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I QUATTRO PUNTI PER ADERIRE AL McPCL

 
I QUATTRO PUNTI PROGRAMMATICI DEL MOVIMENTO COSTITUTIVO DEL PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

(23 giugno 2006)

Il Movimento costitutivo del Partito Comunista dei Lavoratori intende recuperare e attualizzare il patrimonio programmatico del marxismo rivoluzionario riscattandolo dalla lunga rimozione teorica e pratica di cui è stato oggetto da parte della socialdemocrazia e dello stalinismo.
Questo recupero e attualizzazione si concentra su quattro assi di fondo che indichiamo come base politica di principio del nuovo movimento.

1 – RIVENDICHIAMO L’ INDIPENDENZA POLITICA DEL MOVIMENTO OPERAIO E DEI MOVIMENTI DI LOTTA DALLE FORZE DELLA BORGHESIA: dai suoi interessi, dai suoi partiti, dai suoi governi.
I marxisti rivoluzionari hanno sempre contrastato le politiche di collaborazione con le classi dominanti collocandosi all’ opposizione dei loro governi. Questo principio di indipendenza della classe lavoratrice dalla borghesia è, se possibile, ancor più attuale nell’odierna situazione storica. La crisi del capitalismo e il crollo dell’URSS hanno chiuso lo spazio storico del riformismo. Ogni coalizione di governo delle sinistre e dei “comunisti” con le forze della borghesia significa la loro corresponsabilizzazione alle politiche controriformatrici della classe dominante. Tutta l’ esperienza internazionale degli ultimi quindici anni lo riprova in forma inequivocabile: i governi di centrosinistra in Italia, il governo Jospin in Francia, il governo Lula in Brasile, hanno tutti amministrato e amministrano , in forme diverse, gli interessi della borghesia contro gli interessi dei lavoratori e delle grandi masse. Il nuovo governo Prodi-Padoa Schioppa, i suoi programmi annunciati in politica estera e politica sociale, si pongono sullo stesso terreno. Ed anzi riflettono una diretta investitura nel centrosinistra dei settori più significativi del grande padronato.
Intendiamo combattere questa politica nel nome di una linea alternativa. Siamo certo favorevoli all’ unità di classe dei lavoratori e dei movimenti di lotta delle classi subalterne, ma per una loro piena autonomia dalle forze avversarie e in funzione di un’alternativa vera. Solo l’ opposizione ai governi della borghesia può preparare le condizioni di un’ alternativa anticapitalistica. Solo l’ opposizione radicale ai governi della borghesia può strappare risultati concreti e conquiste parziali com’ è dimostrato dalla recente vittoria della rivolta sociale dei giovani e lavoratori francesi contro le misure di precarizzazione del lavoro.
Vogliamo dunque batterci per l’ unità di lotta di tutte le espressioni del movimento operaio e dei movimenti di massa attorno ad un autonomo polo di classe anticapitalistico.



 

I QUATTRO PUNTI II

 
2 – CI BATTIAMO PER LA CONQUISTA DEL POTERE POLITICO DA PARTE DEI LAVORATORI E DELLE LAVORATRICI, BASATO SULL’ AUTORGANIZZAZIONE DI MASSA, come leva della trasformazione socialista.
La prospettiva socialista è la ragione d’ essere del comunismo. I comunisti si battono contro un’ organizzazione capitalistica della società che concentra nelle mani di una piccola minoranza privilegiata tutte le leve decisive dell’ economia e il grosso della ricchezza sociale: un’ organizzazione capitalistica che si basa sullo sfruttamento del lavoro, sul saccheggio dell’ ambiente, sull’oppressione dei popoli; e che oggi conosce il prepotente ritorno delle politiche di potenza dell’ imperialismo e degli imperialismi per una nuova spartizione delle zone di influenza, per la conquista dei mercati, delle materie prime, della manodopera a basso costo. Solo il rovesciamento del capitalismo e dell’ imperialismo può liberare un futuro diverso per l’ umanità. Solo la proprietà sociale dei mezzi di produzione e delle leve della finanza può consentire la riorganizzazione radicale della società umana attorno al primato dei bisogni e delle esigenze collettive, e non del profitto di pochi.
La conquista del potere politico da parte delle classi lavoratrici è un passaggio decisivo di questa prospettiva di liberazione. Il potere dei lavoratori e delle lavoratrici non ha niente a che vedere né con la cosiddetta “democrazia partecipativa”, né con la dittatura burocratica di caste privilegiate. Esso si basa – come voleva Marx – sull’ autorganizzazione democratica dei lavoratori stessi, sulla revocabilità permanente degli eletti, sull’ assenza di ogni privilegio sociale degli eletti rispetto ai loro elettori come nei grandi esempi della Comune di Parigi e della rivoluzione russa delle origini. Contro l’ attuale dittatura degli industriali e dei banchieri – che si fa chiamare”democrazia” – si tratta di lottare per la democrazia autentica: il potere dei lavoratori e della maggioranza della società quale leva di riorganizzazione della società stessa.

