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Post N° 428

Post n°428 pubblicato il 29 Luglio 2008 da dammiltuoaiuto
 
Tag: bush

Da Dallas alle Torri Gemelle









Da Dallas alle Torri Gemelle



Se c'è un motivo per cui insistiamo sull'importanza
dell'omicidio
Kennedy, dopo oltre 40 anni dall'evento, non è certo per
"cospirazionismo congenito", ma per un
fatto molto più semplice e tangibile:



La stessa persona che era a Dallas il 22 Novembre 1963 dormì
alla Casa Bianca il 10 Settembre 2001.



E ciò per sua stessa ammissione, in ambedue i casi. Anzi, nel
primo
George H. Bush, padre-padrone del Nuovo Ordine Mondiale - oltre che
dell'attuale presidente, George W. Bush - si premurò di
informare
l'FBI della sua presenza a Dallas quel giorno, proprio nelle ore in cui
il corteo di Kennedy si presentava all'appuntamento con la storia in
Dealey Plaza.



Nelle stesse ore Richard Nixon, presente a Dallas da tre
giorni "per motivi personali" - peraltro mai accertati - ripartiva alla
volta di New York, dove avrebbe appreso dell'avvenuto omicidio di John
Kennedy. Sarebbe diventato l'unico uomo al mondo a non ricordarsi del
momento esatto in cui apprese la notizia, fornendone negli anni ben tre
versioni differenti: all'aeroporto, durante il tragitto in taxi, sotto
il portone di casa.



Diventano così tre, contando anche Johnson che lo sarebbe
diventato quel pomeriggio, i
futuri presidenti che erano a Dallas quel giorno. Un curioso crocevia
della storia, se non altro.



Ma la persona più importante di tutte, in questa vicenda,
è sicuramente
Prescott Bush, padre del Bush che era a Dallas quel giorno, e nonno
dell'attuale presidente. Ecco le tre generazioni, fotografate insieme
negli anni '40.








A sinistra Barbara e George H. Bush ("Bush padre"), che tiene in
braccio George W. (l'attuale
presidente). A destra i suoi genitori, Serena e Prescott Bush, il
"patriarca" di famiglia.



Oltre che ad aver avuto un ruolo determinante,
dietro le quinte, in tutta la politica americana del dopoguerra,
Prescott Bush di recente è risultato esser stato implicato nei
pesanti
finanziamenti illeciti che contribuirono all'ascesa di Hitler al
potere.



Eccone la vicenda  dettagliata, che merita di essere conosciuta
per meglio inquadrare la potenza di
una dinastia che ancora oggi regna indisturbata sugli Stati Uniti
d'America.





LA SVASTICA DI FAMIGLIA - LA
STORIA NASCOSTA DI PRESCOTT BUSH



Il nonno materno di Prescott, George Herbert Walker, aveva
fondato a
St.Louis, nel 1900, la società finanziaria G.
H. Walker and Company. Tale fu il suo successo, che nel 1920 la
società si trasferiva con tutti gli onori nella prestigiosa
Wall Street di New York. Nel 1924 George Walker conobbe l'industriale
tedesco Fritz Tyssen, uno dei maggiori finanziatori del nascente
partito nazista. In poco tempo Walker divenne a sua volta il tramite di
finanziamenti sempre più voluminosi che dall'America finivano
direttamente nelle casse
di Hitler.



Un'altra compagnia che investiva denaro americano in Germania era la
Sullivan & Cromwell di un certo Allen Dulles, che ritroveremo
trent'anni dopo alla guida della CIA, ed una terza, la più
importante di tutte, era la Harriman & Associates di un certo
Averill Harriman, un personaggio con forti legami col paritito nazista
tedesco, che in seguito sarebbe divenuto ambasciatore USA a mosca, e
poi ministro del Commenrcio, sotto Truman.



Nel 1931 Harriman scelse George Walker alla guida
della Union Banking Corporation, la banca che gli serviva da tramite
per
i suoi traffici monetari con la Germania, e a sua volta,
nel 1934, George Walker fece assumere il nipote Prescott come vice
presidente della Harriman & Associates, accanto al suo boss.



Nel 1936 Harriman fondò la Brown Brothers
Harriman, ne assunse alla guida legale Allen Dulles, del quale
assorbiva nel frattempo la Sullivan & Cromwell.



Nel 1937
Harriman entro in società
con i Rockefeller, dando origine alla Brown Brothers Harriman-Schroeder
Rock. Già a quel tempo, Rockefeller significava Standard Oil.




Come delfino di Harriman, Prescott Bush si era intanto venuto a
trovare, prima della guerra, anche nel consiglio di amministazione
della Union Banking. Ma nel 1942 - a guerra scoppiata - la banca si
vide congelare dall'FBI di Edgar J. Hoover tutti i beni, in seguito ad
una legge che imponeva di interrompere ogni possibile
relazione finanziaria con in paesi nemici.



Ma Prescott, con l'aiuto di Dulles, seppe congegnare un meccanismo
finanziario che permise alla maggior parte dei capitali di sfuggire al
congelamento, dirottandoli semplicemente in operazioni molto meno
vistose, ma altrettanto lucrative.



Per Prescott fu il trionfo, e per Dulles la garanzia di un futuro senza
più limiti alle sue ambizioni. Naturalmente Hoover non era stato
troppo
rigoroso nell'indagare sulla Union Bank di Harriman, e
molto probabilmente nacque proprio in quei giorni una reciproca
simpatia fra i tre "ragazzi", che avrebbe poi condizionato la storia
per molti decenni a venire.





RICHARD NIXON, CREAZIONE DI
PRESCOTT














Nel dopoguerra Richard Nixon era
divenuto
il pupillo di Prescott -
altri
direbbero il suo pupazzo - che aveva finanziato la sua elezione al
parlamento, dopo averlo prelevato dai ranghi dell'FBI. Risale a questi
anni un possibile collegamento fra Nixon e Jack Ruby, l'assassino di
Oswald a Dallas, sul quale torneremo in seguito.



"Nonno Bush" aveva poi piazzato Nixon accanto ad Eisenhower, alla
vice-presidenza, facendogli sposare la nipotina dell'ex-generale. Nixon
era quindi diventato il candidato naturale alla presidenza, nel 1960,
allo scadere del mandato di Eisenhower, ma aveva perso a sorpresa
contro lo sconosciuto Kennedy.



Con l'assassinio di Dealey Plaza, tre anni dopo, si riapriva per Nixon,
e quindi per Prescott Bush, la strada della Casa Bianca. Il giorno
seguente infatti - come poi raccontò uno dei suoi più
stretti
collaboratori - si svolse a casa di Nixon una riunione segreta, nella
quale vennero discusse le strategie per rientrare sulla scena politica,
dopo la bruciante sconfitta del 1960.



(Nella
foto accanto, Prescott Bush siede accanto ad Eisenhower).



Cuba era diventata nel frattempo una dolorosa spina nel fianco, dopo il
fallimento dell'invasione della "Baia dei Porci", che i repubblicani
imputavano interamente a Kennedy. Ma il progetto originale, del '59,
era dello stesso Nixon, il quale evidentemente "se lo era preparato"
per ritrovarselo fresco sul tavolo, una volta divenuto presidente.



Lo
aveva elaborato subito dopo la rivoluzione castrista, collaborando con
un certo Howard Hunt della Cia, uomo di Allen Dulles (il direttore CIA
in quel periodo) sin dagli anni '30.



La differenza era che il piano
Hunt-Nixon-Dulles prevedeva che al momento giusto l'America avrebbe
concesso il supporto militare richiesto dagli "invasori" di Cuba,
mentre Kennedy "al momento giusto" si rifiutò di concederlo.
Questo
causò una crisi insanabile all'interno dell'amministrazione, con
la
frattura definitiva fra la CIA e Kennedy, che si permise addirittura di
licenziare Dulles.





