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LA  TERZA   BOMBA   NUCLEARE

Post n°500 pubblicato il 18 Ottobre 2008 da dammiltuoaiuto
 

L’ACCUSA DEL VETERANO
LA TERZA BOMBA NUCLEARE
di Maurizio Torrealta con la collaborazione di Alessandro Rampietti

IL   VIDEO

http://www.rainews24.it/ran24/rainews24_2007/inchieste/08102008_bomba/video_ITA.asp


Per controllare queste dichiarazioni Rainews24 ha cercato di verificare se durante la prima guerra del Golfo era stato registrato un evento sismico pari a 5 chilotoni. Consultando l’archivio "on line" del "Sismological International Center" ha trovato che proprio nella zona descritta dal veterano, era stato registrato un evento sismico di potenza corrispondente a 5 chilotoni, l’ ultimo giorno del

Nell’inchiesta un veterano americano che ha partecipato a “Desert Storm”, accusa l’Amministrazione americana di aver utilizzato una piccola bomba nucleare a penetrazione di 5 chilotoni di potenza nella zona tra la città irachena di Basra ed il confine con l’Iran.

Per controllare queste dichiarazioni Rainews24 ha cercato di verificare se durante la prima guerra del Golfo era stato registrato un evento sismico pari a 5 chilotoni. Consultando l’archivio "on line" del "Sismological International Center" ha trovato che proprio nella zona descritta dal veterano, era stato registrato un evento sismico di potenza corrispondente a 5 chilotoni, l’ ultimo giorno del conflitto.

Si tratta dunque di un indizio che richiede lo sviluppo di un vasto lavoro di verifiche che noi di Rainews24 vogliamo svolgere coinvolgendo giornalisti di altri paesi, i centri sismici che hanno registrato l'evento ai quali richiediamo ulteriori dati sulle onde sismiche, e le organizzazioni internazionali preposte al monitoraggio nucleare.

La redazione ha deciso di trasmettere questa intervista perché la situazione sanitaria a Basra ha raggiunto livelli di pericolosità davvero critici: i decessi annuali per tumore, secondo il responsabile del reparto oncologico dell’ ospedale di Basra , Dott Jawad Al Ali , sono aumentati da 32 nel 1989 (prima della guerra del Golfo) a più di 600 nel 2002. Il Dipartimento della Difesa statunitense chiamato ad esprimersi sulle accuse del veterano ha dichiarato che durante “Desert Storm” sono state utilizzate solo armi convenzionali.

Documenti:
- Note su Jim Brown
- Il testo della nostra inchiesta in italiano ed inglese
- Il video (in italiano e in inglese)
- I dati sulla situazione sanitaria a Basra (immagini, anche molto crude e realistiche, raccolta dal Dr. Jawad al Ali, oncologo dell'ospedale di Bassora) (PowerPoint file - 1,33 MB)
- I dati sugli eventi sismici nell area nel mese di Febbraio 1991 rilevati sul sito dell'ISC
- Il dato sismico di magnitudo 4.2 che abbiamo individuato durante desert storm
- La tavola di confronto tra Chilotoni e Scala Richter [file doc]
- I dati simici rintracciati nel sito della rete di monitoraggio sismico NORSAR relativi ai giorni 1, 2 e 3 marzo 2002 In Afghanistan
- Il testo delle 2 lettere del Dipartimento della difesa Americana

LA TERZA BOBMBA ATOMICA


Rainews24


di Maurizio Torrealta


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:::->Scheda tecnica del filmato<-:::




Titolo: La terza bomba atomica
Serie: Inchieste Rainew24
Emittente: Rainew24
Trasmesso il: 09/10/08
Genere: documentario Inchiesta
A cura di: Maurizio Torrealta
Audio: Italiano
Sottotitoli: n.d.






La notizia è di quelle che potrebbero finire presto nei libri di storia. A raccontarla è un ex militare statunitense, Jim Brown, ingegnere meccanico di quarto grado che ha combattuto nella prima Guerra del Golfo nell’ambito dell’Operazione Tormenta del Deserto, al giornalista di Rainews24, Maurizio Torrealta. Brown accusa, infatti, l’Amministrazione americana di George Bush senior, di aver sganciato un bomba nucleare di penetrazione della potenza di cinque kilotoni, in una zona situata tra la città irakena di Bassora e la frontiera con l’Iran, il 27 febbraio del 1991, ossia l’ultimo giorno del conflitto.
Una testata nucleare relativamente più piccola di quelle sganciate su Hiroshima e Nagasaki, le quali avevano rispettivamente una potenza di 16 e 22 kilotoni, ma dagli effetti assolutamente devastanti.
Nel reportage trasmesso nella serata di giovedì dal canale satellitare della Rai, Torrealta mostra tra l’altro i documenti forniti dal Centro Sismologico Internazionale i quali attestano che effettivamente quel giorno, in questa zona, si registrò un movimento sismico di 4,2 gradi Richter, una potenza equivalente proprio a cinque kilotoni.
Prima di mandare in onda il documentario della durata di 20 minuti, l’inviato della Rai ha inoltre chiesto al Pentagono una conferma di quanto raccontato da Brown. Ma la risposta ricevuta dalla Difesa americana non chiarisce affatto la vicenda, anzi aumenta le nebbie. Il Pentagono si è infatti limitato a dichiarare che l’Esercito degli Stati Uniti ha utilizzato durante quel conflitto solo armi convenzionali, aggiungendo inoltre che la possibile spiegazione del movimento sismico registrato quel giorno, sarebbe dovuto alla Blue 82 sganciata in quell’area. Ma nonostante la Blue venga considerata come la madre di tutte le bombe, il movimento sismico da essa prodotto si limiterebbe a 3 gradi della Richter.
E’ lo stesso Torrealta a riconoscere, tuttavia, che ciò che il veterano Brown racconta durante la sua prima intervista televisiva è “una storia difficile da credere e da confermare”, ma le ragioni per cui la RAI ha deciso di trasmettere il video rispettano a pieno il principio di precauzione. “Non ci sono prove del fatto che l’accusa sia vera, ma non ci sono nemmeno del fatto che sia falsa”, afferma i giornalista, e dunque è necessario che un accusa così grave venga approfondita “dalle organizzazioni internazionali con la trasparenza necessaria”.
Nell’ultima parte del reportage di Rainews24 vengono riportati anche i dati sull’aumento di casi di cancro e di tumori proprio nella zona di Bassora. Secondo le cifre fornite dal direttore del reparto di oncologia dell’ospedale locale, Dott. Jawad Al Ali, tali casi sono passati dai 32 all’anno nel 1989 a più di 600 nel 2002.
Il documentario mostra inoltre diverse foto delle vittime provocate dall’epidemia tumorale che ha colpito l’intera area a partire dal primo conflitto nel Golfo, nonostante Al Ali creda che l’apparizione di queste patologie molto rare negli adulti, ma soprattutto nei bambini, possano essere riconducibili all’uso massivo di proiettili all’uranio impoverito.

:::->Trama<-:::

 
 
 

Avvelenato l'avvocato di anna

Post n°499 pubblicato il 18 Ottobre 2008 da dammiltuoaiuto
 

Politkovskaya Fare luce sull' avvocato di mia madre

PONDENTE LEONARDO COEN MOSCA - Il processo contro i presunti assassini di Anna Politkovskaya comincerà il 17 novembre: lo ha stabilito ieri, durante l' udienza preliminare, il tribunale militare di Mosca che giudicherà i quattro imputati, tre dei quali accusati di concorso in omicidio: un ex funzionario della polizia criminale di Mosca, Sergej Khadzhikurbanov, accusato d' aver fornito l' indirizzo della giornalista al commando che uccise la giornalista; e i fratelli Dzhabrail e Ibragim Makhmudov, che materialmente pedinarono per giorni la Politkovskaya, mentre un terzo fratello, Rustam, indicato come il killer, è latitante. Il quarto imputato, Pavel Riaguzov, è il tenente colonnello dei servizi segreti (Fsb), sospettato di abusi d' ufficio e associazione per delinquere. L' inchiesta non avrebbe appurato la sua complicità nell' omicidio, ma lo ritiene membro della stessa banda. E lui stesso ha chiesto d' essere giudicato da un tribunale militare. All' udienza preliminare, ieri, c' erano i figli di Anna, Ilia e Vera. Cosa avete provato, quando sono entrati in aula i complici dell' assassino di vostra madre? È Ilia che risponde: «Li ho visti in faccia per la prima volta. È stato duro. Mi è difficile dire che sentimenti ho provato. Ho cercato di farmi forza. Di pensare alla verità. Io aspetto la verità. Sul banco degli imputati però ci sono solo i pesci piccoli. Non i mandanti, e non il killer». Non c' era nemmeno l' avvocatessa Karina Moskalenko, che ha denunciato d' essere stata avvelenata, probabilmente con il mercurio. «Io non so se quel che le è successo è da collegarsi al nostro caso, perché Karina si occupa di tanti affari clamorosi e pericolosi. Però, qualcosa di grave deve esserci se la polizia francese ha avviato un' indagine. Ma è ancora troppo presto per esprimere giudizi concreti. Occorre fare luce». Parlando di cose concrete, è vero che avete chiesto un processo «trasparente», a porte aperte? «Sì. Anche gli imputati l' hanno chiesto. Il tribunale militare deciderà il 17 novembre. Spero che si possa mettere ordine in un' inchiesta che ha prodotto una quantità di informazioni enorme, ma che nel merito non è andata a fondo. Il processo attuale è solo una piccola base per una futura inchiesta. Qui manca tutto: oltre ai mandanti, al killer, non si parla neanche degli intermediari». C' è qualcosa che trova discutibile, nell' istruzione del processo? «La posizione stralciata del tenente colonnello Riaguzov. Penso che debba essere processato con gli altri, per due motivi. Primo: è stato membro costante della stessa banda che ha ucciso mia madre. Secondo, ma è la mia impressione personale, è che materialmente lui è stato complice dell' omicidio». Crede che il processo possa avere un impatto sull' opinione pubblica russa? «Davanti a questo tribunale ci sono tanti giornalisti e tante tv. Vuol dire che il caso Politkovskaya interessa. Ma aspetto di leggere i giornali e di vedere i notiziari tv. Sinora, dell' inchiesta se ne è occupata solo Novaja Gazeta, il giornale per cui lavorava mia madre. È stata la conferma di una pessima tradizione: l' attività di mia madre era circoscritta solamente al suo giornale, gli altri la ignoravano, soprattutto la tv». - LEONARDO COEN