 

I QUATTRO PUNTI III

 
3 – RIVENDICHIAMO IL LEGAME NECESSARIO TRA GLI OBIETTIVI IMMEDIATI E GLI SCOPI FINALI.
Come scriveva Marx, i comunisti difendono nel presente il futuro del movimento operaio e della prospettiva socialista. La coesione coerente tra rivendicazioni immediate e conquista del potere politico è un carattere decisivo della politica rivoluzionaria: contro ogni separazione tra minimalismo dell’ azione quotidiana e propaganda astratta del socialismo. Questa connessione – che fu alla base dei partiti comunisti delle origini – è tanto più attuale nel contesto odierno della crisi del capitalismo e del riformismo, laddove ogni seria lotta di massa per le esigenze immediate dei lavoratori tende a cozzare con le compatibilità sempre più strette del regime capitalistico, e viceversa ogni rinuncia alla prospettiva anticapitalista conduce in un vicolo cieco le stesse lotte immediate.
La necessità di ricondurre gli obiettivi immediati ad una prospettiva anticapitalista non riguarda solamente le rivendicazioni sociali della classe lavoratrice ma tutte le domande di emancipazione e liberazione: le domande di tutela della natura e dell’ ambiente, le rivendicazioni “pacifiste”, le domande di liberazione della donna, le stesse rivendicazioni anticlericali e per i diritti civili. Ognuna di queste domande cozza, direttamente o indirettamente con un’organizzazione capitalistica della società che fa del profitto l’unica sua religione e che si basa sulla violenza quotidiana dell’oppressione, della segregazione, dell’ ipocrisia, verso la maggioranza dell’ umanità. Ognuna di queste domande esige una risposta anticapitalistica.
Per questi il Movimento del Partito Comunista dei Lavoratori si impegna nella classe operaia e in ogni movimento di lotta dei settori oppressi della società per sviluppare la coscienza delle masse in senso anticapitalistico, per ricondurre ogni loro obiettivo alla necessità di un’ alternativa di sistema.
 

I QUATTRO PUNTI IV

 
4 – RIVENDICHIAMO LA NECESSITA’ DI UN’ ORGANIZZAZIONE RIVOLUZIONARIA DEI COMUNISTI.
Il movimento comunista nacque come movimento internazionale. Perché la prospettiva socialista è realizzabile compiutamente solo su scala internazionale, solo rovesciando la realtà internazionale del capitalismo e dell’ imperialismo.
Tanto più oggi il recupero di un’ organizzazione rivoluzionaria dell’avanguardia di classe internazionale è condizione indispensabile di un’ autentico rilancio di una prospettiva comunista. Tanto più oggi dopo il crollo dell’ URSS il quadro capitalistico è profondamente integrato sul piano mondiale. La realtà della cosiddetta “globalizzazione” capitalistica acuisce la concorrenza e le divisioni nella classe lavoratrice internazionale, tra diversi paesi e continenti. Ogni seria lotta di classe sul piano nazionale, persino al livello di singole categorie o grandi aziende, pone l’ esigenza di un raccordo internazionale con i lavoratori e le lotte degli altri paesi. Così ogni movimento di liberazione nazionale dei popoli oppressi contro l’ imperialismo – a partire dal popolo palestinese e dal popolo arabo in generale – indica l’ obiettiva necessità di una convergenza di lotta con la classe operaia dei paesi imperialisti: così come quest’ultima può e deve porsi nel proprio stesso interesse, l’ esigenza di un pieno e incondizionato sostegno ai movimenti di liberazione dei popoli oppressi, al loro diritto di autodeterminazione, alla loro azione di resistenza.
I comunisti, tanto più oggi, devono sviluppare in ogni lotta nazionale la consapevolezza della necessità di una prospettiva internazionale di liberazione. E al tempo stesso devono lavorare ad unire, su scala mondiale, tutte le rivendicazioni e domande delle classi oppresse per ricondurle ad una prospettiva socialista. Ciò implica il raggruppamento organizzato su scala internazionale dei comunisti rivoluzionari e dei settori più avanzati dell’ avanguardia di classe, al di là delle diverse provenienze e collocazioni attuali, sulle basi programmatiche e sui principi del marxismo.
Il Movimento Costitutivo per il Partito Comunista dei Lavoratori si impegna in questa direzione con tutte le proprie forze.
 