(John Kennedy appunta una medaglia al
petto di Allen Dulles, direttore dell CIA, prima che il loro rapporto
si incrinasse definitivamente).



Meno di due anni dopo, Allen Dulles sedeva accanto al giudice Warren,
nella famigerata commissione che prendeva il suo nome, e che riusciva
in qualche modo ad insabbiare le indagini sull'omicidio più
famoso
della storia. (2)



Curiosamente, anche Howard Hunt si trovava a Dallas il giorno
dell'attentato. Nonostante in seguito abbia tentato di negarlo, fu
inchiodato in proposito dalla testimonianza dei suoi stessi figli. Il
crocevia texano si fa sempre più fitto.








DA DALLAS IN POI



Nel '64 però Nixon scelse, saggiamente, di non candidarsi,
poichè la
popolarità di Johnson - succeduto a Kennedy dopo Dallas - in
quel
momento era alle stelle. Johnson infatti stracciò letteralmente
il
candidato repubblicano Barry Goldwater. Nixon sarebbe rientrato alla
Casa Bianca solo nel '68, dopo la morte del nuovo candidato
democratico, Robert Kennedy, anch'egli assassinato in circostanze mai
chiarite, ma di certo non da Shiran Shiran solamente (3).



Una volta che Nixon fu presidente, Howard Hunt fece uno strepitoso
balzo di carriera, passando da semplice agente CIA a capo dei Servizi
Segreti della Casa Bianca. Contemporaneamente George H. Bush ("Bush
padre", il figlio di Prescott) veniva nominato da Nixon ambasciatore
alle Nazioni Unite.



Ormai le redini del comando, in famiglia, erano passate a George H.
Bush. Prescott però moriva, nel 1972, e non potè vedere
il figlio
diventare direttore della CIA nel 1976, poi vice-presidente sotto
Reagan (1980-1988), ed infine presidente egli stesso, dal 1988 al 1992.




Non vide nemmeno, peraltro, la sconfitta del figlio nel 1992, che
perdeva inaspettatamente la sua rielezione contro uno sconosciuto Bill
Clinton. La storia sembrava ripetersi, e fu questa volta George H. Bush
a dover attendere la controversa decisione della Corte Suprema, nel
2000, per poter piazzare il figlio - l'attuale presidente - fra le mura
tanto amate.




11 SETTEMBRE 2001



Talmente amate, parrebbe, che il 10 di Settembre del 2001, nonostante
il figlio si trovasse in Florida, decise di fermarsi a dormire alla
Casa Bianca, sulla via del ritorno da New York al Texas. Lo ha
raccontato egli stesso in televisione, più di una volta. Sarebbe
ripartito molto presto all'alba, venendo così a trovarsi
già vicino a
casa, al momento del blocco completo dei voli che seguì gli
attentati
dell'11 Settembre.



La sera del 10, a fare gli onori di casa, c'era Dick Cheney, l'uomo che
lo stesso Bush aveva messo accanto al figlio, come vice-presidente, un
anno prima. Cheney era anche l'uomo che, in assenza del presidente in
carica, avrebbe saldamente preso in mano la situazione durante gli
attacchi terroristici, arrivando anche a far deviare, tramite i servizi
segreti, i due caccia che si stavano finalmente dirigendo verso l'aereo
diretto sul Pentagono, e mandandoli invece su un bersaglio fasullo.



Che cosa abbia fatto George H. Bush a Dallas nel lontano 1963, e che
cosa abbia fatto - o di cosa abbia parlato con Cheney - la notte del 10
Settembre 2001, alla Casa Bianca, non lo sapremo probabilmente mai.



Noi abbiamo riportato finora solo dei fatti accertati. A ciascuno
trarre le proprie conclusioni.



Ecco il documento FBI che informa della strana
telefonata che fece Bush ad un agente locale, il 22 Novembre 1963.







(traduzione:)







DATA: 22 NOVEMBRE 1963


DA: 
AGENTE GRAHAM W. KITCHEL


CONTENUTO: PERSONA SCONOSCIUTA.


ASSASSINIO DEL PRESIDENTE
KENNEDY.




Alle ore 1:45 pm il Signor
George H.W. Bush, presidente della società petrolifera Zapata Drilling
Company, di Houston, Texas, residente a Briar 5255, di Houston, ha
fornito per telefono allo sottoscritto le seguenti informazioni, in
intercomunale da Tyler, nel Texas. 


 

Bush ha detto che voleva dare
in via confidenziale delle informazioni su una voce che ha sentito
girare nelle settimane scorse, da persone e in data imprecisate. Ha
detto che un certo James Parrott andava parlando di uccidere il
Presidente quando verrà a Houston. 


 

Bush ha detto che Parrott è
forse uno studente dell'università di Houston, ed è un attivista
politico in questa zona. Ha detto che pensava che signor la Signora
Fanley, telefono SU 2-5239, o Arlene Smith, telefono JA 9-9194, della
direzione del partito repubbicano della contea di Harris avrebbero
potuto fornire maggiori informazioni sull'identità di Parrott. 


 

Bush ha dichiarato di essere in
partenza per Dallas, Texas, dove avrebbe alloggiato allo
Sheraton-Dallas, per tornare a casa sua il 23 Novembre 1963 [il giorno
seguente, N.d.T.]. Il suo numero telefonico di ufficio è CA 2-0395.




Segue sigla









Curioso: mentre Kennedy sta morendo all'ospedale di Dallas, Bush -
allora privato cittadino, e presidente di una delle tante compagnie
petrolifere di
proprietà di famiglia - parte per la stessa città, e si premura di
farlo sapere all'FBI. Sembra inoltre di leggere fra le righe una strana
voglia da parte sua di "farsi trovare" a tutti costi dalla stessa FBI,
a Dallas quella sera.



Ancora più curioso è che Bush utilizzi, come scusa per rendere nota la
sua presenza in città, proprio la "voce
di
possibile attentato al Presidente Kennedy, quando verrà a
Huston", visto che a Houston Kennedy c'era già
stato.



Di certo si può supporre una cosa: se Bush quella sera è stato
contattato dall'FBI - come appare probabile - avrà sicuramente avuto da
loro più informazioni sull'attentato appena avvenuto, di quante ne
possa mai aver date sul suo fantomatico "James Parrott".



Curioso infine che l'ora in cui fu ricevuta la telefonata
(13.45) corrisponda al momento in cui la notizia della
morte di Kennedy, avvenuta intorno alle 13, iniziava a rimbalzare in
tutte le agenzie del mondo. Giusto per assicurarsi un "alibi" fuori
città, nel caso estremo, ma anche giusto in tempo per saltare in
macchina e raggiungere lo Sheraton di Dallas, dove potersi "rendere
reperibile in serata."



Tutte coincidenze?



Può darsi. Ma
che dire allora di questo documento, dal quale risulta che Jack Ruby -
l'uomo su cui fece perno l'intera organizzazione dell'omicidio di
Dallas, e che pensò poi a liberarsi fisicamente di Oswald, prima
che
potesse parlare - lavorava per Nixon già dal lontano 1947? Si
tratta di un documento dell'FBI, desecretato qualche anno fa.








"Giuro con questa
dichiarazione che un certo Jacob
Rubinstein di Chicago, potenziale testimone davanti al Comitato per le
Attività Antiamericane [Commissione McCarthy], lavora come
informatore
per l'ufficio del deputato repubblicano della California, Richard M.
Nixon. Si richiede di non interrogarlo pubblicamente nelle udienze
sopra menzionate.




