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Un blog creato da desio_5_stelle il 09/02/2010

desio 5 stelle

trasparenza & partecipazione per il bene comune

 
 

AREA PERSONALE

 

I CANDIDATI SI PRESENTANO

 

26 NOVEMBRE 2010 - TUTTI A CASA!!!

Le dimissioni del sindaco non sono arrivate, la mozione di sfiducia non è stata votata in consiglio, ma ciò che conta è l'ottimo risultato raggiunto oggi, 26 Novembre 2010: 17 CONSIGLIERI (PD, DESIO VIVA, IDV, LEGA, DESIO 5 STELLE) MEDIANTE DIMISSIONI CONTEMPORANEE QUESTA MATTINA HANNO RESPONSABILMENTE MESSO LA PAROLA FINE AL DISASTROSO MANDATO MARIANI BIS.

E' quello che aspettavamo dal 26 luglio, esattamente 4 mesi fa, quando abbiamo proposto la mozione di sfiducia.

Finalmente la parola torna ai cittadini.

 

DESIO 5 STELLE AL FORUM GIOVANI

MICOL CASTELLANI e DAVIDE TRIPIEDI al FORUM GIOVANI

 

 

GUARDA IL VIDEO: "LA MAFIA A DESIO"

 

 

INCENERITORE DI DESIO

In questo breve filmato la nostra battaglia per l'alternativa al nuovo (e al vecchio) inceneritore, in difesa di SALUTE, AMBIENTE e TASCHE dei CITTADINI!!! 

 

RICORSO AL TAR CONTRO PEDEMONTANA

I Comitati di cittadini di Bovisio Masciago, Cesano Maderno e Seveso fanno ricorso al TAR contro Pedemontana
 

E' NATO IL MOVIMENTO 5 STELLE!

fatto di cittadini, incensurati e lontani da tutti i partiti, che vogliono riappropriarsi della Politica per il bene comune contro gli interessi dei soliti noti!

 

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Stop al Consumo di Territorio

 

 

Desio, metrotramvia: rinviata la scadenza della gara d'appalto

Post n°186 pubblicato il 26 Ottobre 2011 da te.miti

Desio, metrotranvia: rinviata la scadenza della gara l’appalto

da il giornale di desio

articolo di spd

 

Timore di perdere il finanziamento di 128 milioni dallo Stato per la costruzione dell’opera

DESIO - NOVA MILANESE  Doveva essere la settimana della svolta per la metrotranvia. Il 18 ottobre era da tempo segnato in agenda come la data in cui si sarebbe concluso l’iter della gara di appalto avviato in primavera. Per martedì scorso era fissato il termine per la presentazione delle offerte da parte della ventina di aziende che partecipano al bando per la progettazione esecutiva e la realizzazione dell’infrastruttura. Invece la scadenza è stata prorogata, pare per la mancanza di alcuni documenti tecnici. Il protocollo di intesa per la moderna linea ferrata che andrà a sostituire il vecchio tram, mandato in pensione il primo ottobre, era stato firmato ad inizio 2010. Secondo il ruolino dimarcia allora comunicato, i cantieri avrebbero dovuto essere aperti nel settembre 2011: invece non si è ancora neanche terminato l’iter per l’affidamento dell’opera. Lungaggini che fanno preoccupare gli amministratori locali, in preda alla «sindrome vimercatese», cioè la paura che dopo la chiusura della secolare tranvia, la promessa metro diventi una chimera, più o meno come andò a Vimercate una trentina d’anni fa. Se non sarà sottoscritto un atto formale prima di fine anno, il timore è che possano venire meno i finanziamenti statali all’opera: 128 milioni di euro stanziati dal Cipe su un totale di 230 milioni di costi.

Lunedì scorso la riunione a Milano tra tutti i Comuni interessati, le le Province ed Atm, era fissata anche per fare il punto sulla situazione dopo la sostituzione del tram coi bus. «I dati del monitoraggio svolto in queste settimane sono buoni per i tempi di percorrenza e l’uso dei mezzi - ha comunicato l’assessore alle infrastrutture desiano Daniele Cassanmagnago - Abbiamo chiesto di ripeterlo per verificare il funzionamento con le condizioni meteo che peggioreranno e il conseguente incremento del traffico. Nel dettaglio abbiamo chiesto ad Atmdi intervenire spostando la nuova fermata di corso Italia 191 che ha sottratto quattro posti auto e di sistemare il piazzale nei pressi del vecchio deposito. Altre richieste riguardano invece la metro: chiediamo alla Provincia di Milano un tavolo e urgenti comunicazioni per affrontare la questione espropri e conoscere i tempi esatti della gara. Vogliamo certezze ». Da Nova si sottolineano gli interventi ancora da fare per la linea sostitutiva su gomma. «Gli accordi presi con Atm non sono stati rispettati in toto - ha sottolineato il sindaco novese Laura Barzaghi - La fermata Garibaldi-Parco Vertua in direzione Milano va spostata più avanti per consentire ai bus di accostare a lato ed evitare incolonnamenti. In senso opposto, per lo stesso motivo, andrebbero create rientranze a destra, coprendo i binari, per le fermate in direzione Desio. Inoltre ci arrivano segnalazioni di orari non rispettati nelle ore di punta».