 
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Post N° 31

Post n°31 pubblicato il 06 Febbraio 2008 da pcltorino

E' con profondissima tristezza che vi informiamo della morte, sabato mattina, poco prima delle 11, del compagno Vito Bisceglie della Direzione del nostro partito e coordinatore regionale del Piemonte.

Il compagno si è spento in conseguenza di un tumore contro cui lottava da diversi anni con grande coraggio, mantenendo fino alla fine un ruolo centrale come dirigente nazionale del partito, ma anche come dirigente locale, non mancando praticamente, come moltissimi compagni sanno, alcun impegno: dagli articoli per il nostro giornale; a documenti di analisi e proposta politica sia su questioni sindacali che di politica internazionale (terreno su cui era particolarmente impegnato, ultimamente partecipando alla preparazione delle iniziative di boicottaggio della Fiera del Libro di Torino, per il suo carattere filosionista); alla partecipazione alle manifestazioni; ai volantinaggi davanti alle fabbriche.

Vito era nato in Puglia nel 1943 ed era emigrato a Torino bambino con la sua famiglia. Giovane operaio si era iscritto alla Federazione Giovanile del PCI alla fine degli anni '50. Rapidamente in conflitto con la politica riformista della burocrazia era entrato in contatto con la sezione italiana del Segretariato Unificato della IV internazionale, diretta da Livio Maitan, che allora praticava il cosiddetto "entrismo sui generis" nel PCI, e vi aveva aderito. Lì si era formato rapidamente come quadro dirigente operaio trotskista. Sul terreno della lotta operaia in senso stretto era, nel 1962, uno dei protagonisti dei famosi "fatti di Piazza Statuto", cioè l'assalto di migliaia di operai infuriati per un contratto bidone, non firmato dalla CGIL, alla sede provinciale della UIL torinese.

Quando nel 1968, la politica opportunista e rinunciataria di Maitan portò ad un tracollo dell'organizzazione trotskista in Italia, Vito fu uno dei pochi quadri dell'organizzazione che non si lasciò attrarre dalle sirene maoiste e/o spontaneiste, e contribuì in maniera importante al difficile e minoritario compito di ricostruzione dell'organizzazione (i Gruppi Comunisti Rivoluzionari) questa volta su basi indipendenti. Nel contempo era uno dei protagonisti dell'autunno caldo (lavorava come operaio specializzato alla Nebiolo) e nel 1970 entrava a far parte, primo marxista rivoluzionario nel dopoguerra, del Comitato Centrale della FIOM.

Nell'ambito dei GCR si contrapponeva sempre più apertamente al revisionismo teorico e all'opportunismo pratico della maggioranza maitaniana, creando insieme a Roberto Massari, sul piano nazionale ed anche internazionale una corrente di opposizione sotto il nome di Tendenza (poi Frazione) Marxista Rivoluzionaria.

Per queste sue posizioni veniva con metodi scorretti marginalizzato dalla maggioranza maitaniana dei GCR, proprio nel momento in cui subiva un licenziamento politico alla Nebiolo (dopo un breve periodo come funzionario FIOM, rientrava poi in produzione alla DEA, sempre nel settore metalmeccanico). Rotto con i GCR e poi con Massari, a causa delle oscillanti posizioni di quest'ultimo, per alcuni anni Vito sviluppava una attività politica centrata su Torino con diversi compagni attorno a lui. Con alcuni di questi alla metà degli anni '90 entrava nell'allora Associazione Proposta ( animatrice della sinistra rivoluzionaria del PRC e antesignana del PCL) e conseguentemente in Rifondazione. Diveniva da subito un  dirigente centrale inserito nella direzione di quella che era divenuta la Associazione Marxista Rivoluzionaria  e grazie alla battaglia antiriformista nel PRC, -che dirigeva nella situazione in cui la nostra corrente otteneva i maggiori consensi di voto congressuale- entrava nel CPN e nella Direzione di Rifondazione.

Era così, al momento della scissione, una dei sette promotori nazionali della nascita del movimento costitutivo del nostro partito, nel cui ambito il suo ruolo è come detto ben conosciuto a tutti

Da sempre impegnato con ruolo centrale nella battaglia internazionale, da ultimo nel CRQI, era stato uno dei delegati della AMR al suo congresso costitutivo a Buenos Aires nell'aprile del 2004. 

Quadro dirigente operaio rivoluzionario trotskista, sindacalista classista (ultimamente, ormai pensionato, era attivo nella rete 28 aprile), costruttore organizzativo, sempre convinto della centralità operaia, ma attento e partecipe di altri movimenti, con l'ottica della costruzione dell'egemonia marxista rivoluzionaria, Vito lascia un vuoto, umano e politico, difficilmente colmabile.

Ci stringiamo a sua moglie  Caterina, nostra militante e compagna di una vita, a sua figlia Anna, dirigente di "Socialismo Rivoluzionario", e ai/lle compagni della sezione di Torino.