Giurato oggi 14 Novembre 1947

Segue firma

Assistente d'Ufficio



E' noto che in quel periodo Ruby lavorasse per la mafia di
Chicago, e il documento sembra quindi fornire l'anello mancante
per il collegamento fra mondo "pulito" e mondo "sporco, che fu
assolutamente necessario per organizzare a Dallas un attentato che
desse le
massime garanzie di riuscita.






Quella che segue è una scaletta riassuntiva, che colloca
nel tempo i movimenti principali dei maggiori  personaggi citati
in questa
scheda.








Il mondo è davvero piccolo, a volte, non trovate?



Scritto da Massimo Mazzucco per www.luogocomune.net





 
 
 

DEL TURCO DELLA VERGOGNA

Post n°427 pubblicato il 16 Luglio 2008 da dammiltuoaiuto
 

      TANGENTI, L'ORDINANZA
«Del Turco, tangenti più care
per fargli comprare la casa a Roma»
Ecco tutte le accuse di pm e gip. Il pentito: dicevano paga così andiamo in ferie

dal corriere.it

DAI NOSTRI INVIATI
PESCARA — Il re delle cliniche Vincenzo Angelini, la gola profonda che ha azzerato la giunta Del Turco in Abruzzo, è il protagonista assoluto dell'ordinanza di 442 pagine del giudice Maria Michela Di Fine. L'imprenditore in numerosi interrogatori parla dei politici di destra e di sinistra definendoli dei «roditori». Sì, dei topi famelici che sono saliti sulla sua imbarcazione per dare fastidio a lui che è un «magnifico nocchiero».

Loro, i politici, hanno fretta di incassare: «Vai a parlare con Ottaviano, ci stanno le vacanze, la corrente» gli dice il capogruppo del Pd Camillo Cesarone. Ma anche Angelini pretendeva sempre di più: «Hanno fatto una delibera che, perdoni l'espressione volgare signor giudice, è messa su misura per il mio sedere».


A cena dal Bolognese

Angelini non si ferma mai con le sue richieste al palazzo: «Ma se il problema è che avete sbagliato a emettere le patologie, le patologie vanno cambiate». Il re delle cliniche arriva persino a lamentarsi del trattamento ricevuto in un noto ristorante di Roma frequentato da molti politici. Angelini spiega al pm Di Florio come e dove sarebbe avvenuto il pagamento delle tangenti a Del Turco, ovvero nella casa di Collelongo, «in una specie di ripostiglio che lui c'ha sotto la scala, una specie di scala circolare». Entrava con il sacchetto pieno di soldi e usciva, pare, con lo stesso sacchetto pieno di mele per non destare sospetti. Il pm Bellelli: «C'erano altre persone?». Angelini: «No, qualche volta è venuta la moglie Cristina, la quale però, poveretta, ha salutato e se ne è andata». Pm: «La titolare del ristorante di Roma?». Angelini: «Esatto». Pm: «Il Bolognese?». Angelini: «Della famiglia Bolognese, sì, sì. Al Bolognese, dove ho sempre mangiato pesante, quando ci andavo io pagavo io, e che scherzi?». Il presidente della giunta regionale è il principale obiettivo del pentito Angelini. Tant'è che il giudice, con linguaggio perentorio, traccia del governatore un «profilo delinquenziale non comune che lascia ritenere pressoché certa, indipendentemente da dimissioni da incarichi pubblici, la reiterazione dei medesimi reati per i quali si procede ». E anche Angelini non ha una grande considerazione morale di Del Turco, che viene addirittura paragonato al capo di Cosa nostra: «Neanche Totò Riina sarebbe arrivato a queste raffinatezze». Angelini davanti al pm Di Florio spiega anche che Del Turco avrebbe utilizzato quei soldi anche per fini politici: «E qui lui mi suona la musica che sta costituendo una corrente, la controcorrente, che ci sono otto senatori che lui deve, come dire, tenere buoni per sé rispetto a Boselli».

Le pressioni bipartisan

L'imprenditore Angelini racconta le pressioni crescenti dell'entourage di Del Turco, esplose dopo le elezioni vinte dal centrosinistra, ma anche le insistenze degli uomini della vecchia giunta di centrodestra. I fedelissimi del governatore Giovanni Pace (Forza Italia), Giancarlo Masciarelli e Sabatino Aracu dicevano all'imprenditore: «Noi ti abbiamo dato quello che hai chiesto per la tua prima cartolarizzazione e adesso ci devi... Guarda che noi per te possiamo fare tanto e tu devi stare attento...». A parlare è Giancarlo Masciarelli — uomo di confine tra le due coalizioni, già presidente della Fira col centrodestra e poi anche consulente ombra di Del Turco con la nuova giunta — il cui linguaggio, tuttavia, assomiglia molto a quello usato da Camillo Cesarone. Lui, ex sindacalista della Cgil, capo del personale delle cliniche Angelini, si butta in politica e si rivolge così al suo ex datore di lavoro: «La loro organizzazione (i partiti di centrosinistra, ndr) sono arrivati al potere però fanno politica e quindi hanno dei costi rilevanti... ». Chiosa dunque il gip nell'ordinanza: «Accettavano dunque e ricevevano (materialmente il Del Turco la somma di 200 mila euro consegnati dal suddetto Angelini)».

Le minacce

E quando Angelini scalpitava, rifiutava di pagare tutte le somme richieste, arrivavano le minacce più o meno velate. Questo, va sempre ricordato, lo racconta lo stesso imprenditore, la cui collaborazione andrà valutata col bilancino: «Cesarone mi diceva che per loro era molto difficile difendermi perché presentavo un sacco di problemi braccato come ero da Procura, Finanza, Nas e quant'altro. Mi diceva che solo loro mi potevano aiutare perché anche il resto della politica era contro di me e mi volevano rompere le gambe». E il capogruppo del Pd insisteva: «Devi parlare con Del Turco, portagli 100 mila euro». Spiega il gip: «Costringevano a consegnare la somma» e Del Turco, secondo il racconto di Angelici, commentava: «Sì, sì, va bene, non ti preoccupare, ma sai, io non mi voglio sforzare di parlare di sanità perché io amo la musica della politica, per cui dimmi qual è il problema e rivolgiti a Quarta». Cesarone non si accontenta mai. Intima ad Angelini di «consegnare mezzo milione a Del Turco: o paghi o non riusciamo a contenere le ispezioni (si riferisce alle case di cura del suo gruppo, ndr) ». Il capogruppo del Pd sente puzza di bruciato e dice ad Angelini: «Tu devi andare da Del Turco perché la situazione si sta aggravando, tu hai i telefoni sotto controllo». Angelini deve fronteggiare anche il manager Asl Luigi Conga che gli dice: «Io sono direttore generale e devo prendere le decisioni: o mi dai 100 mila euro al mese oppure non prendi più una lira. O paghi oppure i tuoi soldi li vedrai tra 10 anni, divertiti a farmi causa».

La casa di Roma

Nel dicembre del 2007 proseguono, a detta del gip, le richieste di denaro ad Angelini: «Accompagnate da riferimenti alle sempre maggiori difficoltà ad aiutare le sue cliniche nonché in relazione alle esigenze personali di Del Turco, impegnato economicamente nell'acquisto di una casa a Roma e per questo vengono incrementati in maniera decisiva gli importi. Angelini consegnava a Del Turco 250 mila euro e 750 mila a Cesarone». Stavolta l'imprenditore avrebbe fatto resistenza e si concede anche un commento velenoso sul modo di procedere del presidente, il quale dice: «Guarda che io la posso chiedere a qualcun altro la casa, se non me la vuoi dare tu. Però, poi, finisce un'amicizia ». Commento dell'imprenditore: «Nemmeno Totò Riina arriva a queste raffinatezze... ».

