto di un lapsus della Bhutto e che in realtà la donna abbia confuso il nome di Bin Laden con qualcun altro.
Secondo il canale inglese, infatti, la donna usa il termine "murdered", assassinato, parola carica di condanna morale.
Perché dovrebbe condannare l'assassino di un terrorista della portata di Bin Laden? Inoltre la Bhutto in quella parte di filmato sta parlando di criminali efferati e a un certo punto elenca due di questi criminali: il primo ha decapitato sei turisti occidentali, il secondo... ha ucciso Bin Laden?
Potrebbe quindi trattarsi di un errore, ma è certo che il giornalista in studio lascia correre e non chiede spiegazioni.
C'è un altro elemento che potrebbe far propendere per uno strafalcione.
Negli stessi giorni anche la Cnn ha realizzato una intervista con la Bhutto ma della morte di Bin Laden non c'è traccia.
Anzi, ci sono informazioni che direbbero il contrario.
La giornalista Whitfield domanda: «Do you Musharraf.... I'm sorry. Do you think General Musharraf knows where Osama bin Laden is?» (Musharraf...Scusi...Lei pensa che il generale Musharraf sappia dov'è Bin Laden?). La risposta della Bhutto: «I don't think General Musharraf personally knows where Osama bin Laden is» (No, non penso che il generale Musharraf sappia personalmente dove si trovi Bin Laden).

La risposta data non fa certo presumere che la donna sia a conoscenza di dettagli circa l'assassinio del capo di Al Quaeda.
Sta di fatto che la Bhutto è rimasta uccisa in un attentato sembrerebbe ad opera della stessa Al Quaeda.

17/01/2008 8.26

ECCO IL VIDEO DELL’INTERVISTA




LA PAGINA DELL'FBI CHE DESCRIVE BIN LADEN COME UNO TRA I 10 RICERCATI PIU' PERICOLOSI AL MONDO (MA NON SI FA MENZIONE DEGLI ATTACCHI DELL'11 SETTEMBRE)

 
 
 

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Post n°257 pubblicato il 15 Gennaio 2008 da dammiltuoaiuto
 

Appello per Abou Elkassim Britel

In sciopero della fame dal 16 novembre 2007 nel carcere di Äin Bourja, Casablanca


di khadija anna lucia pighizzini

Sono la moglie di Abou Elkassim Britel, l’unico cittadino italiano, a quanto si sa, vittima di extraordinary rendition ad opera della Cia nel maggio 2002.

Da allora mio marito Kassim non è più potuto tornare in Italia, nella nostra casa di Bergamo. Gli sono toccate in sorte detenzioni illegali, torture, trattamenti disumani e degradanti, un processo iniquo, a seguito del quale è tuttora detenuto in Marocco, suo paese d’origine.

Da molti anni mi adopero per far conoscere la verità sul suo caso e per alleviare le sofferenze del mio compagno, ma il silenzio intorno alla vicenda persiste ed impedisce una sua equa soluzione.

Ci siamo rivolti al Governo italiano perché prenda quelle « misure concrete per ottenere l’immediato rilascio » che la Risoluzione del Parlamento europeo sui voli Cia sollecita, ricevendo solo risposte burocratiche.

Da 32 giorni Kassim è in sciopero della fame, chiede di essere liberato: non ha commesso reati.

Il nostro desiderio più grande è riprendere una vita degna di tale nome e ricostituire la nostra famiglia.

Mio marito è fortemente determinato, il suo fisico provato da violenze e privazioni, potrebbe non reggere questa prova tanto impegnativa, ma questa è l’unica azione dignitosa che ha potuto intraprendere.

Sono preoccupata ed addolorata, consapevole che solo un forte movimento di opinione riuscirà ad indurre il nostro Paese ad impegnarsi per questo suo cittadino, ecco perché chiedo anche il Suo aiuto.

Tutte le informazioni sono su: www.giustiziaperkassim.net

Se ritiene di partecipare a questa azione positiva ed aiutarmi a salvare la vita di mio marito:

- partecipi alla campagna di Fair Trials International scrivendo lettere agli indirizzi indicati e dandone notizia con una mail a questa associazione di avvocati inglesi,

- inoltri questo appello a tutti i Suoi contatti,

- parli con i Suoi amici e conoscenti di questa tragica vicenda,

- solleciti i parlamentari eletti nel suo territorio a richiedere al Governo italiano un’azione efficace per la liberazione di mio marito



Grazie, insieme possiamo riuscire

khadija anna lucia pighizzini

Bergamo, 17 dicembre 2007

To:  Governo Italiano/ Gouvernement italien/ Italian Government – Commissione europea/ Parlamento Europeo/ Commission européenne/ Parlement européen/ European Commission/ European Parliament

Abou Elkassim Britel, nato in Marocco e cittadino italiano dal 1999, è in sciopero della fame dal 16 novembre 2007 in un carcere marocchino.
Dopo quasi 6 anni di ingiusta detenzione chiede di essere liberato: non ha commesso reati.
Da marzo 2002 Kassim ha subito: extraordinary rendition, arresti arbitrari, detenzioni segrete con torture e violenze di ogni genere, un processo affrettato ed iniquo, carcere duro.

Il Parlamento europeo nella sua Risoluzione n° 2006/2002 (INI)/feb 2007: « 63. condanna la consegna straordinaria del cittadino italiano Abou Elkassim Britel, che era stato arrestato in Pakistan nel marzo 2002 dalla polizia pakistana ed interrogato da funzionari USA e pakistani, e successivamente consegnato alle autorità marocchine ed imprigionato nella prigione di "Temara", dove è ancora detenuto; sottolinea che le indagini penali in Italia contro Abou Elkassim Britel erano state chiuse senza che egli fosse incriminato; 64. si rammarica che secondo la documentazione trasmessa alla commissione temporanea, dall'avvocato di Abou Elkassim Britel, il Ministero degli Interni italiano all'epoca fosse in "costante cooperazione" con servizi segreti stranieri in merito al caso di Abou Elkassim Britel dopo il suo arresto in Pakistan; 65. sollecita il governo italiano a prendere misure concrete per ottenere l'immediato rilascio di Abou Elkassim Britel ».

La sua innocenza è provata anche dalle conclusioni della magistratura italiana che ha archiviato l’indagine su di lui « rilevato che gli ulteriori accertamenti disposti, intercettazioni telefoniche ed accertamenti bancari, non hanno fornito alcun supporto all'accusa », (9745/06) set.06
Kassim attua questa forma di protesta estrema dopo che lui e sua moglie, innumerevoli volte nel corso di questi anni, si sono rivolti con fiducia sia alle autorità italiane che marocchine senza risultato alcuno, anzi durante lo sciopero della fame un trasferimento ha peggiorato le condizioni di reclusione.
Ogni ora che passa aggrava la situazione: la sua vita è ormai in grave pericolo. Insieme alla debolezza fisica aumenta anche la sua determinazione.

Chiediamo insieme di salvare la vita di Abou Elkassim Britel rendendogli al più presto la dovuta libertà:
- al Governo italiano un passo concreto e deciso per la liberazione di Abou Elkassim Britel,
- alla Commissione europea ed al Parlamento europeo un’efficace azione a sostegno di queste richieste urgenti, in considerazione dell’art. 2 dell’ACCORDO EUROMEDITERRANEO di associazione UE-Marocco, in vigore dal 2000: « il rispetto dei principi democratici e dei diritti fondamentali dell’uomo, quali enunciati nella dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, ispira le politiche interne e internazionali della Comunità e del Marocco e costituisce elemento essenziale del presente accordo ».


Per favore, inserite nome e cognome, solo così la vostra adesione sarà valida, grazie.
FIRMA   QUI

http://www.petitiononline.com/kassim/

 
 
 

guantanamo     tragedia da 6 anni

Post n°256 pubblicato il 14 Gennaio 2008 da dammiltuoaiuto
 

Guantanamo, compie 6 anni la prigione piu' discussa
La prigione militare di Guantanamo compie sei anni: è collocata sui bordi di un'insenatura nella punta sud-est dell'isola di Cuba, lontana 13 mila km dall'Afghanistan, in una zona speciale chiamata 'Campo Delta'. L'11 gennaio 2002, nella base della marina statunitense a Guantanamo Bay a Cuba arrivarono i primi 20 'prigionieri di guerra', condotti incappucciati, con le mani legate e i piedi incatenati.

Erano trascorsi esattamente quattro mesi dall'attacco all'America dell'11 settembre 2001 e gli americani avevano ormai vinto la guerra in Afghanistan, senza però catturare i leader di Al Qaida e taleban. Da allora, poco meno di 800 prigionieri, ritenuti coinvolti in azioni di terrorismo, sono passati da Camp Delta e dagli altri centri di detenzione di Guantanamo. Per 380 di loro - di cui 114 nel corso del 2006 - c'é stata la possibilità del trasferimento ai paesi d'origine e in molti casi la scarcerazione. Meno di 400 detenuti restano invece in una condizione segnata da molte incertezze. Il Pentagono ha già stabilito che 85 di loro non costituiscono più un pericolo, ma non è riuscito al momento a trovare paesi disponibili ad accoglierli. Gli altri dovrebbero essere processati ma il condizionale è d'obbligo giacché sono proprio i processi l'aspetto più complesso della questione Guantanamo. L'iter delle 'commissioni militari', i tribunali speciali creati da Bush dopo l'11 settembre ha avuto vita travagliata.

