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le banche armate

Post n°815 pubblicato il 30 Aprile 2011 da dammiltuoaiuto
 
Tag: ARMI

In vetta BNP Paribas e Deutsche Bank. Tra le italiane UniCredit e Banco di Brescia

Due gruppi esteri ampiamente presenti nel Belpaese sono le “banche più armate” d’Italia. BNP Paribas e Deutsche Bank si sono infatti spartite più della più della metà dei 3 miliardi di euro di operazioni autorizzate nel 2010 dal Ministero dell’Economia e delle Finanze per esportazioni di armamenti italiani. (Si veda la tabella ufficiale delle operazioni bancarie relative all’export di armamenti 2010 a fondo pagina tratta dall’intera Relazione della Presidenza del Consiglio e che Unimondo ha presentato in anteprima).

I valori dei due colossi europei sono pressoché simili: si tratta per BNP Paribas Succursale Italia di oltre 862 milioni di euro (pari al 28,3%) a cui vanno sommati i quasi 98 milioni di euro della BNL (il 3,2%) e per Deutsche Bank di poco meno di 836 milioni di euro (il 27,4%). Nell’anno in cui le autorizzazioni all’esportazione di armamenti hanno segnato una chiara flessione (le autorizzazioni sono infatti calate dagli oltre 4,9 miliardi di euro del 2009 ai poco più di 2,9 miliardi di euro del 2010), le due banche incrementano invece il proprio volume di affari rispetto al 2009: due anni fa il gruppo BNP Paribas-BNL aveva infatti assunto operazioni per 904 milioni di euro (pari al 23,8%) e Deutsche Bank, pur rilevando operazioni per oltre 900 milioni di euro, aveva ricoperto il 23,7%.

Al di là delle cifre, ciò che solleva più di un interrogativo è la quasi totale mancanza da parte delle due banche di specifiche direttive in materia di servizi all’industria militare e all’esportazione di armamenti. Mentre la quasi totalità degli istituti di credito italiani a seguito di puntuali domande di trasparenza sollevate da diverse campagne di pressione già da vari anni ha messo in atto precise direttive per definire e limitare la propria partecipazione, il finanziamento e l’offerta di servizi all’industria militare, BNP Paribas e Deutsche Bank paiono mostrare scarsa attenzione al tema.

BNP Paribas e BNL: una policy da chiarire presto

Se è vero, infatti, che la Banca Nazionale del Lavoro (BNL) incorporata nel febbraio 2006 nel gruppo BNP Paribas, già dal 2003 ha reso pubblica la decisione di “limitare le proprie attività relative alle operazioni di esportazione e importazione di materiale d’armamento unicamente a quelle verso Paesi dell’Unione Europea e della NATO nell’ambito delle rispettive politiche di difesa e sicurezza”, è altrettanto vero che non si rintraccia documento pubblico che riporti che tale direttiva sia applicata anche dalla BNP Paribas Succursale Italia. E’ quindi possibile, in linea di principio, che le operazioni non assumibili dalla BNL vengano passate alla succursale italiana della BNP Paribas: un fatto, questo, sul quale la banca dovrebbe fare chiarezza. La necessità di questo chiarimento sta in un semplice dato di fatto: nel 2010 i paesi del Nord Africa e del Medio Oriente sono stati i principali acquirenti di armamenti italiani e verso i paesi di quest’area sono state rilasciate autorizzazioni all’esportazione per un valore complessivo di oltre 1,4 miliardi di euro, cioè più del doppio di quelle rilasciate ai paesi europei (compresa la Turchia): è possibile quindi che una parte di queste consistenti operazioni sia stata assunta dalla BNP Paribas Succursale Italia. In parole semplici, ciò che la banca dovrebbe chiarire è se quanto afferma pubblicamente – e cioè che “il Gruppo BNP Paribas applica il principio dello ‘standard più elevato” (…) applicando in alcuni casi criteri ancora più stringenti di quanto previsto dalle legislazioni locali” (si veda: BNL, Bilancio della responsabilità sociale 2009, pp. 43-44) – venga di fatto applicato non solo alla BNL, ma anche alla Succursale italiana del BNP Paribas. Sapere con certezza che l’intero gruppo ha adottato in Italia la direttiva emessa già dal 2003 dalla BNL fugherebbe ogni dubbio di un eventuale “doppio standard” in uso nelle diverse banche del gruppo presenti e operanti in Italia.

Deutsche Bank e Natixis: a quando una direttiva sugli armamenti?

L’operativa della Deutsche Bank nei servizi in appoggio all’esportazione di armamenti italiani ha visto un crescendo costante negli ultimi cinque anni: la banca è infatti passata dai poco più di 78 milioni di euro di operazioni assunte nel 2006 ai quasi 519 milioni del 2009 ai gia citati 900 milioni del 2009 agli 836 milioni di euro dello scorso anno. A fonte di questo ininterrotto aumento, la banca non ha mai reso noto le proprie direttive in materia di servizi all’industria militare e le operazioni svolte per l’esportazione di armamenti.
Pur dichiarando sul proprio sito che “per Deutsche Bank la Responsabilità Sociale d'Impresa rappresenta un investimento nella società e nel suo futuro” e che “il rispetto dei diritti umani è parte integrante del nostro sistema di valori” l’applicazione di questi principi nel caso degli armamenti è ridotta ad una generica affermazione che recita: “We will not consider any involvement in transactions connected with specific types of weapons, in particular antipersonnel landmines, cluster bombs, or ABC weapons” (Non assumeremo alcun coinvolgimento in operazioni connesse con tipi specifici di armi, in particolare le mine antiuomo, bombe a grappolo, o armi ABC). Si tratta di sistemi di armamento già banditi dalle normative internazionali e italiane e che non riguardano il più ampio, ma non meno controverso, settore degli “armamenti convenzionali”. In sintesi, stante l’attuale posizione, la Deutsche Bank appare oggi uno dei gruppi più esposti ad offrire finanziamenti all’industria militare e servizi in appoggio al commercio di armamenti anche verso le zone di maggior tensione del pianeta come il Nord Africa e il Medio Oriente. L’assoluta mancanza nei suoi Rapporti della Responsabilità sociale (CSR Reports) di un dettagliato reporting delle operazioni assunte e svolte riguardo all’esportazione di armamenti italiani rende questo rischio ancor più evidente.