L'autoscatto con l'autista

Il 2 novembre 2007, Angelini inizia a prendere le sue contromisure per documentare la consegna delle mazzette. Scrive ancora il gip: «Angelini allega al verbale le fascette bancarie delle quattro mazzette da 50 mila euro ciascuna consegnate nella casa di Del Turco a Collelongo: "Io sottoscritto Sciarelli Dario (l'autista dell'imprenditore, ndr), insieme al dottor Angelini, mi sono recato presso l'abitazione dell'onorevole Del Turco in Collelongo ove giunti verso le 17 ho fotografato il dottor Angelini, come da foto allegate e controfirmate, prima dentro l'auto, mentre aveva in mano la busta contenente le mazzette di denaro, poi nel tragitto tra l'auto e l'abitazione di Del Turco e infine quando ne è uscito senza la busta. Al suo rientro in auto mi ha mostrato le fascette bancarie delle 4 mazzette che aveva provveduto a portare indietro"». Finito di leggere il documento, Angelini non rinuncia alla battuta commentando la foto: «Questo sono io che sembro un...». «Baldanzoso?», incalza il pm Di Florio. E lui aggiunge: «Un ciuccio di fiera di quelli da processione».

Deutsche Bank

La gola profonda Angelini, grande movimentatore di denaro ed esperto di flussi finanziari, dà una valutazione sulla politica della giunta abruzzese in materia economica. Chiede il pm De Florio: «Lei ha potuto capire quale era la ragione per cui Quarta e Del Turco spingevano verso Deutsche Bank? Glielo hanno mai detto?». Risposta: «No, quello che ho constatato di persona è che c'è stato un astio nei confronti di Barklays... Del Turco addirittura mi ha detto "Barklays sono una massa di delinquenti"».

La riunione

Il gip registra in modo notarile l'intervento di Del Turco presso un notissimo imprenditore a proposito della cessione dell'azienda di Angelini. Tentativo inutile: «Significativa in tal senso era la riunione organizzata a Roma il 13 marzo 2008 nell'abitazione di De Benedetti, presente anche Del Turco (riunione riscontrata da apposita attività di polizia), avente ad oggetto proprio la cessione di Villa Pini».

La confessione laica

Quando alla Regione capiscono che in Procura qualcosa di molto serio si sta muovendo, Del Turco contatta il procuratore generale dell'Aquila per chiedergli un incontro. Un amico comune, Pino Mauro, invia alle 7.40 del mattino del 4 aprile scorso un sms a Del Turco: «Presidente, ho parlato con il procuratore Amicarelli per incontro... ». La risposta arriva 12 minuti dopo: «Caro Pino, ovviamente dove e quando preferisce il procuratore». Il pg dell'Aquila si consiglia col procuratore capo di Pescara, Nicola Trifuoggi, e decide di andare nella casa del comune amico il 9 aprile alle ore 17. Alle 19.05, a incontro terminato, il pg chiama il collega a Pescara e gli annuncia una relazione per la mattina seguente: Del Turco «mi ha detto di aver voluto manifestare il suo attuale stato d'animo in una sorta di confessione laica. La sua richiesta di incontrarmi era per dolersi di quanto gli stava accadendo. Si diceva vittima del risentimento di titolari di cliniche per il suo piano di ridurre del 30 per cento le tariffe riconosciute ai privati...». Per il gip, questo era un «tentativo evidentemente volto a inquinare l'attività investigativa» e «screditare un'indagine in corso, evidentemente nella speranza di conseguenze a sé favorevoli»

Alessandra Arachi
Dino Martirano

 
 
 

Post N° 426

Post n°426 pubblicato il 10 Luglio 2008 da dammiltuoaiuto
 

L'UNICO FRUTTO DELL'AMOR... E' L'ANGURIA!Di Francesca Pellino


 

Tra le virtù dell’anguria non ci sono soltanto quelle di essere buona
e rinfrescante: questo frutto è infatti anche un potentissimo
afrodisiaco
, al punto che basta mangiarne sei fette al giorno per arrivare
all’equivalente di una pillola di Viagra. A renderlo noto è la
Coldiretti, che ha pubblicato uno studio della Texas A&M University,
finanziato dal Dipartimento di Stato americano per L’Agricoltura
. A
risvegliare l’eros sarebbe in particolare una sostanza contenuta nell’anguria,
la citrullina, presente anche nel guscio delle noci e nelle carni rosse.
“E’ tutto naturale e senza controindicazioni – spiegano gli scienziati – tranne
quelle legate alle note proprietà diuretiche del frutto”.
 



 
ROMA - Bastano sei fette di cocomero per ottenere gli stessi effetti
di una pillola di viagra. Sembra infatti che l'anguria, frutto estivo per
eccellenza e consumato in quantità nel nostro Paese, abbia sostanze capaci di
risvegliare l'eros. A ricordarlo è la Coldiretti che riporta uno studio della
Texas A&M University, finanziato dal Dipartimento di stato americano per
l'agricoltura.

Il principio base è la citrullina (da 'citrullus', nome
latino del cocomero ndr.), un amminoacido presente anche nella carne rossa e nel
guscio delle noci, che una volta nell'organismo si trasforma in arginina, un
altro amminoacido che interviene positivamente sul cuore e promuove la
dilatazione dei vasi sanguigni.

L'azione - spiegano gli scienziati
americani - non è specifica come il Viagra, ma ha gli stessi effetti della nota
pillola blu, ed è tutto al naturale e senza controindicazioni, tranne quelle
legate alle note proprietà diuretiche del frutto.

Il cocomero è
costituito dal 95% d'acqua e ha una presenza di zuccheri che va dal 3,7% al
6,4%, ma contiene anche sodio, fosforo, potassio elemento importante per
combattere la disidratazione. (AGI) - Roma, 7 lug. - Il cocomero contiene una sostanza denominata citrullina
che e' alla base di una serie di reazioni che promuovono la dilatazione dei vasi
sanguigni con effetti simili a quelli del Viagra. E' quanto afferma la
Coldiretti nel riferire dello studio condotto dai ricercatori della Texas
A&M University guidati da Bhimu Patil.
Con il consumo di adeguate
quantita' di cocomero l'organismo - spiega la Coldiretti - assume citrullina, un
amminoacido sintetizzabile dall'organismo umano e presente anche nella carne e
nei gusci delle noci, che per effetto di enzimi, si trasforma in arginina, un
amminoacido che interviene positivamente sul cuore e sul sistema circolatorio
eimmunitario. L'arginina secondo i ricercatori Texas A&M University fa
aumentare l'ossido di azoto che rilassa i capillari sanguigni che intervengono
sulla disfunzione erettile forse anche per prevenirla.
L'azione non e' in
realta' cosi' specifica come il Viagra, ma consente di avere gli stessi effetti
senza l'assunzione di medicinali e inoltre il consumo di cocomero ha un effetto
positivo nei confronti dell'angina, dell'ipertensione e di altri problemi
cardiocircolatori secondo lo studio che e' stato finanziato dall'USDA, il
dipartimento di Stato americano per l'agricoltura.
Bastano sei porzioni di
anguria per avere risposte positive da parte dell'organismo senza avere gli
effetti collaterali dei farmaci, fatta eccezione - sottolinea la Coldiretti -
per le note proprieta' diuretiche. Il fatto che gli italiani siano ottimi
consumatori di anguria durante l'estate potrebbe aver dunque influito sulla fama
internazionale acquisita nel tempo.
A spingere la domanda di cocomeri,
oltre alle proprieta' dissetanti, e' stato in realta' fino ad ora l' "effetto
dimagrante" dovuto ad una basso contenuto in calorie particolarmente apprezzato
per tornare in forma durante l' estate. Ma anche - continua la Coldiretti -
l'alta percentuale di sali minerali e vitamine C e A alla quale sono
riconosciute capacita' "abbronzanti" perche' difende l'organismo dai raggi
solari e favorisce la produzione nell'epidermide del pigmento melanina che dona
la classica tintarella alla pelle. Il cocomero e' costituito dal 95% d'acqua e
ha una presenza di zuccheri che va dal 3,7% al 6,4% (nella mela 11-15%, nella
pera 9,5-15,5%), ma contiene anche sodio, fosforo, potassio, elemento importante
in estate per combattere la disidratazione.
In Italia - continua la
Coldiretti - si producono quasi 4,5 milioni di quintali di anguria su poco piu'
di 11mila ettari di terreno coltivato localizzati per oltre la meta' nel
meridione anche se il principale produttore per quelli coltivati all'aperto e'
la regione Emilia Romagna. Il cocomero, chiamato anche anguria, e' una
cucurbitacea come il cetriolo e il melone e, originario dell'Africa tropicale,
era coltivato gia' dagli Egiziani. (AGI)