La proposta dei Municipi di spostare il capolinea milanese da Niguarda a Bignami una volta che sarà attivata la nuova linea M5 non ha ricevuto ancora risposte. Una prossima riunione tra Atm e tutti i Comuni è stata fissata per metà novembre

 
 
 

buone notizie da desio

Post n°185 pubblicato il 25 Ottobre 2011 da te.miti

Desio – La giunta Corti punta sulla legalità e sul sostegno ai disoccupati

di btx

Desio - Contenimento della spesa, sostegno al lavoro, lotta alla criminalità organizzata e politiche di partecipazione attiva della cittadinanza, le novità della Giunta Corti illustrate in settimana in conferenza stampa.

La prima, forse la più sostanziale, riguarda la modalità con cui è stato redatto il piano triennale delle opere pubbliche. Niente voli pindarici e investimenti milionari in opere pubbliche, la Giunta ha voluto sottolineare un metodo di lavoro improntato al buon senso e alla prudenza nel fissare le priorità.
Il Comune, data la limitata capacità di spesa imposta dai vincoli restrittivi del patto di stabilità (nel 2012 il rapporto tra le spese e le entrate sarà di 1 a 4), si impegnerà principalmente nella manutenzione ordinaria, in particolare nel rattoppare le strade piene di buche trascurate da anni.
Nel solo 2010, sono arrivate al comune di Desio trecento trenta richieste di risarcimento per danneggiamenti ai veicoli causati dalla buche stradali, per un valore complessivo di circa € 660.000.

Non sono previsti, per il momento, altri lavori pubblici, a eccezion fatta per la palestra di San Giorgio e per la riqualificazione della vecchia palazzina dei vigili. Le rimanenti opere in conto capitale sono state demandate in un secondo tempo, quando cioè sarà pronto l’inventario del patrimonio immobiliare comunale la cui stima consentirà di ragionare in termini di valorizzazione e recupero dell’esistente.

Se la crisi impone un ridimensionamento nelle previsioni di spesa, anche sul fronte della gestione quotidiana di alcuni servizi comunali la situazione non è rosea. L’attuale personale dipendente comunale non è in numero sufficiente per svolgere tutta una serie di attività richieste per il buon funzionamento della macchina amministrativa. È il caso della pulizia dei parchi, dello svolgimento delle iniziative culturali, della gestione della biblioteca, della sistemazione degli spazi verdi all’interno delle scuole, della manutenzione edile degli edifici comunali e infine del riordino dell’archivio della polizia locale.
Per provvedere a queste attività, avendo al contempo un occhio di riguardo nei confronti di soggetti più deboli e maggiormente colpiti dall’attuale crisi economica, il comune di Desio ha dato il via libera alla sperimentazione del sistema dei buoni lavoro o voucher.
Utilizzati per pagare prestazioni di lavoro occasionale, i buoni lavoro sono riservati soltanto a determinate categorie di persone, le più bisognose: disoccupati, studenti, cassaintegrati e lavoratori in mobilità
Retribuiti con Voucher Inps del valore di 10 euro all’ora, (esente da imposizione fiscale e valido ai fini dell’accantonamento previdenziale presso l’inps), il compenso annuale non potrà essere superiore a 5.000 euro (le modalità del bando sono pubblicate sull’albo pretorio a partire da lunedì 24 ottobre, e i termini di presentazione delle domande sono rintracciabili sul sito del comune).

