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Messaggi di Luglio 2008
Da Dallas alle Torri Gemelle A sinistra Barbara e George H. Bush ("Bush padre"), che tiene in braccio George W. (l'attuale presidente). A destra i suoi genitori, Serena e Prescott Bush, il "patriarca" di famiglia. Oltre che ad aver avuto un ruolo determinante, dietro le quinte, in tutta la politica americana del dopoguerra, Prescott Bush di recente è risultato esser stato implicato nei pesanti finanziamenti illeciti che contribuirono all'ascesa di Hitler al potere. Eccone la vicenda dettagliata, che merita di essere conosciuta per meglio inquadrare la potenza di una dinastia che ancora oggi regna indisturbata sugli Stati Uniti d'America. LA SVASTICA DI FAMIGLIA - LA STORIA NASCOSTA DI PRESCOTT BUSH Il nonno materno di Prescott, George Herbert Walker, aveva fondato a St.Louis, nel 1900, la società finanziaria G. H. Walker and Company. Tale fu il suo successo, che nel 1920 la società si trasferiva con tutti gli onori nella prestigiosa Wall Street di New York. Nel 1924 George Walker conobbe l'industriale tedesco Fritz Tyssen, uno dei maggiori finanziatori del nascente partito nazista. In poco tempo Walker divenne a sua volta il tramite di finanziamenti sempre più voluminosi che dall'America finivano direttamente nelle casse di Hitler. Un'altra compagnia che investiva denaro americano in Germania era la Sullivan & Cromwell di un certo Allen Dulles, che ritroveremo trent'anni dopo alla guida della CIA, ed una terza, la più importante di tutte, era la Harriman & Associates di un certo Averill Harriman, un personaggio con forti legami col paritito nazista tedesco, che in seguito sarebbe divenuto ambasciatore USA a mosca, e poi ministro del Commenrcio, sotto Truman. Nel 1931 Harriman scelse George Walker alla guida della Union Banking Corporation, la banca che gli serviva da tramite per i suoi traffici monetari con la Germania, e a sua volta, nel 1934, George Walker fece assumere il nipote Prescott come vice presidente della Harriman & Associates, accanto al suo boss. Nel 1936 Harriman fondò la Brown Brothers Harriman, ne assunse alla guida legale Allen Dulles, del quale assorbiva nel frattempo la Sullivan & Cromwell. Nel 1937 Harriman entro in società con i Rockefeller, dando origine alla Brown Brothers Harriman-Schroeder Rock. Già a quel tempo, Rockefeller significava Standard Oil. Come delfino di Harriman, Prescott Bush si era intanto venuto a trovare, prima della guerra, anche nel consiglio di amministazione della Union Banking. Ma nel 1942 - a guerra scoppiata - la banca si vide congelare dall'FBI di Edgar J. Hoover tutti i beni, in seguito ad una legge che imponeva di interrompere ogni possibile relazione finanziaria con in paesi nemici. Ma Prescott, con l'aiuto di Dulles, seppe congegnare un meccanismo finanziario che permise alla maggior parte dei capitali di sfuggire al congelamento, dirottandoli semplicemente in operazioni molto meno vistose, ma altrettanto lucrative. Per Prescott fu il trionfo, e per Dulles la garanzia di un futuro senza più limiti alle sue ambizioni. Naturalmente Hoover non era stato troppo rigoroso nell'indagare sulla Union Bank di Harriman, e molto probabilmente nacque proprio in quei giorni una reciproca simpatia fra i tre "ragazzi", che avrebbe poi condizionato la storia per molti decenni a venire. RICHARD NIXON, CREAZIONE DI PRESCOTT
DA DALLAS IN POI Nel '64 però Nixon scelse, saggiamente, di non candidarsi, poichè la popolarità di Johnson - succeduto a Kennedy dopo Dallas - in quel momento era alle stelle. Johnson infatti stracciò letteralmente il candidato repubblicano Barry Goldwater. Nixon sarebbe rientrato alla Casa Bianca solo nel '68, dopo la morte del nuovo candidato democratico, Robert Kennedy, anch'egli assassinato in circostanze mai chiarite, ma di certo non da Shiran Shiran solamente (3). Una volta che Nixon fu presidente, Howard Hunt fece uno strepitoso balzo di carriera, passando da semplice agente CIA a capo dei Servizi