Un blog creato da dammiltuoaiuto il 19/08/2007

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Messaggi del 08/02/2010

 

Vogliono perforare anche i laghi!

Post n°719 pubblicato il 08 Febbraio 2010 da dammiltuoaiuto
 

Non finiscono mai gli assalti dei predoni
Vogliono perforare anche i laghi!
Un progetto della Forest Oil vuole impiantare un centro di estrazione gas sul lago di Bomba
8 febbraio 2010 - Maria Rita D'Orsogna (docente universitaria )

-

Tutto il gas di Bomba servirebbe (se usato in Italia) per soddisfare il fabbisogno nazionale per circa 5 giorni e poi ...finito!

Ma la cosa piu' interessante e' la storia che il signor Ronald G. Brown, del reparto Internazionale della Forest Oil di Denver offre ai suoi investitori:

AGIP drilled a discovery in 1966 followed by three successful wells and three dry holes. (...)

At the time, a tragedy occurred in Northern Italy when a slide block fell into the Vajont reservoir. A pulse wave overflowed the dam and destroyed Longarone, a village of 2000 people. The gas field is partly located beneath a Lake held by a 57.50 meter earthen dam. AGIP elected not to produce the field in 1966 due to the Bomba dam proximity. The four wells were plugged and abandoned in 1992.

Forest CMI S.p.A. was granted an exploration license containing the field in 2004. The permit required Forest to install monitoring sensors to measure subsidence resulting from gas withdrawal.

Forest installed solar powered GPS stations capable of measuring movements to a one-millimeter scale. Upon fulfillment of this requirement, Forest obtained permission to drill two directional wells from a common pad in 2007. (...) The field has 2500 acres within the closing contour, a GWC at -1112 subsea and a reservoir column of 110 meters. Reserves are placed at 56 Bcfg.

Forest is designing a treatment facility and pipeline.


L'Agip trivello' e' fece una scoperta nel 1966, che fu seguita da 3 pozzi fruttuosi e tre sterili (...)

Al tempo pero' ci fu' una tragedia nel nord dell'Italia, quando un blocco scivolo' nella riserva idrica del Vajont. L'impulso di un onda straripo' dalla diga e distrusse la citta' di Longarone, un villaggio di 2000 persone. Il campo di gas (di Bomba) si trova parzialmente sotto un lago, che e' mantenuto da una diga di 57.5 metri. L'AGIP scelse di non sviluppare il campo di gas nel 1966 a causa della vicinanza di Bomba alla diga. I quattro pozzi furono chiusi e abbandonati nel 1992.

Alla Forest Oil e' stata data l'autorizzazione di esplorare il territorio nel 2004. Il permesso ha obbligato al Forest Oil ad installare sensori per misurare la subsidenza indotta dall'estrazione di gas.

La Forest ha installato un sistema di GPS alimentato da pannelli solari per misurare movimenti fino alla scala del millimetro. Grazie a questo provvedimento la Forest ha ottenuto il permesso di trivellare altri due pozzi da un punto centrale nel 2007. (...) Il campo ha 2500 acri nella sua concessione, un GWC a -1112 sotto il livello del mare e una colonna di riserva di 110 metri. Le riserve sono stimate attorno ai 56 Bcfg.

LA FOREST STA DISEGNANDO UN CENTRO DI TRATTAMENTO E UN OLEODOTTO.

Il GWC e' il gas-water-contact, cioe' il punto sottoterra dove si inizia a trovare il gas (che qui e' di un chilometro sottoterra circa), mentre la colonna di riserva se non mi sbaglio e' lo spessore del giacimento che e' dunque di circa 100 metri.

Ora, se nemmeno l'AGIP ci ha provato a trivellare vicino e sotto ad un lago con diga incorporata, vuol dire davvero che e' un idea folle. La diga contiene una gran quantita' di materiale - e' pesante. La subsidenza e' un pericolo reale. A Ravenna la subsidenza indotta dalle estrazioni del metano ha causato l'abbassamento di circa 3 metri di suolo, nel Polesine di un metro e mezzo. Immaginamoci cosa potrebbe mai succedere a Bomba, se non sia mai dovesse crollare la diga. Ma poi li ci va la gente in vacanza, e' una zona bella, perche' deturparla con impianti di estrazione di gas?

E poi non e' buffo che quelli della Forest Oil ci tengano a sottolineare che usano un sistema di misurazione a base di pannelli solari? Vogliono anche fare la figura degli ambientalisti mentre stanno innescando davvero una potenziale bomba ecologica.

Infatti i signori della Forest Oil fanno sul serio, come ha riportato Prima Da Noi qualche giorno fa, vogliono addirittura eseguire il trivellamento di cinque pozzi, costruire un impianto di desolforazione, installare due torri di raffinazione ed un inceneritore. Un altro centro oli a Bomba! Solo che questa volta chissa' come lo chiameranno - centro gas? Mmh.. non suona mica cosi' bene!