Sul fronte della lotta alla criminalità organizzata la novità è data dal Protocollo di Legalità firmato il 19 ottobre scorso alla prefettura di Milano, alla presenza del ministro Maroni.
Il Protocollo, sottoscritto da sei comuni della provincia brianzola (Desio, Bovisio, Limbiate, Muggiò, Nova Milanese e Varedo), insieme ad altri venti della provincia di Milano, prevede che tutte le amministrazioni firmatarie si impegnino a diffondere buone pratiche di legalità sul territorio e promuovere iniziative comuni, come la condivisione di informazioni e la creazione di banche dati, indispensabili per combattere le infiltrazioni della criminalità organizzata.
Il prefetto di Monza, Renato Sacconi, ha dichiarato di voler procedere al più presto alla creazione della stazione unica appaltante, già adottata in Sicilia e in Calabria, a cui gli enti locali possono rivolgersi per affidare la gestione degli appalti. Questa iniziativa si accompagnerebbe alle “white list” preannunciate da Maroni, in grado di fornire l’elenco delle aziende “trasparenti”, libere cioè dal controllo mafioso.
Entrando nello specifico del protocollo, uno degli obiettivi principali è di garantire correttezza, trasparenza ed efficienza dell’azione amministrativa.
E' alto, infatti, il rischio di infiltrazione mafiosa nella pubblica amministrazione per cui è necessario tenere sotto controllo il personale, in modo da verificare che sia effettivamente preparato, che si alterni negli incarichi, che sia designato anche dagli ordini professionali e che sia ligio nel rispetto della normativa in materia di appalti pubblici.
Allo stesso modo è importante segnalare alle forze di polizia sospette trasformazioni d’uso dei terreni, qualora vi siano elementi tali da far presumere arricchimenti da parte di soggetti vicini alla criminalità organizzata.
Sotto questo punto di vista il ministro dell’interno si è complimentato con il Comune di Desio per il coraggio dimostrato nell’adottare una variante al piano di governo del territorio che prevede di restituire al verde agricolo circa un milione di mq. grazie alla cancellazione del 60% delle aree di nuova urbanizzazione.

L’amministrazione comunale di Desio ha deciso di aderire anche all’associazione “Avviso pubblico”, attiva nella formazione degli amministratori pubblici e nella diffusione della cultura della legalità, insieme a “Libera” e “SOS Racket”.

Infine l’attività che sta promuovendo l’assessore alla Partecipazione, Cristina Redi, con il primo incontro organizzato dal comitato di quartiere San Vincenzo Spaccone, per sostenere e aiutare tutti coloro che vogliano attivare processi partecipativi sul territorio, coadiuvati nel prossimo anno anche dall’aiuto di facilitatori. Il tutto per permettere ai cittadini di riappropriarsi dei loro spazi di vita. 

 
 
 

Raggiunto l'obiettivo di ZeroPrivilegi: depositate in Regione 11.210 firme di cittadini lombardi.

Post n°184 pubblicato il 11 Ottobre 2011 da te.miti
 

11.210 cittadini lombardi – di cui ben 3.500 brianzoli - hanno firmato per la riduzione dei costi della politica in Regione Lombardia

DEPOSITATE LE FIRME IN REGIONE del Progetto di Legge di Iniziativa Popolare

Consegnato in Regione Lombardia lotto di 11.210 firme, più del doppio del necessario (5.000 firme) per depositare un Progetto di Legge Regionale di Iniziativa Popolare (P.L.R.I.P.), avviando così l’iter per l’esame e la discussione in Regione della legge.

Il Progetto di Legge, illustrato ed argomentato sul sito web del Comitato Promotore  www.zeroprivilegi.org il cui primo e principale sostenitore è il MoVimento 5 Stelle della Lombardia, si pone l’obiettivo di ridurre di decine di milioni di euro i costi della politica in Lombardia, combattendo gli sprechi della cosiddetta “Casta” politica pagati dalla collettività, a cominciare dagli spropositati costi del Consiglio Regionale della Lombardia per stipendi, diarie, trasferte, vitalizi, indennità varie, dei Consiglieri Regionali.

Gli obiettivi del Progetto di Legge sono:

1. dimezzare i compensi dei consiglieri regionali (indennità mensile e diaria)

2. eliminare il vitalizio oggi spettante al consigliere

3. eliminare l’indennità di fine mandato

4. ridurre e regolamentare in modo più rigoroso e controllabile le spese per gli spostamenti e per le missioni

per arrivare ad una riduzione complessiva dei costi pari al 54%, traducibile in oltre 58 milioni di euro nell’arco di un mandato (cinque anni) del Consiglio Regionale lombardo.