Segreti della Casa Bianca. Contemporaneamente George H. Bush ("Bush padre", il figlio di Prescott) veniva nominato da Nixon ambasciatore alle Nazioni Unite. Ormai le redini del comando, in famiglia, erano passate a George H. Bush. Prescott però moriva, nel 1972, e non potè vedere il figlio diventare direttore della CIA nel 1976, poi vice-presidente sotto Reagan (1980-1988), ed infine presidente egli stesso, dal 1988 al 1992. Non vide nemmeno, peraltro, la sconfitta del figlio nel 1992, che perdeva inaspettatamente la sua rielezione contro uno sconosciuto Bill Clinton. La storia sembrava ripetersi, e fu questa volta George H. Bush a dover attendere la controversa decisione della Corte Suprema, nel 2000, per poter piazzare il figlio - l'attuale presidente - fra le mura tanto amate. 11 SETTEMBRE 2001 Talmente amate, parrebbe, che il 10 di Settembre del 2001, nonostante il figlio si trovasse in Florida, decise di fermarsi a dormire alla Casa Bianca, sulla via del ritorno da New York al Texas. Lo ha raccontato egli stesso in televisione, più di una volta. Sarebbe ripartito molto presto all'alba, venendo così a trovarsi già vicino a casa, al momento del blocco completo dei voli che seguì gli attentati dell'11 Settembre. La sera del 10, a fare gli onori di casa, c'era Dick Cheney, l'uomo che lo stesso Bush aveva messo accanto al figlio, come vice-presidente, un anno prima. Cheney era anche l'uomo che, in assenza del presidente in carica, avrebbe saldamente preso in mano la situazione durante gli attacchi terroristici, arrivando anche a far deviare, tramite i servizi segreti, i due caccia che si stavano finalmente dirigendo verso l'aereo diretto sul Pentagono, e mandandoli invece su un bersaglio fasullo. Che cosa abbia fatto George H. Bush a Dallas nel lontano 1963, e che cosa abbia fatto - o di cosa abbia parlato con Cheney - la notte del 10 Settembre 2001, alla Casa Bianca, non lo sapremo probabilmente mai. Noi abbiamo riportato finora solo dei fatti accertati. A ciascuno trarre le proprie conclusioni. Ecco il documento FBI che informa della strana telefonata che fece Bush ad un agente locale, il 22 Novembre 1963. (traduzione:)
DATA: 22 NOVEMBRE 1963 DA:
AGENTE GRAHAM W. KITCHEL CONTENUTO: PERSONA SCONOSCIUTA. ASSASSINIO DEL PRESIDENTE KENNEDY. Alle ore 1:45 pm il Signor George H.W. Bush, presidente della società petrolifera Zapata Drilling Company, di Houston, Texas, residente a Briar 5255, di Houston, ha fornito per telefono allo sottoscritto le seguenti informazioni, in intercomunale da Tyler, nel Texas. Bush ha detto che voleva dare in via confidenziale delle informazioni su una voce che ha sentito girare nelle settimane scorse, da persone e in data imprecisate. Ha detto che un certo James Parrott andava parlando di uccidere il Presidente quando verrà a Houston. Bush ha detto che Parrott è forse uno studente dell'università di Houston, ed è un attivista politico in questa zona. Ha detto che pensava che signor la Signora Fanley, telefono SU 2-5239, o Arlene Smith, telefono JA 9-9194, della direzione del partito repubbicano della contea di Harris avrebbero potuto fornire maggiori informazioni sull'identità di Parrott. Bush ha dichiarato di essere in partenza per Dallas, Texas, dove avrebbe alloggiato allo Sheraton-Dallas, per tornare a casa sua il 23 Novembre 1963 [il giorno seguente, N.d.T.]. Il suo numero telefonico di ufficio è CA 2-0395. Segue sigla Curioso: mentre Kennedy sta morendo all'ospedale di Dallas, Bush - allora privato cittadino, e presidente di una delle tante compagnie petrolifere di proprietà di famiglia - parte per la stessa città, e si premura di farlo sapere all'FBI. Sembra inoltre di leggere fra le righe una strana voglia da parte sua di "farsi trovare" a tutti costi dalla stessa FBI, a Dallas quella sera. Ancora più curioso è che Bush utilizzi, come scusa per rendere nota la sua presenza in città, proprio la "voce di possibile attentato al Presidente Kennedy, quando verrà a Huston", visto che a Houston Kennedy c'era