 
 
 

BELUSCONI BOCCIATO

Post n°425 pubblicato il 09 Luglio 2008 da dammiltuoaiuto
 

La biografia di Silvio Berlusconi nel “press kit” che Bush ha distribuito al G8 ai giornalisti al seguito

Una gaffe senza precedenti al G8. Tanto che George W. Bush è stato costretto a porgere le sue scuse a Berlusconi e al popolo italiano. Per quale motivo? Per capirlo, basta leggere la biografia del presidente del consiglio pubblicata nel ‘press kit’ che la Casa Bianca ha distribuito ai giornalisti al seguito del presidente americano.

Il premier italiano è stato uno dei più controversi leader nella storia di un paese conosciuto per corruzione governativa e vizio - si legge nel profilo -. Principalmente un uomo d’affari con massicce proprietà e grande influenza nei media internazionali. Berlusconi era considerato da molti un dilettante in politica che ha conquistato la sua importante carica solo grazie alla sua notevole influenza sui media nazionali finché non ha perso il posto nel 2006».

La biografia pubblicata sul ‘press kit’ non si ferma qui: «Odiato da molti ma rispettato da tutti almeno per la sua ‘bella figura’ (in italiano nel testo) e la pura forza della sua volontà - afferma la biografia - Berlusconi ha trasformato il suo senso degli affari e la sua influenza in un impero personale che ha prodotto il governo italiano di più lunga durata assoluta e la sua posizione di persona più ricca del paese». La biografia di Berlusconi, che cita anche il fatto che da ragazzo «guadagnava i soldi organizzando spettacoli di marionette per cui faceva pagare il biglietto di ingresso», ricorda che il futuro premier italiano mentre studiava legge a Milano «si era messo a vendere aspirapolvere, a lavorare come cantante sulle navi da crociera, a fare ritratti fotografici e i compiti degli altri studenti in cambio di soldi». La Casa Bianca avrebbe prelevato la biografia di Berlusconi dalla ‘Encyclopedia of World Biography’ che risulta aggiornata al mese scorso.

dal Corriere della Sera

 
 
 

FIRMA  ANCHE TU 

Post n°424 pubblicato il 06 Luglio 2008 da dammiltuoaiuto
 



In difesa della Costituzione





Cento
costituzionalisti hanno firmato un documento nel quale esprimono “insuperabili
perplessità di legittimità costituzionale” sull’emendamento blocca-processi e
sul lodo Alfano sull’immunità temporanea per le alte cariche dello Stato. E
chiedono di aderire al loro appello “in difesa della
Costituzione”



_____



IL TESTO DELL’APPELLO

.



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I sottoscritti professori ordinari di
diritto costituzionale
e di discipline equivalenti, vivamente
preoccupati per le recenti iniziative legislative intese: 1) a bloccare per un
anno i procedimenti penali in corso per fatti commessi prima del 30 giugno 2002,
con esclusione dei reati puniti con la pena della reclusione superiore a dieci
anni; 2) a reintrodurre nel nostro ordinamento l’immunità temporanea per reati
comuni commessi dal Presidente della Repubblica, dal Presidente del Consiglio
dei Ministri e dai Presidenti di Camera e Senato anche prima dell’assunzione
della carica, già prevista dall’art. 1 comma 2 della legge n. 140 del 2003,
dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 24 del
2004, premesso che l’art. 1, comma 2 della Costituzione, nell’affermare che “La
sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della
Costituzione”, esclude che il popolo possa, col suo voto, rendere
giudiziariamente immuni i titolari di cariche elettive e che questi, per il solo
fatto di ricoprire cariche istituzionali, siano esentati dal doveroso rispetto
della Carta costituzionale, rilevano, con riferimento alla legge di conversione
del decreto legge n. 92 del 2008, che gli artt. 2 bis e 2 ter introdotti con
emendamento a tale decreto, sollevano insuperabili perplessità di legittimità
costituzionale perché: a) essendo del tutto estranei alla logica del cosiddetto
decreto-sicurezza, difettano dei requisiti di straordinaria necessità ed urgenza
richiesti dall’art. 77, comma 2 Cost. (Corte cost., sentenze n. 171 del 2007 e
n. 128 del 2008); b) violano il principio della ragionevole durata dei processi
(art. 111, comma 1 Cost., art. 6 Convenzione europea dei diritti dell’uomo); c)
pregiudicano l’obbligatorietà dell’azione penale (art. 112 Cost.), in
conseguenza della quale il legislatore non ha il potere di sospendere il corso
dei processi, ma solo, e tutt’al più, di prevedere criteri - flessibili - cui
gli uffici giudiziari debbano ispirarsi nella formazione dei ruoli d’udienza; d)
la data del 30 giugno 2002 non presenta alcuna giustificazione obiettiva e
razionale; e) non sussiste alcuna ragionevole giustificazione per una così
generalizzata sospensione che, alla sua scadenza, produrrebbe ulteriori
devastanti effetti di disfunzione della giustizia venendosi a sommare il carico
dei processi sospesi a quello dei processi nel frattempo sopravvenuti; rilevano,
con riferimento al cosiddetto lodo Alfano, che la sospensione temporanea ivi
prevista, concernendo genericamente i reati comuni commessi dai titolari delle
sopra indicate quattro alte cariche, viola, oltre alla ragionevole durata dei
processi e all’obbligatorietà dell’azione penale, anche e soprattutto l’art. 3,
comma 1 Cost., secondo il quale tutti i cittadini “sono eguali davanti alla
legge”.



Osservano, a tal proposito,
che le vigenti deroghe a tale principio in favore di titolari di
cariche istituzionali, tutte previste da norme di rango costituzionale o fondate
su precisi obblighi costituzionali, riguardano sempre ed esclusivamente atti o
fatti compiuti nell’esercizio delle proprie funzioni. Per contro, nel cosiddetto
lodo Alfano la titolarità della carica istituzionale viene assunta non già come
fondamento e limite dell’immunità “funzionale”, bensì come mero pretesto per
sospendere l’ordinario corso della giustizia con riferimento a reati
“comuni”.

Per ciò che attiene
all’analogo art. 1,
comma 2 della legge n. 140 del 2003, i
sottoscritti rilevano che, nel dichiararne l’incostituzionalità con la citata
sentenza n. 24 del 2004, la Corte costituzionale si limitò a constatare che la
previsione legislativa in questione difettava di tanti requisiti e condizioni
(tra cui la doverosa indicazione del presupposto - e cioè dei reati a cui
l’immunità andrebbe applicata - e l’altrettanto doveroso pari trattamento dei
ministri e dei parlamentari nell’ipotesi dell’immunità, rispettivamente, del
Premier e dei Presidenti delle due Camere), tali da renderla inevitabilmente
contrastante con i principi dello Stato di diritto.