Queste cose gli Americani non potrebbero farle in casa propria, perche' il popolo, le leggi, i politici non glielo consentirebbero. E allora e' il nostro turno di fargli vedere di che pasta siamo fatti e fargli capire che e' meglio per loro fare la valigie e tornarsene a Denver, da dove sono venuti.

Gianni Chiodi, se ci sei batti un colpo.
COPIA ED INCOLLA E FIRMA QUESTA LETTERA A NAPOLITANO PER SPEDIRE LA LETTERA AL PRESIIDENTE
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maurizio.acerbo@crabruzzo.
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Scontro Governo-Regioni sul petrolio

Post n°718 pubblicato il 08 Febbraio 2010 da dammiltuoaiuto
 

Scontro Governo-Regioni anche sul petrolio: trivelle in azione in Abruzzo

http://www.ecoblog.it/post/9771/scontro-governo-regioni-anche-sul-petrolio-trivelle-in-azione-in-abruzzo

pubblicato: lunedì 08 febbraio 2010 da Peppe Croce in:

Dopo quello per i siti nucleari, ora arriva anche lo scontro Governo-Regioni per lo sfruttamento degli idrocarburi

Sembra proprio che i conflitti di competenza tra Stato e Regioni in fatto di energia non debbano terminare mai: dopo la decisione presa dal Governo di impugnare di fronte la Corte Costituzionale le leggi anti-nucleare di Puglia, Campania e Basilicata, ora arriva quella di impugnare anche la legge regionale abruzzese che bloccava le attività del Centro Oli di Ortona. Non è, tra l’altro, la prima volta che accade perché la stessa legge era già stata impugnata in precedenza esattamente un anno fa.

In pratica il Governatore abruzzese Giovanni Chiodi non ha fatto altro che bloccare fino al 31 dicembre 2010 tutte le attività di ricerca ed estrazione di petrolio e gas naturale nei parchi e nelle aree protette, cioè buona parte di quelle che contengono i pozzi e i giacimenti di gas e petrolio.

Il Governo, da parte sua, come aveva impugnato la legge che bloccava le estrazioni fino al 31 dicembre 2009, ha impugnato anche questa proroga di un anno. Riproponendo anche la stessa tesi, cioè quella che le attività industriali relative al settore idrocarburi sono da inquadrare nel settore della produzione di fonti di energia, che è materia regolata dal diritto comunitario e statale, non regionale.

 
 
 

BLOCCO TOTALE DELL' ATTIVITA' PETROLIFERA PER ALMENO 30 ANNI NEL NOSTRO ABRUZZO

Post n°717 pubblicato il 08 Febbraio 2010 da dammiltuoaiuto
 
Tag: Abruzzo

 BLOCCO TOTALE DELL' ATTIVITA' PETROLIFERA PER ALMENO 30 ANNI NELLA NOSTRA REGIONE In questi giorni sono in Sardegna ad un meeting sul petrolio in varie parti del mondo.