già stato. Di certo si può supporre una cosa: se Bush quella sera è stato contattato dall'FBI - come appare probabile - avrà sicuramente avuto da loro più informazioni sull'attentato appena avvenuto, di quante ne possa mai aver date sul suo fantomatico "James Parrott". Curioso infine che l'ora in cui fu ricevuta la telefonata (13.45) corrisponda al momento in cui la notizia della morte di Kennedy, avvenuta intorno alle 13, iniziava a rimbalzare in tutte le agenzie del mondo. Giusto per assicurarsi un "alibi" fuori città, nel caso estremo, ma anche giusto in tempo per saltare in macchina e raggiungere lo Sheraton di Dallas, dove potersi "rendere reperibile in serata." Tutte coincidenze? Può darsi. Ma che dire allora di questo documento, dal quale risulta che Jack Ruby - l'uomo su cui fece perno l'intera organizzazione dell'omicidio di Dallas, e che pensò poi a liberarsi fisicamente di Oswald, prima che potesse parlare - lavorava per Nixon già dal lontano 1947? Si tratta di un documento dell'FBI, desecretato qualche anno fa. "Giuro con questa dichiarazione che un certo Jacob Rubinstein di Chicago, potenziale testimone davanti al Comitato per le Attività Antiamericane [Commissione McCarthy], lavora come informatore per l'ufficio del deputato repubblicano della California, Richard M. Nixon. Si richiede di non interrogarlo pubblicamente nelle udienze sopra menzionate. Giurato oggi 14 Novembre 1947 Segue firma Assistente d'Ufficio E' noto che in quel periodo Ruby lavorasse per la mafia di Chicago, e il documento sembra quindi fornire l'anello mancante per il collegamento fra mondo "pulito" e mondo "sporco, che fu assolutamente necessario per organizzare a Dallas un attentato che desse le massime garanzie di riuscita. Quella che segue è una scaletta riassuntiva, che colloca nel tempo i movimenti principali dei maggiori personaggi citati in questa scheda. Il mondo è davvero piccolo, a volte, non trovate? Scritto da Massimo Mazzucco per www.luogocomune.net |
TANGENTI, L'ORDINANZA dal corriere.it DAI NOSTRI INVIATI Loro, i politici, hanno fretta di incassare: «Vai a parlare con Ottaviano, ci stanno le vacanze, la corrente» gli dice il capogruppo del Pd Camillo Cesarone. Ma anche Angelini pretendeva sempre di più: «Hanno fatto una delibera che, perdoni l'espressione volgare signor giudice, è messa su misura per il mio sedere».
Angelini non si ferma mai con le sue richieste al palazzo: «Ma se il problema è che avete sbagliato a emettere le patologie, le patologie vanno cambiate». Il re delle cliniche arriva persino a lamentarsi del trattamento ricevuto in un noto ristorante di Roma frequentato da molti politici. Angelini spiega al pm Di Florio come e dove sarebbe avvenuto il pagamento delle tangenti a Del Turco, ovvero nella casa di Collelongo, «in una specie di ripostiglio che lui c'ha sotto la scala, una specie di scala circolare». Entrava con il sacchetto pieno di soldi e usciva, pare, con lo stesso sacchetto pieno di mele per non destare sospetti. Il pm Bellelli: «C'erano altre persone?». Angelini: «No, qualche volta è venuta la moglie Cristina, la quale però, poveretta, ha salutato e se ne è andata». Pm: «La titolare del ristorante di Roma?». Angelini: «Esatto». Pm: «Il Bolognese?». Angelini: «Della famiglia Bolognese, sì, sì. Al Bolognese, dove ho sempre mangiato pesante, quando ci andavo io pagavo io, e che scherzi?». Il presidente della giunta regionale è il principale obiettivo del pentito Angelini. Tant'è che il giudice, con linguaggio perentorio, traccia del governatore un «profilo delinquenziale non comune che lascia ritenere pressoché certa, indipendentemente da dimissioni da incarichi pubblici, la reiterazione dei medesimi reati per i quali si procede ». E anche Angelini non ha una grande considerazione morale di Del Turco, che viene addirittura paragonato al capo di Cosa nostra: «Neanche Totò Riina sarebbe arrivato a queste raffinatezze». Angelini davanti al pm Di Florio spiega anche che Del Turco avrebbe utilizzato quei soldi anche