 
 
 

RICORDIAMO ANTONIO

Post n°498 pubblicato il 18 Ottobre 2008 da dammiltuoaiuto
 

Antonio Russo, un film, una mostra fotografica, uno spettacolo e un dibattito




PESCARA. In occasione dell'anniversario della morte del giornalista Antonio Russo, la Fondazione che porta il suo nome, promuove la seconda edizione de "L'informazione che non muore".
Abruzzese, reporter di guerra di radio radicale, testimone instancabile sempre in prima linea nelle zone calde del pianeta, Antonio Russo viene ucciso il 16 ottobre del 2000 proprio per la documentazione scottante e scomoda che era riuscito a raccogliere su una guerra terribile di cui poco si parla.
L'evento prenderà il via venerdì 17 ottobre alle ore 20,30 al cinema Asterope di Francavilla al Mare, con la proiezione de "L'inquilino di via Nicoladze", un film-inchiesta ispirato alla vicenda del giornalista abruzzese. Si tratta di una pellicola del 2003 del regista Massimo Guglielmi, interpretata da un convincente Roberto De Francesco, vincitrice del Premio FACIBA e del Premio CICT UNESCO come miglior film per contenuti culturali e sociali.
Al film seguirà un incontro-dibattito con la partecipazione dei protagonisti, moderato dal giornalista del TG5 – Canale 5 Toni Capuozzo.
L'appuntamento continua sabato 18 ottobre con due momenti di riflessione sui temi dell'informazione nei conflitti bellici e del ruolo svolto dai reporter di guerra:
Alle 9,30 apertura de "Gli Occhi del Reporter di guerra", una mostra fotografica multimediale dei reporter Fausto Biloslavo e Gian Micalessin. Dall'Afghanistan alla Birmania, dall'Angola al Kosovo, dal Libano all'Iraq una selezione di 33 scatti fotografici tra i più significativi e toccanti raccolti dai due giornalisti nei venticinque anni trascorsi nelle aree geografiche più calde del pianeta.
Alle 10,30 protagonisti diventano gli studenti delle quarte e quinte classi superiori degli istituti di Pescara e Chieti che potranno assistere allo spettacolo di teatro-narrazione "La Voce dei Silenzi"
con Alessio Tessitore: un ritratto della figura umana e professionale di Antonio Russo per la regia di Sabatino Ciocca.
Alle 12,00 seguirà l'incontro–dibattito dal titolo "Cecenia, Balcani e non solo. E' più difficile fare la guerra o costruire la pace?".
Interverranno volti noti del giornalismo televisivo e firme autorevoli della carta stampata: Guido Alferj (inviato speciale), Fausto Biloslavo (Il Giornale e Il Foglio), Toni Capuozzo (TG5 – Canale 5), Aldo Forbice (RADIO1 – Zapping), Gabriella Simoni (Studio Aperto – Italia1), Francesca Sforza (La Stampa).

 
 
 

 

ANNA  E ANTONIO  ZORRO  NON DIMENTICA

Post n°497 pubblicato il 18 Ottobre 2008 da dammiltuoaiuto
 

Anna Politkovskaja e Antonio Russo. Due nomi i cui destini si intrecciano tragicamente. Entrambi giornalisti, entrambi uccisi nel mese di ottobre: Antonio il 16 nel 2000 a Tbilisi, in Georgia, Anna il 7 nel 2006 a Mosca. Sia la Politkovskaja che Russo si occupavano di Cecenia, e chi scrive di Cecenia muore. Così scriveva l'Information Safety and Freedom, organizzazione di giornalisti a difesa della libertà di stampa, che aveva collegato in un comunicato stampa l'assassinio di Anna all’uccisione di Antonio. Entrambi avevano denunciato al mondo intero le atrocità perpetrate sulla popolazione civile cecena, ed entrambi erano diventati scomodi per il Cremlino.

Chi li ha uccisi e perché? Non ci sono ancora risposte a queste domande. Proprio ieri è iniziato il processo-farsa per l’omicidio della Politkovskaja che vede alla sbarra tre ceceni, i fratelli Dzhabrail e Ibragim Makhmudov e Sergheji Khadzhikurbanov. A due anni dalla sua morte il presunto esecutore materiale, Ruslan Makhmudov, è latitante e ricercato in Europa, mandante e movente sconosciuti, anche se secondo il procuratore generale Cajka il mandante è da ricercare all’estero alludendo chiaramente a Berezovsky nemico numero uno di Putin. Sempre ieri abbiamo appreso la drammatica denuncia che Karina Moskalenko, l’avvocato che difende la famiglia della Politkovskaja, ha fatto alla Radio “Eco di Mosca”: “Mi hanno avvelenata con una sostanza che ha tutte le caratteristiche del mercurio”. Ancora una volta l’ombra dei servizi segreti russi, la sconcertante vicenda dell’avvocato ricorda il caso dell’ex-ufficiale dei servizi segreti russi Aleksandr Litvinenko. Ancora una volta si vuole oscurare la verità. Se qualcuno pensava che la Russia di Medvedev era cambiata si era sbagliato.

Se per Anna un processo-farsa si farà per Antonio non ci sarà nemmeno quello. Sulla sua morte non è stata fatta chiarezza anche se la matrice russa, è emersa subito dopo il suo assassinio. Nel suo ultimo intervento pubblico Russo aveva parlato del possibile uso dei proiettili all’uranio impoverito in Cecenia, in una conferenza sull’impatto ambientale della guerra in Cecenia che la Federazione Russa aveva fortemente contrastato. Qualche giorno, prima della sua morte, Antonio aveva parlato alla madre di una videocassetta sulle torture e le violenze dei reparti speciali russi ai danni della popolazione cecena. Probabilmente, si trattava delle prove che Russo aveva raccolto sull'utilizzo di armi non convenzionali contro i bambini ceceni.

Il corpo di ANTONIO fu ritrovato sulla strada che da Tbilisi porta al confine con l’Armenia, su quella strada all’epoca c’era una base russa. Antonio morì per schiacciamento della cassa toracica: Mamuka Areshidze, un ex parlamentare che aiutò Russo in Georgia, ha detto: "Penso che sia stato ucciso perché qualcuno voleva occultare il materiale che lui aveva raccolto: questo è il motivo per cui le cassette sono scomparse. So che gli agenti delle forze di sicurezza sono esperti nella tecnica di schiacciare le persone a morte senza lasciare nessun segno di violenza".

Anche la Politkovskaja aveva del materiale scottante sulla Cecenia che stava per essere pubblicato. Chi l’ha uccisa sperava di averla messa a tacere per sempre sparando quei 5 colpi. Invece Anna attraverso i suoi scritti continua ad urlare oggi più che mai la sua lotta contro l’ingiustizia, diventando simbolo di libertà e democrazia.

Lei che non indossava casacche di nessun partito è diventata l’anima ispiratrice dei gruppi più forti dell’opposizione, di tutti coloro che in Russia vogliono un’altra Russia. “Anna la sua vita, la morte e la sua luce sono diventati la fiamma dell’opposizione intera. Ognuno di noi si spartirà i sogni della sua anima” ha detto Garry Kasparov ex campione di scacchi ed esponente dell’opposizione.

Antonio Russo, a 8 anni dal suo assassinio, è stato ricordato stamattina in una conferenza stampa a cui ha aderito anche l’Associazione Annaviva. La conferenza si è tenuta sotto il palazzo dell'Eni all’Eur per richiamare i dirigenti dell'Ente Nazionale Idrocarburi e il governo italiano, azionista di maggioranza, a non subordinare il rispetto della democrazia e dei diritti umani in Russia agli interessi economici e agli accordi commerciali che vengono sottoscritti dall’asse Roma-Mosca.