 

- La risposta dei cittadini brianzoli è stata straordinaria. Persone di tutti gli orientamenti politici e sociali sono venuti ai banchetti o si sono recati nei comuni per apporre la propria firma a sostegno del Progetto di Legge. Nella maggior parte dei casi hanno accompagnato l’atto della firma con l’esternazione della propria indignazione per come un Casta autoreferenziale continui ad approfittare di una serie di privilegi che si è assegnata, quando i cittadini si trovano ad affrontare una durissima crisi, e vengono loro tagliati servizi essenziali, per necessità di bilancio che la medesima Casta ha portato al dissesto.

 
 
 

Statale 36 dieci anni per 4 km: la Corte dei Conti vuole 60 milioni

Post n°183 pubblicato il 06 Ottobre 2011 da te.miti

Statale 36 dieci anni per 4 Km: la Corte dei Conti vuole 60 milioni

da il fatto quotidiano

articolo di Daniele Martini

 

GRANDI IMPRESE di costruzioni, dirigenti Anas, progettisti, manager: attenzione. Per tutti voi d’ora in avanti sarà un po’ meno facile menare il can per l’aia con i lavori iniziati e mai finiti che succhiano soldi pubblici a tutto spiano, impoveriscono lo Stato e danneggiano i cittadini. Per tutti voi sarà un po’ più rischioso nascondervi dietro norme e codicilli scaricandovi l’un con l’altro il barile della responsabilità, senza pagare mai dazio. Al termine di un’indagine affidata al gruppo per la tutela della spesa della Finanza di Roma sui lavori infiniti per la costruzione dei quattro chilometri della statale del lago di Como, la via di cui un anno fa si occupò il Fatto definendola la “strada dei furbetti”, il vice procuratore generale della Corte dei Conti del Lazio, Massimo Minerva, ha avviato una procedura per ottenere un maxi risarcimento danni: oltre 56 milioni di euro da 14 soggetti a vario titolo ritenuti responsabili dello sperpero.

LA RICHIESTA si basa su un principio elementare: chi sbaglia paga e risarcisce la collettività danneggiata. E non metaforicamente, ma mettendosi le mani in tasca. Che di errori nella progettazione e poi nell’esecuzione dei lavori per la statale del lago di Como ne siano stati fatti è indubitabile, così come è fuori discussione che i danni per l’erario siano ingenti. Per quei 4 chilometri di asfalto non ancora finiti dopo 10 anni e affidati con una gara all’Impregilo della triade Benetton-Gavio-Ligresti, lo Stato fino ad oggi ha pagato la bellezza di circa 230 milioni di euro, cioè quasi 60 milioni a chilometro, molto più del doppio dell’importo preventivato all’inizio dei lavori. Secondo le ultime previsioni ufficiali la statale lombarda forse sarà pronta alla fine del 2013 e quindi per completarla lo Stato dovrà tirar fuori altri quattrini. Se il taglio del nastro dovesse avvenire davvero a quella data, significherà che i lavori avranno proceduto allo stratosferico ritmo medio di 36 centimetri all’anno, quanto due mattonelle di casa. Neanche al tempo dei faraoni. Tra i soggetti a cui la Corte dei conti chiede il risarcimento non ci sono, però, il presidente e i consiglieri Anas. E la scelta è abbastanza sorprendente se si considera che 10 anni fa il progetto della Statale del lago di Como fu valutato, approvato e deliberato dai quattro consiglieri di amministrazione di allora, più il presidente Vincenzo Pozzi, sotto gli occhi del collegio sindacale e la vigilanza del magistrato della stessa Corte dei conti nell’azienda delle strade. E se si pensa, inoltre, che anche i nuovi vertici Anas, a cominciare dal presidente, Pietro Ciucci, hanno preso decisioni importanti e opinabili per la Statale 36, come quella risalente al 2008 del pagamento senza batter ciglio di oltre 50 milioni di euro di danni all’Impregilo in seguito ad un lodo arbitrale che addossava la responsabilità all’Anas per gli incredibili ritardi accumulati. In quell’occasione Impregilo era rappresentata da Alberto Linguiti, figlio di Aldo, vice avvocato generale dello Stato. Il risarcimento maggiore, il 60 per cento del totale, cioè 33 milioni e 680 mila euro, i magistrati contabili lo chiedono alla società Bonifica. Il motivo è semplice: furono i tecnici di Bonifica a preparare il progetto di quella strada, un elaborato in teoria banale, in una zona senza particolari problemi idrogeologici. In pratica, però, quel piano si è rivelato un disastro, con una sequela di errori da dilettanti allo sbaraglio.