per fini politici: «E qui lui mi suona la musica che sta costituendo una corrente, la controcorrente, che ci sono otto senatori che lui deve, come dire, tenere buoni per sé rispetto a Boselli». Le pressioni bipartisan L'imprenditore Angelini racconta le pressioni crescenti dell'entourage di Del Turco, esplose dopo le elezioni vinte dal centrosinistra, ma anche le insistenze degli uomini della vecchia giunta di centrodestra. I fedelissimi del governatore Giovanni Pace (Forza Italia), Giancarlo Masciarelli e Sabatino Aracu dicevano all'imprenditore: «Noi ti abbiamo dato quello che hai chiesto per la tua prima cartolarizzazione e adesso ci devi... Guarda che noi per te possiamo fare tanto e tu devi stare attento...». A parlare è Giancarlo Masciarelli — uomo di confine tra le due coalizioni, già presidente della Fira col centrodestra e poi anche consulente ombra di Del Turco con la nuova giunta — il cui linguaggio, tuttavia, assomiglia molto a quello usato da Camillo Cesarone. Lui, ex sindacalista della Cgil, capo del personale delle cliniche Angelini, si butta in politica e si rivolge così al suo ex datore di lavoro: «La loro organizzazione (i partiti di centrosinistra, ndr) sono arrivati al potere però fanno politica e quindi hanno dei costi rilevanti... ». Chiosa dunque il gip nell'ordinanza: «Accettavano dunque e ricevevano (materialmente il Del Turco la somma di 200 mila euro consegnati dal suddetto Angelini)». Le minacce E quando Angelini scalpitava, rifiutava di pagare tutte le somme richieste, arrivavano le minacce più o meno velate. Questo, va sempre ricordato, lo racconta lo stesso imprenditore, la cui collaborazione andrà valutata col bilancino: «Cesarone mi diceva che per loro era molto difficile difendermi perché presentavo un sacco di problemi braccato come ero da Procura, Finanza, Nas e quant'altro. Mi diceva che solo loro mi potevano aiutare perché anche il resto della politica era contro di me e mi volevano rompere le gambe». E il capogruppo del Pd insisteva: «Devi parlare con Del Turco, portagli 100 mila euro». Spiega il gip: «Costringevano a consegnare la somma» e Del Turco, secondo il racconto di Angelici, commentava: «Sì, sì, va bene, non ti preoccupare, ma sai, io non mi voglio sforzare di parlare di sanità perché io amo la musica della politica, per cui dimmi qual è il problema e rivolgiti a Quarta». Cesarone non si accontenta mai. Intima ad Angelini di «consegnare mezzo milione a Del Turco: o paghi o non riusciamo a contenere le ispezioni (si riferisce alle case di cura del suo gruppo, ndr) ». Il capogruppo del Pd sente puzza di bruciato e dice ad Angelini: «Tu devi andare da Del Turco perché la situazione si sta aggravando, tu hai i telefoni sotto controllo». Angelini deve fronteggiare anche il manager Asl Luigi Conga che gli dice: «Io sono direttore generale e devo prendere le decisioni: o mi dai 100 mila euro al mese oppure non prendi più una lira. O paghi oppure i tuoi soldi li vedrai tra 10 anni, divertiti a farmi causa». La casa di Roma Nel dicembre del 2007 proseguono, a detta del gip, le richieste di denaro ad Angelini: «Accompagnate da riferimenti alle sempre maggiori difficoltà ad aiutare le sue cliniche nonché in relazione alle esigenze personali di Del Turco, impegnato economicamente nell'acquisto di una casa a Roma e per questo vengono incrementati in maniera decisiva gli importi. Angelini consegnava a Del Turco 250 mila euro e 750 mila a Cesarone». Stavolta l'imprenditore avrebbe fatto resistenza e si concede anche un commento velenoso sul modo di procedere del presidente, il quale dice: «Guarda che io la posso chiedere a qualcun altro la casa, se non me la vuoi dare tu. Però, poi, finisce un'amicizia ». Commento dell'imprenditore: «Nemmeno Totò Riina arriva a queste raffinatezze... ». L'autoscatto con l'autista Il 2 novembre 2007, Angelini inizia a prendere le sue contromisure per documentare la consegna delle mazzette. Scrive ancora il gip: «Angelini allega al verbale le fascette bancarie delle