Memorie sotto sequestro
centro di ricerca scientifica e attività informativa "Memorial" di San
Pietroburgo, che mette a rischio la memoria delle vittime della repressioni
sovietiche
per la Pace nel Caucaso)
Memorial è una autorevole organizzazione di tutela dei diritti umani e di
preservazione della memoria storica della Russia nota in tutto il mondo, si
occupa della preservazione della memoria delle vittime del terrore staliniano
così come delle violazioni dei diritti dell’uomo che avvengono nella Federazione
Russa. Memorial si è da sempre occupata della guerra in Cecenia, denunciando le
violazioni dei diritti umani commessi dalle forze armate russe.
Negli
scorsi giorni Memorial è stata oggetto di un grave atto di intimidazione messo
in atto dalle autorità russe. Lo scorso 4 dicembre, a S.Pietroburgo, per ordine
della Procura un gruppo di miliziani mascherati ha a lungo perquisito i locali
del Centro scientifico-informativo Memorial, sequestrando i dischi rigidi degli
undici computer, così come molti altri supporti informatici. Sono stati
prelevati materiali e documenti frutto di venti anni di ricerche e di lavoro.
La preoccupazione di molti è che la perquisizione e il sequestro, oltre
ad essere un tentativo di intimidire Memorial, possano precludere alla sua
chiusura, facendogli subire la stessa sorte di moltre altre organizzazioni non
governative a cui sono state impedite le attività.
I documenti cartacei
sequestrati il 4 dicembre sono stati restituiti, ma i dischi rigidi e gli altri
supporti elettronici sono ancora in mano della milizia e della procura di
S.Pietroburgo. La stampa italiana è stata colpevolmente silenziosa su questa
grave vicenda, nonostante nella sua visita di Stato in Russia dello scorso
luglio il Presidente Napolitano avesse incontrato i rappresentanti di Memorial
ed altre ONG russe per i diritti umani presso l'Ambasciata d'Italia a Mosca.
APPELLO CONTRO IL SEQUESTRO DEL MATERIALE INFORMATICO DEL CENTRO DI RICERCA
SCIENTIFICA E ATTIVITÀ INFORMATIVA “MEMORIAL”
Giovedì 4 dicembre, la sede pietroburghese del Naučno-Informacionnij Centr
“Memorial” (Centro di Ricerca Scientifica e Attività Informativa “Memorial”) ha
subito una perquisizione da parte delle forze di polizia in seguito ad un
mandato della Procura di San Pietroburgo. Durante la stessa, sono stati
sequestrati i dischi rigidi ed i supporti dati di tutti i computer di Memorial.
Il motivo della perquisizione è il presunto finanziamento da parte di
“Memorial” di “Novyj Peterburg”, giornale di opposizione al governo russo, fatto
chiudere dalle autorità governative nel 2007 per “istigazione all’odio” e per
l’appoggio alla “Marš nesoglasnych”, l’insieme di manifestazioni antiputiniane
che videro la repressione da parte delle forze speciali di polizia e l’arresto
di numerosi partecipanti.
Il Centro di Ricerca Scientifica e Attività Informativa Memorial lavora sin
dalla sua fondazione nel tentativo di salvare la memoria delle vittime
delle repressioni sovietiche, nel rispetto dei diritti umani e nel monitoraggio
dello sviluppo democratico della Russia post-sovietica. Grazie a
Memorial sono stati emanati i pochi provvedimenti statali a tutela della memoria
delle vittime dello stalinismo; sempre grazie a Memorial sono state denunciate
numerose violazioni dei diritti umani da parte dell’esercito russo in Cecenia.
L’attività di Memorial è riconosciuta internazionalmente, come dimostra la
candidatura al Premio Nobel per la Pace nel 2007 e nel 2008, ma viene osteggiata
in patria. L’operazione del 4 dicembre ne è l’ennesima dimostrazione, anche
perché i responsabili di Memorial hanno affermato di non aver alcun tipo di
rapporto con il giornale “Novyj Peterburg”. Al di là di ciò che sarà dimostrato
dall’autorità giudiziaria, il sequestro dei dischi rigidi di Memorial mette a
repentaglio l’esistenza stessa del Centro e soprattutto il materiale contenuto
negli archivi della sede pietroburghese, informatizzato e sistematizzato su quei
computer. Cento anni di storia russa sono in questo momento a rischio.