Il miglior modo per ricordarlo e prendere esempio dalla coerenza di una vita di impegno politico che non si è mai piegato di fronte alle avversità e agli insuccessi e portare avanti la costruzione del PCL , come strumento per la rivoluzione socialista.

Non lo dimenticheremo.

Il Comitato Esecutivo del PCL

http://picasaweb.google.it/pcltorino/FuneraliVito?authkey=eWBZPn9AeMQ

 
 
 

Post N° 30

Post n°30 pubblicato il 21 Gennaio 2008 da pcltorino
Foto di pcltorino

BASTA  CON  LA  CONCERTAZIONE     DIFENDIAMO  I  DIRITTI  DEL  LAVORO

A giugno dell’anno scorso, in occcasione del referendum sulla piattaforma contrattuale dei metalmeccanici , nel pieno e consapevole attacco iniziato con lo smantellamento progressivo dello stato sociale, scrivevamo che i padroni avrebbero tentato, sull’onda del rinnovo del contratto del pubblico impiego, di prolungare i tempi di erogazione della parte economica contrattuale: oggi ci troviamo esattamente di fronte a questo risultato.

La proposta della Federmeccanica è basata sull’allungamento dell’erogazione salariale da 24 a 30 mesi.

Quando si afferma che i salari del nostro Paese sono i peggiori d’Europa, ma, contemporaneamente, nel contratto metalmeccanico si firmano accordi di 127 euro lordi al quinto livello (una minoranza di lavoratori metalmeccanici) e si allunga il biennio economico da 24 a 30 mesi distribuendo l’aumento in tre tranche ( 60 euro a gennaio 2008, 37 euro a gennaio 2009, 30 euro a settembre 2009), significa continuare a vendere fumo negli occhi , significa essere consapevolmente demagoghi al servizio del Padronato.

Non è casuale  che, per quanto riguarda il precariato, si definiscano in 44 mesi i tempi per il passaggio dal tempo determinato all’indeterminato. Una vera e propria truffa sulla pelle dei giovani.

Tutti denunciano salari troppo bassi, la perdita nell’ultimo periodo di 1900 euro annui, e che occorre “ governare” la flessibilità riducendola. Dopodiché si firmano accordi a perdere, si prolunga il tempo del contratto da 24 a 30 mesi, si accetta che un precario possa rimanere tale per 3 anni e mezzo per raggiungere il tempo indeterminato. Con questi criteri, solo un’infima minoranza passerà a tempo indeterminato, visto che la maggioranza dei contratti  a termine  sono di 6-12-24 mesi, ben al di sotto dei 3 anni e mezzo di continuità richiesti.

Basta con la concertazione, il cui unico risultato è stata la riduzione dei salari, la precarietà per milioni di giovani, il peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro attraverso la diminuzione  degli organici e l’aumento dei ritmi.

Il PCL rilancia con forza la sua indicazione della necessità che tutto il mondo del lavoro si unisca in una grande vertenza  generale intercategoriale  e generalizzata ai disoccupati e giovani per un forte recupero salariale, l’abolizione delle leggi di precarizzazione ( legge Biagi, ma anche pacchetto Treu), con la trasformazione  in contratto a tempo indeterminato di tutti i contratti precari, un salario minimo garantito di almeno 1200 euro netti, un salario ai disoccupati pari all’80% del salario precedente o del salario minimo.

A giugno dell’anno scorso, in occcasione del referendum sulla piattaforma contrattuale dei metalmeccanici , nel pieno e consapevole attacco iniziato con lo smantellamento progressivo dello stato sociale, scrivevamo che i padroni avrebbero tentato, sull’onda del rinnovo del contratto del pubblico impiego, di prolungare i tempi di erogazione della parte economica contrattuale: oggi ci troviamo esattamente di fronte a questo risultato.

La proposta della Federmeccanica è basata sull’allungamento dell’erogazione salariale da 24 a 30 mesi.

Quando si afferma che i salari del nostro Paese sono i peggiori d’Europa, ma, contemporaneamente, nel contratto metalmeccanico si firmano accordi di 127 euro lordi al quinto livello (una minoranza di lavoratori metalmeccanici) e si allunga il biennio economico da 24 a 30 mesi distribuendo l’aumento in tre tranche ( 60 euro a gennaio 2008, 37 euro a gennaio 2009, 30 euro a settembre 2009), significa continuare a vendere fumo negli occhi , significa essere consapevolmente demagoghi al servizio del Padronato.

Non è casuale  che, per quanto riguarda il precariato, si definiscano in 44 mesi i tempi per il passaggio dal tempo determinato all’indeterminato. Una vera e propria truffa sulla pelle dei giovani.