E' sconvolgente ascoltare quello che succede, anche per me che credevo di avere letto e sentito tutto. In Nigeria, in Ecuador, nel Canada, fa veramente male vedere ed ascoltare di prima persona quello che succede alle popolazioni locali, dei paesi del primo e del terzo mondo in ugual misura, ogni volta che arriva il dio petrolio. Malattie, terreni devastati, acqua mista a petrolio, pesci morti, foreste disboscate. L'ENI, come la Shell, la Total e le loro amiche piu o meno grandi, non risparmiano niente, figuriamoci se andranno con i guanti bianchi in Abruzzo. In questo meeting c'era anche il giornalista che ha realizzato il servizio di Report sulla Nigeria per Milena Gabanelli, nonche' uno dei principali attivisti pacifici per la Nigeria: Nnimmo Bassey, presidente di Oilwatch Africa e di Friends of the Earth Africa, un architetto diventato attivista, arrestato varie volte nel suo paese e che predica metodi non violenti per liberare la Nigeria da pratiche disumane come il gas flaring. Praticamente, in Nigeria non gli fanno nemmeno il "centro oli": il gas di risulta e gli scarti sulfurei li bruciano direttamente in aria, al 100%. Vicino a questi tubi sputa fuoco e' sempre giorno. Parlare con il signor Bassey mi ha fatto sentire piccola, perche' noi qui abbiamo tutte le comodita' del primo mondo e dovremmo non solo rispedire i petrolieri a casa loro senza mezze misure ma denunciare tutte le schifezze che ENi e compagnia bella vanno facendo in giro per il mondo ai popoli piu' vunerabili. Naturalemente da Americana, paese che divora il petrolio come fosse acqua in rispetto agli altri paesi del mondo, mi sento particolarmente colpevole dell'orrore laggiu'. C'erano anche alcuni rappresentanti del Congo, dove l'ENI andra' ben presto a trivellare sabbie bituminose, il petrolio piu' schifoso del mondo in assoluto. Avrei tanto voluto poter far per loro la stessa cosa che stiamo facendo in Abruzzo: spiegare alla gente di che si tratta, e dopo aver imparato, dirgli di arrabiarsi e di lottare con le armi della parola, dell'intelligenza, della democrazia, ma purtroppo non posso fare piu battaglie di quanta energia io abbia. In Abruzzo, dobbiamo lottare e vincere: per noi, per i nostri figli e anche per mostrare al resto del mondo che i petrolieri non sempre la spuntano e che si puo' sconfiggere questa banda di criminali che anche se veste con i vestiti di lino, e va in giro con il sorriso finto e le risposte prestampate, sempre criminali sono. il video di report http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-649fab67-cc1b-4f85-acbb-a29ec785b786.html?p=0 ECCO COME L'ENI VUOLE RIDURRE IL NOSTRO ABRUZZO http://www.youtube.com/watch?v=lyjcOWM8-M0&feature=related http://www.youtube.com/watch?v=XWKgm3dmXLM&feature=related http://www.youtube.com/watch?v=pHVAlN-s3X0&feature=related LA LOTTA http://www.youtube.com/watch?v=3nppGVoW7sg&feature=related http://www.youtube.com/watch?v=0BE5WPFK0HM&feature=related IL GENERALE PAPPALARDO CONTRO IL CENTRO OLI http://www.youtube.com/watch?v=gF3EPF3qScQ&feature=related I DANNI DELLA SALUTE http://www.youtube.com/watch?v=L1AjMbWdGm4&feature=related DICIAMO NO AL CENTRO OLI http://www.youtube.com/watch?v=9sXswuVXvzU NO AL CENTRO OLI SPOT http://www.youtube.com/watch?v=p2y8l6mqQBc&feature=related LA RIVOLTA ABRUZZESE http://www.youtube.com/watch?v=uee5lBBKVyg&feature=related http://www.youtube.com/watch?v=qsdBWDM5nhM&feature=related FIRMA LA PETIZIONE http://www.ipetitions.com/petition/noraffineria/ RAFFINERIA DEI VELENI DOMENICA 18 MAGGIO 2008 COMUNE DI PESCARA ORE 10 INTERVENITE CI VEDIAMO DOMENICA 18 ORE 10 PRESSO LA SALA CONSILIARE DEL COMUNE DI PESCARA Sfogliando il Centro nell'edizione odierna, ci imbattiamo nell'ennesima intervista al presidente del consiglio ortonese Di Martino, che dalle pagine del noto quotidiano lancia il Suo monito contro le legge regionale blocca Centro Oli "a causa degli effetti negativi che questa produce su una buona fetta dell'imprenditoria abruzzese...come già sottolineato da Confindustria (Marrollo?)". Per una volta, siamo perfettamente d'accordo con lui, che la legge venga ritoccata, nei termini in cui blocca altre attività che non sono quelle petrolifere ( non è nostra intenzione intralciarle in alcun modo),ma poi...a cosa si appiglieranno? Cogliamo intanto l'occasione per invitarvi a partecipare tutti al dibattito sulla suddetta legge regionale, che si terrà presso la sala consiliare del Comune di Pescara domenica 18 alle ore 10 . NO CENTRO OLI no alla raffineria dei veleni! IN ABRUZZO The petition Gentile Giunta Comunale di Ortona, i cittadini qui elencati chiedono a voce alta e ferma che la proposta raffineria di Ortona non venga realizzata. Noi amiamo la nostra terra. Non esiste nessuna tecnologia moderna per creare raffiniere ad impatto ambientale zero e lo zolfo che dovra' essere separato dal poco petrolio che c'e' e' la sostanza piu' inquinante in assoluto che esista. Lo zolfo forma particelle fini che inevitabilmente respireremo, mangeremo e lasceremo ai nostri figli per gli anni a venire, anche dopo la fine del petrolio. Qui ci sono di mezzo i nostri campi, l'acqua che beviamo, i nostri vini, il nostro turismo, la nostra pesca, i nostri mari e la vita di tutte le persone impiegate in questi settori. Non vogliamo diventare un'altra Gela, un'altra Falconara, un'altra Manfredonia, un'altra Viggiano. Vi preghiamo di amare anche voi questo nostro Abruzzo e di pensare non con il portafoglio ma con la voce della coscienza, della mente e del cuore. No alla raffineria! PS: Per favore firmate con nome e cognome. Se non volete essere visibili, basta solo che clicchiate la voce "Display my name as anonymous". Le firme con il solo nome non sono valide. Alla fine se emerge una voce riguardante la donazione di denaro, ignoratela. Non bisogna pagare nulla. Grazie di cuore per il vostro tempo! Fermare la raffinieria di Ortona vuol dire anche porre seri limiti alle capacita' estrattive delle piattaforme marine abruzzesi che contano di usare il centro di Ortona per raffinare il petrolio del nostro mare sulla nostra terraferma. Maggiori informazioni sul blog www.dorsogna.blogspot.com FIRMA QUI http://www.ipetitions.com/petition/noraffineria/ NO AL CENTRO OLI DEI VELENI IN ABRUZZO NO ALLA TRASFORMAZIONE DELLAnostra regione Nel nostro Abruzzo dove sono stati scoperti dei pozzi petroliferi di proprietà dell' ENI s.p.a. L'ENI ha iniziato lo sviluppo del giacimento petrolifero. Entro il 2010 andrà in produzione con un pozzo che darà 8.000 b/g di olio e 190.000 metri cubi al giorno di gas. Il progetto prevede un investimento di 100 milioni di euro. Nel cittadina di Ortona è in progetto la realizzazione di un centro OLi, cioè uno stabilimento di desolforazione del petrolio. Il contratto per la realizzazione del Centro Olio è stato affidato alla Asean Brown Boveri (ABB). (da Assomin Notizie) I pozzi ed il centro Oli inquinerebbero in modo irreparabile tutta la zona in cui vivo, distruggendo coltivazioni per un raggio di 40km...in una zona dove i prodotti vinicoli e dell'agricoltura in genere sono la forza dell'economia locale. I danni economici sarebbero di gran lunga superiori al guadagno che si potrebbe avere costruendo una piccola raffineria, per non parlare dei danni alla nostra salute,...Tumori, leucemie ecc...e della desertificazione che avrebbe la zona, infatti molti sarebbero costretti a lasciare le proprie case. Lo studio completo redatto dal Mario Negri, conferma quanto evidenziato nella prima sintesi, ovvero che le ricadute di anidride solforosa, di monossido di carbonio e di ossidi di azoto sono superiori rispettivamente fino a 5, 15 e 20 volte ai valori stimati nello studio d’impatto ambientale, ma che comunque rientrano nei limiti imposti dalle leggi relative alla protezione della salute. Tali valori però possono subire ulteriori aumenti, con ripercussioni negative sull’ecosistema e sull’agricoltura. Scrivo per protestare contro una deturpazione ingiustificata e "stupida" incoerente con tutto ciò che è stato costruito, con molti anni di sacrifici, per la valorizzazione del territorio. Non permettiamo che all'abruzzo, quindi all' Italia, venga dato l'ennesimo colpo di grazia con un progetto inefficente dal punto di vista economico e catastofico dal punto di vista della salute. Per una volta cerchiamo di non apparire, noi Italiani, agli occhi delle altre nazioni come i soliti "stupidi" in balia di amministrazioni corrotte e interessi dei potenti di turno. Difendiamo la nostra terra, la nostra aria, il nostro mare, la nostra salute, il principale inquinante dell'abruzzo è la politica. Ma che può fare un abruzzese Strano, inoltre, che la popolazione di Ortona si sia mobilitata: un po' in tutta la regione un diffuso fatalismo, unito ad un generale senso di impotenza, demoralizza, spinge all'inazione e al contempo lava le coscienze: è sempre colpa dei poteri forti, mai di chi li elegge e poi li lascia fare E QUESTO NON DEVE ACCADERE Il petrolio e' gia' sule nostre spiagge? (Fonte:http://picasaweb.google.it/occhidelpopolo/Petrolio) Sugli scogli di San Vito ci sono macchie oleose nere, se e' petrolio o no non lo so ma non assomiglia molto? Giudicate voi:

 
 
 

L’impero della vergogna

Post n°716 pubblicato il 08 Febbraio 2010 da dammiltuoaiuto
 

L’impero della vergogna
intervista con Jean Ziegler

 Il Manifesto ha pubblicato il 23 maggio un'intervista a Jean Ziegler, esperto internazionale dell'ONU; a complemento di questa riporto quest'altra, rilasciata nel 2005 al giornalista Giuseppe Accardo durante la presentazione del suo ultimo libro “L'impero della vergogna” al canale televisivo francese TV5. Mi sembra scavi molto di più nei problemi e sia comunque assai attuale, l'unico aggiornamento che richiede è quello di sostituire al nome di Sharon quello di Olmert, a.s.]
http://www.nazioneindiana.com/2008/05/26/limpero-della-vergogna/

(Traduzione dal testo francese di Manuel Antonini)

D. Il suo libro si intitola L’impero della vergogna. Qual è questo impero? Perché “della vergogna”? Qual è questa vergogna?

Nelle favelas del nord del Brasile, capita alle madri, la sera, di mettere dell’acqua nella pentola e di infilarci delle pietre. Ai loro figli che piangono per la fame, spiegano che “presto la cena sarà pronta…”, sperando che nel frattempo i ragazzi si addormentino.
Provi a misurare la vergogna provata da una madre davanti ai suoi figli vittime della fame e che lei è incapace di nutrire.
L’ordine omicida del mondo – che uccide attraverso la fame e l’epidemia 100.000 persone al giorno – non provoca solamente la vergogna tra le sue vittime, ma anche fra di noi, occidentali, bianchi, dominatori, che siamo i complici di questa ecatombe, coscienti, informati e, tuttavia, silenziosi, vigliacchi e paralizzati.
L’impero della vergogna? Ecco ciò che potrebbe essere questo impero generalizzato del sentimento di vergogna provocato dall’inumanità dell’ordine mondiale. Infatti, egli rappresenta l’impero delle multinazionali private, dirette dai cosmocrati [cosmocrates]. Le 500 più potenti tra queste l’anno scorso [2004 n.d.r.] hanno controllato il 52% del prodotto mondiale lordo, ossia di tutta la ricchezza prodotta sul pianeta.