La Corte Suprema degli Stati Uniti li ha bloccati due volte sul nascere. Il Pentagono da tempo sta mettendo a punto le procedure per cominciare i processi. Bush, che più volte aveva ribadito di voler chiudere Guantanamo, ha anche avvertito di non poter compiere passi del genere prima che venga stabilito cosa fare con quelli che l'America ritiene terroristi e 'combattenti nemici'. Il 29 giugno 2006, in occasione dell'appello di un detenuto yemenita, Salim Ahmed Hamdan, presunto autista di Osama bin Laden, la Corte Suprema degli Stati Uniti boccia le scelte del presidente sui tribunali militari speciali (definendoli illegittimi) per i detenuti di Guantanamo. Nell'agosto 2006, con una mossa a sorpresa, il presidente fa trasferire a Guantanamo anche i 14 detenuti di Al Qaida di maggior spessore custoditi dagli Usa, che si trovavano nelle prigioni segrete della Cia. Il 17 ottobre 2006 George W. Bush firma la legge che crea negli Usa un sistema giudiziario militare per i sospetti terroristi e definisce le regole per interrogarli. Il 14 febbraio 2007 il presidente americano firma un ordine esecutivo che avvicina il momento in cui i sospetti terroristi detenuti a Guantanamo potranno essere processati da speciali tribunali militari. Il documento autorizza la creazione di commissioni militari incaricate di portare avanti i processi contro i sospetti terroristi. Nel corso del 2007 viene creato un tribunale smontabile, una tendopoli militare stile 'MASH', all'interno della base, per processare i detenuti in attesa di conoscere il proprio destino. 

 

Guantanamo : 1200 parlamentari del mondo ne chiedono la chiusura
di Rico Guillermo

Oltre 1.200 parlamentari di tutto il mondo hanno sottoscritto l'appello per la chiusura del carcere di Guantanamo nel sesto anniversario del primo trasferimento di detenuti al centro americano in territorio cubano.

L'inizitiva e' partita da Amesty International, che ha presentato al governo USA un programma - costituito da 13 raccomandazioni - per porre fine alle detenzioni illegali (a norma di diritto internazionale e in teoriaa anche a norma della Costituzione USA) nella guerra al terrore. Hanno sottoscritto parlamentari europei e nazionali, fra cui quelli di Israele, Giappone, Gran Bretagna, con una mssiccia adesione di Spagnoli (170).

Il piano d'azione chiede il ripristino dell'habeas corpus (il diritto a sapere da un tribunale per quale motivo si sia detenuti), la cessazione delle detenzioni segrete, il processo di tutti i detenuti davanti a tribunali indipendenti e imparziali o, in alternativa, la liberazione degli internati di Guantanamo.

"Le pratiche illegali adottate dal governo statunitense nella sua guerra contro il terrore - che si sono manifestate a Guantánamo e con il programma di detenzioni segrete della CIA - hanno promosso la pericolosa idea che si possano mettere da parte i diritti umani fondamentali nel nome della sicurezza nazionale", ha affermato Irene Khan.

Peraltro, alcuni governi orientali, nordafricani o europei sono divenuti complici di tale politica nel momento i cui hanno permesso gli arresti illegali nel loro territorio, hanno chiuso un occhio davanti allo scalo degli aerei CIA nei loro aeroporti o sono stati teatro di torture per i prigionieri.

Speciale voli e prigioni CIA

___________

NB: I CONTENUTI DEL SITO POSSONO ESSERE PRELEVATI CITANDO L'AUTORE E LINKANDO
www.osservatoriosullalegalita.org

 
 
 

dove stiamo andando?

Post n°255 pubblicato il 14 Gennaio 2008 da dammiltuoaiuto
 

In questo paese ormai tutto è lecito e tutto è concesso.Si rimane disarmati davanti a queste persone che decidono il nostro futuro senza chiedere il parere a nessuno ed infischiandosene dei principi costituzionali che poi con alterità ti propinano davanti allo schermo.Siamo diventati solamente numeri e più precisamente ognuno di noi è un numero per il mantenimento e la spartizione del loro potere diventato assoluto.In generale le democrazie nel mondo smentiscono se stesse costantemente ma qui in Italia si supera anche il minimo senso del pudore.Mentre sorridono davanti alle telecamere con sguardo ipocrita e furbesco ti fanno passare anche la più grossa porcheria come una cosa normalissima ed un atto dovuto al bene della collettività(vedi termovalorizzatori,legge elettorale,trasferimenti ed incompatibilità per De Magistris e Forleo etc...).Non so se riusciremo un giorno a venir fuori da questa situazione ma certo è che faranno di tuttto questi personaggi per ostacolare una società civile e basata sull'uguaglianza dei diritti,che aiuti i più deboli e non penalizzi i meritevoli.Una società in cui i propri politici possano essere motivo di orgoglio e non di vergogna.

 
 
 

No alla "grazia" per Bruno Contrada

Post n°254 pubblicato il 14 Gennaio 2008 da dammiltuoaiuto
 

LETTERA APERTA - APPELLO
No alla "grazia" per Bruno Contrada

per aderire invia un e-mail a nograzia@genovaweb.org
con cognome-nome e città


Sconfiggere le mafie è un obiettivo imprescindibile, una priorità nazionale.
Le mafie inquinano il nostro territorio, negano i nostri diritti, cancellano libertà e dignità, impediscono lo sviluppo di intere regioni e condizionano il mercato in ogni regione del Paese, uccidono. Non basta combatterle, condannarle a parole, con manifestazioni o slogan altisonanti, bisogna sconfiggerle! Non bisogna aspettare nuovi morti e non bisogna dimenticare che per sconfiggerle occorre l'azione comune della società civile, della magistratura e delle Istituzioni tutte. Occorre affrontare questa “guerra”, con oltre 2650 morti ammazzati, iniziando dal rompere il silenzio e l'omertà, l'indifferenza e la connivenza, che avvolgono, proteggono e rafforzano la presenza e l'attività mafiosa, al Sud come al Nord. Nessuno può chiamarsi fuori.
Sappiamo che le mafie possono contare su connivenze e complicità di pezzi dello Stato. Inseriscono uomini nelle Istituzioni, locali come nazionali, o trattano e usano uomini delle Istituzioni, locali e nazionali. Attraverso segmenti della massoneria, attraverso l'intreccio perverso mafia-politica-affari, impongono scelte al Potere cosiddetto legale, piegando l'interesse pubblico. La stagione stragista, come gli omicidi eccellenti commessi dalla mafia, le latitanze dei boss come l'azione di riciclaggio ed infiltrazione negli appalti pubblici, hanno messo in luce questo legame perverso tra Potere cosiddetto legale e Potere criminale. Solo spezzando questo legame, solo colpendo questa rete di protezione e complicità, e solamente aggredendo i patrimoni frutto del crimine mafioso e della corruzione, si potrà rompere questo equilibrio perverso.
Ci sono uomini e donne straordinarie, nelle forze dell'ordine, nella magistratura, nell'amministrazione della cosa pubblica come nelle Istituzioni che si oppongono strenuamente alla prepotenza mafiosa ed ai volti di quei “professionisti” dal colletto bianco che agiscono per conto dei mammassantissima di Cosa Nostra, 'Ndrangheta e Camorre. Uomini e donne preparati che non hanno mezzi ma fanno l'impossibile per sconfiggere e non solo combattere le mafie. Ci sono uomini e donne, ragazzi e ragazze, straordinari che nelle scuole o sul territorio operano per contrastare la cultura mafiosa e far comprendere quanto la Legalità sia utile per tutti e che i Diritti devono essere garantiti dallo Stato e non elargiti dal boss di turno in cambio di sudditanza. Ci sono organizzazioni di impegno civile e sociale che operano per rendere evidente che la mafia può essere colpita e che i beni confiscati a queste possono divenire occasione di riscatto.
Un opera straordinaria che rischia ogni giorno di infrangersi e che ogni giorno, sempre di più, viene mortificata e umiliata da pezzi delle Istituzioni che non vogliono sconfiggere le mafie. Provvedimenti che limitano le risorse ed i mezzi a disposizione dei reparti investigativi, cavilli e contraddizioni legislative che di fatto rendono vana l'azione giudiziaria. Normative e gestioni che disincentivano la scelta dei cittadini di aiutare lo Stato, con Testimoni di Giustizia condannati a non-vivere per sopravvivere e con Collaboratori di Giustizia che vedono cadere i propri parenti morti ammazzati per la loro scelta di pentimento. Beni confiscati con fatica che restano in mano ai boss o che rimangono inutilizzati, quando - addirittura – non finiscono in mano alle banche. Attacchi, delegittimazioni e accuse infamanti ai magistrati che hanno la schiena dritta e non accettano di chiudere gli occhi davanti alle collusioni ed alle complicità del Potere con le mafie e con la rete di corruzione, clientela e illegalità che sottrae risorse alla collettività.
Ogni giorno anziché rafforzare la cultura della Legalità, della credibilità dello Stato, si avvalla quel fondamento della cultura mafiosa che fa credere che comportarsi onestamente non paga. Assistiamo a proclami su Sicurezza e Legalità che significano tolleranza zero per i poveri cristi (come chi è - vittima dei traffici mafiosi - come gli immigrati clandestini, le ragazze prostitute o le vittime delle droghe) e tolleranza mille – cioè impunità e immunità - per i colletti bianchi, per i potenti, per i grandi criminali e le loro reti di protezione. Abbiamo assistito a manifestazioni antimafia con collusi in prima fila, abbiamo assistito a complici silenzi come sull'Agenda Rossa di Paolo Borsellino, da parte di alte cariche dello Stato, abbiamo assistito alla creazione - ad arte - di movimenti antimafia puramente mediatici utili solo alla politica ed al perenne tentativo di "normalizzazione" per depistare e screditare quanti, ogni giorno, si "sporcano le mani" e fanno nomi e cognomi. Dopo la beatificazione di Giulio Andreotti, presentato – trasversalmente - come “assolto” quando invece è stato riconosciuto – in via definitiva - colpevole di associazione mafiosa con Cosa Nostra sino al 1980. Dopo l'indulto che ha “liberato” anche molti della “manovalanza mafiosa”, che ha salvaguardato gli interessi di quell'economia e finanza corrotta, e dopo il Golpe Giudiziario attuato dal Ministro Mastella per fermare l'inchiesta Why Not in cui era coinvolto come indagato insieme al Premier, è di questi giorni la notizia che il Presidente della Repubblica ed il Ministro di Grazia e Giustizia, hanno avviato l'iter per concedere la Grazia ad un colpevole di associazione esterna a Cosa Nostra, condannato in via definitiva. NO! Adesso BASTA!!! Non è accettabile che Bruno Contrada, che, alto funzionario dello Stato, ha tradito e preferito servire Cosa Nostra, divenendo corresponsabile di quella stagione stragista che ha sventrato e intriso di sangue il Paese. NO! Proprio ora che, nonostante tutto, si sono inflitti pesanti colpi a Cosa Nostra, come la cattura dei Lo Piccolo, degli uomini vicini a Messina Denaro, la fine di Daniele Emmanuello, la rivolta -con il sostegno di Confindustria- contro il pizzo, lo Stato non può dare segni di cedimento. NO! A questa inquietante e vergognosa resa di alcuni, noi ci opponiamo, chiedendo rispetto per tutte le vittime delle mafie e, a questo punto, non possiamo esimerci dal chiedere che sia fermato l'iter della grazia avviato dal Ministro Mastella.