Tutti denunciano salari troppo bassi, la perdita nell’ultimo periodo di 1900 euro annui, e che occorre “ governare” la flessibilità riducendola. Dopodiché si firmano accordi a perdere, si prolunga il tempo del contratto da 24 a 30 mesi, si accetta che un precario possa rimanere tale per 3 anni e mezzo per raggiungere il tempo indeterminato. Con questi criteri, solo un’infima minoranza passerà a tempo indeterminato, visto che la maggioranza dei contratti  a termine  sono di 6-12-24 mesi, ben al di sotto dei 3 anni e mezzo di continuità richiesti.

Basta con la concertazione, il cui unico risultato è stata la riduzione dei salari, la precarietà per milioni di giovani, il peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro attraverso la diminuzione  degli organici e l’aumento dei ritmi.

Il PCL rilancia con forza la sua indicazione della necessità che tutto il mondo del lavoro si unisca in una grande vertenza  generale intercategoriale  e generalizzata ai disoccupati e giovani per un forte recupero salariale, l’abolizione delle leggi di precarizzazione ( legge Biagi, ma anche pacchetto Treu), con la trasformazione  in contratto a tempo indeterminato di tutti i contratti precari, un salario minimo garantito di almeno 1200 euro netti, un salario ai disoccupati pari all’80% del salario precedente o del salario minimo.

rispondiamo

con un secco NO!

al referendum sull’ipotesi di accordo

 

solo con la lotta si possono battere le resistenze   sia padronali sia governative.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 

Post N° 29

Post n°29 pubblicato il 18 Gennaio 2008 da pcltorino
Foto di pcltorino

Dalla Sapienza per una mobilitazione nazionale anticlericale


L’annullamento della visita del Papa all’università di Roma è un successo dell’iniziativa studentesca. Nonostante la clamorosa latitanza di tutte le sinistre di governo, una mobilitazione dal basso, determinata e radicale, ha imposto una battuta d’arresto all’invadenza clericale e al papismo veltroniano. Era ora.

Adesso è necessario allargare la mobilitazione.

Il Partito Comunista dei Lavoratori propone a tutte le sinistre e a tutte le forze dell’associazionismo laico lo sviluppo di un’iniziativa unitaria di lotta anticlericale su scala nazionale; che, partendo dalla difesa della 194 avanzi tre obiettivi di fondo:
1) la soppressione dei finanziamenti pubblici di scuole e università private e confessionale;
2) la fine della scandalosa esenzione fiscale dei beni ecclesiastici, riproposto con voto bipartisan nella finanziaria 2008;
3) l’esproprio delle grandi proprietà della chiesa per una loro destinazione ad uso sociale.

Sono rivendicazioni giuste, popolari, potenzialmente maggioritarie nella società italiana. Richiedono semplicemente una sinistra vera che abbia il coraggio di impugnarle, rompendo con il Pd di Veltroni e Binetti.

 
 
 

Post N° 28

Post n°28 pubblicato il 16 Gennaio 2008 da pcltorino

In risposta all’art. di Stefania Podda uscito su Liberazione di sabato 12 gennaio “ Se la cultura è lo specchio della politica, allora dobbiamo smettere di leggere?

 

 

 Anche dopo 50 anni di vita come esule Palestinese mi sento ancora sgomento per il modo in cui Israele e i suoi sostenitori continuano a negare il fatto che è passato mezzo secolo senza che Israele abbia restituito, riconosciuto o ammesso i diritti umani dei palestinesi e senza che, come i fatti mostrano senza alcun dubbio, questa sospensione dei diritti sia connessa alle politiche ufficiali di Israele…..la Nakba viene caratterizzata come un evento semi-fictional…causato da nessuno in particolare”   denunciava nel 1998 Edward Said a commento delle celebrazioni USA di “ i 50 anni di Israele”.

 

E i 10 anni che ci separano da quella data hanno segnato un’ulteriore devastazione della terra di Palestina e violazione dei diritti di tutto un popolo che rivendica la propria unità nelle sue tre parti: chi vive nei territori occupati, chi vive in Israele e chi vive in esilio nei campi profughi.

 

Lo storico ebreo israeliano Ilan Pappe non esita a parlare di genocidio nella Striscia di Gaza e di pulizia etnica in Cisgiordania.

La politica coloniale dello Stato di Israele è alle corde, costretta a ricorrere a pratiche estreme nel disperato tentativo di rendere onore alla strategia di dominio condensata nel famoso diktat sionista: “ una terra senza popolo per un popolo senza terra” .

 

Sono 60 anni di esilî, di espropriazioni, di saccheggi, di lutti infiniti per un popolo che vuole vivere in giustizia e libertà nella propria terra, e che non si arrende.