Ma ciò la Corte fece
senza con ciò pregiudicare la questione di fondo, qui sottolineata, della
necessità che qualsiasi forma di prerogativa comportante deroghe al principio di
eguale sottoposizione di tutti alla giurisdizione penale debba essere introdotta
necessariamente ed esclusivamente con una legge costituzionale.



Infine, date le inesatte
notizie
diffuse al riguardo, i sottoscritti ritengono opportuno
ricordare che l’immunità temporanea per reati comuni è prevista solo nelle
Costituzioni greca, portoghese, israeliana e francese con riferimento però al
solo Presidente della Repubblica, mentre analoga immunità non è prevista per il
Presidente del Consiglio e per i Ministri in alcun ordinamento di democrazia
parlamentare analogo al nostro, tanto meno nell’ordinamento spagnolo più volte
evocato, ma sempre inesattamente.



.



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L’elenco dei
firmatari

Alessandro Pace, Valerio Onida, Leopoldo Elia,
Gustavo Zagrebelsky, Enzo Cheli, Gianni Ferrara, Alessandro Pizzorusso, Sergio
Bartole, Michele Scudiero, Federico Sorrentino, Franco Bassanini, Franco
Modugno, Lorenza Carlassare, Umberto Allegretti, Adele Anzon Demmig, Michela
Manetti, Roberto Romboli, Stefano Sicardi, Lorenzo Chieffi, Giuseppe Morbidelli,
Cesare Pinelli, Gaetano Azzariti, Mario Dogliani, Enzo Balboni, Alfonso Di
Giovine, Mauro Volpi, Stefano Maria Cicconetti, Antonio Ruggeri, Augusto Cerri,
Francesco Bilancia, Antonio D’Andrea, Andrea Giorgis, Marco Ruotolo, Andrea
Pugiotto, Giuditta Brunelli, Pasquale Costanzo, Alessandro Torre, Silvio
Gambino, Marina Calamo Specchia, Ernesto Bettinelli, Gladio Gemma, Roberto
Pinardi, Giovanni Di Cosimo, Maria Cristina Grisolia, Antonino Spadaro,
Gianmario Demuro, Enrico Grosso, Anna Marzanati, Paolo Carrozza, Giovanni Cocco,
Massimo Carli, Renato Balduzzi, Paolo Carnevale, Elisabetta Palici di Suni,
Maurizio Pedrazza Gorlero, Guerino D’Ignazio, Vittorio Angiolini, Roberto
Toniatti, Alfonso Celotto, Antonio Zorzi Giustiniani, Roberto Borrello, Tania
Groppi, Marcello Cecchetti, Antonio Saitta, Marco Olivetti, Carmela Salazar,
Elena Malfatti, Ferdinando Pinto, Massimo Siclari, Francesco Rigano, Francesco
Rimoli, Mario Fiorillo, Aldo Bardusco, Eduardo Gianfrancesco, Maria Agostina
Cabiddu, Gian Candido De Martin, Nicoletta Marzona, Carlo Colapietro, Vincenzo
Atripaldi, Margherita Raveraira, Massimo Villone, Riccardo Guastini, Emanuele
Rossi, Sergio Lariccia, Angela Musumeci, Giuseppe Volpe, Omar Chessa, Barbara
Pezzini, Pietro Ciarlo, Sandro Staiano, Jörg Luther, Agatino Cariola, Nicola
Occhiocupo, Carlo Casanato, Maria Paola Viviani Schlein, Carmine Pepe, Filippo
Donati, Stefano Merlini, Paolo Caretti, Giovanni Tarli Barbieri, Vincenzo
Cocozza, Annamaria Poggi.



.





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SALVIAMO   LA COSTITUZIONE 

Post n°423 pubblicato il 06 Luglio 2008 da dammiltuoaiuto
 



NO ALLE  LEGGI  A PERSONAN  NO A BERLUSCONI  FIRMA .




I sottoscritti professori ordinari di
diritto costituzionale
e di discipline equivalenti, vivamente
preoccupati per le recenti iniziative legislative intese: 1) a bloccare per un
anno i procedimenti penali in corso per fatti commessi prima del 30 giugno 2002,
con esclusione dei reati puniti con la pena della reclusione superiore a dieci
anni; 2) a reintrodurre nel nostro ordinamento l’immunità temporanea per reati
comuni commessi dal Presidente della Repubblica, dal Presidente del Consiglio
dei Ministri e dai Presidenti di Camera e Senato anche prima dell’assunzione
della carica, già prevista dall’art. 1 comma 2 della legge n. 140 del 2003,
dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 24 del
2004, premesso che l’art. 1, comma 2 della Costituzione, nell’affermare che “La
sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della
Costituzione”, esclude che il popolo possa, col suo voto, rendere
giudiziariamente immuni i titolari di cariche elettive e che questi, per il solo
fatto di ricoprire cariche istituzionali, siano esentati dal doveroso rispetto
della Carta costituzionale, rilevano, con riferimento alla legge di conversione
del decreto legge n. 92 del 2008, che gli artt. 2 bis e 2 ter introdotti con
emendamento a tale decreto, sollevano insuperabili perplessità di legittimità
costituzionale perché: a) essendo del tutto estranei alla logica del cosiddetto
decreto-sicurezza, difettano dei requisiti di straordinaria necessità ed urgenza
richiesti dall’art. 77, comma 2 Cost. (Corte cost., sentenze n. 171 del 2007 e
n. 128 del 2008); b) violano il principio della ragionevole durata dei processi
(art. 111, comma 1 Cost., art. 6 Convenzione europea dei diritti dell’uomo); c)
pregiudicano l’obbligatorietà dell’azione penale (art. 112 Cost.), in
conseguenza della quale il legislatore non ha il potere di sospendere il corso
dei processi, ma solo, e tutt’al più, di prevedere criteri - flessibili - cui
gli uffici giudiziari debbano ispirarsi nella formazione dei ruoli d’udienza; d)
la data del 30 giugno 2002 non presenta alcuna giustificazione obiettiva e
razionale; e) non sussiste alcuna ragionevole giustificazione per una così
generalizzata sospensione che, alla sua scadenza, produrrebbe ulteriori
devastanti effetti di disfunzione della giustizia venendosi a sommare il carico
dei processi sospesi a quello dei processi nel frattempo sopravvenuti; rilevano,
con riferimento al cosiddetto lodo Alfano, che la sospensione temporanea ivi
prevista, concernendo genericamente i reati comuni commessi dai titolari delle
sopra indicate quattro alte cariche, viola, oltre alla ragionevole durata dei
processi e all’obbligatorietà dell’azione penale, anche e soprattutto l’art. 3,
comma 1 Cost., secondo il quale tutti i cittadini “sono eguali davanti alla
legge”.


Osservano, a tal proposito,
che le vigenti deroghe a tale principio in favore di titolari di
cariche istituzionali, tutte previste da norme di rango costituzionale o fondate
su precisi obblighi costituzionali, riguardano sempre ed esclusivamente atti o
fatti compiuti nell’esercizio delle proprie funzioni. Per contro, nel cosiddetto
lodo Alfano la titolarità della carica istituzionale viene assunta non già come
fondamento e limite dell’immunità “funzionale”, bensì come mero pretesto per
sospendere l’ordinario corso della giustizia con riferimento a reati
“comuni”.