Hanno ricordato Antonio Russo Massimo Bordin, Direttore di Radioradicale, Marco Perduca, senatore radicale eletto nel Pd, membro della Commissione Esteri. Sono intervenuti, inoltre Bruno Mellano, presidente di Radicali Italiani e Nodar Gabashvili, ex-viceministro degli Affari Esteri della Repubblica della Georgia, Michele Ded Lucia, tesoriere di Radicali Italiani

ANTONIO RUSSO, OVVERO: CHI TOCCA LA CECENIA MUORE

Sei anni fa veniva assassinato in Georgia Antonio Russo, giornalista freelance che indagava sull’operato russo in Cecenia. Riporto l’articolo pubblicato all’epoca da “The Observer”, ripreso da radical party.

IL REPORTER E' STATO UCCISO DAI SERVIZI SEGRETI DI PUTIN?
Amelia Gentleman in Moscow and Rory Carroll in Rome

Antonio Russo, trovato morto vicino a un passo di montagna caucasico, potrebbe avere scoperto troppo sulle atrocità in Cecenia.
Abbandonato sul ciglio della strada, in un passo tra i campi alle prime luci dell'alba, il contorto, congelato cadavere aveva qualcosa di strano. Antonio Russo era stato ucciso, e i suoi assassini si erano assicurati di non lasciare segni sul suo corpo.
Sull'altro lato del Passo Gombori, nella Repubblica della Georgia, gli amici lo stavano aspettando al villaggio di Mirzaani. Russo doveva unirsi alle celebrazioni per l'anniversario di Nico Pirosmani, un artista locale del diciannovesimo secolo. Non sapevano che un grande, pesante oggetto veniva schiacciato sul petto di Russo, finché la rottura di quattro costole e l'emorragia interna non causarono la sua morte.
Non sapevano che il suo telefono satellitare, la telecamera digitale, il computer portatile e le videocassette erano sparite. Un giornalista italiano che aveva speso la vita scoprendo segreti ne stava lasciando dietro di sé un altro. Chi lo ha ucciso, e perché?
Dalla strada 30 miglia a nord-est della capitale georgiana, Tblisi, c'è un filo di fatti e di sospetti che qualcuno afferma portino al Cremlino e alla aggressione russa alla Cecenia. Gli amici di Russo credono che lui sia stato assassinato dai servizi segreti russi dopo avere scoperto l'uso di armi non convenzionali contro i bambini. Sarebbe stato uno scoop per un reporter che rischiò la vita infinite volte in Africa, in Bosnia e in Kosovo.
Impiegato presso l'emittente di Roma Radio Radicale, affiliata al Partito Radicale italiano, rimase a Pristina quando tutti gli altri giornalisti occidentali se ne andarono durante i bombardamenti della Nato. Questo gli portò un premio e fama, ma Russo, quarantenne, non fu mai uno che cercava i riflettori. Lasciava ad altri la gloria. Poco denaro ed evitare la massa erano il suo stile.
Lo scorso novembre si spostò a Tblisi. Attraversando le montagne verso la Cecenia, fece amicizia con il leader dei ribelli, Aslan Mashkadov, che stava conducendo la guerra contro le truppe russe. Entrambe le parti stavano commettendo atrocità.
Il mese scorso Russo telefonò a sua madre, Beatrice, farmacista in Toscana. Aveva una videocassetta. Bambini morti, orrori inimmaginabili, crimini di guerra. Il mondo l'avrebbe vista quando lui sarebbe ritornato in Italia, il 18 ottobre.
Il suo corpo è stato scoperto il 16 ottobre. Accanto c'era del nastro che la polizia sospetta sia stato utilizzato per imbavagliarlo. Gli amici hanno trovato aperta la porta del suo appartamento nel centro della città. Le sue cose erano in disordine, i documenti e la macchina rubati. Il medico legale ha detto che i danni non erano certamente il risultato di un incidente stradale. Non si sa se la sua cassa toracica sia stata sfondata da una pietra, da un pezzo di metallo, o dalla pressione umana.
Mamuka Areshidze, un ex parlamentare che aiutò Russo in Georgia, ha detto di non sapere in che direzione investigare sull'omicidio, ma si è detto convinto che non sia stato semplicemente un fatto di criminalità comune. Ha detto: "Penso che sia stato ucciso perché qualcuno voleva occultare il materiale che lui aveva raccolto: questo è il motivo per cui le cassette sono scomparse. So che gli agenti delle forze di sicurezza sono esperti nella tecnica di schiacciare le persone a morte senza lasciare nessun segno di violenza".
Questa è una delle diverse teorie che l'inchiesta sull'omicidio sta esaminando, ha detto la polizia. Un'organizzazione ambientalista di Tblisi, e i colleghi di Roma, affermano che Russo aveva le prove di una nuova arma russa capace di uccidere le persone lentamente.
Non ci sono prove e gli scettici evidenziano che giornalisti più noti stavano raccogliendo notizie di atrocità. Il Partito Radicale afferma che la tempistica è significativa. Per un anno, il Presidente Putin ha fatto lobby alle Nazioni Unite per togliere al Partito Radicale il suo status consultivo di organizzazione non governativa. Putin ha accusato i radicali di pedofilia, terrorismo e narcotraffico. Il voto finale delle Nazioni Unite, che ha respinto la richiesta, è stato calendarizzato per il 18 ottobre.
C'è un'altra teoria che gira negli studi di Radio Radicale. Russo è stato ucciso perché aveva un'intervista audiovideo con una donna georgiana che afferma di essere la madre del Presidente Putin, confutando la tesi di Putin che lei fosse morta. Come movente per un omicidio sembra improbabile. La storia emerse la scorsa primavera e fu ripresa dai media internazionali prima di essere screditata.
Altri dicono che il giornalista, che il giorno della sua morte era stato visto nella zona cecena, è stato ucciso per denaro. "Ma perché avrebbero dovuto lasciargli il suo passaporto e il crocifisso d'oro? E perché ucciderlo in un modo così strano? Non ha senso", ha detto un collega, che ha chiesto di non essere nominato.
Gruppi che si occupano di diritti umani vogliono che l'Occidente chieda conto a Putin di Russo e di altri due giornalisti che hanno scritto sulla Cecenia: Alexander Yefremov, ucciso a maggio nella ragione separatista da un'esplosione controllata a distanza, e Iskander Khationi, che si concentrò sulle violazioni di diritti umani in Cecenia, trovato colpito a morte a settembre.
Nel giro di ore dalla morte di Russo, i colleghi a Roma sono stati travolti dai messaggi. L'attivista dalla coda di cavallo aveva creato molte amicizie nei suoi viaggi.
"Sapevamo molto poco di lui. Storie di lui che porta trenta bambini a un ristorante, che salva vite umane,…", ha detto un collega. I liberali, liberi pensatori radicali non gli promettevano né fama né grandi guadagni, ma Russo accettò perché "loro sono pazzi, proprio come me", come era solito dire.
Gli attacchi del partito alla Destra e alla Sinistra possono spiegare la minima copertura da parte della faziosa stampa italiana. "I giornalisti italiani sono snob. Antonio ha ricevuto più attenzione all'estero", ha detto il collega.
Un piccolo corteo funebre ha accompagnato la sepoltura di Antonio nella tomba di famiglia a Francavilla, in Abruzzo. Beatrice Russo, settantacinquenne, crede che gli assassini di suo figlio non saranno mai identificati. "E' tutto così oscuro. La sola cosa che mi consola è che è stata una morte coerente con la sua vita".

Antonio Russo ieri come Anna Politkovskaya oggi e chissà quanti altri che non conosciamo o che abbiamo dimenticato, e poi anche questo, come ci ricorda Inoz. Qui nessuno, sia ben chiaro, nega che quello ceceno sia autentico terrorismo: teatro Dubrovka e Beslan, per non dire altro, parlano da soli; ma se un giornalista dietro l’altro vengono assassinati per impedire loro di documentare ciò che avviene lì, è difficile dubitare che ciò che avviene vada ben al di là di una sia pure, inevitabilmente, sporca guerra al terrorismo. Aggiungo che se la “giustificazione” della tortura è la necessità di far rivelare al terrorista notizie su prossimi attentati per salvare così delle vite umane, una tortura che uccide dimostra inequivocabilmente che l’unico fine di quella tortura è la tortura stessa. Ora, ci viene raccontato, il signor Putin condanna l’assassinio di Anna Politkovskaya; non lasciamoci impressionare: lo faceva anche Arafat dopo ogni attentato terroristico. Un’ora dopo, per la precisione: perché la prima ora gli serviva per andare a Radio Palestine a lodare gli eroici martiri che si erano immolati contro il nemico sionista. Vecchio copione dunque, caro signor Putin, perciò ce lo risparmi.
Nella mia ricerca di notizie su Antonio Russo per preparare questo post, mi sono imbattuta anche in goffi tentativi di depistaggio, come questo: «
In un documento il sig. G.G. afferma: "… L'agguato è stato organizzato e realizzato da Personale dell'FSB, tutto di origine delle Repubbliche del Caucaso, sia della CSI che Autonome, in complicità con alcuni esponenti di Famiglie di tipo Mafioso, assai note, e di "ceppo" Ceceno, Georgiano, Azero ed Armeno […]”» - e chissà se questo signor G.G. lo farà per noia o per professione o forse né l’uno né l’altro ma solo per passione … Sarebbe bene, in ogni caso, che si cercasse di non dimenticare questi coraggiosi giornalisti che hanno pagato con la vita la propria sete di giustizia e di verità, perché quello della memoria è il primo – minimo - dovere di chi, al caldo delle proprie comode case, non sta rischiando niente.