D. Nel libro lei parla di “violenza strutturale”. Che cosa significa?

Nell’impero della vergogna, governato da pochi ben organizzati, la guerra non è più episodica, è permanente. Non costituisce più una crisi, una patologia, bensì la normalità. Non equivale più all’eclisse della ragione, come affermava Horkheimer, ma è la ragione d’essere dell’impero.
I signori della guerra economica hanno messo il pianeta in scacco. Attaccano i poteri normativi degli stati, contestano la sovranità popolare, sovvertono la democrazia, devastano la natura, distruggono gli uomini e le loro libertà. La liberalizzazione dell’economia, la mano invisibile del mercato sono la loro cosmogonia; la massimizzazione del profitto, la loro pratica.
Chiamo violenza strutturale questa pratica e questa cosmogonia.

D. Parla anche di una “agonia del diritto”. Che cosa intende dire con questa espressione?

Ormai la guerra preventiva senza fine, l’aggressività permanente dei signori, l’arbitrio, la violenza strutturale regnano senza ostacoli. La maggior parte delle barriere del diritto internazionale affondano. L’Onu stessa è esangue. I cosmocrati sono al di sopra della legge.
Il mio libro è il racconto del crollo del diritto internazionale, citando numerosi esempi tratti direttamente dalla mia esperienza di consulente speciale delle Nazioni Unite per il diritto all’alimentazione.

D. Lei considera la fame come un’arma di distruzione di massa. Quale soluzione suggerisce?

Con il debito internazionale, la fame è l’arma di distruzione di massa che serve ai cosmocrati per stritolare – e per sfruttare – i popoli, specialmente nell’emisfero Sud del mondo. Un insieme complesso di misure, immediatamente realizzabile e che descrivo nel libro, potrebbe rapidamente mettere un termine alla fame. E’ impossibile riassumerle in una frase.
Una cosa, però, è certa: l’agricoltura mondiale, nello stato attuale della sua produttività, potrebbe soddisfare il bisogno di cibo in un numero doppio rispetto all’umanità presente oggi nel mondo. Non esiste alcuna fatalità: la fame è una questione che riguarda l’uomo.

D. Certi paesi sono oppressi da un debito che lei definisce odioso. Che cosa intende dire con la formula “debito odioso” e quale può essere una soluzione?

Il Ruanda è una piccola repubblica di 26.000 km², posta sulla cresta dell’Africa centrale, che separa le acqua del Nilo e del Congo e coltiva tè e caffé. Da aprile a giugno del 1994, un genocidio terribile, organizzato dal governo hutu alleato alla Francia di François Mitterand, ha provocato la morte di oltre 800.000 uomini, donne e bambini tutsi [e hutu moderati n.d.r.]. I machete che servirono per i massacri sono stati importati dalla Cina e dall’Egitto, e finanziati, fondamentalmente, dal Crédit Lyonnais. Oggi, i sopravvissuti, dei contadini poveri come Job, devono rimborsare le banche e i governi creditori perfino dei crediti che sono serviti per l’acquisto dei machete degli autori del genocidio.
Ecco un esempio di debito odioso. La soluzione passa per l’annullamento immediato e senza compromessi o, per cominciare, da un esame del debito, come suggerito dall’Internazionale socialista o come ha fatto in brasile il presidente Lula, per rinegoziarlo in seguito voce per voce. In ogni voce ci sono infatti elementi delittuosi – corruzione, eccesso di fatturazione, etc. – che devono essere ridotti. Delle società internazionali di esame, come Price Waterhouse Cooper o Ernst & Young, possono farsene carico, come fanno ogni anno con le verifiche dei conti delle multinazionali.

D. Lei cita più volte il presidente Lula da Silva come un modello. Che cosa della sua azione le inspira questa considerazione?

Provo a volte dell’ammirazione e dell’inquietudine considerando gli obiettivi politici e l’azione del presidente Lula: dell’ammirazione perché è il primo presidente brasiliano ad aver riconosciuto che il suo paese conta 44 milioni di cittadini gravemente e permanentemente malnutriti e ad aver voluto mettere un termine a questa situazione inumana; dell’inquietudine, perché con un debito estero di 235 miliardi di dollari Lula non ha i mezzi per porre fine a questa situazione.

D. Nel suo libro parla anche di una “rifeudalizzazione del mondo”. Cosa vuol dire?

Il 4 agosto 1789, i deputati dell’Assemblea Nazionale francese hanno abolito il regime feudale. La loro azione ha avuto un’eco universale. Bene, oggi, noi assistiamo a un formidabile ritorno indietro. L’11 settembre 2001 non ha solamente fornito a George W. Bush l’occasione di estendere l’impero degli Usa sul mondo, ma l’evento ha anche giustificato la messa in scacco dei popoli dell’emisfero Sud per conto delle grandi società private transcontinentali.