Per ciò che attiene
all’analogo art. 1,
comma 2 della legge n. 140 del 2003, i
sottoscritti rilevano che, nel dichiararne l’incostituzionalità con la citata
sentenza n. 24 del 2004, la Corte costituzionale si limitò a constatare che la
previsione legislativa in questione difettava di tanti requisiti e condizioni
(tra cui la doverosa indicazione del presupposto - e cioè dei reati a cui
l’immunità andrebbe applicata - e l’altrettanto doveroso pari trattamento dei
ministri e dei parlamentari nell’ipotesi dell’immunità, rispettivamente, del
Premier e dei Presidenti delle due Camere), tali da renderla inevitabilmente
contrastante con i principi dello Stato di diritto.


Ma ciò la Corte fece
senza con ciò pregiudicare la questione di fondo, qui sottolineata, della
necessità che qualsiasi forma di prerogativa comportante deroghe al principio di
eguale sottoposizione di tutti alla giurisdizione penale debba essere introdotta
necessariamente ed esclusivamente con una legge costituzionale.


Infine, date le inesatte
notizie
diffuse al riguardo, i sottoscritti ritengono opportuno
ricordare che l’immunità temporanea per reati comuni è prevista solo nelle
Costituzioni greca, portoghese, israeliana e francese con riferimento però al
solo Presidente della Repubblica, mentre analoga immunità non è prevista per il
Presidente del Consiglio e per i Ministri in alcun ordinamento di democrazia
parlamentare analogo al nostro, tanto meno nell’ordinamento spagnolo più volte
evocato, ma sempre inesattamente.


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<!--[if gte mso 9]> Normal 0 14 <![endif]-->


L’elenco dei
firmatari

Alessandro Pace, Valerio Onida, Leopoldo Elia,
Gustavo Zagrebelsky, Enzo Cheli, Gianni Ferrara, Alessandro Pizzorusso, Sergio
Bartole, Michele Scudiero, Federico Sorrentino, Franco Bassanini, Franco
Modugno, Lorenza Carlassare, Umberto Allegretti, Adele Anzon Demmig, Michela
Manetti, Roberto Romboli, Stefano Sicardi, Lorenzo Chieffi, Giuseppe Morbidelli,
Cesare Pinelli, Gaetano Azzariti, Mario Dogliani, Enzo Balboni, Alfonso Di
Giovine, Mauro Volpi, Stefano Maria Cicconetti, Antonio Ruggeri, Augusto Cerri,
Francesco Bilancia, Antonio D’Andrea, Andrea Giorgis, Marco Ruotolo, Andrea
Pugiotto, Giuditta Brunelli, Pasquale Costanzo, Alessandro Torre, Silvio
Gambino, Marina Calamo Specchia, Ernesto Bettinelli, Gladio Gemma, Roberto
Pinardi, Giovanni Di Cosimo, Maria Cristina Grisolia, Antonino Spadaro,
Gianmario Demuro, Enrico Grosso, Anna Marzanati, Paolo Carrozza, Giovanni Cocco,
Massimo Carli, Renato Balduzzi, Paolo Carnevale, Elisabetta Palici di Suni,
Maurizio Pedrazza Gorlero, Guerino D’Ignazio, Vittorio Angiolini, Roberto
Toniatti, Alfonso Celotto, Antonio Zorzi Giustiniani, Roberto Borrello, Tania
Groppi, Marcello Cecchetti, Antonio Saitta, Marco Olivetti, Carmela Salazar,
Elena Malfatti, Ferdinando Pinto, Massimo Siclari, Francesco Rigano, Francesco
Rimoli, Mario Fiorillo, Aldo Bardusco, Eduardo Gianfrancesco, Maria Agostina
Cabiddu, Gian Candido De Martin, Nicoletta Marzona, Carlo Colapietro, Vincenzo
Atripaldi, Margherita Raveraira, Massimo Villone, Riccardo Guastini, Emanuele
Rossi, Sergio Lariccia, Angela Musumeci, Giuseppe Volpe, Omar Chessa, Barbara
Pezzini, Pietro Ciarlo, Sandro Staiano, Jörg Luther, Agatino Cariola, Nicola
Occhiocupo, Carlo Casanato, Maria Paola Viviani Schlein, Carmine Pepe, Filippo
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Cocozza, Annamaria Poggi.


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Il prezzo della fede

Post n°422 pubblicato il 04 Luglio 2008 da dammiltuoaiuto
 

Il prezzo della fede

 

Quanto costa il Vaticano all'Italia? Tanto. Tra ospedali, grandi eventi, insegnanti di religione, scuole e otto per mille, si parla di circa 4 miliardi di euro. E si lamentano se lo Stato gli chiede di pagare l'Ici... Tu che ne pensi?

 

di: Redazione

Adesso va di moda sparare sul politico sprecone e spendaccione, ma ci sono altre caste che pesano sulle tasche degli italiani (ci era già arrivato un blogger qualche mese fa...). E tanto. Oggi, un'inchiesta del quotidiano Repubblica, svela gli altarini sui costi della Chiesa per lo Stato italiano. Perché anche la fede ha un prezzo. Il totale è da brivido: 4 miliardi di euro l'anno. Praticamente quanto ci costa il sistema politico. Un miliardo di euro l'otto per mille, 650 milioni gli stipendi dei 22 mila insegnanti dell'ora di religione, 700 milioni per le convenzioni su scuola e sanità, una media di 250 milioni l'anno per i grandi eventi (il Giubileo ci è costato 3mila 500 miliardi di lire e l'ultimo raduno di Loreto 2,5 milioni di euro, per capirci). A tutto ciò si aggiunga il cumulo di vantaggi fiscali concessi al Vaticano, oggi al centro di un'inchiesta dell'Unione Europeaper "aiuti di Stato". Secondo il calcolo del quotidiano romano, il mancato incasso per l'Ici è valutabile tra i 400 e i 700 milioni di euro, 500 milioni le esenzioni da Irap, Ires e altre imposte, 600 milioni l'elusione fiscale legalizzata del mondo del turismo cattolico. Ha un senso tutto questo?

Liberopensiero è forse il più tollerante tra i blogger che oggi affrontano il tema, ma quando si parla di trasparenza dei conti del Vaticano, anche lui protesta: «Tutto questo sarebbe anche tollerabile, visto che i soldi vanno ad un'istituzione rispettabile come quella della Chiesa Cattolica (che, non dimentichiamolo, ha anche avuto il merito di aver appoggiato Solidarnosc in Polonia e tuttora aiuta le tante Chiese perseguitate nel mondo, altrimenti abbandonate). Ciò che però non va proprio è invece la scarsa trasparenza dei bilanci del Vaticano, denunciata proprio dagli autori dell'articolo sopra citato. Va bene avere fiducia nei sacerdoti, ma uno Stato non può elargire soldi senza adeguati controlli e verifiche. Sono soldi dei cittadini e il minimo da richiedere è che i cittadini sappiano come vengano spesi. Questo è il punto: senza urla antilericali con la bava alla bocca, e senza evocare attacchi alla Chiesa. La trasparenza è un valore che dovrebbe valere per tutti».