Casa della Legalità e della Cultura – Onlus [sito]
DemocraziaLegalità.it [sito]
Associazione familiari delle Vittime di Via dei Georgofili [sito]
Salvatore Borsellino
Gioacchino Basile [sito]


TUTTE LE ADESIONI SARANNO PUBBLICATE ON LINE 
E VERRANNO INVIATE AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, AL GOVERNO ED AL PARLAMENTO

per aderire e sottoscrivere la lettera-appelo
invia una e-mail con cognome, nome e città a: nograzia@genovaweb.org

 
 
 

11 settermbre e  cristianesimoTratto da:

Post n°253 pubblicato il 14 Gennaio 2008 da dammiltuoaiuto
 


Rivelazioni allucinanti anche sull'attentato
dell' 11 settemb
Rivelazioni allucinanti anche sull'attentato
dell' 11 settembre!!!

Avvertenza:  il sito contiene alcune inesattezze,
specie nell'etimologia, a dir poco, avventurosa,
fatta di certe parole inglesi... tra cui horizon,
che in realtà deriva dal latino horizon , horizontis...,  
ma comunque questo video va visto, se
non altro, per avere una visione alternativa
del Mondo.




Carissimi amici,
grazie ad un recente post sono venuto a conoscenza
di fatti che benchè parzialmente acquisiti non avevo
mai avuto modo di vedere essere così dettagliatamente
spiegati.

Quello che accade nel nostro paese è terribile
ma è controllato, voluto affinchè si possa creare
divisione fra di noi e poter essere cos' controllati.

Quello che vediamo accadere è solo la punta
dell'iceberg e mentre discutiamo di inutili questioni
qualcosa di abbominevole stà succedendo sotto i nostri occhi.






Qualcosa che spiega tutte le sofferenze della nostra vita.
Vi prego di vedere questo filmato, prendetevi il tempo
di guardarlo è importante:

   http://video.google.it/videoplay?docid=-6866557189571858559  

Non sarà facile, e benchè sono sicuro della sua veridicità
vi dico che se anche l'1% di quanto viene esaminato
fosse vero, sarebbe comunque abbastanza per capire
i perchè ed i per come di ciò che ogni secondo avviene
intorno a noi.

Questo è il più importante di tutti i problemi
di cui potremmo discutere.

Ripeterò questo post fino alla nausea, e pregherei
a tutti voi di continuare a riproporlo ad oltranza,
è troppo importante.
Ed è importante che guardiate il video dall'inizio
alla fine prima di qualsiasi giudizio o commento.
"Zeitgeist - The movie" è una produzione indipendente
senza fini di lucro, da poco disponibile con sottotitoli in italiano.

Un lungometraggio di 2 ore che vi porterà , se non altro,
ad osservare il mondo con uno sguardo un po' piu' critico.
Crudo, Illuminante, controverso, distribuito solo in rete
via google video, Zeitgeist tenta di far luce

1)
sull'origine delle religioni, in particolar modo sul cristianesimo
e di come queste siano sin dai tempi piu' remoti efficenti sistemi di controllo sociale.


2)
Le stragi dell'11 settembre, la creazione del nuovo "mito"
moderno del terrorismo, la paura come strumento di controllo
delle masse.


3)
Le attività delle banche centrali e dei grossi finanzieri
che controllano i nostri soldi, il nostro futuro, un'elite
che promuove guerre e crisi finanziarie, con lo scopo ultimo
di creare un governo unico mondiale.


Zeitgeist tende a massimizzare l'impatto emotivo (musiche stupende!)
a scapito di un piu' pesato uso delle prove. Questo lascia spazio
a critiche e ad interessanti discussioni....buona visione! 


http://www.zeitgeistmovie.com/

 
 
 

CARLO PARLANTI HELP

Post n°252 pubblicato il 13 Gennaio 2008 da dammiltuoaiuto
 



Italia: nazione a sovranità limitata.

Il caso di Carlo Parlanti, cittadino italiano, ne è una manifesta controprova (anche se non serviva).

I nostri cittadini possono essere arrestati ovunque, trasferiti coercitivamente in America e sottoposti a carcerazione preventiva senza indizi né, tanto meno, prove a carico: basta la denuncia personale di una vera o presunta parte lesa purché sia, come nel caso in questione, cittadina americana.

Carlo Parlanti è rinchiuso da due anni prima in Germania, dove è stato arrestato su mandato di cattura internazionale (indovinate emesso da chi...) e, poi, in una cella di prigione Usa, senza che né le autorità governative italiane (per quel poco che si sono mosse...) né i suoi legali di fiducia (nonostante abbiano intrapreso tutte le vie legali possibili...) siano riusciti ad ottenere il benché minimo riscontro di obiettività giudiziaria.

Carlo Parlanti è accusato, e per questo detenuto, di: violenza domestica, sequestro di persona, violenza sessuale ai danni della sua ex convivente Rebecca White. Denuncia effettuata dopo tre settimane dalle violenze lamentate e dopo essere stata lasciata da Carlo Parlante. Il tutto, solo - lo ripeto - su denuncia della stessa White, senza nemmeno un referto medico che attesti i dichiarati maltrattamenti ricevuti.

Il nostro connazionale non si era trasferito negli Usa in cerca di avventura/e ma perché regolarmente assunto da una nota azienda multinazionale in qualità di “manager informatico”.

Allo stato attuale, vive in una cella due metri per due, nel carcere di Wasco, in California.

Questo è il diritto dell’Impero Usa.

Craxi? Aveva osato far sparare addosso agli americani a Sigonella.

Cemis? Una disgrazia: non ci sono colpevoli, al massimo irrisori risarcimenti.

Callipari? Legittima reazione a fondati sospetti e pericoli.

Carlo Parlanti? La sua parola di suddito dell’Impero contro quella di una Civis Statunitensus Sum: cosa volete che conti?

È appena il caso ricordare che dopo l’11 settembre, negli Stati uniti è stato temporaneamente (dicono...) sospeso l’Habeas Corpus, colonna del rispetto dei diritti fondamentali e giuridici dell’Uomo. Pare (dicono...) per difendere l’America dai malefici altrui (dicono...).

_______________________________________________

Leggere nel dettaglio la vicenda di Carlo Parlanti sul sito http://www.carloparlanti.it

Testimoniate la vostra solidarietà a Katia Anedda, la sua compagna italiana, che da due anni si batte per la libertà di Carlo e per la giustizia sovrana degli italiani.

Indirizzo di Carlo Parlanti - F25457
B-3-B-T08M
PO Box 5500
Wasco State Prison
FIRMA  QUI  LA PETIZIONE

 
 
 

LA  THYSSEN  ACCUSA  I LAVORATORI

Post n°251 pubblicato il 13 Gennaio 2008 da dammiltuoaiuto
 

 Indispettiti i vertici della Thyssen dopo la morte di 7 operai, nella
 corrispondenza accusavano i lavoratori di fare troppo gli "eroi in TV".
 
 Indispettiti i vertici della Thyssen dopo la morte di 7 operai, nella
 corrispondenza accusavano i lavoratori di fare troppo gli "eroi in TV".
Questo dà l'idea della gretta e disumana mentalità per cui gli operai sono
 carne da macello alla quale non va assicurata alcuna tutela e se ne
 muoiono centinaia all'anno, i colleghi devono anche tacere invece di
 protestare in TV e far luce sul grottesco abbandono dei diritti che stiamo
 conoscendo. veramente qualcosa di strano è successo in quella acciaieria
mi chiedo: La Thyssen esiste da tantissimi anni ,  nessuno ne ha mai sentito
parlare fino aal momento dell'incidente che ha causato la morte dei sette
poveri ragazzi
Ma mi chiedouna cosa importantissima : perche nessuno denunciò la carenza di
sicurezza in tutti gli anni passati?
I sindacati di solito fanno manifestazioni se qualcosa nelle industrie non
fila liscio...dov'erano?forse negli anni passati gli estintoeri erano carichi,
c'era qualcuno   che periodicamente controllava ... negli ultimi tempi l'azienda era in procinto di chiudere, quindi si cercava di ottimizzare i profitti: non
posso avere dei costi per creare un impianto sicuro se fra 3 mesi
chiudo....anche gli operai erano in numero inferiore al necessario: un
operai aveva spiegato che si era ritrovato responsabile di un settore
che nemmeno conosceva....
Vorrei precisare che se non fossero morti, probabilmente non sarebbe
venuto a galla nulla di questa situazione.
Supponendo che anche precedentemente ci fosse stata qualche carenza
non grave, chi avrebbe potuto fare qualcosa? Ogni cosa negativa che
accade all'azienda si ripercuote sugli operai. Lì c'era gente che
lavorava pur conoscendo i rischi  non perchè eroi, ma per mancanza di
alternativa...quando devi mandare avanti una famiglia, pagare le
bollette etc e non hai possibilità di scelta, sei costretto ad
accettare qualsiasi cosa a meno di "vie poco legali".


CARA  THYSSEN   VERGOGNATEVISPERO  CHE LA  GIUSTIZIA  VI CONDANNI   A UN RISARCIMENTO   MILIARDARIO  ..................