Discorso simile anche per Natixis che cinque anni fa ha fatto la propria comparsa nella lista governativa per operazioni relative all’esportazione di armamenti italiani: la banca francese è passata dai circa 700mila di euro del 2006 agli oltre 241 milioni di euro del 2008 ai quasi 283 milioni di euro del 2010. La banca lo scorso anno ha reso noto il primo“Sustainable Development Report” (in .pdf) nel quale annuncia che “nel marzo 2009, Natixis ha adottato una policy che esclude tutti i finanziamenti e gli investimenti in società coinvolte nella produzione, commercio e nello stoccaggio delle mine antiuomo e bombe a grappolo” (p. 18). Anche in questo caso si tratta di sistemi di armamento già banditi dalle normative internazionali e italiane e che non riguardano gli “armamenti convenzionali”. E’ urgente pertanto che Natixis espliciti una direttiva per quanto riguarda tutto il settore del finanziamento all’industria militare e i servizi concessi al commercio di armamenti e si impegni in un preciso reporting delle operazioni già assunte e svolte per l’esportazione di armamenti italiani.

Si tratta di rilievi che sostanzialmente vanno applicati anche alle altre banche estere che nel 2010 hanno ricevuto autorizzazioni per l’esportazione di sistemi militari italiani: nello specifico a Commerzbank (quasi 116 milioni di euro), Crédit Agricole CIB (104 milioni di euro), Société Générale (oltre 88 milioni di euro), Banca UBAE (quasi 66 milioni di euro), Banco Bilbao Vizcaya (oltre 20 milioni di euro), Europe Arab Bank (quasi 13 milioni di euro) e Barclays Bank Plc (oltre 10 milioni di euro), le quali pur a fronte di consistenti importi non riportano – a parte il Banco Bilbao Vizcaya – specifiche direttive riguardo ai finanziamenti e ai servizi per l’appoggio al commercio di armamenti.

Le banche italiane

Passando, infine, ad analizzare sinteticamente le operazioni delle principali banche italiane va innanzitutto notata l’ulteriore aumento del valore delle operazioni assunte da UniCredit che negli ultimi tre anni è passato da poco più di 52 milioni di euro a oltre 146 milioni di euro a 297 milioni di euro nel 2010 (pari al 9,8%): ho già documentato come la policy del principale gruppo bancario italiano sia andata modificando negli ultimi anni e come la recente dichiarazione sollevi più di qualche interrogativo.
Il Banco di Brescia invece ha drasticamente ridotto il volume di operazioni a 168 milioni di euro: dopo il record assoluto toccato lo scorso anno con oltre 1 miliardo e 228 milioni di euro era inevitabile una flessione anche a seguito della contrazione degli ordinativi da parte dei paesi occidentali ai quali, con una policy molto dettagliata, sostanzialmente l’istituto di credito del gruppo UBI Banca circoscrive la propria operatività nel settore degli armamenti.
Una buona notizia per gli attivisti è sicuramente il quasi azzeramento delle operazioni assunte dal gruppo IntesaSanpaolo: si tratta infatti di solo 5 operazioni del valore di poco più 952mila euro. Un fatto che si spiega con la policy nel settore armamenti (in .pdf) definita prontamente nel luglio 2007 – cioè a pochi mesi dalla nascita del gruppo – che stabilisce “la sospensione della partecipazione a operazioni finanziarie che riguardano il commercio e la produzione di armi e di sistemi d’arma, pur consentite dalla legge 185/90”: una direttiva che abbiamo già commentato su Unimondo. Andrebbero però attribuite al gruppo anche gli oltre 38 milioni di euro di operazioni assunte dalla Cassa di Risparmio della Spezia, banca di riferimento di diverse industrie militari locali tra cui Oto Melara: l’ingresso nel 2011 della Carispezia nel gruppo Cariparma FriulAdria, a sua volta controllato da Crédit Agricole, ha sicuramente tolto un grattacapo ai responsabili di settore del gruppo IntesaSanpaolo.

Manca l'allegato con il dettaglio delle singole operazioni bancarie

Manca anche quest'anno il voluminoso allegato con l’Elenco di dettaglio delle operazioni autorizzate alle banche dal quale, fino al 2007 si potevano apprendere non solo gli importi totali autorizzati agli istituti di credito, ma il dettaglio delle singole operazioni autorizzate e soprattutto i paesi destinatari delle operazioni bancarie: considerato che questa indebita sottrazione è stata il primo atto (non legislativo ma fattivo) dell’attuale Governo Berlusconi sarà difficile vederlo ripristinato nell'attuale legislatura.

 
 
 

Nucleare. «Fukushima peggio di Chernobyl»

Post n°814 pubblicato il 30 Aprile 2011 da dammiltuoaiuto
 

Lo studioso Schneider: «Non decidono Berlusconi e Sarkozy ma le banche»

«L’11 marzo sarà ricordato come l’11 settembre per l'industria nucleare, un settore che è sempre stato consapevole di non potersi permettere una “nuova Chernobyl” e che invece deve affrontare una crisi a Fukushima che avrà un impatto anche peggiore». È netto il giudizio di Mycle Schneider, studioso francese e consulente di diversi governi, fra gli autori di Scram. Ovvero la fine del nucleare, raccolta di saggi di prossima uscita in Italia presso Jaca Book. Venticinque anni dopo Chernobyl , quell'orrore è stato superato, secondo lo studioso.

La sua obiezione all'energia prodotta dalle centrali è di natura tecnica ed economica: «A Fukushima - spiega - la situazione è un incubo, i tecnici giapponesi sono andati avanti improvvisando, non avevano nessuna preparazione per un evento del genere: prima hanno cercato di proteggere le strutture, poi si sono decisi a provare a raffreddarli con l'acqua, ma lo hanno fatto troppo tardi e troppo a lungo. Un mio amico, un ingegnere locale, mi ha detto: “Su queste cose il Giappone e' un paese del Terzo Mondo”. E la sua non era una battuta», sottolinea Schneider.

Sulle conseguenze della contaminazione di Fukushima, l'esperto ricorda che «a Chernobyl c’è stato un “effetto camino” che è durato una decina di giorni e si è diffuso ai paesi vicini, in Giappone invece c’è un effetto di “rilascio” che colpisce un’area più ristretta ma in maniera più forte. E comunque, bisogna vedere quanta radioattività finirà in mare o nell'aria». Senza contare, aggiunge, «i problemi che aspettano il Giappone, che in estate tocca il picco di consumo energetico».

Lo studioso smonta anche le obiezioni legate alle ricadute di un addio al nucleare in termini di Pil e di posti di lavoro: «Certo, la crisi di Fukushima per le aziende è un duro colpo: è il caso di Areva che lo scorso anno ha chiuso il bilancio in passivo di 400 milioni di euro, nonostante una costosa campagna pubblicitaria». Il colosso francese, ricorda Schneider, «nel dicembre scorso è stato minacciato dall'agenzia Standard and Poor’s di un possibile taglio del rating stand alone per problemi di liquidita, dopo un aumento di capitale di 900 milioni di euro giudicato ben al di sotto delle stime».