E ricordiamo.

 I VIVI NON RICORDANO: antonio russo, giornalista

Tutti i giornalisti uccisi nella Russia di Putin fino a oggi

La morte di Magomed Evloev, fondatore di un sito web molto critico nei confronti dell'amministrazione della repubblica russa d'Inguscezia (Ingushetiya.ru), è l'ultima di un lunghissimo elenco di omicidi e morti misteriose di giornalisti critici verso il regime di Mosca.

Stando alle autorità federali, Evloev sarebbe deceduto in un incidente stradale, mentre si trovava a bordo di un'auto della polizia. "Durante l'incidente è rimasto ferito alla testa da un colpo d'arma da fuoco ed è morto dopo il ricovero in ospedale" ha aggiunto la fonte della procura. Evloev era stato fermato all'aeroporto di Nazran, principale città dell'Inguscezia, mentre scendeva da un aereo su cui viaggiava anche il presidente inguscio Murat Zyazikov, ha spiegato alla radio Eco di Mosca un leader dell'opposizione inguscia, Magomed Khazbiyev.

Ingushetiya.ru è una delle uniche fonti di informazione critica nei confronti delle autorità dalla regione prevalentemente musulmana che confina con la Cecenia. Il suo direttore, Rosa Malsagova, aveva dichiarato il 12 agosto di voler richiedere "asilo politico in Francia". La magistratura russa aveva ordinato all'inizio di giugno l'oscuramento del sito, accusato di diffondere informazioni "estremiste", in virtù di una legge controversa accusata di essere uno strumento per fare tacere l'opposizione.

Pubblichiamo in questo spazio l'elenco dei giornalisti uccisi, partendo da Antonio Russo, corrispondente di Radio Radicale, ucciso in Georgia il 16 ottobre del 2000 mentre documentava la guerra in Cecenia.

1. Antonio Russo, giornalista di Radio Radicale, ucciso in Georgia attraverso lo schiacciamento del torace, un metodo tipico dei servizi segreti sovietici. Russo era in procinto di rientrare in Italia per portare nuove testimonianze e documenti sull’atrocità della guerra in Cecenia. Il suo corpo privo di vita è stato trovato sulla strada dove si trovava la base russa di Vasiani
2. Ilyas Shurpayev , giornalista Dagestano responsabile per la copertura delle notizie del Caucaso Settentrionale su Channel One; muore strangolato con una cintura a Mosca.
3. Gaji Abashilov, responsabile della Tv di Stato del Daghestan, VGTRK, fucilato nella sua auto.
4. Magomed Yevloyev, proprietario di Ingushetiya.ru, ucciso a colpi di pistola in un’auto della polizia.
5. Khabarovsk Konstantin Brovko, giornalista della compagnia televisiva “Gubernia”, ucciso a Khabarovsk.
6. Ivan Safronov, militare opinionista del quotidiano “Kommersant”. Morto a Mosca il 2 marzo; la causa della sua morte non è mai stata chiarita.
7. Vadim Kuznetsov, redattore capo della rivista “World and home. Saint Petersburg”, ucciso a San Pietroburgo.
8. Vaghif Kochetkov, del quotidiano Trud (Labor), ucciso a Tula;
9. Ilya Zimin, ha lavorato per il canale televisivo NTV Russia, ucciso a Mosca.
10. Vyacheslav Akatov, reporter speciale dello show televisivo “Business Mosca”, ucciso a Mosca.
11. Anton Kretenchuk, cameraman del canale TV 38 °, ucciso a Rostov-on-Don;
12. Yevgeny Gerasimenko, del giornale “Saratovsky Rasklad”, ucciso a Saratov;
13. Vlad Kidanov, giornalista freelance, del Cheboksary;
14. Alexander Petrov, redattore capo, della rivista “Right for Choice”, ucciso vicino a Omsk – nella Repubblica di Altai.
15. Vyacheslav Plotnikov, reporter del canale “41a TV Channel”, Voronezh;
16. Anna Politkovskaja, del quotidiano Novaya Gazeta, Mosca,
17. Anatoly Voronin, capo del settore commercio di ITAR-TASS; Mosca.
18. Pavel Makeyev, reporter per la SocietàTNT-Pulse, Rostov-sul-Don;
19. Magomedzaghid Varisov, Makhachkala;
20. Alexander Pitersky, reporter di Radio Baltika, San Pietroburgo;
21. Vladimir Pashutin, del giornale Smolensky Literator, Smolensk;
22. Tamirlan Kazikhanov, capo del servizio stampa Anti-terrorismo del Centro Russian Ministry of Internal Affairs’s, dipartimento per il Distretto Federale Meridionale, Nalchik;
23. Kira Lezhneva, cronista del quotidiano “Kamensky Worker “, nella regione di Sverdlovsk
24. Yefim Sukhanov, ATK-Media, Archangelsk;
25. Farit Urazbayev, cameraman, Vladivostok TV / Radio Company, città di Vladivostok;
26. Adlan Khassanov, Reuters reporter, ucciso a Grozny;
27. Shangysh Mondush, corrispondente per il quotidiano Khemchiktin Syldyzy, Repubblica di Tuya
28. Paul Klebnikov, redattore della versione russa di Forbes Magazine, Mosca;
29. Payl Peloyan, redattore della rivista Armyansky Pereulok, Mosca;
30. Zoya Ivanova, dell’ emittente televisiva BGTRK, Repubblica di Buryatia;
31. Vladimir Pritchin, redattore capo del canale Nord Baikal TV / Radio Company, Repubblica di Buryatia;
32. Ian Travinsky, San Pietroburgo, ucciso a Irkutsk,
33. Aleksei Sidorov, Tolyatinskoye Obozreniye. È il secondo redattore capo del giornale locale, “Tolyatinskoye Obozreniye” ad essere ucciso.
34. Yuri Shchekochikhin, Novaya Gazeta, Mosca. Vice redattore della Novaya Gazeta, morì pochi giorni prima del suo viaggio in programma negli Stati Uniti d’America per discutere i risultati della sua inchiesta giornalistica con i funzionari dell’FBI. Ha investigato su alcuni scandali di corruzione delle che ha coinvolto alti funzionari FSB. Shchekochikhin è morto per un “grave reazione allergica” ad una sostanza che presumibilmente è stata identificata come tallio.
35. Dmitry Shvets, della TV-21 Northwestern Broadcasting, morto a Murmansk. E’ stato vice direttore della stazione televisiva indipendente TV-21 Northwestern Broadcasting. E’ stato ucciso al di fuori del suo ufficio. Shvets’ aveva detto ai colleghi di aver ricevuto molteplici minacce per la sua relazione sugli influenti politici locali.
36. Natalia Skryl, del giornale Nashe Vremya, città di Taganrog;
37. Konstantin Pogodin, Novoye, del quotidiano Delo, città di Niznij Novgorod;
38. Valeri Batuev, giornale di Moscow News, Mosca;
39. Sergei Kalinovski, Moskovskiy Komsomolets, Smolensk;
40. Vitali Sakhn-Val’da, fotoreporter, della città di Kursk;
41. Leonid Shevchenko,del giornale Pervoye Chteniye , Volgograd;
42. Valeri Ivanov, redattore capo del Tol’yattinskoye Obozrenie , nella regione Samara;
43. Sergei Zhabin, al servizio stampa del governatore della regione di Mosca;
44. Nikolai Vasiliev, di Cheboksary , Chuvashia;
45. Leonid Kuznetsov, del giornale Mescherskaya Nov’ , della regione di Ryazan;
46. Paavo Voutilainen, redattore principale della rivista Kareliya, Kareliya;
47. Roddy Scott, della Frontline-TV inglese.
48. Alexandr Plotnikov, del giornale Gostiny Dvor, della città di Tyumen;
49. Oleg Sedinko, fondatore della Novaja Volna TV e Radio Company, di Vladivostok;
50. Nikolai Razmolodin, direttore generale della Europroject TV e Radio Company, Ulyanovsk
51. Igor Salikov, capo del Dipartimento di informazioni di sicurezza dei Moskovskiy Komsomolets, giornale in Penza;
52. Leonid Plotnikov, della casa editrice “Periodici di Mari-El”, Yoshkar-Ola.
53. Eduard Markevich, curatore ed editore del giornale locale Novy Reft, a Sverdlovsk. Viene trovato morto, colpito alla schiena. Ha spesso criticato i funzionari locali ed aveva ricevuto minacce prima dell’assassinio.
54. Vladimir Yatsina, corrispondente di ITAR-TASS, rapito e poi ucciso da un gruppo di Wahhabis in Cecenia
55. Aleksandr Yefremov, Cecenia. Fotoreporter della Siberia occidentale del giornale Nashe Vremya, ucciso in Cecenia dai ribelli.
56. Igor Domnikov, dalla Novaya Gazeta, Mosca. Uno sconosciuto assassino lo colpisce ripetutamente alla testa con un martello, all’ingresso del suo palazzo a Mosca. L’assassino non è mai stato trovato.
57. Sergey Novikov, Radio Vesna, Smolensk. E’ colpito e ucciso nel vano scala del suo appartamento. Ha spesso criticato il governo di Smolensk.
58. Iskandar Khatloni, Radio Free Europe, Mosca. È ucciso di notte con un ascia nel suo appartamento di Mosca da uno sconosciuto. Khatloni lavorava sugli abusi dei diritti umani in Cecenia.
59. Sergey Ivanov, Lada-TV. E’ colpito cinque volte alla testa e al torace davanti al suo palazzo. È stato direttore della Lada-TV, la più grande televisione indipendente nel Togliattigrad.
60. Adam Tepsurgayev, Reuters. Cameraman ceceno, ha prodotto la maggior parte delle riprese Reuters’ dalla Cecenia nel 2000, tra cui gli scatti del ribelle ceceno Shamil Basayev.
61. Cynthia Elbaum. fotografo per Time magazine, Cynthia èstata uccisa nel corso di bombardamenti russi nel 1994.
62. Vladimir Zhitarenko, veterano militare corrispondente per le forze armate russe per il quotidiano Krasnaya Zvezda (Stella Rossa), è colpito da due proiettili di un cecchino al di fuori della città di Tolstoy-Yurt, nei pressi della capitale cecena di Grozny.
63.Nina Yefimova, reporter per il giornale locale “Revival” è stata rapita dal suo appartamento e uccisa insieme a sua madre. Diversi giornalisti a Grozny e a Mosca credono che il suo omicidio sia legato ai suoi articoli sulla criminalità in Cecenia.
64. Jochen Piest. È ucciso in un attacco suicida da un ribelle ceceno nel villaggio di Chervlyonna, a nord-est della capitale cecena.
65. Farkhad Kerimov. Autore delle riprese di Associated Press dei “ribelli” della Cecenia. Non è mai stato stabilito il motivo dell’uccisione.
66. Natalya Alyakina Free-lance corrispondente per la Germania, è uccisa da un soldato vicino alla città meridionale russa di Budyonnovsk.
67. Shamkhan Kagirov. Reporter per il quotidiano di Mosca Rossiyskaya Gazeta e il giornale locale Vozrozheniye, è colpito e ucciso in un agguato in Cecenia.Tre agenti di polizia locale che viaggiavano in automobile con lui vengono anch’essi uccisi.
68. Viktor Pimenov. Fatalmente colpito alla schiena da un cecchino posizionato sul tetto di un edificio a Grozny.
69. Nadezhda Chaikova. Il suo corpo è stato trovato sepolto nel villaggio ceceno di Geikhi bendato e recante segni di percosse. La causa della morte è un colpo d’arma da fuoco.
70. Supian Ependiyev. Muore in un affollato mercato all’aperto nel centro di Grozny, in un raid che causò l’uccisione o il ferimento di centinaia di persone. Secondo altre fonti, morì due giorni dopo.
71. Ramzan Mezhidov. Uccisi in un attacco aereo a un convoglio di rifugiati lungo la Rostov-Baku, strada da Grozny a Nazran nella vicina Inguscezia.
72. Vladimir Yatsina , corrispondente per ITAR-TASS, è rapito e ucciso da un gruppo di Wahhabis.
73. Roddy Scott. Ucciso nella repubblica russa di Inguscezia. Soldati russi hanno trovato il suo corpo nella regione di Galashki, vicino al confine con la Cecenia, a seguito di una sanguinosa battaglia tra le forze russe e un gruppo di combattenti ceceni.
74. Magomedzagid Varisov , scienziato politico e giornalista, è colpito a morte nei pressi della sua abitazione a Makhachkala. Aveva ricevuto minacce e aveva chiesto, senza ottenerla, l’aiuto della polizia locale. Sharia Jamaat ha rivendicato la responsabilità per l’uccisione.