MANDATE  EMAIL   DI PROTESTAinfo.ast@thyssenkrupp.com



http://www.corriere.it/cronache/08_gennaio_13/thyssen_carte_92b66d9a-c1a5-11dc-bb2b-0003ba99c667.shtml La Thyssen dopo il rogo:
gli operai fanno gli eroi in tv «Il governo Prodi in crisi trae vantaggio dall'attenzione su di noi»


La sede della Thyssen Krupp a Torino listata a lutto (Ap)
TORINO
- Un'analisi riservata interna sulla situazione politica italiana, sulle reazioni sindacali e sociali e sull'atteggiamento dei media all'indomani del rogo della ThyssenKrupp che nella notte tra il 5 e il 6 dicembre è costato la vita a sette operai. Il documento — cui contenuti, se confermati, sembrerebbero testimoniare meglio di qualunque altro materiale l'atteggiamento assunto dalla casa madre tedesca nei confronti delle sue filiali italiane e in particolare dell'acciaieria torinese in via di dismissione — è stato sequestrato giovedì scorso a Terni nel corso delle perquisizioni sia in fabbrica sia nelle abitazioni private dei tre massimi dirigenti italiani (l'amministratore delegato Harald Espenhahn, Gerald Priegnitz e Marco Pucci) del gruppo già iscritti per omicidio e disastro colposo nel registro degli indagati. Nella nota, redatta in tedesco o forse tradotta in questa lingua proprio per renderne più rapida la lettura a tutti i manager interessati, si analizza la storia e la realtà della città di Torino, dove esiste — registrano i funzionari ThyssenKrupp — «una lunga tradizione sindacale di stampo comunista », e dove già negli anni precedenti alla tragedia le «condizioni ambientali» apparivano sfavorevoli al mantenimento dell'attività produttiva. Non mancano i cenni remoti alla storia italiana e torinese degli «anni di piombo», nei quali chi firma l'analisi ricorda come alcune delle pagine più sanguinose del terrorismo brigatista siano state scritte proprio a Torino ad opera dell'eversione.
Poi si passa a esaminare la situazione dei 20 giorni di dicembre che hanno fatto seguito alla tragedia, durante i quali il sacrificio degli operai, le loro condizioni di lavoro, le dichiarazioni di dura condanna da parte delle istituzioni e delle forze politiche e sindacali italiane hanno occupato le prime pagine dei giornali e dei telegiornali. Ai vertici aziendali che dalla casa madre di Essen, in Germania, hanno evidentemente richiesto elementi per poter meglio valutare la situazione e per poter quindi decidere la propria strategia sia di comunicazione sia legale, lo sconosciuto relatore dell'analisi trasmette i propri commenti.
Gli operai sopravvissuti al rogo e i compagni di lavoro delle vittime «passano di televisione in televisione » e vengono rappresentati «come degli eroi». Un fatto, quest'ultimo, particolarmente sgradevole, che impedisce ogni possibile misura di censura o di richiamo a questi testimoni, che sono ancora e a tutti gli effetti dipendenti della società, ma che in questo momento sarebbe inopportuno colpire sul piano disciplinare, anche se non si esclude di poter prendere in considerazione questa ipotesi per il futuro, dopo un'attenta analisi degli aspetti formali e delle rassegne stampa cartacee e televisive. Infine, nella lettera ritrovata all'interno di una valigetta nelle perquisizioni, si traccia anche un affresco della situazione politica italiana in generale, facendo notare come lo stesso governo guidato da Romano Prodi, che attraverserebbe comunque un periodo di «crisi», possa trarre vantaggio dall'estrema attenzione dei media sul rogo di Torino, che può esercitare, se non altro, un ruolo di calamita capace di distrarre l'attenzione dei lettori e dei telespettatori da altri e più urgenti problemi di politica interna
Vera Schiavazzi
13 gennaio 2008

 
 
 

Birmania, San Suu Kyi incontra il ministro della Giunta militare

Post n°250 pubblicato il 11 Gennaio 2008 da dammiltuoaiuto
 

Birmania, San Suu Kyi incontra
il ministro della Giunta militare
La leader dell’opposizione democratica, Aung San Suu Kyi
Attacco nella stazione ferroviaria
della capitale: uccisa una donna
RANGOON
Alcuni testimoni riferiscono che la leader dell’opposizione democratica birmana, Aung San Suu Kyi, avrebbe lasciato questa mattina la propria abitazione, dove è agli arresti domiciliari, per un incontro con il ministro incaricato dalla Giunta militare di mantenere rapporti con lei.

Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la pace, leader dell’opposizione democratica e del partito birmano della Lega nazionale per la democrazia ha trascorso 12 anni sotto custodia, per lo più agli arresti domiciliari.

Suu Kyi, 62 anni, è stata accompagnata verso le 13 ora locale a bordo di un convoglio di auto verso la residenza governativa dove dovrebbe avvenire l’incontro.

Si tratta del quarto colloquio di questo genere fra la leader dell’opposizione e il ministro Aung Kyi, nominato in ottobre al termine della brutale repressione da parte del regime militare di Yangon delle manifestazioni di protesta della popolazione, guidate dai monaci buddisti.

Il 4 gennaio scorso, a margine dell’anniversario dell’indipendenza della Birmania, un portavoce del partito di Suu Kyi si era lamentato per l’assenza di progressi nel processo di dialogo avviato con la giunta.

Bomba nella capitale: uccisa una donna
Una donna è morta a causa dello scoppio di una bomba all’interno della toilette della stazione ferroviaria di Naypyidaw, il remoto villaggio nella giungla trasformato poco più di due anni fa nella nuova capitale del Myanmar dalla giunta militare al potere: lo hanno reso noto fonti della compagnia che gestisce l’impianto, senza fornire ulteriori dettagli.

Si tratta del primo episodio del genere avvenuto a Naypyidaw da quando, nel novembre 2005, il regime birmano vi si trasferì dalla vecchia capitale Yangon, già Rangoon, 380 chilometri più a sud. Nell’ex Birmania gli attentati sono in realtà piuttosto frequenti, e i militari spesso li attribuiscono non soltanto ai militanti dei diversi gruppi etnici che si battono per creare propri Stati indipendenti, ma anche agli attivisti dei gruppi di opposizione che lottano per l’introduzione della democrazia nel Paese asiatico, sotto dittatura militare dal ’62.

La ferrea sorveglianza esistente a Naypyidaw aveva però finora evitato che vi si verificassero attacchi dinamitardi, anche in occasione delle recenti proteste di piazza esplose in settembre, e stroncate poi dalla Giunta con una brutale repressione.

 
 
 

la monnezza  di napoli 

Post n°249 pubblicato il 11 Gennaio 2008 da dammiltuoaiuto
 

In passato le catastrofi naturali, dall'inondazione del Polesine al terremoto del Friuli, provocavano il fenomeno degli sfollati. Oggi si assiste allo sfollamento della monnezza,
però in ottica federale. Se la Regione è di centro sinistra apre
discariche e inceneritori alla spazzatura della Regione Campania (di
centro sinistra). Se è di centro destra mette il veto.
I piazzisti degli inceneritori
sono scatenati, a Milano ne vogliono subito un altro, chi li ha già, ma
a basso regime, chiede più spazzatura da bruciare. Nessuno affronta il
problema della raccolta differenziata e dell'eliminazione dei contenitori inutili. Nessuno spiega che l'acqua può essere bevuta dal rubinetto di casa e non da bottiglie di plastica. Siamo il primo Paese al mondo per consumo di acqua in bottiglie di plastica. Nessuno parla dell' ecomafia contigua alla politica in Campania (ma anche altrove) che trasforma terreni agricoli in tumorifici.
Dove c'è la raccolta differenziata l'inceneritore non serve. Rifiuti zero: questo deve essere l'obiettivo. La diossina e le nanopolveri le respirino Matteoli e Bersanetor.
Leggete la testimonianza di Francesco da Napoli.


"Egregio Sig. Grillo,
la
ringrazio per aver dato spazio e iniziato a squarciare il pesante >
telone nero che avvolge l'affaire MONNEZZA a Napoli e provincia. Noi
che ci viviamo - o almeno tentiamo - assistiamo sgomenti alla ridda di
voci, urla, prese di posizione, denunce ecc.: quelle facce da culo non
hanno nemmeno il buon senso di stare zitte e vergognarsi . Tutti
sapevano e tutti mentivano, opposizione e governo, il problema è vecchio di 20 anni
e tutti ci hanno sguazzato guadagnandoci in voto di scambio, collusioni
e tangenti. Sono mesi che abbiano l'immondizia in tutte le strade e
grazie e Dio è inverno altrimenti saremmo tutti già morti di peste. Ma
non le scrivo per la problematica immondizia, oggi lo fanno tutti, è di
moda .. anni fa lo facevamo in pochi e i giornali cestinavano le ns
lettere - anche La Repubblica di Napoli - perché non facevano notizia.
Le
scrivo per un problema molto più serio e scandaloso che pochi hanno
avuto il coraggio di affrontare e quasi nessuno di raccontare:in
provincia di Napoli,come hanno fatto rilevare, da decenni l'immondizia
si raccoglieva in grossi buchi a terra che poi venivano chiusi. Cosi' è
avvenuto per la discarica Pirucchi a Palma Campania, per la discarica La Fungaia a Ottaviano, per quella di Pianura, ad Acerra, a Casalnuovo, a Tufino,
ecc., solo per citare le discariche c.d. - legali -, senza parlare
delle centinaia di discariche e mini discariche abusive gestite
direttamente dalla camorra. Ma lei crede che il vero affare sia stato
quello di prendere la spazzatura della Regione Campania e di
seppellirla in questi siti permessi e non? No, il vero affare è stato,
e lo è ancora in parte, quello di seppellire migliaia di tonnellate di rifiuti tossici provenienti oltre che dalla Campania, dal Nord Italia e dalla Germania e dalla Svizzera.
Ancora oggi alcuni vecchi di Palma Campania - qualcuno ancora vivo per miracolo - ricorda di grossi camion 'a forma di bottiglia'
che di notte facevano la fila per scaricare. Scaricare cosa? Rifiuti
tossici e pericolosi che continuano a esalare sostanze tumorali. Fino
ad alcuni mesi fa , come associazione di consumatori, avevamo richiesto
inutilmente alla locale ASL Napoli 4 - una delle
peggiori iatture italiane - i dati dell'incidenza dei tumori in
provincia di Napoli, soprattutto nel territorio di Acerra, Nola,
Casalnuovo, Pomigliano e Vesuviano. Tali dati ci sono stati negati per
anni sinchè, ufficialmente, si è ammesso che l'unica ASL di Italia in
cui la curva di incidenza dei tumori è in controtendenza è quella
dell'ASL Napoli 4 - ovvero del territorio interessato allo smaltimento
selvaggio dei rifiuti. Dai dati pubblicati dall'ASL, scaturiva che
l'incidenza dei tumori è in discesa su quasi tutto il
territorio italiano con qualche punta di aumento in alcuni luoghi ben
individuati : ebbene l'unica zona d'Italia in cui la curva di crescita era doppia rispetto ai periodi precedenti era quella del Territorio dell'ASL Napoli 4.
La
notizia fu pubblicata a fine 2005, ma stranamente non ebbe seguito e
tutti sembrano essersi dimenticati. In realtà le cose sono
sensibilmente peggiorate, non vi è famiglia che non
registri un caso di tumore nel territorio interessato: tumore ai
polmoni, all'utero e alla mammella soprattutto con un incidenza
superiore sulle donne rispetto agli uomini.Si tratta di una vera e propria strage
con migliaia di morti e tanta, tanta sofferenza, solo nella strada dove
abito sono decedute nel corso mese due donne, una di 40 anni e una di
52, altre 3 mie colleghe di lavoro di Nola - attorno ai 40 - sono in
chemioterapia con prognosi infausta.
Non abbiamo bisogno di
scomodare statistiche e/o indagini, noi ci viviamo in questo
immondezzaio e ne paghiamo tutti i giorni le conseguenze. Siamo
pantegane - a Napoli le chiamano ''è zoccole'' -
strisciamo tra l'immondizia, l'inciviltà, la camorra, il malaffare, la
malapolitica cercando di sopravvivere, agurandoci che il prossimo ad
essere colpito sia il vicino e non noi." Francesco