Il conteggio di Repubblica, però, è prudente e per difetto, lo scrive lo stesso autore dell'articolo ogni tre per due. Secondo altri la cifra sarebbe molto più aòtra. Lo racconta Montezuma nel suo blog: «Italiani peccate: l'indulgenza plenaria è assicurata dai nove miliardi di euro che lo Stato italiano elargisce (sotto forma di versamenti, ma anche di mancati introiti) alla Chiesa cattolica. I 4 miliardi di Euro riportati oggi da Repubblica sono sbagliati per difetto. A fare i conti in tasca allo Stato Pontificio ci ha pensato il matematico Piergiorgio Odifreddi che in un saggio intitolato "Perché non possiamo sentirci cristiani (e meno che mai cattolici)" oltre a fare le pulci alle Sacre Scritture si è preso la briga di fare due conti utilizzando naturalmente fonti ufficiali. Cominciamo dall'8 per mille che ammonta (dati Cei 2006) a circa 1 miliardo di Euro (991 milioni). Solo in 20 per cento di questa somma è destinato al Terzo Mondo e a interventi caritativi. Un altro miliardo è destinato a vario titolo dallo Stato italiano (senza contare il contributo delle amministrazioni locali e delle Regioni). Poi ci sono gli interventi pubblici nel settore sanitario: alle strutture cattoliche arriva circa un altro miliardo di euro. E siamo a quota tre miliardi. Ma sono le esenzioni fiscaligodute dalla Chiesa a fare la parte del leone: i miliardi che non entrano nella casse dello Stato sono sei. Quindi il conto finale annuo arriva a nove miliardi di euro. Odifreddi "sconta" anche un paio di miliardi l'anno quale contributo dello Stato alle scuole cattoliche e a ospedali in quanto lo Stato dovrebbe comunque farsene carico per proprio conto. È probabile che si tratti di un caso unico al mondo, per cui é legittimo aspettarsi da Papa Benedetto XVI un occhio di riguardo verso i suoi contribuenti. Per esempio una bella indulgenza pleanaria annuale da celebrarsi in pompa magna a Piazza San Pietro in diretta mondiale. La scelta della data la lasceremmo al Santo Padre: a lui non costerebbe nulla e noi avremmo le porte del Paradiso aperte».

 
 
 

Cara Chiesa, quanto ci costi!

Post n°421 pubblicato il 04 Luglio 2008 da dammiltuoaiuto
 
Tag: chiesa

Cara Chiesa, quanto ci costi!
 
 
I conti in tasca al Vaticano. Più facile a dirsi che a farsi. Un blogger si è messo di punta... 
 
 
 
DA LIBERO

I costi della politica: un argomento da prima pagina, la miccia che infiamma gli animi, materia da best sellers. Poi ci sono i costi della Chiesa, altra bella questione su cui dibattere. Ci vogliamo concentrare su questi, in particolate sul gettito proveniente dall'8 per mille dell'Irpef. La cifra che confluisce nelle casse della CEI - come scrive il polemico matematico e saggista italiano Piergiorgio Odifreddi - ammonta ogni anno a un miliardo di euro. "A cui va sommata - scrive Odifreddi nel suo libro Perché non possiamo essere cristiani - una cifra dello stesso ordine di grandezza sborsata dal solo Stato (senza contare regioni, province e comuni) nei modi più disparati. Aggiungendo una buona fetta del miliardo e mezzo di finanziamenti pubblici alla sanità, molta della quale è gestita da istituzioni cattoliche, si arriva facilmente a una cifra complessiva annua di almeno tre miliardi di euro. Ma non è finita perché a queste uscite vanno naturalmente aggiunte le mancate entrate per lo Stato dovute a esenzioni fiscali di ogni genere, valutate attorno ad oltre 6 miliardi di euro".

Odifreddi non è l'unico a fare i conti in tasca al Vaticano. Un blogger, bargalla, ha dedicato alla questione un interessante e dettagliatissimo post: "Lotto per mille", il titolo piuttosto eloquente. Bargalla è andato oltre la polemica ed è passato ai fatti. Una vera e propria campagna.

Lo abbiamo contattato e ci ha spiegato un bel po' di cose. Per esempio del capillare passaparola descritto sul blog. «Il mio passaparola è molto semplice - esordisce - e si avvale del circuito "virtuoso" che si stabilisce dialogando con i colleghi o con la ristretta cerchia di un gruppo di amici molto sensibili a tematiche d'ordine culturale e religioso ai quali mi sforzo di spiegare come funziona il meccanismo "truffaldino" con cui vengono poi stanziati i fondi rinvenenti dalla scelta, tutta italiana, dell'otto per mille».

La gente sapeva di cosa stavi parlando? È preparata?
Non esattamente. Spero che anche il mio post, per quanto critico verso la chiesa cattolica, abbia contribuito a chiarire come effettivamente vengano introitati e spesi quei fondi "tassativamente" raccolti senza che i contribuenti ne abbiano sufficiente contezza. Un lascito decisamente oneroso stabilito dalla revisione di un Concordato che spererei fosse abolito del tutto al pari di tutte quelle altre mille prebende e agevolazioni fiscali che favoriscono la chiesa cattolica, scandalosamente ricchissima e omissivamente lontanissima dall'originale spirito evangelico che dovrebbe permearne lo spirito e le relative scelte. Se Cristo ritornasse avrebbe il suo bel da fare nel ripulire la sua chiesa diventata "una spelonca di ladri e briganti". Già una volta scacciò i mercanti dal Tempio, un gesto di una violenza inusitata per uno come Lui, forse l'unico riscontrabile nel racconto della sua vita terrena.

Aiutaci a capire. Sono i contribuenti a non andare a fondo sull'argomento o è la Chiesa che preferisce rimanere sul vago?
Ho l'impressione che chi di competenza ometta volutamente di chiarire come avviene la ripartizione dei fondi, una procedura poco nota che ha sorpreso anche me quando ho cercato di saperne di più approfondendo l'argomento. Quello che mi sgomenta di quel ricco montepremi, è l'infima parte riservata ai cosiddetti "interventi caritativi" con i quali, in definitiva, si "estorcono" le firme. Solo le briciole per il Lazzaro di sempre!

Com'è andata col passaparola? Sei riuscito a far cambiare idea a qualcuno?
Ho riscontrato delle reazioni abbastanza positive, inizialmente di incredulità, specie da parte dei cosiddetti "praticanti" poi, dati alla mano, anche i più scettici si sono ricreduti firmando per altre confessioni. Stato compreso! Molto positiva, in tal senso, si è dimostrata quest'anno anche la campagna promossa dalla Chiesa Valdese per la quale ho suggerito di firmare, visto che perfino le scelte non fatte contribuiscono a lievitare gli introiti della chiesa cattolica.

 

 
 
 

QUESTA   E' L'ITALIA 

Post n°420 pubblicato il 04 Luglio 2008 da dammiltuoaiuto
 

QUESTA  E' L'ITALIA   MA VOI CI VIVRESTE IN UN PAESE COSI'?

Oltre il 40% della ricchezza nazionale è illegale (rapporto Alto Commissariato anti-Corruzione) Vaffanculo!
- Lavoro nero e sommerso: 27% del Pil (fonte Ocse) Vaffanculo!
- Evasione fiscale: 200 miliardi di euro (fonte Secit e Revue de droit fiscal) Vaffanculo!
- Grandi aziende con un fatturato superiore a 50 milioni di euro, che evadono il fisco: 98,40% (fonte Agenzia delle entrate fiscali) Vaffanculo!
- Esportazione illecita di capitali: 85-90 miliardi di euro (fonte Confcommercio, Eurispes, Procura Nazionale Antimafia, settimanale Economy) Vaffanculo!
- Beni consolidati delle mafie: 1.000 miliardi di euro (fonti Confcommercio, Economy, Procura Nazionale Antimafia) Vaffanculo!
- Affiliazioni alle mafie, esclusi i colletti bianchi che utilizzano il denaro riciclato: 1.800.000 persone (fonte Dia e relazione Commissione Parlamentare Antimafia 2003) Vaffanculo!
- Percentuali delle estorsioni per regione sul totale per Campania 14,9%, Sicilia 12,9% e Lombardia 10,4% (fonte Ministero dell'Interno) Vaffanculo!
- Nella sua ultima relazione il Commissariato contro la Corruzione ha affermato: siamo peggio che in Tangentopoli, la corruzione piega ogni settore e la sanità è terra di conquista.Vaffanculo!

Ps: ringrazio per i dati La Casa della Legalità

 
 
 
 
 
 
 
 
 

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