quattro mazzette da 50 mila euro ciascuna consegnate nella casa di Del Turco a Collelongo: "Io sottoscritto Sciarelli Dario (l'autista dell'imprenditore, ndr), insieme al dottor Angelini, mi sono recato presso l'abitazione dell'onorevole Del Turco in Collelongo ove giunti verso le 17 ho fotografato il dottor Angelini, come da foto allegate e controfirmate, prima dentro l'auto, mentre aveva in mano la busta contenente le mazzette di denaro, poi nel tragitto tra l'auto e l'abitazione di Del Turco e infine quando ne è uscito senza la busta. Al suo rientro in auto mi ha mostrato le fascette bancarie delle 4 mazzette che aveva provveduto a portare indietro"». Finito di leggere il documento, Angelini non rinuncia alla battuta commentando la foto: «Questo sono io che sembro un...». «Baldanzoso?», incalza il pm Di Florio. E lui aggiunge: «Un ciuccio di fiera di quelli da processione». Deutsche Bank La gola profonda Angelini, grande movimentatore di denaro ed esperto di flussi finanziari, dà una valutazione sulla politica della giunta abruzzese in materia economica. Chiede il pm De Florio: «Lei ha potuto capire quale era la ragione per cui Quarta e Del Turco spingevano verso Deutsche Bank? Glielo hanno mai detto?». Risposta: «No, quello che ho constatato di persona è che c'è stato un astio nei confronti di Barklays... Del Turco addirittura mi ha detto "Barklays sono una massa di delinquenti"». La riunione Il gip registra in modo notarile l'intervento di Del Turco presso un notissimo imprenditore a proposito della cessione dell'azienda di Angelini. Tentativo inutile: «Significativa in tal senso era la riunione organizzata a Roma il 13 marzo 2008 nell'abitazione di De Benedetti, presente anche Del Turco (riunione riscontrata da apposita attività di polizia), avente ad oggetto proprio la cessione di Villa Pini». La confessione laica Quando alla Regione capiscono che in Procura qualcosa di molto serio si sta muovendo, Del Turco contatta il procuratore generale dell'Aquila per chiedergli un incontro. Un amico comune, Pino Mauro, invia alle 7.40 del mattino del 4 aprile scorso un sms a Del Turco: «Presidente, ho parlato con il procuratore Amicarelli per incontro... ». La risposta arriva 12 minuti dopo: «Caro Pino, ovviamente dove e quando preferisce il procuratore». Il pg dell'Aquila si consiglia col procuratore capo di Pescara, Nicola Trifuoggi, e decide di andare nella casa del comune amico il 9 aprile alle ore 17. Alle 19.05, a incontro terminato, il pg chiama il collega a Pescara e gli annuncia una relazione per la mattina seguente: Del Turco «mi ha detto di aver voluto manifestare il suo attuale stato d'animo in una sorta di confessione laica. La sua richiesta di incontrarmi era per dolersi di quanto gli stava accadendo. Si diceva vittima del risentimento di titolari di cliniche per il suo piano di ridurre del 30 per cento le tariffe riconosciute ai privati...». Per il gip, questo era un «tentativo evidentemente volto a inquinare l'attività investigativa» e «screditare un'indagine in corso, evidentemente nella speranza di conseguenze a sé favorevoli» Alessandra Arachi |
L'UNICO FRUTTO DELL'AMOR... E' L'ANGURIA!Di Francesca Pellino
Tra le virtù dell’anguria non ci sono soltanto quelle di essere buona
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Una gaffe senza precedenti al G8. Tanto che George W. Bush è stato costretto a porgere le sue scuse a Berlusconi e al popolo italiano. Per quale motivo? Per capirlo, basta leggere la biografia del presidente del consiglio pubblicata nel ‘press kit’ che la Casa Bianca ha distribuito ai giornalisti al seguito del presidente americano. Il premier italiano è stato uno dei più controversi leader nella storia di un paese conosciuto per corruzione governativa e vizio - si legge nel profilo -. Principalmente un uomo d’affari con massicce proprietà e grande influenza nei media internazionali. Berlusconi era considerato da molti un dilettante in politica che ha conquistato la sua importante carica solo grazie