 
 
 

monnezzopoli

Post n°248 pubblicato il 11 Gennaio 2008 da dammiltuoaiuto
 

Monnezzopoli/ Ecco le pecore alla diossina. Torna l'ombra di Seveso


Il ministro Pecoraro Scanio ad Affari: ho la piena fiducia di Prodi. Romiti? Farebbe bene a risparmiare i soldi dell'avvocato... 

Monnezzopoli/ Marzano (Unaproa) ad Affari: no ad allarmismi, la sicurezza è garantita dalla tracciabilità

Monnezzopoli/ Un lettore ci scrive: come mai all'estero sono vicini all'obiettivo rifiuti zero?

Arriva la prima nave in Sardegna, scontri al porto di Cagliari. Ok da 11 Regioni, no da Lombardia e Veneto. La Procura di Napoli apre un'inchiesta 

I DATI DELLO STUDIO SULL'IMPATTO SULLA SALUTE UMANA DEI RIFIUTI 

SCARICA IL RAPPORTO INTEGRALE 

IL FORUM

Emergenza monnezza a Napoli, che fare?  Clicca e di' la tua!

Sembrava una parola relegata all’emergenza di Seveso, nel 1976. Invece è prepotente realtà: la diossina dell’immondizia campana è un pericolo per l’uomo e per gli animali di cui si ciba. Lo prova un rapporto, preparato da Leopoldo Iannuzzi, dirigente di ricerca del Cnr, che sin dall’esplosione del problema nel 2002 ha iniziato a occuparsi del fenomeno su richiesta dell’Asl Napoli 4.

INDAGINI E DIVIETI- Partiamo dall’inizio. Siamo a Brusciano, un paese in provincia di Napoli, ed è il 2003. Il professor Iannuzzi inizia ad analizzare delle pecore. Sì perché gli animali, che pascolano tra Nola e Acerra, hanno dato alla luce un numero anomalo di agnellini deformi: logico chiedersi se ci siano danni genetici. Che vengono causati dalla diossina, specialmente la TCDD (tetraclorodibenzo-p-diossina), proprio quella sprigionatasi a Seveso più di trent’anni fa. Ora, secondo la legge italiana le diossine non devono superare il valore di 3 picogrammi (pg) per ogni grammo di grasso. E per la Tcdd siamo nell’ordine di 0,11 picogrammi per grammo di grasso. Limiti strettissimi il cui superamento importa il sequestro giudiziario dell’allevamento e, in seguito, l’abbattimento di tutti i capi. Parliamo di pecore, ma nell’elenco si possono aggiungere anche capre, mucche e bufale.

IL RISCHIO DIOSSINA "SEVESO"? 13 VOLTE PIU’ ALTO DEL NORMALE- L’equipe di Iannuzzi lavora. E scopre dati interessanti: nell’allevamento di Brusciano gli animali hanno un livello di diossina relativamente basso, 5,2 pg/g di grasso (e dunque di poco superiore rispetto al limite legislativo che, come si è detto, è di 3 pg/g grasso). Ma nel caso della TCDD, i dati dell’Asl Napoli lasciano sconcertati. Perché il 71% dei campioni di latte controllati sono positivi alle diossine (dose superiore a 3 pg/g). E la TCDD rilevata nel 90% dei campioni ha dato valori medi di 1,4 pg/g. “Tale valore è circa 13 volte quello riscontrato a livello nazionale (0,11 pg/g di grasso)”.

LE MUTAZIONI GENETICHE- Passiamo ora al sangue delle pecore di Brusciano. Anche qui i dati si commentano da soli: “incrementi altamente significativi sia del numero di anomalie cromosomiche, sia gli scambi intercromatidici (scambi e rotture di Dna, N.d.R.) alti quattro volte il controllo”. Cioè superiori ai tassi riscontrati nel sangue di dieci pecore-campione che si nutrono su monte Matese, zona ritenuta sicuramente non contaminata.

Antonino D'Anna

 
 
 

Una storia nuova senza imperi

Post n°247 pubblicato il 06 Gennaio 2008 da dammiltuoaiuto
 

Una storia nuova senza imperi

Alex Zanotelli

È la stagione dell'attesa, dell'avvento.
Tempo di Natale, della nascita di un bimbo di nome Gesù.
È la stagione della novità, dell'anno nuovo. La novità della vita, del credere che il cambiamento possa sbocciare anche dentro - e oltre - i disastri umani che ci avvolgono.
Una domanda mi sorge spontanea, proprio in questo contesto di avvento natalizio: crediamo davvero che il nuovo può irrompere, nonostante tutto quello che viviamo? Ci crediamo davvero o siamo convinti anche noi, come fa il mondo, che questa è la fine della storia e che non c'è null'altro da aspettarsi? Crediamo che l'umanità possa fare ancora un salto di qualità?
Pongo, quindi, una domanda importante: è possibile che cinquemila anni di storia - almeno quella a noi nota - sia stata retta da imperi, dai diversi Cesare, che hanno oppresso, schiacciato ed emarginato la gente? Ci può essere una storia che sia finalmente senza imperi? Possiamo fare un salto di qualità e pensare a un'altra maniera di governarsi?
Si poneva la medesima domanda padre Balducci: così come l'uomo a un certo punto della storia umana ha fatto un salto di qualità ed è diventato homo sapiens, è possibile che faccia un ulteriore salto e divenga homo planetarius? È possibile che irrompa nella storia umana una grande novità inaspettata?
Noi cristiani crediamo, prima di ogni altra cosa, che il nuovo è possibile?
Mi ha affascinato molto, nel corso di questa mia riflessione, un recente libro, edito negli Stati Uniti, dal titolo "La grande svolta. Dall'impero alla comunità madre terra" di David Korter (autore di "Quando le multinazionali governano il mondo").
L'autore parte dalla premessa che oggi è necessario un salto di qualità perché l'umanità possa avere un futuro: "È una scelta che dobbiamo fare tra la cultura imperiale e la cultura della comunità madre terra. È una scelta tra i bassi e gli alti piani della natura umana. È una scelta tra la politica imperiale di 'arraffamento' individuale del potere e la politica democratica costruita sui principi e sul bene comune. È una scelta tra coloro che cercano il potere e rimangono imprigionati nella coscienza imperiale e i realisti della politica che invece cercano di risolvere i problemi che attanagliano tutti".
Oggi un bimbo ci è dato. È la vita che sgorga, mentre viviamo dentro le sfere di un impero che ci sta portando inesorabilmente alla morte, per le guerre e i disastri ambientali.
Riusciamo a credere che possono nascere delle comunità della madre terra, comunità il cui principio fondamentale è la passione per la vita, per la terra, che richiedono nuove relazioni umane? È questo l'invito di Korter che oggi riprendo: "Purtroppo buona parte delle nostre relazioni sono ridotte a scambi impersonali soprattutto in chiave finanziaria e buona parte di questo è sacrificato alla gioia, alla felicità, alle nostre emozioni. I soldi, certo, possono compensare alcune perdite, ma ci vogliono un sacco di soldi per comperare la felicità che invece la comunità e l'amicizia possono regalare gratuitamente". Le relazioni, non i soldi, ci condurranno al benessere. Quello che è importante più di tutto oggi è il nostro partecipare alla vita della comunità.
Perché, anche per noi che resistiamo all'impero, diventano così difficili le relazioni umane e tante di queste sono funzionali a qualcosa? Perché facciamo tanta difficoltà a costruire comunità, a vivere in comunità, ad amare, a sentirci amati?
Perché, soprattutto, tutte le comunità di resistenza, queste piccole realtà locali hanno tanta difficoltà a mettersi insieme? Forse anche nella resistenza stiamo replicando le stesse relazioni imperiali? Dovremmo dedicare molte meno risorse a fare soldi e molto più tempo a costruire comunità.
È questa la grande sfida: perché non credere che sia possibile viverla insieme?
Insistentemente chiedo una maggior sinergia tra tutte le reti, le associazioni, le Chiese, le organizzazioni locali o quelle che si occupano del Sud del mondo, tra tutti coloro che hanno voglia di resistere all'impero.
Penso sia questo il più grande regalo per ciascuno di noi: ritrovare un'unità profonda tra tutti i movimenti. Ritrovare la gioia di stare insieme.