In una lettera rivolta alle autorità russe, un gruppo di studiosi ha messo in
risalto l’importanza di questo archivio elettronico: «Un totale di undici dischi
rigidi sono stati confiscati. Questi dischi contengono numerosi database
con: informazioni biografiche su più di 50.000 vittime delle repressioni
staliniane; i risultati della ricerca di siti di esecuzioni e di seppellimento
di vittime delle repressioni (svariate centinaia di siti descritti e
fotografati); la collezione fotografica (oltre 10.000 fotografie) e il testo di
riferimento del “Museo virtuale del Gulag”, una risorsa online unica al mondo
che riunisce oltre cento musei russi locali sul Gulag. Sono stati
inoltre confiscati i database contenenti l’archivio di storie orali e le
collezioni elettroniche di fotografie, comprese le scansioni di materiali
storici acquisiti da archivi privati».
Chiediamo quindi di sottoscrivere il presente appello da rivolgere
all’Ambasciata Russa in Italia affinché venga denunciata la persecuzione ai
danni di Memorial, e venga garantita ai suoi attivisti la libertà di attività.
Chiediamo infine alla stampa italiana di diffondere la notizia, nella speranza
che possa raggiungere un pubblico maggiore, come già successo in altri paesi,
anche grazie alla denuncia di Amnesty International e di Human Rights Watch.
L'adesione all'appello va notificata mandando una email a Orlando Figes
(o.figes@ntlworld.com)
Vedi anche Memorial Italia: http://www.memorial-italia.it/
Memorial: http://www.memo.ru/eng/index.htm
CINA
Yahoo responsabile dell'arresto di un altro cyber-dissidente
Il colosso internet americano collabora con le autorità cinesi nella censura di siti "pericolosi" e nella consegna dei dati dei dissidenti di rete. Li Zhi: 8 anni di carcere, accusato dalle autorità di essere un dissidente grazie ai dati forniti da Yahoo.
Pechino (AsiaNews/Agenzie) L'organizzazione Reporters sans frontières (Rsf) accusa Yahoo di aver aiutato ancora una volta la Cina ad arrestare un cyber-dissidente.
Il gruppo accusa Yahoo di aver consegnato alle autorità cinesi i dati del dissidente Li Zhi, un abbonato in Cina, che è stato poi arrestato e imprigionato. Il colosso internet americano ha detto di essere all'oscuro del caso e respinge le accuse.
Rsf afferma di aver trovato nuove informazioni e prove sul caso Li, rinchiuso in prigione per aver dibattuto di politica on line.
Li, 35 anni, ex impiegato statale di Dazhou, sta scontando una pena di 8 anni da quando nel 2003 è stato accusato di sovversione, con prove elettroniche fornite da Yahoo alle autorità. " Yahoo collabora con regolarità ed efficienza con la polizia cinese", ha detto l'organizzazione. Già nel settembre scorso Rsf aveva accusato Yahoo di essere la causa dell'arresto di Shi Tao, giornalista di Hong Kong, condannato dalla Cina a10 anni di prigione.
Rsf ha domandato perciò al provider di rendere pubblica la lista di tutti i cyber-dissidenti per i quali il governo ha chiesto informazioni, a partire da 81 personalità per i quali l'organizzazione ha lanciato una campagna di sostegno.
Mary Osako, portavoce di Yahoo, ha detto che da ottobre il servizio di Yahoo nel territorio è gestito dalla compagnia cinese Alibaba. "Quando Yahoo operava in Cina [in modo diretto] - ha aggiunto - abbiamo sempre informato solo su ciò a cui eravamo obbligati, niente di più". "Siamo stati rigorosi nelle procedure e abbiamo fornito solo dati necessari" continua Osako. "Il governo cinese non è obbligato a dare informazioni al provider sulle motivazioni per cui vengono richiesti certi dati, e nella maggior parte dei casi non ne danno".
In pratica il provider declina ogni responsabilità, rivendicando di aver solo ubbidito alle richieste del governo. Ma i giornalisti di Reporters sans frontières sottolineano che consegnare dati privati è una violazione dei diritti e che nascondersi dietro l'apparente ubbidienza alle leggi cinesi è un argomento che "fa acqua da tutte le parti".
Le nuove accuse seguono di poco le denunce di politici americani e gruppi per i diritti umani verso i giganti della tecnologia Google, Microsoft, Cisco e Yahoo, accusati di collaborare con Pechino nella censura di Internet. In un incontro informativo di un comitato per i diritti umani, le quattro compagnie erano accusate di mettere i profitti prima delle norme morali per entrare nel mercato cinese. I quattro si sono piegati a Pechino che vuole la censura di internet per evitare che i cittadini visitino siti di libera informazione definita dalle autorità cinesi "sgradevole".