Quanto alle conseguenze sull'occupazione, il giudizio è ancora più netto: «L'impatto sarebbe minimo: quella nucleare è una industria che genera pochi posti di lavoro, o per brevi periodi - come nel caso della costruzione delle centrali - o molto costosi». Schneider contesta l'importanza del nucleare per lo sviluppo: «In Francia abbiamo lanciato il programma nucleare nel 1974 dopo lo choc della crisi petrolifera: eppure nel 1973 il petrolio copriva solo il 20% dei nostri consumi di elettricità».

Ma questa scelta, è la sua obiezione «ha avuto un duplice effetto: il primo è che abbiamo iniziato a esportare energia a basso prezzo, il secondo è che siamo diventati un'economia ad alto consumo di elettricità, con un forte sviluppo di riscaldamento prodotto da questo tipo di energia. Il risultato è che da qualche tempo abbiamo ricominciato a importare elettricità dalla Germania».

Quanto al futuro, il timore di Schneider «è che non abbiamo ancora visto il peggio. A Fukushima ci sono 35 tonnellate di combustibile ma se consideriamo il sito francese di La Hague, dove l'Italia ha inviato le sue scorie nucleari, è come se ci fossero 100 reattori. E cosa succederebbe se un aereo fosse lanciato contro questo deposito?».

Così, a proposito della decisione del governo italiano di rimandare la discussione di qualche anno, Schneider la definisce «un modo per far passare l'acqua sotto i ponti». Il tutto, sottolinea, «mentre anche la Cina che pure ha 27 reattori in costruzione, ha annunciato di voler congelare per motivi di sicurezza fino al 2012 sia i progetti futuri che quelli in via di realizzazione». Ma, aggiunge Schneider, «è ridicolo pensare che in pochi anni si potranno avere miglioramenti sul fronte della sicurezza, e' solo un pio desiderio».

Comunque, conclude, «l'ultima parola sul nucleare non spetterà a Sarkozy o Berlusconi bensì alle aziende del settore costrette a prendere in prestito denaro a costi sempre maggiori. E dopo Fukushima, per le banche prestare soldi costruire centrali nucleari è diventato davvero troppo rischioso.


 
 
 

Aiutaci a salvare la vita di Troy Davis: firma l'appello e invia un messaggio di solidarietà!

Post n°813 pubblicato il 26 Aprile 2011 da dammiltuoaiuto
 

Stati Uniti: la Corte suprema apre la via all'esecuzioneData di pubblicazione dell'appello: 13.04.2011Aiutaci a salvare la vita di Troy Davis: firma l'appello e invia un messaggio di solidarietà!

Troy Davis © Dipartimento di correzione Georgia
Troy Davis © Dipartimento di correzione Georgia

Aggiornamento
 
Il 28 marzo la Corte suprema degli Stati Uniti si è rifiutata di accogliere la richiesta di appello di Troy Davis, dando così la possibilità di fissare la quarta data della sua esecuzione.  Persistono i dubbi sulla sua colpevolezza.

Troy Davis è stato condannato a morte nel 1991 per l'omicidio del poliziotto Mark Allen MacPhail a Savannah, Georgia, nel 1989. Nessuna prova fisica collega direttamente Davis all'omicidio e l'arma del delitto non è mai stata trovata. Il caso Davis si basa soprattutto sulle testimonianze oculari. Dall'inizio del processo, sette dei nove testimoni chiave hanno ritrattato o cambiato la loro testimonianza, a causa delle coercizione da parte della polizia. 
 
Il 28 marzo la Corte suprema degli Stati Uniti si è rifiutata di accogliere la richiesta del caso Davis, dando così la possibilità allo stato della Georgia di fissare la quarta data della sua esecuzione. Nel 2007, Troy Davis è arrivato a meno di 24 ore dall'esecuzione; in quest'occasione l'ufficio per la grazia e la libertà vigilata ha sospeso l'esecuzione dichiarando che non l'avrebbe autorizzata "a meno che e fino a quando i suoi membri non fossero stati convinti della colpevolezza, senza alcun dubbio, dell'imputato". Nel 2008 sono state fissate altre due date per la sua esecuzione, entrambe sospese.

Dal 2007, tre stati degli Stati Uniti hanno abolito la pena di morte. Al momento della firma delle proposta legislative per l'abolizione della pena capitale, i tre governatori hanno sottolineato, tra le motivazione della scelta di rinunciare alla pena di morte, il rischio di commettere un errore irrevocabile. Da quando Troy Davis è nel braccio della morte, più di 90 detenuti sono stati rilasciati perché innocenti. In ognuno dei  primi processi relativi a questi casi, gli imputati erano stati giudicati colpevoli al di là di ogni ragionevole dubbio.

 

State Board of Pardons and Paroles
2 Martin Luther King, Jr. Drive, SE
Suite 458, Balcony Level, East Tower
Atlanta, Georgia 30334-4909, USA
 
Gentili membri,

sono un sostenitore di Amnesty International, l'Organizzazione internazionale che dal 1961 agisce in difesa dei diritti umani, ovunque nel mondo vengano violati.

Riconosco la gravità del reato per il quale è stato condannato a morte Troy Davis, ma anche dopo l'udienza federale probatoria del 2010, i dubbi sul caso persistono.

Vi ricordo che occorre agire con certezza assoluta, contro un errore irreversibile, e vi ricordo la vostra dichiarazione del 2007, secondo la quale, non avreste mai acconsentito a un'esecuzione se ci fosse un qualche dubbio sulla colpevolezza del detenuto.

Ci sono prove sostanziali sulla fallibilità del sistema di giustizia capitale ed è per questo che vi invito a concedere la clemenza e a commutare la condanna a morte di Troy Davis.
 
Vi ringrazio per la vostra attenzione.