 
 
 

FIRMA  PER ABITI   PULITI

Post n°246 pubblicato il 06 Gennaio 2008 da dammiltuoaiuto
 

    AZIONI URGENTI

 CHIEDIAMO ALLA G-STAR DI INTERVENIRE PER ASSICURARE UN TRATTAMENTO GIUSTO AI LAVORATORI DELLA FIBRES & FABRICS DI BANGALORE

Il 1 Dicembre un tribunale indiano ha richiesto l’arresto di alcuni attivisti difensori dei diritti umani della Clean Clothes Campaign (CCC) e dell’India Committee of the Netherlands (ICN), oltre che del direttore del provider Antenna.

Gli attivisti sono vittime di ritorsioni legali da parte della Fibres and Fabrics International Pvt. Ltd. e della sua sussidiaria Jeans Knit Pvt. Ltd (FFI/JKPL), fornitori della G-Star (principale cliente) e, all’epoca delle violazioni, anche delle italiane Armani e RaRe, per avere fatto circolare informazioni relative alle gravi violazioni avvenute nelle unità produttive di Bangalore.

Le violazioni riscontrate da un gruppo di esperti indipendenti sono contenute in un report dettagliato che potete leggere QUI

Il 6 dicembre la G-Star, presente in Italia in numerosi punti vendita con lo stesso marchio e principale cliente della FFI, ha deciso di cessare le sue relazioni commercia  li con la FFI/JKPL. Pur trattandosi di un primo passo importante, G-Star ha adesso la responsabilità di mantenere fede all’impegno di garantire un giusto trattamento per i lavoratori della  FFI. Mentre andranno ad esaurirsi gli ordini in corso, la G-Star dovrebbe anche mettere in chiaro con la FFI che nuovi ordini potranno essere collocati se, e solo se, la FFI/JKPL ritirerà la denuncia e accetterà di aprire un confronto serio con le organizzazioni locali coinvolte.

Per ulteriori approfondimenti cliccate qui


Vi chiediamo di scrivere alla G-Star affinché:
- si impegni a spostare gli attuali ordini di produzione assegnati alla FFI verso fabbriche vicine che abbiano l’intenzione di impegnarsi in una produzione socialmente responsabile e che diano priorità ai lavoratori della FFI qualora dovessero procedere a nuove assunzioni
-  comunichi pubblicamente alla FFI che il rispetto del codice di condotta della G-Star prevede anche il rispetto della libertà di associazione sindacale
- affermi pubblicamente che denunciare sindacati e difensori dei diritti dei lavoratori  per avere fatto circolare informazioni sulla violazione dei diritti fondamentali, restringendo nei fatti la libertà di espressione e di organizzazione, è incompatibile con la richiesta di rispettare la libertà di associazione sindacale
- comunichi alla FFI che nuovi ordini saranno negoziabili solo se la FFI ritirerà la denuncia e accetterà un confronto con organizzazioni locali coinvolte

Inviate le vostre mail di pressione cliccando su:http://www.cleanclothes.org/urgent/07-12-11.htm#action Scrivete nelll'oggetto FAIR DEAL FOR FFI WORKERS

 
 
 

diritti umani in Cina

Post n°245 pubblicato il 06 Gennaio 2008 da dammiltuoaiuto
 

Arrestato difensore dei diritti umani in Cina

Campagna “Pechino 2008: Olimpiadi e diritti umani in Cina”. Arrestato difensore dei diritti umani, appello on line di Amnesty International Italia

Amnesty International ha lanciato un appello on line in favore dell’ennesimo difensore dei diritti umani arrestato in Cina, Hu Jia di Pechino. L’appello può essere sottoscritto all’indirizzo:
www.amnesty.it/appelli/azioni_urgenti/Cina_Hu_Jia?page=azioni_urgenti  

Hu Jia, arrestato il 27 dicembre 2007 con l’accusa di “incitamento alla sovversione dei poteri dello Stato”, è tuttora detenuto in totale isolamento senza la possibilità di incontrare il suo avvocato. Il suo arresto si inserisce nel contesto di repressione delle autorità cinesi sugli attivisti per i diritti umani in vista delle Olimpiadi di Pechino dell’agosto 2008. Obiettivi prescelti sono, secondo Amnesty International, coloro che tentano di denunciare le violazioni dei diritti umani e di informare i mezzi di comunicazione e le Organizzazioni non governative all’estero.

Il 27 dicembre, una trentina di agenti in borghese del Dipartimento per la sicurezza interna dell’Ufficio per la pubblica sicurezza di Pechino ha fatto irruzione nell’abitazione di Hu Jia e di sua moglie, Zeng Jinyan. I poliziotti hanno circondato la coppia e la madre della donna, che era venuta in visita per vedere suo nipote. Hu Jia è stato portato via da un gruppo di agenti, mentre un’altra decina è rimasta a controllare Zeng Jinyan, stazionando fuori dall’abitazione fino al 31 dicembre. La polizia le ha proibito di avere contatti con chiunque e le ha intimato di “cooperare”, se voleva evitare l’arresto e “brutte conseguenze” per il bambino.

La polizia ha bloccato le linee telefoniche e quelle per il collegamento a Internet e ha confiscato il computer, i telefoni cellulari, una videocamera, il fax e le carte di credito di Hu Jia e Zeng Jinyan. Gli agenti, inoltre, hanno portato via una rubrica telefonica e documenti cartacei, tra cui vari manuali internazionali sui diritti umani. I conti bancari della coppia sono stati congelati.

Amnesty International ritiene che Hu Jia sia detenuto presso il Centro di detenzione della polizia municipale di Pechino. Il 31 dicembre il suo avvocato, Li Jingsong, ha presentato una richiesta di incontro col suo cliente, ma non ha ancora ricevuto risposta dalla polizia. Hu Jia necessita di cure mediche quotidiane a causa dell’epatite B e di problemi al fegato di cui soffre.

Hu Jia aveva già trascorso un periodo di 41 giorni di carcere, in totale isolamento, tra febbraio e marzo del 2006, per aver organizzato uno sciopero della fame in favore di Gao Zhisheng, avvocato per i diritti umani di Pechino. Dopo il rilascio, ha passato buona parte del tempo agli arresti domiciliari, senza alcuna spiegazione da parte delle autorità. Nonostante la stretta sorveglianza, Hu Jia e sua moglie hanno continuato a denunciare le violazioni dei diritti umani in Cina. Il 18 maggio 2007 è stato impedito loro di partire per l’Europa, dove avrebbero preso parte a un ciclo di conferenze sui diritti umani. Il 10 novembre, Hu Jia è stato picchiato da alcuni agenti di polizia che cercavano di impedirgli di incontrare la moglie, ricoverata in ospedale e in procinto di partorire.

Il 2 gennaio decine di agenti della polizia distrettuale e municipale, arrivati a bordo di oltre 10 veicoli, hanno circondato l’abitazione della coppia. Da allora Zeng Jinyan è tenuta sotto stretta sorveglianza per impedirle di incontrare persone.

Garantire piena libertà d’azione ai difensori dei diritti umani, ponendo fine a minacce, intimidazioni, arresti e condanne nei loro confronti è una delle richieste che Amnesty International sottopone al governo cinese in vista delle Olimpiadi di Pechino 2008. Le altre richieste sono: ridurre significativamente l’applicazione della pena di morte, come primo passo verso la sua completa abolizione; applicare tutte le forme di detenzione in accordo con le norme e gli standard internazionali sui diritti umani e introdurre misure che tutelino il diritto a un processo equo e prevengano la tortura; porre fine alla censura, soprattutto nei confronti degli utenti di Internet.

La campagna “Pechino 2008: Olimpiadi e diritti umani in Cina

FINE DEL COMUNICATO                                                         Roma, 4 gennaio 2008

Per ulteriori informazioni, approfondimenti e interviste:
Amnesty International Italia - Ufficio stampa
Tel. 06 4490224 - cell. 348-6974361, e-mail: press@amnesty.it

 
 
 

Post N° 244

Post n°244 pubblicato il 05 Gennaio 2008 da dammiltuoaiuto
 

Liberate il blogger Fouad

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Diversi blogger e giornalisti di tutto il mondo si stanno mobilitando per la liberazione immediata del popolare blogger saudita Fouad al-Farhan, messo in galera prima di Natale per aver scritto qualche post che non è piaciuto al regime.

Il suo caso è finito anche sul Guardian, sul Washington Post e, oggi, sul New York Times.

Imbarazzante, finora, il silenzio in Italia. L’email dell’ambasciatore saudita a Roma è ambasciatore@arabia-saudita.it. Il fax 06 8551781.

in Mondo Blog
Fouad Al-Farhan è un blogger arabo imprigionato dal suo governo per aver scritto sul suo blog fatti non graditi al governo stesso. Non ci voleva questo ultimo caso per scoprire che nel mondo, in paesi dove la libertà di espressione è un lusso, scrivere su un blog non è una attività priva di rischi per la propria sicurezza personale: è sufficiente seguire Advocacy, il blog di Global Voices dedicato alla censura dei blog nel mondo, per rendersene conto una volta per tutte.

Cosa fare di fronte a fatti simili? innanzitutto è bene capire che l'opinione pubblica, quindi noi singoli individui, può - e deve aggiungo io - fare molto e incidere concretamente su questi accadimenti. Una pressione forte, esercitata nel momento opportuno, può innescare un meccanismo capace di piegare anche governi apparentemente immobili, come in questo caso.

Si può comunicare civilmente il proprio sdegno all'ambasciata dell'Arabia Saudita in Italia inviando una email o un fax: ambasciatore@arabia-saudita.it e 06 8551781. Oppure si può scrivere un email al Ministro degli Esteri saudita e al corpo diplomatico negli USA inserendo i propri dati nel sito della campagna.

Si può aderire alla campagna internazionale di sensibilizzazione interrompendo per un giorno le pubblicazioni del proprio blog, informando i propri lettori di quanto sta accadendo, invitandoli a far sentire la propria voce.

Gli strumenti del social web dovrebbero servire a divertirsi ma anche a mobilitarsi dal basso quando è necessario. Ho saputo della campagna dal blog Advocacy, che consiglio di monitorare costantemente, e successivamente dal gruppo Facebook della campagna.