AMMINISTRATORE di Bonifica era Massimo Averardi che forse per ricompensa per quel progetto colabrodo qualche tempo dopo fu assunto dall’Anas con l’incarico di direttore della progettazione. Nel progetto della Statale 36 non furono indicati, per esempio, decine e decine di quelli che in termine tecnico si chiamano i sottoservizi, cioè le condutture e le reti di luce, gas e acqua. Con il risultato che, non sapendo che cosa esattamente andavano a scavare, ruspisti e operai si imbattevano in continuazione in “imprevisti” che in realtà non avrebbero dovuto essere tali. Un enorme tubo della rete Snam del diametro di 2 metri, cioè una delle dorsali principali italiane del gas, nel progetto di Bonifica, tanto per citare un caso, era indicato come un tubetto di 20 centimetri. E decine e decine di aree su cui doveva passare il tracciato della strada nella realtà non erano disponibili, cioè non era stato preso alcun accordo preventivo con i proprietari, o addirittura quelle superfici erano state ignorate con stravaganza dal progettista.

QUANDO gli errori di progettazione comportano un aumento di spesa complessiva superiore del 20 per cento rispetto all’importo fissato al momento della gara, per legge bisogna buttare tutto all’aria, rifare il progetto e ricominciare da capo. La Statale 36 si trovava abbondantemente in questa situazione, tanto che diversi dirigenti Anas, compresi alcuni di quelli oggi chiamati a risarcire i danni, suggerirono questa soluzione drastica ai vertici aziendali per evitare ulteriori guai. Che, infatti, si sono puntualmente verificati. Ma i vertici Anas si impuntarono e chissà perché decisero che i lavori dovevano proseguire (si fa per dire, naturalmente). L’unica cosa che è andata spedita sono stati invece i contenziosi, le penali, le varianti e gli arbitrati. I quattro chilometri della statale del lago di Como sono tuttora incompiuti, esempio mondiale di come non si deve costruire.

 
 
 

Se a dominare in Italia è la criminalità organizzata: l'opinione di Massimo Carlotto

Post n°182 pubblicato il 29 Settembre 2011 da te.miti
 

Se a dominare in Italia è la criminalità organizzata: l’opinione di Massimo Carlotto
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di btx

A proposito del suo ultimo libro, presentato alla decima edizione del Festival di narrativa poliziesca in corso a Monticello Brianza dal 25 settembre al 9 ottobre La passione per il delitto, Massimo Carlotto è stato molto categorico. Con il romanzo Alla fine di un giorno noioso, ambientato in un nord-est ormai dominato dalla criminalità organizzata, lo scrittore padovano ritiene di aver illustrato una situazione destinata a restare immutata nei prossimi anni. Soprattutto per via del fatto che stenta a partire di questi tempi una grande inchiesta della magistratura E così ha deciso di abbandonare la narrazione noir del nord est per un po’ di anni e di dedicarsi ad altro perché dal punto di vista dell’intreccio tra politica e criminalità non c’è più molto da aggiungere.

Che si sia oltrepassato ogni limite? Tornando al tono di disperato disincanto con cui Carlotto ha contraddistinto il suo intervento, viene spontaneo chiedergli: ma com’è questa Italia e cosa sta succedendo nel territorio dei padanos dove l’illegalità è così diffusa e coinvolge tante persone? 

Parlando ad un folto pubblico intervenuto per l’occasione, Carlotto ha così motivato le sue ragioni.
“Premesso che attraverso lo strumento nuovo del libro giallo molti autori italiani abbiano in realtà fatto del vero e proprio giornalismo di inchiesta, il genere letterario poliziesco in qualche modo è stato un anticipatore (vedi Wu Ming, New italian epic, Einaudi 2009). Qualche anno fa ho scritto un romanzo sull’inquinamento, Perdas de fogu, insieme ad un collettivo di scrittori. Da una inchiesta di duemila pagine abbiamo scritto un romanzo di 160 proprio per denunciare l’inquinamento bellico di un poligono sperimentale della Nato in Sardegna che veniva affittato alle aziende private a 50.000 euro all’ora. Nel 2011 arriva un giudice che sequestra tutto e determina la fine del Poligono. Questo libro, allora, è stato il motore di una denuncia poi acquisita dal Parlamento europeo. Ma un giorno ci siamo guardati in faccia e abbiamo capito che il giornalismo d’inchiesta, nonostante bravissimi giornalisti, non ha la possibilità di raccontare certe cose, sia che si tratti della mafia cinese su cui da anni non si leggono più articoli anche in conseguenza di un accordo politico-economico, o della funzione antirussa della mafia kossovara.