 (8.61 KB)Scarica l'appello in favore di Troy Davis (8.61 KB)

 

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ASINO CHI LEGGE

Post n°812 pubblicato il 26 Aprile 2011 da dammiltuoaiuto
 

Nel nostro paese poco più di una persona su due (fra quelle che hanno superato i sei anni di età) ha letto almeno un libro negli ultimi dodici mesi (il 53,1 per cento). Con la precisazione che un italiano su dieci tiene sul comodino o in borsa solo libri gialli, rosa, fantasy, di fantascienza o volumi allegati a quotidiani e settimanali. Andando a scavare meglio nel gruppo dei lettori, la Aie ha osservato che quasi la metà (47,5%) si ferma al traguardo dei tre libri all'anno, mentre solo il 13,5 per cento ne legge uno al mese (pari al 5,7 per cento della popolazione totale). Una nota positiva che emerge dalle statistiche presentate ieri a Milano è che i giovani fra 18 e 19 anni che leggono almeno un libro al mese sono l'8,2 per cento: più della media nazionale. E fra i laureati con un'età compresa fra i 45 e i 64 anni le frequentazioni regolari con i libri riguardano il 23,1 per cento degli individui.

solamente il 5,7% degli italiani legge almeno un libro al mese, io possso dire con orgoglio di rientrare in questa percentuale, ma solo facendo la media annuale dato che in 1 settimana al mare mi leggo almeno 3 libri (l'anno scorso in 2 settimane in grecia ho letto 8 libri, ed ero partito portandomi dietro 6 kg di libri credendo erroneamente che fossero abbastanza, per fortuna c'era il bazar del villaggio)

 

Altri dati interessanti estrapolati dall'articolo da dove ho preso le percentuali di cui sopra ma totalmente OT
Tra i Quindici paesi europei l'Italia è al terz'ultimo posto per quantità di libri comprati. Ogni italiano spende 65 euro all'anno in libreria, contro i 208 della Norvegia, Nonostante questo è un settore complessivamente in buona salute, sottolinea Gian Arturo Ferrari, direttore generale della divisione libri di Mondadori e vicepresidente dell'Aie: "Ma è stata la domanda a peggiorare. C'è un mercato forte ma ristretto. Le persone che acquistano libri sono sempre più ricche, istruite e concentrate al nord. La forbice si è aperta enormemente"
Il legame fra librerie e Pil emerge dalle statistiche. Le regioni del nord, si legge nello studio delle università di Bologna e Trento, contribuiscono per il 54 per cento al prodotto interno lordo nazionale e hanno una quota di lettori del 53,4 per cento. Al centro, dove si genera il 21 per cento del Pil nazionale, un individuo su cinque ha letto almeno un libro negli ultimi dodici mesi. E al sud al 25 per cento del prodotto corrisponde un tasso di amanti dei libri pari al 26,2 per cento.


Fesso chi legge! e allora chi scrive?
Più della metà degli italiani non sfoglia libri, ma tanti vogliono scriverli
Gio 29 Lug 2010 | di Maurizio Targa | Media
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Dove si bruciano i libri, diceva il poeta e filosofo tedesco Heinrich Heine, si finirà per bruciare anche gli uomini. In Italia il rischio è davvero remoto, sia di incendiare libri che dar fuoco agli uomini, semplicemente perché i libri vengono letti molto poco. Tutt'al più vengono acquistati come soprammobile cartaceo per dare un tono al salotto. Un vecchio ed abusato adagio sostiene poi che, se la metà degli italiani legge, l'altra metà scrive: secondo i più recenti dati dell'AIE (Associazione Italiana Editori) è pure peggio: i lettori italiani sono circa 19 milioni, ovvero appena il 38% dei nostri connazionali, ma a "ruminare" seriamente libri nell'arco di un'annata è uno sparuto gruppo di un italiano e mezzo ogni cento abitanti della penisola.
E, se i lettori forti e fortissimi rappresentano una percentuale minima della popolazione italiana che legge, essi generano tuttavia una quota importante del volume d'affari delle librerie: si stima che il 9% degli acquirenti determini infatti ben il 57% delle vendite. Fatturato comunque tra i meno appetibili d'Europa: tra i Paesi UE l'Italia è al terz'ultimo posto per quantità di libri comprati ed ogni italiano spende 65 euro all'anno in libreria contro i 208 della Norvegia, il Paese in cui gli scaffali di casa sono più pesanti.

ANALFABETI DI RITORNO
E gli altri, ovvero più del 60% degli italiani? Candidamente, dichiarano di non leggere nessun libro l'anno. Non va meglio per quotidiani e riviste: il dato riguardante chi afferma di leggere almeno una volta a settimana un quotidiano a pagamento passa nel biennio 2007-09 dal 67% al 54,8%, invertendo una tendenza leggermente positiva che si era registrata nei periodi immediatamente precedenti. Se poi si guardano gli utenti abituali, ovvero coloro che il giornale lo prendono in mano almeno tre giorni su sette, la caduta è ancor più verticale: dal 51,1% del 2007 al 34,5% del 2009. Una flessione compensata solo in parte dalla free press - la stampa gratuita - che segna un buon margine di crescita passando dal 34,7% dell'utenza al 39,4%, anche se l'incremento registrato tra i lettori più istruiti fa pensare che ci sia stata una migrazione dai giornali a pagamento a quelli gratuiti. Per quanto riguarda i periodici lo scenario non migliora: nel 2009 li legge il 26,1% degli italiani (-14,2% sul 2007) e quella dei mensili il 18,6% (-8,1%).

ASINOCRAZIA
Oltre la metà degli italiani, dunque, è pressoché analfabeta o analfabeta di ritorno generando - come dice il politologo Giovanni Sartori - una asinocrazia che per la politica costituisce una massa travolgente e facile da travolgere. Ma una nota positiva proprio non riusciamo a scorgerla? Dalle statistiche presentate lo scorso maggio a Milano un barlume di luce è possibile intravvederlo nel fatto che, tra i giovani compresi tra i 18 e 20 anni, coloro che dichiarano di leggere almeno un libro al mese sono l'8,2%: più della media nazionale globale. E fra i laureati fra i 45 e i 64 anni le frequentazioni regolari con i libri riguardano il 23,1% degli individui.