ed inoltre, dal 75 al 103

Dmitry Krikoryants - Yvan Scopan - Sergei Krasilnikov - Rory Peck - Igor Belozyorov - Vladimir Drobyshev - Aleksandr Sidelnikov - Aleksandr Smirnov - Yuri Soltis - Dmitry Kholodov - Viatcheslav Rudnev - Vladislav Listyev Vadim Alferyev - Felix Solovyov - Viktor Pimenov - Viktor Mikhailov - Ramzan Khadzhiev - Larisa Yudina - Anatoly Levin-Utkin - Supian Ependiyev - Eduard Markevich - Natalya Skryl - Roddy Scott - Adlan Khasanov - Pavel Makeev Maksim Maksimov - Andrei Soloviev - Grigol Chikhladze - Stan Storimans.

Fonti:
Committee to protect journalists - Glasnot defence foundation

in foto: "Conferenza stampa di Berlusconi e Putin in Sardegna del 18 aprile 2008. Dopo una domanda indiscreta rivolta da una giornalista russa a Putin, Berlusconi mima colpi di mitragliatrice verso la corrispondente mentre Putin annuisce"

 
 
 

ANTONIO  RUSSO  VIVE

Post n°496 pubblicato il 18 Ottobre 2008 da dammiltuoaiuto
 

antoniorusso1Francavilla a mare - . Iraq, Iran, Libano, Somalia, ex Jugoslavia, Eritrea, Etiopia, Afghanistan, Pakistan, Cecenia, Ruanda, Congo, da ultima l’ex Birmania. Sono solo alcune delle zone “calde” del pianeta, teatro di conflitti internazionali o di sanguinose guerre civili, di cui abbiamo conoscenza grazie al coraggio dei reporter che sfidano il pericolo pur di raccontarli. Il giornalista abruzzese Antonio Russo, ucciso il 16 ottobre 2000 a Tbilisi, in Georgia, era uno di loro e pagò con la vita il dovere di indagare gli aspetti più controversi della guerra in Cecenia.Per il sesto anno consecutivo la Fondazione “Antonio Russo” lo ricorda, premiando i più autorevoli inviati speciali nei territori di guerra con il Premio Nazionale sul Reportage di Guerra “Antonio Russo”. Paolo Carinci  Zorro è vivo
PREMIO ANTONIO RUSSO  

Reporter di Guerra. Il Premio Russo
FRANCAVILLA AL MARE. Iraq, Iran, Libano, Somalia, ex Jugoslavia, Eritrea, Etiopia, Afghanistan, Pakistan, Cecenia, Ruanda, Congo, da ultima l’ex Birmania. Sono solo alcune delle zone “calde” del pianeta, teatro di conflitti internazionali o di sanguinose guerre civili, di cui abbiamo conoscenza grazie al coraggio dei reporter che sfidano il pericolo pur di raccontarli.





Antonio Russo (Francavilla al Mare, Chieti, 3 giugno 1960 - Georgia, 16 ottobre 2000) è stato un giornalista, ucciso in circostanze misteriose nei pressi della città georgiana di Tiblisi.

Antonio Russo era un free-lance, abituato a vivere in prima persona gli eventi più scottanti. Non aveva voluto iscriversi all'Ordine dei giornalisti e aveva rifiutato offerte di testate blasonate, poiché così si sentiva libero di raccontare senza veti le realtà della guerra e - diceva - le atrocità che le popolazioni civili erano costrette a subire.

Russo è stato per molti anni free lance e reporter internazionale di Radio Radicale. Tra le sue corrispondenze più note quelle dall'Algeria, durante gli anni sanguinosi della repressione, dal Burundi e dal Rwanda, che hanno documentato la guerra nella regione dei grandi laghi, e poi dall'Ucraina, dalla Colombia e da Sarajevo.

Russo fu inoltre inviato di Radio Radicale in Kosovo, dove rimase - unico giornalista occidentale presente nella regione durante i bombardamenti NATO - fino al 31 marzo 1999 per documentare la pulizia etnica contro gli albanesi kosovari. Nel corso di quelle settimane collaborò anche con altri media italiani e con agenzie internazionali.

In quell'occasione fu anche protagonista di una rocambolesca fuga dai rastrellamenti serbi, unendosi ad un convoglio di rifugiati kosovari diretto in treno verso la Macedonia. Il convoglio si fermò durante il percorso e Antonio Russo raggiunse Skopjie a piedi. Di lui non si ebbero notizie per due giornate intere, in cui lo si diede già per disperso.

Antonio Russo è deceduto tra la notte del 15/16 ottobre 2000 in Georgia, dove si trovava in qualità di inviato di Radio Radicale per documentare la guerra in Cecenia. Il suo corpo fu ritrovato ai bordi di una stradina di campagna a 25 km da Tbilisi, torturato e livido, con tecniche riconducibili a reparti specializzati militari. Il materiale che aveva con sé - videocassette, articoli, appunti - non fu ritrovato, anche il suo alloggio fu ritrovato svaligiato da appunti e video (pur senza toccare oggetti di valore).