D. Nel testo fa molto spesso riferimento alla Rivoluzione francese e a certi suoi protagonisti (Danton, Babeuf, Marat…): in cosa crede questa possa avere ancora qualcosa da apportare, due secoli dopo e in un mondo molto differente?

Basta leggere i testi! Il “Manifeste des Enragés” di Jacques Roux fissa l’orizzonte di qualsiasi lotta per la giustizia sociale planetaria. I valori fondatori della repubblica, o meglio, della civilizzazione tout court, risalgono all’epoca dei Lumi. Oggi l’impero della vergogna distrugge persino la speranza di concretizzare questi valori.

D. Accusa anche la guerra globale contro il terrorismo di togliere le risorse necessarie ad altri combattimenti più importanti, come quello contro la fame. Lei pensa che il terrorismo sia una falsa minaccia, coltivata da qualche stato? Se sì, che cosa glielo fa credere? Pensa inoltre che questa minaccia non sia reale o meriti un trattamento differente?

Il terrorismo di stato di Bush, Putin, Sharon è altrettanto detestabile del terrorismo dei gruppi jihadisti o di altri pazzi sanguinari di questo tipo. Sono due facce di una stessa barbarie. E sono reali sia l’una che l’altra, poiché sia Bush che Ben Laden uccidono. Il problema è sradicare il terrorismo: non può avvenire che con uno sconvolgimento totale dell’impero della vergogna. Solo la giustizia sociale planetaria potrà tagliare ai jihadisti le loro radici e privare i lacchè dei cosmocrati dei pretesti fondanti le loro risposte.

D. Nel 2002, lei è stato nominato consulente speciale dell’Onu per il diritto all’alimentazione. Quali riflessioni le ha ispirato questa missione?

Il mio mandato è appassionante: in totale indipendenza – responsabile davanti all’Assemblea generale dell’Onu e alla Commissione dei diritti dell’uomo – devo rendere valido giuridicamente, attraverso il diritto statutario o consuetudinario, un nuovo diritto dell’uomo all’alimentazione. E’ un lavoro di Sisifo! Avanza millimetro dopo millimetro. Il luogo centrale di questa lotta è la coscienza collettiva. Per molto tempo la morte degli esseri umani a causa della fame è stata tollerata in una sorta di normalità congelata. Oggi, è considerata intollerabile. L’opinione pubblica fa pressioni sui governi e sulle organizzazioni (WTO, FMI, Banca Mondiale etc.) affinché misure elementari siano prese per sconfiggere il nemico: riforme agrarie nel terzo mondo, prezzi adeguati pagati per i prodotti agricoli del Sud, razionalizzazione dell’aiuto umanitario in caso di improvvise catastrofi, chiusura della Borsa delle materie prime agricole di Chicago (che specula sui principali alimenti), lotta contro la privatizzazione dell’acqua etc.

D. Nel suo libro appare come un difensore della causa altermondialista, come un portavoce di questo movimento. Come mai interviene raramente nelle manifestazioni “alter” e che il movimento non vi considera generalmente come un intellettuale altermondialista?

In che senso? Ho parlato davanti a 20.000 persone al “Gigantino” di Porto Alegre nel gennaio del 2003. Mi sento come un intellettuale organico della nuova società civile planetaria, dei suoi molteplici fronti di resistenza, di questa formidabile fraternità della notte. Ma resto fedele ai principi dell’analisi rivoluzionaria di classe, a Jacques Roux, Babeuf, Marat e Saint-Just.

D. Sembra che lei attribuisca tutti i drammi del mondo alle multinazionali e ad una manciata di stati (Russia, Usa, Israele…): non è un po’ riduttivo?

L’ordine del mondo attuale non è solamente omicida, è anche assurdo. Uccide, distrugge, massacra, ma senza altra necessità che la ricerca del massimo profitto per qualche cosmocrate ossessionato dal potere e da un’avidità illimitata.
Bush, Sharon, Putin? Dei lacchè, degli ausiliari. Aggiungo un post-scriptum su Israele: Sharon non è Israele. E’ la sua perversione. Michael Warshavski, Lea Tselem, i “Rabbini per i diritti dell’uomo” e tante altre organizzazioni di resistenza incarnano il vero Israele, il suo avvenire. Meritano tutta la nostra solidarietà.

D. Crede che la morale abbia il suo posto nelle relazioni internazionali, che sono attualmente piuttosto dettate dagli interessi economici e geopolitici?

Non c’è scelta. O si sceglie per lo sviluppo e l’organizzazione normativa o si sceglie per la mano invisibile del mercato, la violenza del più forte e l’arbitrio. Potere feudale e giustizia sociale sono radicalmente antinomici.
“In avanti verso le nostre radici” esige il marxista tedesco Ernst Bloch. Se noi non restauriamo con tutta urgenza i valori dei Lumi, la repubblica, il diritto internazionale, la civilizzazione come noi li abbiamo costruiti negli ultimi 250 anni sono destinati a essere ricoperti, inghiottiti dalla giungla.