NON LEGGO. ALLORA SCRIVO
Scherzando (ma non troppo) si dice poi che in Italia ci siano più scrittori che lettori. È un fatto che case editrici e redazioni siano invase da cascate di fogli (oggi, grazie alle mail, spesso virtuali per fortuna degli alberi) inviate da sedicenti Manzoni o redivivi Alighieri. E se uno su mille ce la fa (in realtà molto, molto meno), di questo fenomeno approfitta una certa industria libraria senza scrupoli, fatta di editori-squalo che pur non avendo alcuna capacità di distribuzione e vendita, speculando sulle ambizioni degli scrittori kamikaze hanno scoperto un nuovo modo di guadagnare, facendosi pagare le spese di pubblicazione da chi scrive e relegando la diffusione del libro a ruolo assolutamente marginale dell'operazione.
Nel nostro paese poco più di una persona su due (fra quelle che hanno superato i sei anni di età) ha letto almeno un libro negli ultimi dodici mesi (il 53,1 per cento). Con la precisazione che un italiano su dieci tiene sul comodino o in borsa solo libri gialli, rosa, fantasy, di fantascienza o volumi allegati a quotidiani e settimanali. Andando a scavare meglio nel gruppo dei lettori, la Aie ha osservato che quasi la metà (47,5%) si ferma al traguardo dei tre libri all'anno, mentre solo il 13,5 per cento ne legge uno al mese (pari al 5,7 per cento della popolazione totale). Una nota positiva che emerge dalle statistiche presentate ieri a Milano è che i giovani fra 18 e 19 anni che leggono almeno un libro al mese sono l'8,2 per cento: più della media nazionale. E fra i laureati con un'età compresa fra i 45 e i 64 anni le frequentazioni regolari con i libri riguardano il 23,1 per cento degli individui.

solamente il 5,7% degli italiani legge almeno un libro al mese, io possso dire con orgoglio di rientrare in questa percentuale, ma solo facendo la media annuale dato che in 1 settimana al mare mi leggo almeno 3 libri (l'anno scorso in 2 settimane in grecia ho letto 8 libri, ed ero partito portandomi dietro 6 kg di libri credendo erroneamente che fossero abbastanza, per fortuna c'era il bazar del villaggio)

 

Altri dati interessanti estrapolati dall'articolo da dove ho preso le percentuali di cui sopra ma totalmente OT
Tra i Quindici paesi europei l'Italia è al terz'ultimo posto per quantità di libri comprati. Ogni italiano spende 65 euro all'anno in libreria, contro i 208 della Norvegia, Nonostante questo è un settore complessivamente in buona salute, sottolinea Gian Arturo Ferrari, direttore generale della divisione libri di Mondadori e vicepresidente dell'Aie: "Ma è stata la domanda a peggiorare. C'è un mercato forte ma ristretto. Le persone che acquistano libri sono sempre più ricche, istruite e concentrate al nord. La forbice si è aperta enormemente"
Il legame fra librerie e Pil emerge dalle statistiche. Le regioni del nord, si legge nello studio delle università di Bologna e Trento, contribuiscono per il 54 per cento al prodotto interno lordo nazionale e hanno una quota di lettori del 53,4 per cento. Al centro, dove si genera il 21 per cento del Pil nazionale, un individuo su cinque ha letto almeno un libro negli ultimi dodici mesi. E al sud al 25 per cento del prodotto corrisponde un tasso di amanti dei libri pari al 26,2 per cento.

 

 
 
 

QUANDO LA LOTTA IN RETE E' REALE

Post n°811 pubblicato il 24 Aprile 2011 da dammiltuoaiuto
 

ECCO  I RISULTATI   COME RESPONSABILE LOCALE  DI AVAAZ  Siamo oltre 8,2 milioni, e cresciamo a un ritmo di 100.000 persone  a  settimana

 

Cari amici,

Avaaz sta esplodendo. Il ritmo della nostra attività, della nostra crescita e delle nostre vittorie è intensissimo! Guarda in questa e-mail le attività in evidenza degli ultimi mesi: è incredibile quello che stiamo costruendo e ottenendo insieme.

Siamo oltre 8,2 milioni, e cresciamo a un ritmo di 100.000 persone in più a settimana! Due settimane fa 650.000 indiani si sono uniti alla nostra campagna in favore di una dura legge contro la corruzione voluta dalla società civile, e abbiamo vinto! Stiamo incassando vittorie importantissime ogni mese: ci battiamo contro la corruzione in politica in Italia, contro la manipolazione dei media sia in Gran Bretagna che in Canada, contro la distruzione ambientale in Brasile e tanto altro. In Medio Oriente molti attivisti coraggiosi stanno ricevendo attrezzature e dispositivi per la comunicazione finanziati dalle donazioni di quasi 30.000 di noi.

Puoi vederlo e sentirlo in tantissimi fatti che succedono in questi giorni, dalle rivoluzioni dal basso del Medio Oriente ai movimenti nazionali contro la corruzione: il fermento democratico è inarrestabile, e noi, tutti insieme, gli stiamo dando forza. La stampa parla di noi con centinaia di storie di Avaaz negli ultimi mesi, e il Times di Londra ci ha dedicato un articolo in cui mette la nostra comunità al vertice del "nuovo super potere costituito dall'opinione pubblica globale". Qui un breve sommario degli ultimi mesi della nostra incredibile comunità di cittadini di tutto il mondo:

CAMPAGNE RECENTI IN EVIDENZA

Campagna contro la corruzione esplode in India
Due settimane fa Anna Hazare, un attivista gandhiano di 73 anni, ha cominciato uno sciopero della fame a oltranza per chiedere al governo di accordare alla società civile la possibilità di redigere una nuova legge contro la corruzione. In sole 36 ore ben 500.000 indiani si sono uniti alla campagna di Avaaz in sostegno dell'appello di Hazare per riforme radicali. In 4 giorni la mobilitazione da record ha costretto il governo indiano a firmare un accordo a tutte le richieste di Hazare. Abbiamo vinto! Oggi è nata una nuova India; e proprio come l'anno scorso in Brasile con l'adozione di una decisiva legge contro la corruzione, Avaaz sta aiutando a dare linfa alla voglia di cambiamento.
 
Sconfiggendo il blackout in Medio Oriente
Finanziato dalle donazioni di quasi 30.000 Avaaziani, un team di Avaaz sta lavorando in collaborazione con i leader dei movimenti pro-democrazia in Siria, Yemen, Libia e molti altri paesi, per fornire loro telefoni di ultima generazione, modem internet satellitari e apparecchi per la comunicazione, mettendoli così in connessione con i principiali media del mondo. Abbiamo visto in concreto la forza di questo impegno: il nostro sostegno agli attivisti ha creato vere e proprie notizie per i principali media nel mondo, con servizi e testimonianze che il nostro team ha aiutato a distribuire a CNN, BBC, Al Jazeera e altri. Il coraggio di questi attivisti è incredibile; il messaggio Skype di uno di loro la settimana scorsa recitava così: "l'apparato di sicurezza dello stato mi sta perquisendo casa, la batteria del computer sta per finire, se non sarò on-line domani o sarò morto o in carcere". Ora sta bene, e insieme stiamo aiutando a fare sentire la sua voce e quella di tanti altri nel mondo.