Le circostanze della morte non sono mai state chiarite, ma molti hanno avanzato pesanti accuse al governo di Vladimir Putin a Mosca: Antonio Russo aveva infatti cominciato a trasmettere in Italia notizie scottanti circa la guerra, e aveva parlato alla madre, solo due giorni prima della morte, di una videocassetta scioccante contenente torture e violenze dei reparti speciali russi ai danni della popolazione cecena. Secondo i suoi amici, Russo aveva raccolto prove dell'utilizzo di armi non convenzionali contro bambini ceceni [1].

ricordo la sua voce, su radio radicale, la mattina mentre facevo colazione prima di andare a scuola. da pristina, nascosto in una cantina durante la pulizia etnica della città, dopo che i serbi avevano gentilmente pregato i giornalisti di togliersi dalle palle e quelli non se l'erano fatto ripetere... e ricordo l'ansia per tre giorni di silenzio, quando si pensava che l'avessero preso, e poi di nuovo la sua voce energica, dopo una fuga in colonnato con i profughi fino a skopje.

poi la cecenia, i suoi dubbi, le ricerche, poi all'improvviso il ritrovamento del suo corpo e l'eco del suo annuncio: aveva dei filmati, davanti ai quali aveva pianto, filmati orribili, forse torture su bambini ceceni, agghiacciante e incontrovertibile prova di gravissime violazioni dei diritti umani da parte dei russi, gli stessi che in quei giorni cercavano di tagliare fuori il partito radicale dall'onu accusandolo di... pedofilia e narcotraffico.

e dopo quella morte di 16 ottobre 2000, la morte di un giornalista italiano ammazzato a percosse... silenzio. peggio, cazzate.

la guerra in cecenia è un abominio e il comportamento della stampa a riguardo anche. la velina del provvidenziale terrorismo islamico è stata recepita e riferita, e una volta che il conflitto ha cessato di essere di moda, le sinistre hanno provveduto a indignarsi di qualcos'altro in qualche altro salotto.

ma dopotutto, non riesco a pensare che il sacrificio di Antonio sia stato inutile... finchè ci sono ancora persone che ricordano il suono della sua voce.

 PAOLO  CARINCI

Martiri della verità: a 8 anni dall'omicidio di Antonio Russo PDF Stampa E-mail
martedì 14 ottobre 2008

di GIULIO SAVINA

 

Paolo Guzzanti nel suo blog telematico ha rivolto un vibrante "Je accuse" contro Putin, l'"Innominato" di San Pietroburgo ed il suo partner italiano, il "bravo" Don Rodrigo, Silvio Berlusconi. Nel suo strale Guzzanti ha enumerato in una lunga lista i nomi (settantacinque, si trovano scritti sul settimanale Tempi) dei giornalisti, io li chiamo martiri della verità, morti nella Federazione Russa e nei paesi dell'ex URSS dal crollo del Muro di Berlino ad oggi. In questo elenco compare anche il nome di uno dei più coraggiosi reporters italiani, Antonio Russo, martirizzato, dopo essere stato rapito e torturato, alle 2 del mattino  del 16 Ottobre del 2000 vicino il Passo Gombori, a 35 km ad Est da Tbilisi.

Nel 2000, prima di Antonio erano, finiti morti ammazzati:

 

Iskandar Khatloni, di Radio Free Europe/Radio Liberty's Tajik Service, ammazzato a colpi di ascia a Mosca il 21  Settembre . Stava investigando su abusi di diritti umani dell'Esercito russo in Cecenia;

Georgiy Gongadze, scomparso a Kiev il 16 Settembre del 2000 e trovato cadavere il 3 Novembre a Kiev decapitato ed in parte disciolto nell'acido. Stava investigando su un caso di corruzione che coinvolgeva l'amministrazione dell'ex Presidente ucraino Uchman;

Sergei Novikov, proprietario dell'omonima Radio Novikov, assassinato con quattro revolverate in Smolensk il 26 Luglio.I suoi colleghi dicono a causa i suoi reportages su casi di corruzione del Governatore locale;

Igor Domnekov, un giornalista del giornale indipendente Novaia Gazeta (lo stesso giornale su cui scriveva Anna Politkovskaia), ammazzato a martellate a Mosca il 16 Luglio. L'assassino l'aveva confuso per Oleg Soultanov, un collega che stava investigando su casi di corruzione;

Alexander Yefremov, corrispondente del giornale siberiano Nashe Vremya, ammazzato vicino Grozny il 12 Maggio, dopo essere saltato con la sua automobile su una mina telecomandata;

Vladimir Yatsina, un fotografo dell' ITAR-TASS,  assassinato il 20 Febbraio  da un gruppo di rapitori ceceni

 

Il corpo di Antonio invece venne rinvenuto privo di vita, abbandonato sul ciglio della strada, in un passo tra i campi alle prime luci dell'alba del 16 Ottobre del 2000. Accanto c'era del nastro adesivo che la polizia sospetta sia stato utilizzato per imbavagliarlo. Un paio di ore prima gli amici georgiani del reporter erano andati a trovarlo nella sua casa a via Nikoladze a Tbilisi: la porta era aperta, sfondata, l'appartamento in disordine, Antonio non c' era.

 

Il cadavere di Antonio era contorto, congelato. I suoi assassini,abili professionisti dell'assassinio di Stato, si erano assicurati di non lasciare segni sul suo corpo. Gli amici georgiani quel giorno lo stavano aspettando al villaggio di Mirzaani per le celebrazioni dell'anniversario di Nico Pirosmani, un artista, pittore pre-impressionista, nato lì nel diciannovesimo secolo.

 

Il medico legale riportò che Antonio "morì per un trauma toracico che provocò la frattura di numerose costole, dello sterno e la lacerazione del tessuto polmonare sinistro, un trauma causato da un corpo contundente rigido e non tagliente. I danni non erano certamente il risultato di un incidente stradale o di una caduta dall'alto".

 

Non si sa se la sua cassa toracica sia stata sfondata da una pietra, da un pezzo di metallo, o dalla pressione del peso di una automobile passata su di un asse di legno appoggiata sul suo corpo. Si trattava, gli inquirenti dissero, "di una metodica che prevede lo schiacciamento senza lasciare tracce esterne, tipica dei servizi russi". Anche il suo telefono satellitare, la telecamera digitale, il computer portatile e le videocassette sparirono (ma non alcuni oggetti di valore come la sua catenina d'oro) e così la sua auto.

 

Antonio Russo era un free-lance, abituato a vivere in prima persona gli eventi più scottanti. Non aveva voluto iscriversi all'Ordine dei giornalisti e aveva rifiutato offerte di testate blasonate, poiché così si sentiva libero di raccontare senza veli le realtà della guerra e le atrocità che le popolazioni civili subivano. Antonio non fu mai uno che cercava i riflettori. Lasciava ad altri la gloria. Possedere poco denaro ed evitare la massa erano il suo stile. "Codino, anello, braccialetto: Antonio non passava di certo inosservato",così lo ricordano a Radio Radicale.

 

E non passavano inosservate le sue obiettive relazioni durante il conflitto in Kosovo e i suoi stretti legami con i membri dell' Esercito di liberazione del Kosovo (UCK), molti dei quali ancora ricordano l'aiuto offerto loro da Antonio quando membri dell'UCK furono circondati dai macellai dei reparti militari serbi.

 

"For a year, Antonio Russo was considered by Prishtina residents as the characteristic resident of the town, who always used the opportunity to meet and talk to people. The children of Prishtina remember Antonio when he gathered them in groups in front of stores and bought them hamburgers. He was the last foreign journalist to leave Kosovo, whereas for his reports for 'Radio Radicale' during the war he received a series of awards for journalism," concluded the paper.

 

I figli di Pristina ricordano ancora Antonio, quando riuniti dei bambini in un gruppo di fronte ad un fast food comprò per tutti loro hamburgers. Inviato di Radio Radicale in Kosovo, vi rimase - unico giornalista occidentale presente nella regione durante i bombardamenti NATO - fino al 31 marzo 1999 per documentare la pulizia etnica contro gli albanesi kosovari. Nel corso di quelle settimane collaborò anche con altri media italiani e con agenzie internazionali.

 

In quell'occasione fu anche protagonista di una rocambolesca fuga dai rastrellamenti serbi, unendosi ad un convoglio di rifugiati kosovari diretto in treno verso la Macedonia. Il convoglio si fermò durante il percorso e Antonio Russo raggiunse Skopjie a piedi.

 

Oltre che in Kosovo Antonio aveva rischiato la vita in Africa (Algeria, Burundi, Rwanda), in Colombia, Ucraina, Bosnia scoprendo dei segreti che sarebbero restati tali senza i suoi documenti scritti e filmati.

Dietro la sua morte in Georgia c'è un filo di fatti e di sospetti che più di qualcuno afferma portino al Cremlino e alla aggressione russa alla Cecenia. Gli amici ceceni e georgiani di Antonio credono che lui sia stato assassinato dai servizi segreti militari russi dopo avere scoperto l'uso di armi non convenzionali contro i bambini ceceni.

 

Esiste anche un video (in possesso della TV georgiana Rustavi 2) girato il 25 Settembre del 2000 in occasione della conferenza dei Movimenti dei Verdi georgiani e ceceni, durante la quale Antonio oltre ad aver confermato l'uso di armi batteriologice a Shatili ed Arghuni, regioni della Georgia ai confini colla Cecenia, affermò di essere in possesso di prove inconfutabili (una videocassetta) riguardanti il genocidio dei Ceceni da parte dei militari russi. Dopo aver affermato ciò Antonio ebbe una discussione con una persona della platea, la persona visibile nel video, non venne identificata e alcuni ipotizzano che quegli potrebbe essere l'uomo dei "servizi" russi. Una settimana dopo la conferenza, i primi di Ottobre del 2000, il Ministero degli Esteri georgiano ricevette una nota di protesta dal governo di Putin in cui si lamentava la eccessiva libertà di espressione di A. Russo permessa dalle autorità georgiane.