D. Da quando i talebani sono hanno lasciato il governo dell’Afghanistan, il Medio Oriente sembra essere attraversato da un’ondata di democratizzazione più o meno spontanea (elezioni in Afghanistan, in Iraq, in Palestina, apertura delle presidenziali ad altri candidati in Egitto…). Come giudica tutto questo? Crede che la democrazia possa essere esportata in questi paesi? O ritiene piuttosto che siano condannati ad avere regimi dispotici?

Non si tratta di esportare la democrazia. Il desiderio di autonomia, di democrazia, di sovranità popolare è consustanziale all’essere umano, quale che sia la regione del mondo dove egli è nato. Il mio amico e grande sociologo siriano Bassam Tibi vuole vivere in una democrazia e ne ha diritto. Ora, da oltre trent’anni, vive in Germania , esiliato dalla dittatura terribile che imperversa nel suo paese.
Elias Sambar, scrittore palestinese, un altro mio amico, ha diritto a una Palestina libera e democratica, non a una Palestina occupata, né ad una vita sotto la ferocia dei fondamentalisti islamici.
Tibi, Sambar ed io vogliamo la stessa cosa e ne abbiamo diritto: la democrazia. Il problema: la guerra fredda, la strumentalizzazione dei regimi al potere da parte delle grandi potenze ed infine la vigliaccheria dei democratici occidentali, la loro mancanza di solidarietà attiva e reale, fanno in modo che i tiranni del Medio Oriente, dell’Arabia Saudita, dell’Egitto, della Siria, dei paesi del Golfo, dell’Iran hanno potuto durare fino ad oggi.

«L’impero della vergogna»: da ziegler un nuovo grido di rivolta
Daniele Barbieri
[5 Dicembre 2006]