Fantastica vittoria sugli Hotel Hilton vs. tratta delle schiave
24 ore dopo che 317.000 Avaaziani si erano appellati all'amministratore delegato di Hilton, intimandogli di firmare un codice di condotta contro la tratta delle schiave del sesso e avvertendolo che in caso negativo avrebbero pubblicato annunci indirizzati a lui nella sua città, abbiamo ricevuto una telefonata agitatissima dal suo Vice-Presidente, che ci chiedeva cosa avessimo intenzione di fare. Hilton era da mesi che non si decideva. Noi abbiamo abbiamo dato loro 4 giorni, e loro hanno firmato. Ora 180.000 impiegati di albergo saranno addestrati per individuare e prevenire l'orrore della schiavitù sessuale di donne e bambine.

Regno Unito: i cittadini contro il monopolio mediatico di Murdoch
Il tentativo del perno dei media globali Rupert Murdoch di stritolare ancor di più la stampa del Regno Unito deve fare i conti con la sfida instancabile dei membri di Avaaz, che hanno pubblicato annunci, organizzato flash-mob, consegnato migliaia di firme, fatto telefonate settimana dopo settimana, nel tentativo disperato di preservare la libertà del dibattito pubblico. Un sondaggio indipendente commissionato da Avaaz ha dimostrato che soltanto il 5% degli inglesi è dalla parte di Murdoch; e nuovi capi d'imputazione che riguardano intercettazioni illegali di conversazioni telefoniche di alcuni politici stanno ulteriormente minando la macchina mediatica di Murdoch. Il governo è stato costretto a ritirare delle concessioni destinate a Murdoch, e ora ha posticipato la decisione sull'accordo: un ritardo che costa miliardi sonanti a Murdoch e che ci dà del tempo prezioso in più per fermarlo.

Impedito il massacro in Libia: un milione di messaggi al Consiglio di Sicurezza dell'ONU
I nostri messaggi chidevano sanzioni, congelamento dei beni e una no-fly zone per proteggere i civili in Libia. Le nostre voci sono state ascoltate: l'Ambasciatore degli Stati Uniti all'ONU, uno di quelli che ha resistito fino alla fine per far passare la risoluzione, ci ha ringraziato pubblicamente per i nostri messaggi. L'azione internazionale è cominciata proprio quando i carri armati di Gheddafi avevano circondato la città dei ribelli di Bengasi, e sono in molti a ritenere che l'intervento abbia evitato un massacro di civili di portata colossale.

Sconfitta la nuova legge bavaglio di Berlusconi alla tv
Silvio Berlusconi, a fronte di bocconi politici amari e di un processo per prostituzione minorile iniziato in coincidenza con la campagna elettorale per le amministrative, ha provato a implementare una legge bavaglio in Parlamento che avrebbe silenziato le voci critiche nei programmi d'informazione in TV. Ma i membri italiani di Avaaz hanno contrattaccato, dando vita a una petizione da 70.000 firme e a migliaia di telefonate al Parlamento proprio nel momento cruciale del voto finale. La legge è stata bloccata, in una vittoria incredibile per i membri di Avaaz e per il futuro della democrazia e della libertà d'informazione in Italia.

Gli "Angeli" contro la corruzione in Spagna
Questa settimana i giornali spagnoli hanno problamato Avaaz l'"Angelo del giorno" per la sua lotta alla corruzione, come ha titolato un giornale fra i tanti di quelli che si sono occupati della petizione da 100.000 firme e dei flash-mob teatrali organizzati da Avaaz per chiedere ai politici spagnoli condannati per corruzione di essere esclusi dalle elezioni in arrivo. La pressione crescente ha dato vita a un dibattito nel paese sulla corruzione, e i partiti politici ora ne sentono tutto il peso.

Brasile: bloccando una mega diga che distruggerebbe l'Amazzonia
La costruzione del complesso della diga di Belo Monte, una vera e propria catastrofe ambientale, è stata posticipata in parte grazie anche alla spettacolare consegna delle oltre 600.000 firme organizzata dalle tribù indigene cui hanno partecipato gli Avaaziani in Brasile e da tutto il mondo. L'Organizzazione degli Stati Americani si è unita alla campagna contro la diga, perché in violazione dei diritti umani. La mobilitazione continua a crescere per cancellare il progetto e per concentrarsi invece sulle energie rinnovabili.

Uno sciame di un milione di firme per salvare le api
Oltre un milione di persone, incluse 200.000 solo in Francia, hanno firmato una petizione esplosiva per vietare i pesticidi che stanno sterminando le api in tutto il mondo e, insieme ad alcuni apicoltori francesi, hanno consegnato la petizione al Ministro dell'agricoltura francese durante un vertice molto importante. La campagna continua, per aumentare la pressione per un'azione decisiva in Francia, in Europa e in tutto il mondo.

Vittoria contro le notizie "false e fuorvianti" in Canada
I funzionari conservatori in Canada stavano preparando il lancio di un network televisivo propagandistico in stile Murdoch, ma nel febbraio scorso, proprio mentre stavano allentando gli standard del giornalismo nazionale per permettere un'informazione in tv falsa e fuorviante, si sono scatenati addosso un'opposizione da record. 100.000 Avaaziani canadesi hanno firmato contro le modifiche, e la proposta oltraggiosa che avrebbe messo in pericolo l'informazione obiettiva è stata ritirata.

Solidarietà da tutto il mondo per l'Egitto
Nelle ore più buie della loro lotta contro Mubarak, gli egiziani hanno detto al mondo intero che avevano bisogno di solidarietà, e i membri di Avaaz hanno risposto prontamente. 600.000 di noi hanno firmato messaggi di sostegno comunicati da Al Jazeera proprio a piazza Tahrir, aiutando così a sostenere il movimento carico di speranza nelle ore più buie e incerte.

I miliardi congelati di Mubarak
Quando Mubarak ha lasciato il potere in Egitto ha anche tentato di portare con sé le sue fortune rubate. Ma nel giro di pochi giorni, più di mezzo milione di noi aveva firmato la petizione ai Ministri delle finanze del G20 per congelare immediatamente i suoi miliardi, consegnando il messaggio con una "piramide di protesta" costruita davanti alla Torre Eiffel durante il vertice dei ministri. Nelle settimane successive l'UE e i paesi in tutto il mondo hanno deciso di congelare i beni di Mubarak e dei suoi più stretti collaboratori.

Sotto pressione, il Sud Africa comincia a contrastare lo "stupro correttivo"
Quando un gruppo locale in Sud Africa ha lanciato una petizione per chiedere al loro governo di contrastare lo "stupro correttivo", l'orribile epidemia di stupri contro le donne lesbiche per "curarle", gli attivisti sono stati inizialmente ignorati. Ma quando la loro petizione ha raggiunto le 170.000 firme, il governo li ha ascoltati, e ora, con quasi un milione di noi che ha firmato e un'incredibile attenzione mediatica al seguito, la pressione per un'azione decisiva è ormai irrefrenabile.