FIRMA  QUI

 
 
 

LENTAMENTE  MUORE

Post n°243 pubblicato il 03 Gennaio 2008 da dammiltuoaiuto
 

 
Lentamente muore
chi diventa schiavo dell'abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco
e i puntini sulle "i"
piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle
che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno
di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore
davanti all'errore e ai sentimenti.
Lentamente muore
chi non capovolge il tavolo,
chi e' infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza
per l'incertezza per inseguire un sogno,
chi non si permette
almeno una volta nella vita
di fuggire ai consigli sensati.

Lentamente muore chi non viaggia,
chi non legge,
chi non ascolta musica,
chi non trova grazia in se stesso.
Muore lentamente
chi distrugge l'amor proprio,
chi non si lascia aiutare;
chi passa i giorni a lamentarsi
della propria sfortuna o
della pioggia incessante.
 
Lentamente muore
chi abbandona un progetto
prima di iniziarlo,
chi non fa domande
sugli argomenti che non conosce,
chi non risponde
quando gli chiedono
qualcosa che conosce.
Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo
di gran lunga maggiore
del semplice fatto di respirare.
Soltanto l'ardente pazienza porterà
al raggiungimento
di una splendida felicita'.

 
 
 

COCA  COLA  TERRORISTA 

Post n°242 pubblicato il 03 Gennaio 2008 da dammiltuoaiuto
 

COCA COLA   TERRORISTA


Oggetto: Violazione diritti e libertà sindacali nelle imprese Coca-Cola – Colombia

 

Noi sottoscritti, venuti a conoscenza dei crimini di lesa umanità nei confronti dei lavoratori appartenenti alla Organizzazione Sindacale Colombiana SINALTRAINAL (Sindacato Nazionale Lavoratori Industrie Alimentari), commessi da Forze paramilitari per conto delle imprese imbottigliatrici della Coca Cola in Colombia, Coca-Cola FEMSA (Ex Panamco)

Vi comunichiamo che a partire da oggi non acquisteremo più prodotti del marchio Coca-Cola e ci faremo promotori di una campagna di sensibilizzazione e informazione verso altri consumatori finché non avranno fine le politiche repressive da Voi adottate nelle Vostre imprese .
Aderire alla campagna di boicottaggio è semplice: basta non acquistare più i prodotti della The Coca-Cola Company. Ma puoi fare ancora di più...

Raccogli le firme di adesione al boicottaggio e inviacele via posta. Il modulo da riempire puoi scaricarlo dal link qui sotto. E' possibile anche firmare e far firmare direttamente on line.

RACCOGLIERE LE FIRME E' IMPORTANTE: i sindacalisti colombiani che rischiano la vita ogni giorno potranno sapere che sempre più gente appoggia la loro lotta e la Coca-Cola potrà sapere che sempre più consumatori non sono disposti ad accettare i suoi metodi.

Proponi al tuo partito, al tuo sindacato, alla tua associazione, al tuo ente locale di aderire al boicottaggio. Proponi di eliminare i prodotti Coca-Cola dalla tua scuola, università, posto di lavoro o locale. Scrivi una lettera a Coca-Cola per spiegare i motivi della tua iniziativa. Invia le tue lettere di protesta alla Coca-Cola Italia.
FAX: 02/26227120 - E-MAIL:
nraffa@eur.ko.com 

Sostieni la campagna, costruisci un nodo locale della campanga, organizza iniziative di protesta, azioni dirette di boicottaggio, iniziative di raccolta fondi per la campagna in Italia. Scrivi una e-mail a
no_cocacola_it@yahoo.it per organizzare e comunicare la nascita di un nodo locale o singole iniziative di boicottaggio.

BUON BOICOTTAGGIO!

http://www.tmcrew.org/killamulti/cocacola/video.html

http://www.tmcrew.org/killamulti/cocacola/

FIRMA   LA  PETIZIONE 

http://www.nococacola.info/firme/

PERCHÉ UNA COMPAGNA PER BOICOTTARE LA COCA-COLA

di Eva Bonomini

Nella regione di Santander, in Colombia, la Coca-Cola ha militarizzato i propri impianti - le fabbriche di Bucaramanga, di Cucutà – con la motivazione che "tutti i lavoratori della Compagnia sono militanti del Sinaltrainal", il sindacato colombiano dei lavoratori, promotore della campagna 'Audencia Publica Popular', che ha avviato un'azione giudiziaria contro il colosso multinazionale e le sue filiali in Colombia, presso la Corte federale di Atlanta nel 2002, sulla base di una legge approvata dal Congresso degli Stati Uniti nel 1789 e denominata ACTA (Alien Torts Claim Act). L'udienza Pubblica Popolare sulle politiche della Coca-Cola e della società controllata Panamerican Beverage- Panamco si realizza come strumento a difesa dei diritti umani e dei principi universali a favore della lotta contro l'impunità; cerca ugualmente di sostenere le vittime dei crimini di cui la transnazionale si macchia da oltre dodici anni. A Bucaramanga, il 7 giugno 2001, il manager del settore produzione dell'imbottigliatrice Panamco Colombia, Ignacio Quiroga Velasco - invitato a non ostacolare la tranquillità dei lavoratori iscritti al sindacato, che l'impresa aveva "trasferito" per subcontrattare i loro posti a nuovi operai assunti in modo temporaneo - percuote un dirigente del sindacato. Per questa aggressione il sindacato presentò una denuncia penale e il giudice incaricato, nel marzo 2002, condannò il dirigente dell’azienda alla pena di sei mesi di carcere e al pagamento dei danni. Assicurandone di fatto l'impunità, la Panamco trasferì il manager ad un altro impianto d'imbottigliamento. " Il funzionario rappresentante della Coca-Cola ha fatto appello alla sentenza - denuncia il Sinaltrainal - e una nuova sentenza ora lo assolve perché secondo il giudice non possono essere ritenute valide le testimonianze dei lavoratori in quanto “iscritti al sindacato". Guatemala, Filippine, Pakistan, India, Israele, Venezuela: sono soltanto alcuni dei molti paesi nel mondo i cui movimenti sociali hanno accusato la Coca-Cola di utilizzare l'assassinio, la violenza, la corruzione, la violazione delle leggi sul lavoro come strumento di persuasione e di controllo sui propri dipendenti. Fin troppe le forme di organizzazione sociale che continuano in molti Sud ad essere sterminate: indigeni, contadini, insegnanti, minatori, operai, sindacalisti uccisi, minacciati, licenziati perché si oppongono alle pretese degli investitori. La Colombia ne è diventata un simbolo, ogni anno vi vengono uccisi più lavoratori – soprattutto iscritti al sindacato- che in tutto il resto del pianeta. Continue le minacce di morte, gli arresti illegali, le intimidazioni, la contrattazione di gruppi armati utilizzata per reprimere l'esistenza di qualsiasi tipo di contraddittorio. La paramilitarizzazione degli impianti è inoltre garantita dall'azione d'infiltrazione di agenti tra gli operai con il compito di guadagnarsi la loro fiducia e spaventarli, separare gli uni dagli altri e allontanarli dal Sinatrainal, definita dalla transnazionale "un'organizzazione di sinistra in contatto con gruppi ribelli". Lo sostiene la Coca-Cola, che dagli anni '80 dispone nel paese di un gruppo di uomini d'intelligence. I dossier sui diritti umani testimoniano che le continue azioni dei gruppi paramilitari portate avanti con la complicità delle forze armate e dei corpi di sicurezza dello stato, servono alla multinazionale e filiali per obbligare i lavoratori ad abbandonare la difesa dei loro più elementari diritti, costringerli a rinunciare ai loro contratti di lavoro e imporre bassi salari ai nuovi, assunti per turni di lavoro inumani, senza garanzie ed abbandonati ad una precarietà totale.

Questa politica fondata sul terrore permette alla Coca-Cola di aumentare enormemente i profitti, e abbassa i costi di produzione tramite l'esternalizzazione dei costi. Grazie ai contratti a tempo determinato, alla subcontrattazione dei servizi e all'outsorcing, la società di Atlanta evita di internalizzare i costi che le deriverebbero da contratti a tempo indeterminato, dal versamento dei contributi sociali per sanità e pensioni, dalle sanzioni di sfruttamento selvaggio verso i minori e dal rispetto delle leggi di preservazione delle risorse naturali. Il libero scambio comporta la separazione geografica tra i vantaggi derivanti dalla produzione e i costi ambientali, sulle spalle dei paesi del cosiddetto Terzo mondo, che sono dovuti all'aumento della quantità delle risorse, spesso non rinnovabili, messe in lavorazione. Ne è un chiaro esempio l'India, dove in un villaggio nel distretto di Palakkad la Hindustan Coca-Cola Beverages Limited ha sfruttato tutti i pozzi idrici esistenti, contaminandoli e compromettendo così l'esistenza di più di 750 famiglie di contadini. Gli adivasi, la popolazione indigena locale, hanno lottato duramente durante la primavera di quest'anno; per centinaia di giorni si sono ribellati alla devastazione compiuta dalla multinazionale, simbolo della peggiore globalizzazione, nella regione del Kerala. La lotta degli indigeni, appoggiata anche dai contadini dalit, i fuoricasta, ha a che vedere non tanto con il gusto dolciastro o il colore della bevanda, quanto con il disastro ambientale creato dalla fabbrica della ompagnia nel villaggio di Plachimada e dintorni. Aperto nel 1998, lo stabilimento portò un centinaio di posti di lavoro e altri duecento saltuari, ma per produrre bottiglie e barattoli ha prelevato dai corsi d'acqua e dai bacini idrici circostanti tra i seicentomila ed il milione e mezzo di litri d’acqua al giorno, la stessa acqua necessaria alla sopravvivenza della gente del posto. Al danno si aggiunge la beffa, quando gli adivasi si accorgono che la loro acqua assume il colore del latte cagliato e il suo odore diventa stomachevole, al punto da costringere un migliaio di abitanti a comprare l'acqua imbottigliata dalla stessa Coca-Cola a cinque rupie la bottiglia. Lo stabilimento restituiva infatti parte dell'acqua depredata durante il processo di risciacquo dei contenitori, contaminando le fonti, il terreno e le falde di tutta l'area. Il Forum di Resistenza Popolare, il comitato che si è opposto a questo abominio era disposto a intentare un vero e proprio assalto allo stabilimento ma c'è da stare attenti; la Coca-Cola dispone di tutte le autorizzazioni di legge e ogni violazione, a parte quelle relative ai regolamenti sanitari, potrebbe essere severamente punita. Più di 650 organizzazioni nel mondo si sono riunite in occasione delle assemblee popolari di Atlanta, Bruxelles e Bogotà nel 2002 per sostenere la lotta dei lavoratori e delle organizzazioni sociali contro le devastanti azioni condotte dalla Coca-Cola: per esigere il rispetto del diritto alla verità e alla giustizia su quanto accaduto; per chiedere il risarcimento integrale delle vittime mietute da una transnazionale che è un esempio della violenza con cui, ovunque nel globo, si impone la mondializzazione neoliberale. Il "Colectivo de Abogados" di Bogotà sta portando avanti la causa a livello legale e c'è da credere che andranno fino in fondo, visti i trascorsi e l'impegno del Collettivo, il cui presidente, Alirio Uribe Munoz, ha quest'anno ricevuto il prestigioso premio Ennal come miglior difensore dei diritti umani. Diritti violati sistematicamente da un modello di sviluppo unificante a causa del quale innumerevoli forme di organizzazione sociale, identità culturale e tradizioni millenarie vengono sterminate quotidianamente in modo indiscriminato e nel silenzio assoluto. "Pretendiamo che cessino e che siano punite" le azioni violente della Coca-Cola, si legge nella dichiarazione finale approvata dai partecipanti all'ultimo incontro di Bogotà.