Oggi la criminalità organizzata ha una grossissima incidenza nella società italiana, tuttavia ci viene raccontato ben poco. E così è cambiato anche il mio mestiere. Prima di scrivere un romanzo, ho l’abitudine di raccogliere per circa due anni il materiale di documentazione. Ciò mi costringe ad un metodo di lavoro piuttosto particolare. Mentre scrivo un romanzo, raccolgo la documentazione per quello successivo, aiutato in questo anche da una rete di giovani autori con cui collaboro.

L’Italia è l’unico paese in Europa dove magistrati e poliziotti scrivono romanzi poiché la letteratura è l’unico modo che hanno per potere raccontare parti del loro mestiere che nessuno racconterebbe mai. Un’altra anomalia è data dal fatto che i lettori consigliano agli autori quali casi seguire e quali su cui scrivere. Ogni giorno infatti sono bombardato di mail, lettere anonime e inviti a visitare quartieri degradati. L’uso sociale di questo genere letterario è oggi così straordinario al punto che sono sorte comunità molto attive attorno agli autori.

Il mio progetto narrativo di questi anni è stato quello di raccontare la cosiddetta zona grigia. Da una parte c’è la società, dall’altra la criminalità organizzata a livello globale e nel mezzo c’è una zona grigia che uno studio dell’università di Oxford ha recentemente definito come “il terziario della criminalità”. Lo studio è molto interessante perché analizza la criminalità a livello europeo, partendo dall’area della sua formazione, la Torino degli anni sessanta.
In cosa consiste il terziario della criminalità? È una zona grigia che permette alla catena del processo produttivo, molto spesso a sua insaputa, di entrare in contatto con la criminalità organizzata. La zona grigia, principalmente composta da faccendieri e da politici corrotti, grazie ad una corruzione aumentata in un solo anno del 112 %, oggi sta permettendo alle culture criminali internazionali di insediarsi in maniera preponderante nel nostro territorio e di controllarlo.

Il problema fondamentale del nord e in particolare del nord-est è quello del riciclaggio, perché secondo una stima delle Nazione Unite, sono 10.000 i miliardi di dollari all’anno da dover essere riciclati nell’area del Mediterraneo. Ora, se non si hanno rapporti con le banche, con l’imprenditoria e con la politica non si riesce a riciclare. E così sta avvenendo un cambiamento sostanziale ed è il seguente. Prima la criminalità riciclava il denaro con il rischio di impresa, ma adesso oltre a riciclare i soldi sporchi, ci vuole guadagnare sopra e qual è l’unico modo per farlo? Entrare nel giro degli appalti delle grandi infrastrutture. È la grande infrastruttura a essere l’affare del secolo per il mafioso.

Ciò che sta accadendo nel nordest è che tutte le grandi infrastrutture molto spesso sono inutili. Ciò nonostante, l’unico modo per essere dentro questo tipo di appalti è avere l’appoggio dei politici. Senza di loro e senza l’appoggio di alcuni settori finanziari e imprenditoriali non è possibile entrare nel settore dei grandi appalti. La crisi poi tra l’altro è un veicolo straordinario di infiltrazione mafiosa. Da poco hanno arrestato a Padova una pericolosissima banda legata alla camorra che in cambio del 15 % in contanti dei debiti accumulati acquistava le aziende da imprenditori sull’orlo del fallimento. Dopo aver saldato i loro debiti, la holding criminale napoletana si intestava tutti gli immobili all’estero per evadere il fisco. Ma adesso viene il bello. Il boss della banda, Giuseppe Catapano era un esponente di una grossa associazione contro il racket, frequentava la prefettura, l’università e godeva anche della copertura politica. di un ignaro Scilipoti. È solo uno tra i tanti possibili esempi, ma rappresenta l’attacco frontale sferrato dalla criminalità organizzata verso un sistema economico che nelle nostre parti ben si presta al riciclaggio. Se in un anno la corruzione è aumentata del 119 % significa che in giro circola gente con attaccato al collo e ben in evidenza un cartello con la scritta “corrompetemi”.

Se nel Veneto hanno scoperto un’azienda con 800 dipendenti che non ha mai versato una lira in imposte, è perché tutti quelli che dovevano controllare erano corrotti. In questo consiste il cosiddetto “sistema Italia” ed è un sistema pericolosissimo. Il territorio del nord est poi è particolarmente in pericolo perché la strada che parte da Trieste, come raccontano i carabinieri, e arriva a Padova per poi diramarsi in tutta l’Italia centrosettentrionale, è il tratto stradale italiano dove transita quotidianamente la maggior parte di merce illegale in entrata e in uscita dal paese. Se nessun camion viene fermato, il motivo è presto detto. Per la prima volta è stato firmato un cartello mafioso che gestisce i confini.