Consegna di 1 milione di firme per la sicurezza alimentare
Ancor prima che il nuovo strumento di democrazia diretta in Europa fosse ufficializzato, oltre un milione di persone da tutti i paesi dell'UE hanno partecipato alla primissima Iniziativa dei cittadini europei - un istituto grazie al quale i cittadini possono presentare petizioni ufficiali che richiedono una risposta. I membri di Avaaz hanno chiesto il blocco immediato delle coltivazioni OGM in Europa, finché studi indipendenti dalle lobby delle industrie non avranno dimostrato la loro sicurezza. L'iniziativa è stata consegnata in maniera spettacolare direttamente alla Commissione dell'UE, trovando uno spazio enorme sui media e inviando così un messaggio chiaro ai decisori pubblici.

... E tutto questo è finanziato al 100% dai membri di Avaaz in tutto il mondo!
Tutte queste campagne sono la dimostrazione della scommessa del potere dei cittadini, e cioè di quello che è possibile fare quando ci uniamo per fare ciò che è giusto. E sono state tutte finanziate interamente da piccole donazioni fatte dai membri di Avaaz, inclusi quasi 250.000 di noi che hanno fatto una donazione alle campagne di Avaaz e 10.000 di noi che sono diventati "sostenitori" e hanno donato qualche euro a settimana oppure al mese per coprire le spese strutturali di Avaaz - clicca qui per fare una donazione anche tu. Proprio grazie a queste piccole donazioni, Avaaz non deve rispondere a aziende che fanno da sponsor, grandi donatori o contributi statali. Invece così Avaaz risponde soltanto ai suoi membri e ai nostri sogni per un mondo migliore per tutti.

Con speranza e con enorme apprezzamento per il servizio che ogni persona fa in questa incredibile comunità,

Ricken, Ben, Saloni, Alice, Graziela, David, Shibayan, Morgan, Tihomir, Emma, Giulia, Rewan, Kien, Luis, Alex, Mia, Stephanie, Milena, Heather, Veronique, Iain, Pascal, Benjamin, Yura, Laura, Saravanan, JC, Alma, Dominick, Brianna, Sam, Mohammad, Tricia, Janet, Laryn, Aleksandr, Maksim, Denis e tutti i volontari, traduttori e tutti i membri del team di Avaaz.

FONTI:

Articolo su Avaaz, Times of London (in inglese)
http://www.scribd.com/doc/48808533/?press

Contro il bavaglio di Berlusconi alla tv, L'Espresso
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/in-maschera-contro-i-bavagli/2146467

La battaglia di Avaaz contro la corruzione in politica, Il Giornale
http://www.ilgiornale.it/interni/assalto_mondiale_berlusconi_lombra_soros_dietro_sito/07-01-2011/articolo-id=497972-page=0-comments=1

Resoconto della campagna in India contro la corruzione, The Hindu (in inglese)
http://avaaz.org/the_hindu_hazare_launch

Murdoch poll coverage, The Guardian (in inglese)
http://avaaz.org/murdoch_poll_guardian

L'articolo sull'"Angelo del giorno", La Republica (in spagnolo)
http://avaaz.org/republica_angel_of_the_day

Guarda le altre uscite di Avaaz sui media qui:
http://www.avaaz.org/it/media.php


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4 milioni di italiani condannati ingiustamente negli ultimi 50 anni e' una giustizia giusta?

Post n°810 pubblicato il 24 Aprile 2011 da dammiltuoaiuto
 

EURISPES: 4 MILIONI E MEZZO DI ITALIANI VITTIME DI ERRORI GIUDIZIARI NEGLI ULTIMI 50 ANNI

 

Secondo un calcolo compiuto dall’Eurispes nell’arco degli ultimi cinquant’anni sarebbero 4 milioni gli italiani vittime di svarioni giudiziari: dichiarati colpevoli, arrestati e solo dopo un tempo più o meno lungo, rilasciati perché innocenti. Un dato che al ministero dl Giustizia non confermano, e che è stato ricavato da un’analisi delle sentenze e delle scarcerazioni per ingiusta detenzione nel corso di cinque decenni.

 

Dal dopoguerra al 2003 quattro milioni di persone sono state vittime di errori giudiziari o ingiusta detenzione o prosciolti perché il fatto non sussiste. Questo enorme numero è già vicino ai quattro milioni e mezzo, se esteso al tempo odierno. Per quantità si tratta dell’intera popolazione di Toscana e Umbria assieme. Ci si arriva con un’interpretazione ampia ma corretta di "errore giudiziario", che in senso stretto si verifica quando, dopo i tre gradi di giudizio, un condannato viene riconosciuto innocente in seguito a un nuovo processo, detto di revisione.

 

...

 

Fonte: L’Unità, 5 gennaio 2009

 

http://www.giustiziagiusta.info/index.php?option=com_content&task=view&id=2771&Itemid=29

 

http://www.ristretti.it/areestudio/giuridici/studi/eurispes.htm

 
 
 

Chiedi alla Commissione di opporsi alla chiusura dei talk show! FIRMA

Post n°809 pubblicato il 02 Aprile 2011 da dammiltuoaiuto
 

Cari amici,

Vi chiediamo scusa per questa nuova e-mail, ma si tratta di una questione molto urgente. Nel giro di poche ore i membri della Commissione parlamentare di vigilanza si riuniranno per votare il regolamento che potrebbe chiudere i talk show Rai già da questo venerdì, ossia 45 giorni prima delle elezioni amministrative, che si terranno il 15 e il 16 maggio.

La nostra campagna per la libertà d'informazione e contro tutti i regolamenti che limitino l'informazione televisiva è esplosa: abbiamo superato le 70.000 firme! Con il sostegno del Popolo viola e di MoveOn italiano abbiamo consegnato la petizione ai parlamentari membri della Commissione, e hanno partecipato al nostro sit-in anche il Presidente della Federazione nazionale della stampa Roberto Natale e il portavoce di Articolo 21 Beppe Giulietti. L'on. Beltrandi ha poi portato le nostre firme all'interno della Commissione.

Ora però i parlamentari del PdL e della Lega hanno presentato una modifica al testo generale sulla par condicio che impone ai talk show condizioni talmente restrittive, come di invitare tutti i candidati di tutti i partiti in corsa per i comuni e le province italiane, che provocherà una situazione di stallo che l'anno scorso ha portato alla chiusura dei programmi d'informazione. Ma i giudici si sono già espressi contro una misura del genere, e la chiusura dell'informazione costituirebbe un grave danno per la nostra democrazia.