alla sua notevole influenza sui media nazionali finché non ha perso il posto nel 2006». La biografia pubblicata sul ‘press kit’ non si ferma qui: «Odiato da molti ma rispettato da tutti almeno per la sua ‘bella figura’ (in italiano nel testo) e la pura forza della sua volontà - afferma la biografia - Berlusconi ha trasformato il suo senso degli affari e la sua influenza in un impero personale che ha prodotto il governo italiano di più lunga durata assoluta e la sua posizione di persona più ricca del paese». La biografia di Berlusconi, che cita anche il fatto che da ragazzo «guadagnava i soldi organizzando spettacoli di marionette per cui faceva pagare il biglietto di ingresso», ricorda che il futuro premier italiano mentre studiava legge a Milano «si era messo a vendere aspirapolvere, a lavorare come cantante sulle navi da crociera, a fare ritratti fotografici e i compiti degli altri studenti in cambio di soldi». La Casa Bianca avrebbe prelevato la biografia di Berlusconi dalla ‘Encyclopedia of World Biography’ che risulta aggiornata al mese scorso. |
In difesa della Costituzione
_____ IL TESTO DELL’APPELLO . <!--[if gte mso 9]> Normal 0 14 <![endif]--> I sottoscritti professori ordinari di
Osservano, a tal proposito,
Ma ciò la Corte fece
Infine, date le inesatte
. <!--[if gte mso 9]> Normal 0 14 <![endif]--> L’elenco dei
. PER FIRMARE ANCHE TU, VAI
QUI |
NO ALLE LEGGI A PERSONAN NO A BERLUSCONI FIRMA . I sottoscritti professori ordinari di
Osservano, a tal proposito,
Ma ciò la Corte fece
Infine, date le inesatte
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Cara Chiesa, quanto ci costi! I costi della politica: un argomento da prima pagina, la miccia che infiamma gli animi, materia da best sellers. Poi ci sono i costi della Chiesa, altra bella questione su cui dibattere. Ci vogliamo concentrare su questi, in particolate sul gettito proveniente dall'8 per mille dell'Irpef. La cifra che confluisce nelle casse della CEI - come scrive il polemico matematico e saggista italiano Piergiorgio Odifreddi - ammonta ogni anno a un miliardo di euro. "A cui va sommata - scrive Odifreddi nel suo libro Perché non possiamo essere cristiani - una cifra dello stesso ordine di grandezza sborsata dal solo Stato (senza contare regioni, province e comuni) nei modi più disparati. Aggiungendo una buona fetta del miliardo e mezzo di finanziamenti pubblici alla sanità, molta della quale è gestita da istituzioni cattoliche, si arriva facilmente a una cifra complessiva annua di almeno tre miliardi di euro. Ma non è finita perché a queste uscite vanno naturalmente aggiunte le mancate entrate per lo Stato dovute a esenzioni fiscali di ogni genere, valutate attorno ad oltre 6 miliardi di euro". Odifreddi non è l'unico a fare i conti in tasca al Vaticano. Un blogger, bargalla, ha dedicato alla questione un interessante e dettagliatissimo post: "Lotto per mille", il titolo piuttosto eloquente. Bargalla è andato oltre la polemica ed è passato ai fatti. Una vera e propria campagna. Lo abbiamo contattato e ci ha spiegato un bel po' di cose. Per esempio del capillare passaparola descritto sul blog. «Il mio passaparola è molto semplice - esordisce - e si avvale del circuito "virtuoso" che si stabilisce dialogando con i colleghi o con la ristretta cerchia di un gruppo di amici molto sensibili a tematiche d'ordine culturale e religioso ai quali mi sforzo di spiegare come funziona il meccanismo "truffaldino" con cui vengono poi stanziati i fondi rinvenenti dalla scelta, tutta italiana, dell'otto per mille». La gente sapeva di cosa stavi parlando? È preparata? Aiutaci a capire. Sono i contribuenti a non andare a fondo sull'argomento o è la Chiesa che preferisce rimanere sul vago? Com'è andata col passaparola? Sei riuscito a far cambiare idea a qualcuno? |
QUESTA E' L'ITALIA MA VOI CI VIVRESTE IN UN PAESE COSI'? Oltre il 40% della ricchezza nazionale è illegale (rapporto Alto Commissariato anti-Corruzione) Vaffanculo! |
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