 

Non possiamo affidare le sorti del popolo palestinese ai pacifisti israeliani, i mondani  Grossman, Yehoshua, Oz, così ammirati  nell’occidente intellettuale per il loro bello scrivere e così consapevolmente utili al colonialismo sionista.

Perché, per costruire la pace giusta, bisogna che Israele riconosca i suoi torti, bisogna che Israele abdichi al suo progetto sionista di conquista coloniale , riconosca le pratiche terroriste messe in atto per instaurare il suo dominio in Palestina, si prenda la vergogna delle condizioni di emarginazione razzista cui ha ridotto gli arabi  dentro e fuori il suo Stato.

 

 Stefania Podda è in errore: il nostro messaggio, nel sostenere il boicottaggio alla Fiera del Libro 2008 di Torino, non è di smettere di leggere, anzi è di leggere di più e meglio. Le case di chi si sta preparando a boicottare questa Fiera sono stracariche di libri, riviste, giornali. Proprio perché amiamo la cultura, non vogliamo legittimare la scelta di onorare lo Stato di Israele, e organizzeremo tutte le nostre attività per far conoscere e sostenere gli scritti di chi propone come strada per una pace giusta la ricomposizione della Palestina storica , dove vivano in condizioni di uguaglianza i Palestinesi e tutti quanti scelgano questa terra come loro casa.

 

Solo il superamento dello Stato coloniale  può aprire il varco alla convivenza tra arabi ed ebrei in una Palestina in cui la piena autodeterminazione dei palestinesi possa convivere con il diritto all’autodeterminazione della minoranza ebraica.

 

 

Torino, 15/1/2008                       Vito Bisceglie – PCL Torino

 
 
 

Post N° 27

Post n°27 pubblicato il 07 Gennaio 2008 da pcltorino
Foto di pcltorino

Il congresso di fondazione del Partito Comunista dei Lavoratori; la relazione introduttiva del congresso sulla situazione politica nazionale, tenuta da Marco Ferrando, ha rivendicato con forza le ragioni del nuovo partito come sinistra anticapitalistica, basata sul mondo del lavoro, in aperta opposizione a un governo Prodi definito “comitato d’affari delle grandi imprese e delle banche”.
Nettissima è stata la denuncia delle sinistre di governo “arcobaleno” e del loro sostegno al governo: il loro voto alle missioni di guerra e al protocollo sul welfare è stato definito “un autentico ”tradimento”.
Partendo dalla proposta di una grande vertenza generale del mondo del lavoro attorno alla richiesta di un forte aumento dei salari e dell’abolizione di tutte le leggi di precarizzazione del lavoro, il PCL avanza rivendicazioni programmatiche apertamente anticapitalistiche: come la nazionalizzione delle banche (definite “associazioni a delinquere”), l’esproprio sotto controllo dei lavoratori delle aziende in crisi, che licenziano o responsabili di omicidi bianchi; l’esproprio delle grandi proprietà immobiliari della Chiesa.
La prospettiva rivendicata da Ferrando è quella di un governo dei lavoratori che liberi la società italiana dall’attuale “dittatura degli industriali e delle banche” per riorganizzare la società su basi socialiste.
Sul terreno politico istituzionale il PCL si batte per una legge elettorale interamente proporzionale contro tutte le proposte di “legge truffa” oggi oggetto di negoziato tra centrodestra e centrosinistra.
Forte è la difesa da parte del PCL della legge 194 contro quella che è stata definita “l’arroganza reazionaria della Chiesa”.
In conclusioni, la proposta avanzata è quella “una sinistra che non tradisca” alternativa a centrodestra e centrosinistra: una proposta rivolta innanzitutto ai lavoratori, ma anche ai tanti militanti e iscritti oggi in crisi di una sinistra di governo definita “in coma profondo e irreversibile”.

 
 
 

Post N° 26

Post n°26 pubblicato il 20 Dicembre 2007 da pcltorino

Nota sul referendum alla Meccanica Mirafiori

 

 

L’accordo che FIM-Fiom-UILM provinciale hanno firmato con la Fiat per introdurre i 17 turni lavorativi alla Powertrain – Meccanica Mirafiori è stato bocciato dai lavoratori.

Dopo una fitta discussione tra lavoratori e delegati sul rapporto tra turni lavorativi e situazione degli organici, i lavoratori hanno discusso evidenziando le contraddizioni delle burocrazie sindacali quando, per avallare la loro tesi del buon accordo sui 17 turni, affermavano che in cambio, entro il 2010, la Fiat avrebbe  trasformato da tempo determinato a tempo indeterminato i 250 precari e apprendisti.

In un loro volantino i Sindacati Confederali Provinciali concludevano la loro posizione favorevole ai 17 turni con una frase sibillina: “ Se il referendum boccia l’accordo è chiaro che occorre lottare per la ripresa della trattativa.”