Raddoppiamo la nostra pressione e inondiamo la Commissione parlamentare di vigilanza di telefonate per chiedere di rigettare la chiusura dei talk show! Di seguito il numero di telefono della segreteria della Commissione:

06-67609415
Se dovessero chiudere la linea per le troppe telefonate, o se dovessi trovare occupato, prova allora:
06-67609573, oppure: 06-67602117

Qui alcuni suggerimenti di messaggi che puoi comunicare quando chiami:

  • Sono molto preoccupato dal voto dei membri della Commissione di vigilanza sull'emendamento del PdL e della Lega al testo generale sulla par condicio.
  • Come ha già dimostrato l'esperienza dello scorso anno, la modifica al testo generale sulla par condicio è talmente stringente che porterà alla chiusura dei programmi d'informazione e dei talk show Rai nei 45 giorni precedenti alle elezioni amministrative.
  • I giudici, come prevede espressamente la legge, hanno stabilito che i programmi d'informazione non possono essere equiparati alle tribune elettorali, e quindi l'emendamento che si voterà oggi è pericoloso per l'autonomia dell'informazione.
  • Mi rivolgo quindi al Presidente della Commissione Zavoli per chiedergli di dichiarare inamissibili gli emendamenti. Se la modifica di oggi dovesse passare e portare quindi alla chiusura dei programmi d'informazione, i cittadini non potrebbero informarsi in un periodo così delicato, con in corso l'intervento in Libia, il pericolo nucleare in Giappone e l'avvio dei processi del Presidente del Consiglio.

Ricorda cortesemente di essere educato e di usare un linguaggio appropriato e non offensivo. Finita la chiamata, clicca il link sotto per raccontare com'è andata la tua telefonata e per paragonare la tua esperienza con quella di altri cittadini che hanno fatto lo stesso.

http://www.avaaz.org/it/giu_le_mani_dallinformazione_callin/?vl

Grazie di cuore per la tua partecipazione,

Luis e tutto il team di Avaaz

NOTA:

Articolo sulla consegna firme di Avaaz ai parlamentari membri della Commissione di vigilanza
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/in-maschera-contro-i-bavagli/2146467

Video del sit-in di Avaaz con il sostegno del Popolo viola e di MoveOn italiano
http://www.radioradicale.it/scheda/322974/consegna-a-marco-beltrandi-delle-67-838-firme-raccolte-da-avaaz-org-contro-latto-di-indirizzo-sul-pluralis

Elezioni amministrative, stop ai talk show della Rai
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/03/28/elezioni-amministrative-par-condicio-stop-ai-talk-show-della-rai/100618/


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IL FUTURO E' NEL SOLE FIRMA

Post n°808 pubblicato il 02 Aprile 2011 da dammiltuoaiuto
 

GIA GLI EGIZI   AVEVANO CAPITO CHE IL FUTURO  E' NEL SOLE   TUTTE LE CULTURE   INDIOS   C'E'  LO RICORDANO  MENTRE   GLI IMBECILLI   PENSANO  ANCORA  AL PETROLIO    E AL NUCLEARE   PER FAR GIRARE   LE TURBINE CON L'AQUA  CALDA   PER PRODURRE ELETTRICITA'  ......

 

in nome di tutti i cittadini che lottano per un futuro più equo e più sicuro

CHIEDE al PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, alla PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, a TUTTI i MEMBRI del PARLAMENTO, al PRESIDENTI di CAMERA e SENATO e ai PRESIDENTI di TUTTE le REGIONI di:

sospendere il decreto Romani del 3 marzo 2011 che ha bloccato lo sviluppo delle fonti rinnovabili. Questo decreto varato senza tener conto di quanto osservato da due rami del parlamento, ha cancellato retroattivamente impegni triennali assunti dal governo solo pochi mesi prima, spingendo le banche a chiudere il rubinetto del credito per le opere in corso, compromettendo la stabilità di oltre 150 mila famiglie e fermando i cittadini che avevano attivato le procedure per installare un impianto fotovoltaico.

Tutto ciò è avvenuto proprio alla vigilia di avvenimenti che sottolineano l’urgenza dello sviluppo di fonti energetiche basate su materie prime che abbiamo in casa:  il sole, il vento, l’acqua. Il grave incidente alla centrale di Fukushima e il manifestarsi di concreti rischi di approvvigionamento di gas e petrolio  a seguito di eventi non controllabili dal nostro Paese impongono di rivedere il vecchio modello energetico e devono sollecitare un’inversione di rotta anche delle politiche energetiche del governo.

Questo nuovo quadro offre una grande opportunità per le imprese italiane che negli ultimi anni, nonostante l’assenza di una strategia pubblica di largo respiro,  sono state protagoniste di una formidabile rimonta che ha riportato il Paese in una posizione di testa nella corsa europea in questo settore strategico della green economy. Merito anche dello straordinario impegno di tanti presidenti di Regione e di Provincia, sindaci, amministratori e, soprattutto, cittadini che si sono impegnati direttamente in questa battaglia per la democrazia energetica, per riportare le redini dell’energia in Italia.

Occorre dunque uscire rapidamente da questa situazione di grave crisi che rischia di vanificare il grande sforzo compiuto gettando un’ombra sul futuro energetico. E si può farlo avviando una seria programmazione energetica e sospendendo per un anno l’entrata in vigore di tutti gli effetti limitativi della promozione delle fonti rinnovabili contenuti nel decreto n.28  del 3 marzo 2011  pubblicato il 28 Marzo 2011 sulla Gazzetta Ufficiale (con particolare riferimento al comma 10 dell’articolo 25)  con ripristino provvisorio delle regole previgenti:

  1. evitare l’emanazione di una regolamentazione decisa sulla base di informazioni di parte e incomplete, alimentate da una campagna di disinformazione che ha ignorato gli obiettivi essenziali svolti dalle fonti rinnovabili: il rispetto degli impegni assunti dall’Italia in sede comunitaria al 2020; la tutela della salute dei cittadini messa a rischio dagli inquinanti prodotti dai combustibili fossili; la difesa della stabilità climatica minacciata dalla crescita dei gas serra.
  2. difendere il principio della certezza del diritto su cui si basa la nostra democrazia e che è stato messo in discussione dalla cancellazione retroattiva delle garanzie governative in base alle quali cittadini e imprenditori hanno assunto impegni con il sistema creditizi

FIRMA  QUI 

http://www.sosrinnovabili.it/appello.htm

 
 
 
 
 
 
 
 
 

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