Scrivere questo genere di libri significa per me radiografare un tipo di realtà che altrimenti, per effetto della negazione all’informazione a cui siamo giornalmente sottoposti, non potrebbe arrivare. Sotto questo punto di vista, con i miei libri io sono quello che porta le cattive notizie”. 

 
 
 

Commissione Urbanistica, si torna in aula

Post n°181 pubblicato il 27 Settembre 2011 da desio_5_stelle
 

La commissione Toponomastica Urbanistica e Lavori Pubblici è convocata per i giorni martedì 4, giovedì 6 e venerdì 7 ottobre 2011 alle ore 21:00 presso la sala Consiglio del comune di Desio.
Ordine del giorno:
- Variante al Piano delle Regole e al Piano dei Servizi nonché di correzione e rettifica agli atti di PGT;
- approvazione del progetto edilizio comportante la variazione dello strumento urbanistico, ai sensi dell'art.6, comma 6, LR n. 1/2007, art 97 LR n. 12/2005 e art 5 DPR 447/1998 e s.m.i. presentato da Quitadamo Lino Esposito, per la realizzazione di un edificio commerciale da adibire a ristorante (Mac donald, ndr), sul terreno identificato catastalmente dai mappali 190,191,264 e 274 del foglio 58.
 
Ricordo che le commissioni sono pubbliche, chiunque può assistervi come uditore.
 
Paolo Di Carlo
Desio 5 Stelle

 
 
 

I figli di Tremonti e Pedemontana

Post n°180 pubblicato il 26 Settembre 2011 da te.miti

L’azienda pubblica paga l’affitto
ai figli del ministro Tremonti

L'affare con l'Autostrada Pedemontana, di proprietà della Milano-Serravalle dello scandalo che ha coinvolto Filippo Penati: la società ha preso in locazione gli uffici al centro di Milano di proprietà degli eredi di mister Economia

Azioni? Obbligazioni? Titoli di Stato? Macché, quando si tratta di investire il gruzzolo di casa, la famiglia Tremonti gira alla larga dai mercati finanziari e va sul sicuro. Anzi, sul mattone. Lo rivelano i bilanci delle società controllate dal ministro dell’Economia e dai suoi parenti stretti, moglie e figli. C’è l’Immobiliare Crocefisso srl, che due anni fa, come Il Fatto Quotidiano ha già raccontato, si è comprata un intero palazzo d’epoca (tre piani) nella centralissima via Clerici a Milano. Quest’ultimo acquisto è andato ad aggiungersi agli uffici di via Crocefisso, pure questi nel centro di Milano, dove ha sede lo studio tributario fondato da Tremonti e ora affidato ai suoi storici collaboratori Enrico Vitali, Dario Romagnoli e Lorenzo Piccardi.

La vera sorpresa arriva però da un’altra società. Si chiama Nitrum e risulta intestata ai due figli del ministro, Luisa, 33 anni, e Giovanni, 26. Anche Nitrum, come vuole la tradizione di famiglia, ha puntato sul mattone. Tra l’altro possiede un intero piano di uno dei palazzi più alti di Milano, un grattacielo costruito negli anni Cinquanta in piazza Repubblica a Milano, vicino alla stazione Centrale. Ebbene, chi ha preso in affitto i locali degli eredi di Tremonti? Le carte ufficiali consultate dal Fatto rivelano che in quelle stanze si è insediata un’azienda pubblica, l’Autostrada Pedemontana lombarda. Proprio lì, al sesto piano del grattacielo milanese, si trovano gli uffici della società che sta realizzando una delle opere più costose e discusse degli ultimi anni. Una nuova autostrada che tagliando il varesotto e poi la Brianza dovrebbe diventare una nuova arteria di collegamento veloce tra il nordovest della Lombardia e Bergamo. Nel 2007 i vertici della Pedemontana, all’epoca presieduta da Fabio Terragni, hanno deciso di cambiare sede. E la scelta per i nuovi uffici, 650 metri quadrati in tutto, è caduta proprio sull’immobile di proprietà della famiglia Tremonti.