Bene hanno fatto i nostri compagni a volantinare contro tale accordo. Molti lavoratori hanno compreso l’importanza che veniva ad assumere il respingere i 17 turni.

 

Il risultato del referendum è stato : Si 571= 45% 

                                                        No 693= 55%

 

 

Movimento Costitutivo del Partito Comunista dei Lavoratori

 

SEZIONE DI TORINO

 
 
 

Post N° 25

Post n°25 pubblicato il 16 Dicembre 2007 da pcltorino
Foto di pcltorino

CONTRO  IL  SUPERSFRUTTAMENTO

                 UN SECCO  NO  AI  17 TURNI

L’accordo che  FIM-FIOM-UILM hanno sottoscritto con la FIAT il 13 dicembre 2007 è l’ennesima dimostrazione che  la burocrazia sindacale é parte integrante di quella concertazione che tanto danno ha prodotto sulla pelle dei lavoratori.

Il portare la lavorazione a 17 turni alla Meccanica (Powertrain)e a 18 turni a Pomigliano d’Arco e a Termini Imerese non è altro che un aumento dello sfruttamento operaio.

Non si può gridare allo scandalo delle morti bianche se contemporaneamente i Sindacati Confederali, in nome della concertazione, trattano su un prolungamento dei turni di lavoro, accettando in questo modo la saturazione degli impianti, il dover lavorare il sabato mattina, i giorni festivi, iniziando il turno successivo la domenica notte. Sono le turnazioni, gli straordinari, gli aumenti dei carichi di lavoro, la riduzione degli organici i responsabili delle tragedie sul lavoro.

Non si può addolcire la pillola dello sfruttamento con l’impegno dell’azienda di assumere 250 lavoratori entro il 2010: è il classico specchietto per le allodole.

Occorre che i lavoratori, i delegati respingano questo maggior sfruttamento che significa intensificazione dei ritmi: altro che tempo di lavoro liberato! Che fine ha fatto tutta la demagogia dei burocrati sulla riduzione dell’orario di lavoro? Che fine ha fatto la grande discussione politico-culturale del tempo liberato dal lavoro per mezzo delle 35ore?

E’ la saturazione degli impianti, la diminuzione degli organici, il lavoro precario che ha portato a bassi salari, a gravi infortuni, non solo alla ThyssenKrupp, ma anche a Mirafiori: l’incidente avvenuto in Carrozzeria la notte tra l’1 e il 2 novembre è stato talmente grave che quel lavoratore è tuttora all’ospedale.

In realtà la classe operaia continua a produrre con il suo lavoro ricchezza che le viene estorta dai profitti in crescita esponenziale: soffre di uno sfruttamento e di una intensità di lavoro anche superiore al passato. In cambio riceve bassi salari e paga i suoi sacrifici con migliaia di morti e centinaia di migliaia di feriti l’anno.

Per combattere questa realtà che i demagoghi del Centrosinistra e della Sinistra governista denunciano a parole, ma nulla fanno per debellare realmente, è necessario un programma anticapitalista che implichi l’instaurazione del controllo operaio su tutti gli aspetti della vita in fabbrica.

Per queste ragioni invitiamo i lavoratori, i delegati a battersi nelle assemblee e nel referendum contro questo accordo sciagurato.

                                Votiamo e facciamo votare NO

               al referendum sull’accordo dei 17 turni settimanali

 

 
 
 

Post N° 24

Post n°24 pubblicato il 14 Dicembre 2007 da pcltorino
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SULLA BASE DI VICENZA SINISTRA ARCOBALENO CONTRADDITTORIA

''La manifestazione nazionale di  Vicenza contro basi e missioni militari sara' una prova molto impegnativa per la Sinistra-arcobaleno''. Lo afferma Marco Ferrando, del Movimento per il Partito comunista dei lavoratori (Pcl), secondo il quale ''il suo silenzio di fronte alle rassicurazioni di D'Alema e Napolitano al governo Usa circa l'irreversibilita' delle decisioni assunte sulla base militare e ancor piu' il voto favorevole delle sinistre di governo ad una
legge finanziaria che aumenta dell'11% le spese militari, sono in totale contraddizione con lo spirito della manifestazione e col senso comune del popolo della sinistra''.

''Dopo aver celebrato solennemente, a Roma, la propria (dubbia) unita' la Sinistra-Arcobaleno si espone alla scissione con il Movimento e con larghi settori della propria base: che sono stanchi dell'infinita doppiezza tra parole e fatti, e si faranno sentire.
Il Partito Comunista dei Lavoratori partecipera' alla manifestazione con una parola d'ordine chiara:
'Basta ipocrisie. Nessun compromesso sulla guerra. Rompere col governo Prodi'''.