 

Attraversando le montagne verso la Cecenia, fece amicizia con il leader dei ribelli, Aslan Mashkadov, che stava conducendo la guerra contro le truppe russe. Le sue amicizie coi leaders ceceni indipendentisti e le notizie, scottanti, circa la guerra che dava in Italia non passarono di certo inosservate. Le spie dei Russi in Georgia, anche tra i Ceceni rifugiati nella Valle del Pankisi, informavano i militari dell'intelligence russa. I suoi racconti, i suoi reportages infastidivano chi voleva tenere celati i reali interessi politici ed economici che si muovono dietro l'instabilità del Caucaso e che hanno portato al recente conflitto tra Georgia e Russia. 

Un membro del Partito radicale transnazionale, Mamouka Tsagareli offrì un movente: "Stava raccogliendo materiale concernente la richiesta russa (di Putin) di espulsione del Partito radicale dall'Onu (per ingerenza del movimento, che ha per le Nazioni Unite lo status di organizzazione non governativa, negli affari interni della repubblica cecena.

 

Anche Mamuka Areshidze e Gia Gachechiladze e Surkho Idiev affermano che l'assassinio di Antonio fu istigato da chi non voleva che venisse divulgato il contenuto della video cassetta di Antonio che provava la violazione dei diritti umani durante il conflitto russo-ceceno.

 

A Tbilisi un giornalista americano J. Silverman azzarda l'ipotesi di un coinvolgimento di servizi deviati georgiani che su istigazione del GRU russo hanno dato a dei banditi Ceceni filorussi l'autorizzazione ad eliminare Antonio. Giornalisti, politici ed investigatori georgiani, incluso il procuratore georgiano Dzhamlet Babilashvili affermano che Antonio possa essere stato ucciso per impedire che i suoi documenti venissero alla luce. Anche le Brigate di al Qaida  attribuirono la morte di Antonio all'apparato dell'intelligence di Putin.

Sin dalla caduta dell'URSS si è visto uno scioccante numero di politici dissidenti e di reporters assassinati. La vasta maggioranza di questi omicidi rimane e rimarrà ancora un mistero fino a quando una gola profonda non comincerà a parlare. Sono d'altronde passati solo 19 anni dalla caduta del Muro ma la Russia rimane e rimarrà un embrione di democrazia (qualcuno parla di feto abortito) finché ci saranno uomini del KGB ora FSB e del GRU sempre più coinvolti in casi di corruzione e crimine organizzato e, come provato da Anna Politkovskaia, di terrorismo e genocidio.

 

All'OSCE Freimut Duve afferma che "ci sono personaggi di potere - affari, mafia, terroristi, o governo e altri poteri amministrativi - che tentano di silenziare le voci critiche appena essi realizzano che queste voci saranno udite. Ma più questi poteri occulti fanno così meno il loro scopo sarà raggiunto.Tentando di mettere a tacere essi producono il contrario,cioè una esplosione di non-silenzio. L'attenzione della gente si alzerà sempre più".

 

"Rischiava la vita contro la morte, per raccontare le vittime delle guerre", questo è il ricordo di Marco Pannella.

Anche Uchi un ceceno-kisti che vive in Pankisi (la Valle dove vivono 5.000 rifugiati ceceni) e che ospitò in casa sua Antonio, ricorda con grande gratitudine e colle lacrime agli occhi suo "fratello" Antonio, "l'italiano amico del popolo ceceno".

 

La Signora Beatrice,madre di Antonio,sottolinea:"Le infamie hanno bisogno del buio, voi giornalisti potete portare la luce della verità: fate conoscere la verità.Con la verità scompare anche la giustizia. Se però  la nostra memoria rimane vigile", continua la Signora Beatrice, "le atrocità non possono durare a lungo. L'infamia ha bisogno del buio.La luce e la conoscenza  sconfiggono le infamie nel mondo".

 

Ha ben ragione Guzzanti quando dice di essere in crisi di coscienza e che le parole del Cavaliere sulle cause e responsabilità della guerra in Georgia (tutte attribuite al georgiano Saakashvili) lo han fatto vomitare. Quelle parole dette alla platea del PDL sono l'indicazione della nuova strategia geopolitica (geoenergetica) del Cavaliere che ha già invitato gli Italiani ad investire in azioni ENI ed ENEL. Putin e Berlusconi sono ormai in joint venture.

Alle persone oneste non interessano le strategie energetiche di Putin e Berlusconi, alle persone pulite interessano di più gli eroi caduti  per la difesa dei diritti umani, per la Verità: Antonio Russo, Ilaria Alpi, Anna Politovskaia, Alexander Litvenenko e tutti i martiri della Verità.

 
 
 

LIBERTA' DI STAMPA?

Post n°495 pubblicato il 18 Ottobre 2008 da dammiltuoaiuto
 

Libertà di stampa in Italia: siamo trentacinquesimi  dati 2007

Ogni anno Reporters sans Frontieres stila una classifica mondiale della libertà di stampa nel mondo prendendo in considerazione vari criteri come le aggressioni e le minacce ricevute dai giornalisti, la censura, il pluralismo dei mezzi di informazione, le pressioni economiche. Nel 2007 il nostro paese si è piazzato al 35° posto su 169 paesi, risalendo 5 posizioni rispetto al 2006; il Rapporto evidenzia però che molti giornalisti continuano ad essere minacciati da gruppi mafiosi che gli impediscono di realizzare il loro lavoro in totale sicurezza.
Il numero di giornalisti uccisi nel mondo è aumentato del 244% negli ultimi 5 anni (da 25 ad 86). Dal 2002 il numero cresce costantemente. Bisogna tornare al 1994 per trovare una cifra più alta; quell'anno furono uccisi 103 giornalisti: la metà durante il genocidio in Ruanda, una ventina in Algeria e circa 10 nella ex Yugoslavia.
Più della metà dei giornalisti scomparsi nel 2007 sono stati uccisi in Iraq.

Liberta' di stampa nel mondo: il 2007 in cifre
86 giornalisti uccisi
20 collaboratori di media uccisi
887 arrestati
1511 aggrediti o minacciati
528 organi di stampa censurati
67 giornalisti sequestrati

...e in internet...
37 bloggers arrestati
21 aggrediti
2676 siti web chiusi e sospesi

Fonte: Reporters sans Frontieres


Classifica mondiale sulla libertà di stampa 2007 di Freedom House
L'Associazione Freedom House è una organizzazione non governativa fondata nel 1941 da Eleanor Roosevelt. E' una riconosciuta fonte di informazione sullo stato della libertà nel mondo e redige un annuario sulla libertà di stampa. Secondo questo studio, nel 2007, l'Italia, inclusa tra le nazioni in cui la stampa è considerata libera, si trova al 61° posto su 195 paesi con un indice di 29/100, a soli due punti da Tonga che con un indice di 31/100 apre la parte della classifica dei paesi la cui stampa è considerata 'parzialmente libera'. Nel precedente Rapporto 2006 il nostro paese si trovava al 79° posto con un indice di 35/100, tra i paesi 'parzialmente liberi'. Il rapporto 2007 motiva il miglioramento nella classifica come risultato “dell'uscita di scena di Silvio Berlusconi come Primo Ministro. Sebbene le televisioni private in Italia siano ancora concentrate nelle mani di Berlusconi/Mediaste - recita il documento -, le televisioni pubbliche, le reti RAI, non sono più sotto il suo controllo”.

Le donne fanno le notizie
Women Make the News 2008 è una azione globale che promuove l’uguaglianza di genere nei media. L’iniziativa è giunta all’ottavo anno e vuole incoraggiare tutte le organizzazioni che producono notizie tutti i giorni a dare responsabilità editoriali alle donne editrici e giornaliste, far loro dirigere le notizie dell’8 marzo, giornata internazionale della donna, quale passo per la promozione delle pari opportunità nei media.

(30 settembre 2008)
 

 
 
 

LA LIBERTA' DI STAMPA

Post n°494 pubblicato il 18 Ottobre 2008 da dammiltuoaiuto
 


Libertà di stampa?
L'Italia è al 40° posto, dopo Cile e Corea del Sud

"Reporter Sans Frontières" www.rsf.fr 

Reporter sens frontière (Rsf) ha pubblicato la prima classifica mondiale della libertà di stampa e non sono mancate le sorprese. Innanzitutto va rilevato che, pluralismo e libertà nella diffusione delle notizie non sono una prerogativa dei paesi più ricchi e sviluppati. Basti pensare che il Costa Rica precede in classifica gli Stati Uniti e diverse nazioni europee. L'Italia, a causa dell'irrisolto conflitto di interessi del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, si piazza al quarantesimo posto, superata da paesi latinoamericani come Ecuador, Uruguay, Paraguay, Cile ed El Salvador, oltre che da Stati africani come Benin, Sudafrica e Namibia. La maglia nera dei peggiori del gruppo spetta a tre nazioni asiatiche: Corea del Nord, Cina e Myanmar. In fondo alla classifica figurano anche la maggior parte dei paesi arabi, a partire da Libia, Tunisia e Iraq, dove è semplicemente impensabile che un giornale o una testata radiotelevisiva possa criticare il capo dello Stato o l'operato del governo. R.s.f. assegna invece buoni voti ad alcune realtà africane come Benin, Sudafrica, Mali, Namibia e Senegal, tutte collocate nelle prime cinquanta posizioni e in condizione di vantare una reale libertà di stampa. I peggiori nell'Africa nera risultano essere Eritrea (132ma), Zimbawe (123mo), Guinea Equatoriale (117ma), Mauritania (115ma) e dal 109mo al 105mo posto, Liberia, Rwanda, Etiopia e Sudan. (Reporters sens frontiéres)

.