E' stato inoltre deciso di presentare alla transnazionale proposte di riparazione non tanto o non solo di tipo economico; sono proposte finalizzate al recupero del tessuto sociale sui luoghi di imposizione del conflitto, per non perdere la memoria collettiva di ciò che è accaduto. Per non monetizzare il valore della vita, del diritto ad una dignità vera, alla libertà collettiva: affinchè di quest'ultima non si accetti mai l'identificazione con il potere arbitrariamente concentrato e minacciosamente strumentalizzato nelle mani di un'oligarchia sovranazionale. Oligarchia a cui accordi come l'Omc (organizzazione mondiale del commercio) concedono il diritto di non riconoscere i diritti. E’ sulla base di queste motivazioni che lo scorso venti luglio è partita una campagna planetaria di boicottaggio contro la multinazionale più "presente" del globo, alla quale oggi si contrappongono centinaia di movimenti disseminati in ogni continente che hanno come obiettivo quello di smettere e far smettere il consumo di tutti i prodotti Coca-Cola. * Associazione A SUD, ecologia e cooperazione.

,

13-12-2007 12:22
 
 
 In Colombia continuano gli omicidi e le minacce contro i lavoratori ed i dirigenti del Sinaltrainal (sindacato agro-alimentare) da parte delle multinazionali Coca Cola e Nestlé. 
   
 MINACCIATI I DIRIGENTI DEL SINALTRAINAL, LAVORATORI DELLA COCA COLA

Il giorno 6 Dicembre 2007, verso le 19,30, nella casa di JOSE DOMINGO FLOREZ, integrante della commissione sindacale del SINALTRAINAL e lavoratore della Coca Cola nella città di Bucaramanga, è stata abbandonata una busta nel garage della sua abitazione, con la seguente minaccia di morte:

 
 
 

Kiva: il successo del microcredito

Post n°241 pubblicato il 02 Gennaio 2008 da dammiltuoaiuto
 

Kiva: il successo del microcredito online

di Simone Baroncia/ 05/08/2007

 

 

Clicca qui per ingrandire|

  


 Investimenti solidali? Sul web è possibile farlo anche su una ragazza disoccupata indiana che vuole aprire una piccola attività oppure su un contadino ugandese, padre di sette figli, che ha bisogno di acquistare altre capre. Un sito internet sta rivoluzionando il sistema di prestito internazionale, per sollevare dalla povertà milioni di persone: www.kiva.org.

Sotto lo slogan "prestiti che cambiano la vita", permette a persone in situazione di povertà di accedere a servizi finanziari ed ha registrato un aumento della somma di soldi investiti di circa quattro volte negli ultimi due mesi. Kiva, che consente di investire una cifra base di partenza di 25 dollari, utilizza il sistema di pagamento online PayPal del servizio di aste online eBay. Attraverso un sistema "peer to peer" che mette in relazione diretta tra chi presta i soldi e chi li utilizza per la propria piccola impresa, il servizio offre ai suoi utenti l'opportunità di scommettere su una vasta rete di piccoli imprenditori residenti in paesi in via di sviluppo non soggetti a tassi di interesse.

Trascinato a novembre e dicembre da una crescita costante di circa il 100% del traffico di denaro al mese, a fine 2006 il progetto ha raggiunto i due milioni di dollari in investimenti raccolti sul sito Internet, portando l'organizzazione no-profit, con sede a San Francisco, a stimare di toccare quota 10 milioni di dollari in prestiti per la fine del 2007.
 

Kiva: primi pagamenti

pubblicato: venerdì 06 aprile 2007 da gianlkr in: Informazione 

kivaAveva suscitato interesse un mio post di qualche tempo fa sul microcredito di Kiva, ovvero il progetto per il microcredito per tutti. Avendo deciso di aderire personalmente a due progetti, con un prestito 25 dollari ciascuno, vi aggiorno su come stanno andando le cose.

Il primo progetto al quale ho deciso di aderire, indipendentemente dalla fattibilità del progetto stesso, è stato quello che al momento nesessitava di meno denaro per partire. Ho così dato l’aiuto finale alla bottega di Alice, in Kenya.

Il secondo sarebbe stato invece quello che mi avrebbe convinto maggiormente. E qui ho fatto davvero fatica a scegliere il candidato, tant’è che ne ho scelti due portando a tre il numero di programmi ai quali ho aderito.

Mi è piaciuta l’idea dell’attività di commercio di cosmetici di Marjorie. La vanità femminile è una costante in tutte le culture, e se c’è chi crede che anche nelle situazioni di più difficili la voglia di apparire più belle ci sia, non può che avere tutta la mia ammirazione imprenditoriale.

Sono stato colpito anche da Don Cesar, che porta il conforto della preghiera ai detenuti nonchè piccoli capi di abbigliamento. Il fatto di essere riuscito ad aprire un’attività legale all’interno di un sistema difficile, come quello carcerario ecuadoregno, mi ha colpito e mi ha fatto credere nel suo proposito.

A distanza di due mesi, sia Marjorie sia Don Cesar sono stati in grado di ripagare parte del debito contratto. Nel mio caso su 25 dollari, Marjorie ne ha già restituiti 4,17 mentre Don Cesar 8,42. La cosa mi fa particolarmente piacere, perchè significa che le cose per loro stanno andando avanti bene.

Qualche considerazione in generale. Spesso mi è stato chiesto se con Kiva ci si guadagna. Rispondo subito di no: si presta denaro che viene restituito senza interessi. Lo scopo di Kiva è quello di mettere in contatto privati che possono investire piccole cifre. Gli interessi su 25 dollari, se anche fossero da usurai, sarebbero davvero ben poca cosa. Non ne sono al corrente, ma non posso escludere che i contraenti paghino interessi per coprire le spese della rete che lavora al microcredito.

Kiva chiede un contributo del 10% di ogni transazione. “Chiede un contributo” nel senso originale del termine, e non in quello che le compagnie telefoniche lo hanno trasformato: decidete voi se darlo o meno.

Kiva non interviene direttamente ma si appoggia a partners che lavorano sul posto.

Perchè l’ho fatto? Perchè ho avuto la possibilità di farlo. Perchè non amo l’assistenzialimo, i contributi “a pioggia” e perchè diffido degli aiuti internazionali. Perchè il prestito nella forma di microcredito aiuta l’economia permettendo l’accesso al denaro, spinge le persone a lavorare per migliorarsi e genera una spirale positiva.

Ultima cosa. Il microcredito a livello mondiale viene ripagato nel 97% dei casi. Ad oggi Kiva ha il 100% di casi positivi. Un bel record, non trovate?


 

Kiva.org: il microcredito alla portata di tutti PDF Stampa E-mail

Primo: Un euro in Europa è poca cosa, ma magari in qualche terra povera inizia a diventare molto.

Secondo: Finanziare un progetto per 10,000 dollari è possibile solo a poche persone, mentre finanziare 50 o 100 dollari se lo possono permettere in molti.

Queste due affermazioni riassumono in maniera stringata il progetto Kiva.org. Kiva, nata dall'idea di una coppia americana Matthew and Jessica Flannery che hanno lavorato in Tanzania per diverso tempo, entrambe in progetti di volontariato.

Rendendosi conto dell'importanza di aiutare in modo fattivo le popolazioni più povere, hanno messo insieme le loro competenza professionali e hanno creato un progetto fantastico.

Come funziona Kiva?

1. Si sceglie un progetto da finanziare (il finanziamento può essere anche di 25$);
2. Si fa una donazione con carta di credito (è accettato anche il pagamento tramite PayPall);
3. Si riceve un resoconto aggionato del pagamento
4. Quando la persona che tu hai finanziato inizia a guadagnare, rifonderà il suo debito. 

Non è un'idea geniale?

 

Kiva

 

Per chi vuole saperne di più:

Sito di Kiva.org 

Muhammad Yunus premio Nobel per l'economia

  

 

 

 

 

 

 
 
 

buon anno

Post n°240 pubblicato il 01 Gennaio 2008 da dammiltuoaiuto
 



paolo carinci <pescara71@yahoo.it> ha scritto:
 FELICE ANNO NUOVO





 
 
 

felice   anno

Post n°239 pubblicato il 30 Dicembre 2007 da dammiltuoaiuto
 
Tag: 2008

Auguri di  felice anno nuovo a tutti voi.

      


 
 
 
 
 
 
 
 
 

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