A distanza di qualche mese vale la pena tornare a ragionare su « L’impero della vergogna », il nuovo saggio di Jean Ziegler [252 pagine a 17,50 euri] edito da Marco Tropea come i precedenti « I signori del crimine » nel 2000, « La privatizzazione del mondo » nel 2003, « Dalla parte dei deboli » nel 2004 e il romanzo « L’oro del Maniema » mentre altri suoi libri sono usciti da Mondadori – come il famoso « La Svizzera lava più bianco », più volte ristampato – e da Sonda. Sociologo, deputato al Parlamento svizzero, relatore speciale «per il diritto all’alimentazione» delle Nazioni unite, Ziegler sa narrare e avvincere: rigore scientifico ma anche tesi contro-corrente, l’invito a impegnarsi in prima persona. Una particolare passione per l’Africa, l’amicizia e i debiti verso due grandi intellettuali [Cheikh Anta Diop, prematuramente scomparso e il “grande vecchio” Joseph Ki-Zerbo] tornano anche qui. Facile quanto falso accusarlo di essere un terzomondista: le preoccupazioni per il suo Paese natio, falsamente pacifico all’ombra delle grandi banche, si unisce da tempo all’angoscia per «le nuove mafie europee contro la democrazia» [si veda « I signori del crimine »]. Ma da sempre Ziegler urla contro le ingiustiizie di un mondo intollerabile. «Di che altro c’è bisogno?» gli chiede suo figlio Karim e lui risponde: «Va cambiato l’ordine omicida del mondo». E’ la frase che chiudeva « La fame nel mondo spiegata a mio figlio » [uscito da Pratiche nel ‘99, ora in edizione economica Net]. Da quelle analisi, da quell’invito ad agire riparte « L’impero della vergogna ». Ripetendo le verità costantemente celate o rimosse dai media come dai politici dell’Occidente compresi quei “buonisti” che non smettono di concionare a favore dei poveri mentre chiudono gli occhi sul sistema che li impoverisce e contro il quale non alzano un dito neanche quando potrebbero. «Principale responsabile della denutrizione e della fame sul nostro pianeta è la distribuzione ineguale delle ricchezze. Una ineguaglianza negativamente dinamica: i ricchi diventano sempre più ricchi, i poveri sempre più poveri. Nel 1960 il 20% degli abitanti più ricchi della Terra disponeva di un reddito 31 volte superiore rispetto a quello del 20% dei più poveri. Nel 1998 il reddito del 20% dei più ricchi era 83 volte superiore a quello del 20% dei più poveri. […] È dunque l’attuale giungla del capitalismo selvaggio che è necessario civilizzare. […] Le 225 fortune più grandi del mondo rappresentano un totale di oltre mille miliardi di dollari, l’equivalente del reddito annuale del 47% più povero della popolazione, circa 2,5 miliardi di persone. Negli Stati Uniti il valore totale netto della fortuna di Bill Gates è uguale a quello dei 106 milioni di americani più poveri». Denuncia dei tabù, analisi lucida, dolore e invito a rivoltarsi attraversano anche quest’ultimo libro di Ziegler; con un occhio   alla storia che ci insegna come, dopo i tempi più bui, si possa «ricominciare» come infatti s’intitola l’epilogo. L’ingiustizia regna: «il mondo globalizzato consiste in realtà in una serie di isolotti di prosperità e di ricchezza che fluttuano su un oceano di popoli in agonia […] Una banda internazionale di speculatori di borsa, senza anima né cuore, ha creato un mondo di disuguaglianza, di miseria e di orrore. È urgente porre fine al loro regno criminale ». Ma anche se oggi raggiunge nuovi orrori e si traveste con moderne maschere questa ingiustizia è antica come lo sono le rivolte da una parte e la manipolazione del passato, con gli   storici intenti a cancellare tutto quel che non torna comodo ai potenti. Tre censure, fra le tante, che Ziegler ricorda. Scipione Emiliano che sgozzò a Cartagine «decine di migliaia di persone»: la civiltà romana. Thomas More decapitato nel 1535 per aver osato pensare: l’Inghilterra padre della democrazia. Le rivolte del prete Jacques Roux o dei comunardi stroncate nell’Europa moderna delle pretese universaliste. Tabù sono oggi notizie, in teoria pubbliche, come i dividendi degli azionisti Microsoft, le gravissime accuse nel 2002 dello Zambia contro la Monsanto oppure i massacri di Putin in Cecenia. Cosa fanno le Nazioni Unite? Ben poco, è la dura quanto documentata accusa di Ziegler: la politica dell’Onu è correre in aiuto dei «predatori»; a 40 anni dalla nascita l’Unctad [la Conferenza delle Nazioni Unite per il commercio e lo sviluppo]     ha fallito tutti i suoi obiettivi; l’Oms [Organizzazione mondiale della salute] ammette sottovoce i suoi insuccessi mentre le grandi case farmaceutiche estendono il loro controllo; le infamie della triade Fmi, Banca mondiale e Wto sono note a chi frequenta Carta o il suo sito come chiunque voglia documentarsi eppure i   grandi media come le sinistre modernelle riescono a non vederne gli errori né gli insuccessi. Dietro quell’orribile trio ci sono i veri padroni del mercato globale: Chiquita, Nestlè, Novartis, Philip Morris, Shell, Siemens… ovviamente con l’intermediazione più o meno diretta dei Bush, dei Putin come del Mitterrand “africano” e “socialista”. Invitandoci a continuare la lotta, Ziegler ci ricorda i nomi – ignorati dai media o trattati come fossero un mix di panda e di sognatori – di chi si oppone con efficacia contro «l’ordine cannibale»: persone come la norvegese Gro Harlem Brundtland, Riccardo Petrella, il procuratore brasiliano Helio Bicudo, Sergio Vieira de Mello; oppure ong, fondazioni, associazioni gruppi come Antenna, Gain, Terre des hommes… Mentre «i cosmocrati» – cioè «i nuovi signori feudali» – si arricchiscono oltre ogni misura e tutti gli altri continuano a impoverirsi, l’offensiva delle grandi multinazionali – contro i sindacati e contro «la concorrenza sleale del vivente», ma persino contro il dono o la solidarietà – si copre di un comodo mantello, la lotta al terrorismo.«Assistiamo a una rifeudalizzazione del mondo» accusa Ziegler: con «500 transnazionali private» a controllare «il 52 per cento del prodotto interno lordo del pianeta» e con un sistema socio-giuridico e con rapporti di forza che garantiscono loro l’impunità per ogni crimine. Nel capitolo “La barbarie e il suo specchio” Ziegler invita «il movimento democratico a sconfiggere la doppia follia (…) della violenza irrazionale dei jihadisti e della barbarie dei cosmocrati» dichiarando inaccettabile «la scelta fra un impero esasperante e un medioevo insopportabile». Fra l’impero armato e il terrorismo in nome dio, altre vie sono percorribili e i nuovi movimenti le indicano. «Non sono un leader sindacale, né il capo di un movimento di liberazione, ma un intellettuale dai mezzi limitati. Il mio libro presenta una diagnosi» scrive Ziegler nelle ultime righe. «La distruzione dell’ordine cannibale del mondo è affidata ai popoli […] Di che cosa saranno fatte le sue vittorie e le sue sconfitte? Nessuno oggi conosce le risposte». Fra gli strumenti che non dobbiamo stancarci di usare anche la denuncia, «il potere della vergogna». Se la scoperta che miliardi di esseri umani sono privati, con la violenza e l’inganno, dei loro diritti – «lavoro, cibo, salute, conoscenza, libertà e felicità» –   induce a vergognarsi da qui possiamo partire per rifiutarci di accettare «la barbarie cosmocratica» e dare un piccolo aiuto per iniziare a smantellarla. «Bisogna rimettere il mondo nella giusta posizione, con la testa in alto e i piedi in basso. Bisogna distruggere la mano invisibile del mercato. L’economia non è un fenomeno naturale: è solo uno strumento che deve essere posto al servizio di un unico scopo, la ricerca della felicità comune».

 
 
 
 
 
 
 
 
 

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