Posizione 	Paese		Note 


1 Finlandia 0,50
- Islanda 0,50
- Norvegia 0,50
- Paesi Bassi 0,50
5 Canada 0,75
6 Irlanda 1,00
7 Germania 1,50
- Portogallo 1,50
- Suecia 1,50
10 Danimarca 3,00
11 Francia 3,25
12 Australia 3,50
- Belgio 3,50
14 Slovenia 4,00
15 Costa Rica 4,25
- Svizzera 4,25
17 Stati Uniti 4,75
18 Hong Kong 4,83
19 Grecia 5,00
20 Equador 5,50
21 Benin 6,00
- Inghilterra 6,00
- Uruguay 6,00
24 Cile 6,50
- Ungheria 6,50
26 Africa del Sud 7,50
- Austria 7,50
- Giappone 7,50
29 Spagna 7,75
- Polonia 7,75
31 Namibia 8,00
32 Paraguay 8,50
33 Croazia 8,75
- El Salvador 8,75
35 Taiwan 9,00
36 Mauricio 9,50
- Perú 9,50
38 Bulgaria 9,75
39 Corea del Sud 10,50
40 Italia 11,00
41 Repubblica Ceca 11,25
42 Argentina 12,00
43 Bosnia-Erzegovina 12,50
- Mali 12,50
45 Romania 13,25
46 Capo Verde 13,75
47 Senegal 14,00
48 Bolivia 14,50
49 Nigeria 15,50
- Panama 15,50
51 Sri Lanka 15,75
52 Uganda 17,00
53 Niger 18,50
54 Brasile 18,75
55 Costa de Marfil 19,00
56 Libano 19,67
57 Indonesia 20,00
58 Comoras 20,50
- Gabon 20,50
60 Yugoslavia 20,75
- Seychelles 20,75
62 Tanzania 21,25
63 Repubblica africana 21,50
64 Gambia 22,50
65 Madagascar 22,75
- Tailandia 22,75
67 Bahrein 23,00
- Ghana 23,00
69 Congo 23,17
70 Mozambico 23,50
Posizione   Paese                      Note 
71 	Cambogia	 	24,25 

72 Burundi 24,50
- Mongolia 24,50
- Sierra Leone 24,50
75 Kenya 24,75
- Messico 24,75
77 Venezuela 25,00
78 Kuwait 25,50
79 Guinea 26,00
80 India 26,50
81 Zambia 26,75
82 Palestina 27,00
83 Guatemala 27,25
84 Malaui 27,67
85 Burkina Faso 27,75
86 Tayikistán 28,25
87 Chad 28,75
88 Camerun 28,83
89 Marruecos 29,00
- Filippine 29,00
- Suazilandia 29,00
92 Israele 30,00
93 Angola 30,17
94 Guinea-Bissau 30,25
95 Algeria 31,00
96 Yibuti 31,25
97 Togo 31,50
98 Kirguizistán 31,75
99 Giordania 33,50
- Turchia 33,50
101 Azerbaiyán 34,50
- Egitto 34,50
103 Yemen 34,75
104 Afghanistan 35,50
105 Sudan 36,00
106 Haiti 36,50
107 Etiopia 37,50
- Ruanda 37,50
109 Liberia 37,75
110 Malesia 37,83
111 Brunei 38,00
112 Ucraina 40,00
113 Repubblica Congo 40,75
114 Colombia 40,83
115 Mauritania 41,33
116 Kazajistán 42,00
117 Guinea Ecuatoriale 42,75
118 Bangladesh 43,75
119 Pakistan 44,67
120 Uzbekistán 45,00
121 Russia 48,00
122 Iran 48,25
- Zimbawe 48,25
124 Bielorrusia 52,17
125 Arabia Saudita 62,50
126 Siria 62,83
127 Nepal 63,00
128 Túnez 67,75
129 Libia 72,50
130 Iraq 79,00
131 Vietnam 81,25
132 Eritrea 83,67
133 Laos 89,00
134 Cuba 90,25
135 Buthan 90,75
136 Turkmenistán 91,50
137 Birmania 96,83
138 Cina 97,00
139 Corea del Nord 97,50

 
www.disinformazione.it

 
 
 

UN PREMIO A SAVIANO

Post n°493 pubblicato il 18 Ottobre 2008 da dammiltuoaiuto
 

“Beati i popoli che non hanno bisogno di eroi”, scrisse a suo tempo Bertold Brecht.

Giusto. Anzi, sacrosanto.

Ma la nostra nazione con diverse regioni, e zone, saldamente sotto il controllo delle cosche mafiose, di eroi ne ha bisogno come il pane. E’ inutile negarlo.

Giorgio Bocca nella sua rubrica settimanale su “l’espresso” scriveva qualche anno fa che l’Italia sta tacitamente ed inesorabilmente cedendo poco a poco il controllo dei suoi territori all’illegalità; fino a venti anni fa la linea di illegalità era “sotto Napoli” mentre oggi si può tranquillamente affermare che è “sotto Roma” che l’illegalità domina.

Ed in piena estensione del fenomeno dell’illegalità di stampo mafioso è uscito nel 2006 questa opera prima che è un potentissimo atto di denuncia contro le cosche camorristiche che insaguinano principalmente la Campania, sto parlando ovviamente di “Gomorra” di Roberto Saviano, ed. Mondadori.

Che questa denuncia giornalistica sia un atto di eroismo lo testimonia il fatto che questo coraggioso ragazzo del ’79 (avete letto bene, Roberto Saviano non ha ancora trent’anni) è costretto dall’uscita del suo libro a vivere perennemente sotto scorta, a non uscire di casa, a leggere quotidianamente le minacce di morte che appaiano sui muri della sua città.

Troppe le cose raccontate nel suo libro per “fargliela passare liscia”: i meccanismi della gestione del traffico di droga, l’assistenza/previdenza parallela istituita dalla camorra per i suoi affiliati, la gestione del mercato delle firme false, la gestione del traffico dei rifiuti tossici che da tutta Europa vengono smaltiti nelle campagne campane uccidendo con i tumori tutti i campani.

Personalmente però quello che mi fa più rabbia e mi porta a scrivere di “Gomorra” solo ora a due anni di distanza dalla sua uscita, è vedere che un ragazzo coraggioso come Saviano, venga attaccato in televisione da un ormai pseudo-giornalista come Emilio Fede usando gli stessi argomenti dei camorristi. Ovvero Fede rinfaccia a Saviano di aver “fatto i soldi” con il suo libro.

Ci sarebbe da ridere se questo ragazzo, non scontasse quotidianamente il prezzo del suo coraggio.

Ma che il primo difensore mediatico di Silvio Berlusconi, rinfacci a qualcun’altro dei (giusti) guadagni di un proprio libro, è roba da guinness dei primati dell’indecenza e della faccia di bronzo.

Per contrastare l’azione dei tanti Emilio Fede di questo paese cerco nel mio piccolo di rilanciare la proposta fatta al festivalettratura di Mantova da Domenico De Masi.

PROPONIAMO ROBERTO SAVIANO PER IL PREMIO NOBEL PER LA PACE.

Diamoci da fare, facciamo girare la voce, e rilanciamola in ogni situazione.

Il ragazzo se lo merita.

 

Alessandro Chiometti

by AlexJC | commenti

 
 
 

DIO  O MAMMONA

Post n°492 pubblicato il 18 Ottobre 2008 da dammiltuoaiuto
 

Il vaticano ha messo al sicuro le proprie ricchezze



Come tutti saprete in questi giorni abbiamo assistito ad una crisi finanziaria che ha mobilitato i governi di moltissimi paesi per evitare possibili disastri.

Il Papa Benedetto XVI ha affermato "I soldi scompaiono solo la parola di Dio è solida" frase di cui hanno parlato tantissimo mentre in pochi hanno saputo che il vaticano, l'anno scorso, su consiglio di esperti finanziari, ha pensato bene di trasformare le sue azioni in lingotti d'oro obbligazioni e contanti per aggirare la crisi che si stava per abbattere nei mercati.

The Tablet, la rivista del Regno Unito che ha scoperto e messo alla luce la vicenda ha ironizzato: “la roccia di Pietro, su cui è stata fondata la Chiesa, si è trasformata in una roccia d’oro”. Mi sembra superfluo aggiungere altro.

In alto un video sull'otto per mille.

Vaticano stai attento che prima o poi a furia di ingrassare la sedia si spezza...

Lo IOR consta di un patrimonio stimato (nel 2008) di 5 miliardi di euro, 44 mila conti correnti (riservati a dipendenti vaticani, ecclesiastici ed una ristretta quantità di enti privati). Rilevanti sono gli investimenti esteri, in prevalenza in titoli di Stato o portafogli a basso rischio. Gli interessi medi annui oscillano dal 4 al 12%. Non esistendo tasse all'interno dello Stato vaticano, si tratta di rendimenti netti.(wiki)



 
 
 
 
 
 
 
 
 

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