 

 
 
 

Post N° 23

Post n°23 pubblicato il 14 Dicembre 2007 da pcltorino

Basta  con le lacrime di coccodrillo!

 

Sono anni che i lavoratori, i delegati delle grandi e piccole fabbriche, così come  i lavoratori esternalizzati, gli edili ecc…denunciano pessime condizioni di lavoro.

 

Oggi, consumata l’ennesima tragedia sul lavoro, Governo, Confindustria e Sindacati Confederali versano lacrime di coccodrillo, fingendo cinicamente di non sapere che essi sono i primi veri responsabili della strage alla Thyssen Krupp di Torino.

 

Chi ha difeso in questi anni il lavoro precario, le esternalizzazioni, la legge Treu, per non parlare della legge 30 (legge Biagi)?

Quando, con l’ultima Finanziaria, si stabilisce la defiscalizzazione degli straordinari, la tragedia è dietro la porta.

Quando si afferma che i salari del nostro Paese sono i peggiori d’Europa, ma, contemporaneamente, si chiedono aumenti contrattuali di  solo 117 euro, significa che o si vende fumo negli occhi o si è consapevolmente demagoghi al servizio del Padronato.

 

Non si può gridare allo scandalo delle morti bianche se contemporaneamente Sindacati e Padronato, in nome della concertazione, trattano sui 17-18 turni per la meccanica Mirafiori, Pomigliano d’Arco, Termini Imerese, accettando in questo modo la saturazione degli impianti, il dover lavorare il sabato mattina, i giorni festivi, iniziando il turno successivo la domenica notte.

 

Dove si va a parare in questo modo? Perché si accetta il supersfruttamento dei lavoratori, creando  le condizioni per continue tremende sciagure?

 

Sono le turnazioni, gli straordinari, gli aumenti di carichi di lavoro, la riduzione degli organici i responsabili di tali tragedie.

 

Occorre aprire una vertenza generale per il recupero del salario dall’inflazione-vedi ripristino della scala mobile-, occorre abolire la legge 30 e la legge Treu: ci servono forti aumenti salariali uguali per tutti, bisogna batterci per eliminare il supersfruttamento delle cosiddette Cooperative o delle piccole imprese appaltatrici definendo un salario minimo intercategoriale di almeno 1200 euro netti al mese.

 

 Basta con la concertazione il cui unico risultato sono stati la diminuzione di salari e pensioni, la precarietà di lavoro per milioni di giovani, il peggioramento delle condizioni di lavoro attraverso la diminuzione degli organici e l’aumento dei ritmi.

 

Apriamo una consultazione tra tutti i lavoratori per definire una piattaforma rivendicativa generale in modo da rispondere alle tragedie delle morti sul lavoro con uno sciopero generale intercategoriale nazionale.

 

             Solo con la lotta si possono battere le resistenze sia padronali sia governative.

 

 BASTA  CON  LA  CONCERTAZIONE   --  DIFENDIAMO  I  DIRITTI  DEL  LAVORO

 

 
 
 

Post N° 22

Post n°22 pubblicato il 10 Dicembre 2007 da pcltorino

La strage della Thyssen-Krupp di Torino evidenzia la realtà dello sfruttamento capitalistico

La gravissima strage della Thyssen-Krupp di Torino, evidenzia ancora una volta la realtà dello sfruttamento capitalistico nel nostro paese. Si dovrebbero vergognare quegli ipocriti politici e commentatori che in questi decenni, a desta come a sinistra e a volte anche all'"estrema sinistra" hanno parlato assurdamente di "fine della classe operaia" o società "postindustriale".



In realtà la classe operaia produttiva esiste come prima; continua col suo lavoro a produrre ricchezza, che gli viene estorta dai profitti in crescita esponenziale; soffre di uno sfruttamento ed una intensità di lavoro anche superiore al passato. In cambio riceve bassi salari, sempre più ridotti in termini reali, e paga i suoi sacrifici con migliaia di morti e centinaia di migliaia di feriti l'anno. E questo non solo nelle piccole aziende o nel lavoro precario , ma anche, come dimostra il caso della Thyssen-Krupp, nella grande industria.



Per combattere questa realtà, che i demagoghi ipocriti del centrosinistra e della sinistra governista denunciano a parole, ma nulla fanno per debbellare realmente, è necessario un programma anticapitalistico che implichi l'instaurazione generale di un vero controllo operaio su tutti gli aspetti della vita in fabbrica e la nazionalizzazione immediata senza indennizzo e sotto controllo dei lavoratori delle industrie di morte, obbiettivo che, come Partito Comunista dei Lavoratori, lanciamo oggi con forza rispetto alla Thyssen-Krupp.

movimento per il Partito Comunista dei Lavoratori

 
 
 
 
 

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