Risultato: i figli del ministro dell’Economia, tramite la società Nitrum, incassano l’affitto, che ammonta ad alcune centinaia di migliaia di euro l’anno, da una società a controllo pubblico. L’ufficio stampa della Pedemontana, contattato dal Fatto Quotidiano, ha ritenuto di non commentare né di rispondere alla richiesta di dettagli. Sta di fatto che da principio quel sesto piano era di proprietà di un istituto di credito, la Banca Carige. Nel 2001 arriva la Nitrum che all’inizio si accontenta di un leasing del valore complessivo di 3,8 milioni di euro. Nel 2009, alla scadenza del contratto, l’immobile è stato riscattato dalla società dei figli di Tremonti. Nel frattempo, a metà del 2007, gli uffici sono stati presi in affitto dalla Pedemontana, che nel suo bilancio ha spiegato il trasloco con l’esigenza di avvicinarsi alle “sedi delle istituzioni”. In effetti, non lontano da piazza della Repubblica si trova anche la sede della Regione Lombardia.

La quota di maggioranza della società Autostrada Pedemontana è di proprietà della Milano Serravalle, proprio la società tornata alla ribalta in questi mesi per lo scandalo che ha travolto Filippo Penati, ex presidente della Provincia di Milano, fino a pochi mesi una dei più importanti esponenti del Pd al Nord. La Serravalle, a sua volta, ha come soci principali Provincia e Comune di Milano. Azionisti a parte, la Pedemontana è però legata a filo doppio al mondo politico. I finanziamenti pubblici per la nuova autostrada lombarda arrivano grazie al Cipe, il Comitato interministeriale per la programmazione economica di cui Tremonti, come ministro dell’Economia, è vicepresidente. Ma oltre a questa relazione istituzionale c’è, come abbiamo visto, anche una connection familiare: la Pedemontana paga l’affitto ai figli del ministro, Luisa e Giovanni. Gli eredi di Tremonti hanno comprato la Nitrum, che già possedeva un importante patrimonio immobiliare, a metà del 2006. Un affare tutto in famiglia. A vendere è stata la signora Tremonti, cioè la mamma degli acquirenti. Che se la sono cavata con poco: 37 mila euro.

da Il Fatto Quotidiano del 24 settembre 2011

 

 

 
 
 

Regione, raddoppiati i fondi per i partiti in Consiglio

Post n°179 pubblicato il 24 Settembre 2011 da te.miti

Regione, raddoppiati i fondi per i partiti in Consiglio

da corriere della sera cronaca milano

articolo di Andrea Senesi

 

Budget di quasi otto milioni destinati ai gruppi

Da meno di cinque a quasi otto milioni di euro, in meno di un anno. I soldi a disposizione dei gruppi consiliari e dell’ufficio di presidenza del Pirellone sono lievitati negli ultimi dodici mesi (anche) grazie a un oscuro emendamento al bilancio d’assestamento 2010. I numeri, intanto. Secondo i documenti ufficiali dell’esercizio 2010, il budget a disposizione dei sette partiti rappresentati nell’aula del Pirellone non superava i 4.451.298 euro. Soldi ovviamente ripartiti tra i gruppi a seconda del numero di consiglieri. Ma il complicatissimo calcolo che presiede alla definizione è nel frattempo leggermente cambiato. «Colpa» anche di un emendamento al bilancio dell’anno scorso. Risultato? Quest’anno le spese arriveranno a quota sette milioni e mezzo. Da precisare, però, che le somme del 2011 rimangono comunque saldamente al di sotto di quelle assegnate ai gruppi nel 2009, nella scorsa legislatura. Il motivo? L’estrema frammentazione dell’aula a fine mandato. La moltiplicazione dei gruppi danneggia le finanze pubbliche. Un esempio è quello che riguarda Filippo Penati. L’ex presidente della Provincia ha formalizzato le sue dimissioni dal gruppo del Pd martedì scorso. Penati ha tenuto così a battesimo il gruppo misto della nona legislatura. Che dovrà avere, esattamente come gli altri, una «dote » di partenza. Il beau geste dell’ex uomo forte del Pd è costato in pratica alle casse pubbliche quasi 140 mila euro (190 per la fondazione del nuovo gruppo meno i 50 mila che sottrarrà al gruppo d’«origine»).

Il capogruppo dell’Idv, Stefano Zamponi, scuote la testa: «C’è ancora molto da fare, inutile negarlo ». Una possibile soluzione? «Dimenticare la spesa "storica". A fronte dei sacrifici che chiediamo ai cittadini deve cambiare anche il nostro modo di ragionare. Ridurre le nostre spese ora è un dovere». La Lega intanto insiste nel pressing su giunta e governatore. Fabrizio Cecchetti è il presidente «padano» della Commissione bilancio del Pirellone: «I quattro sottosegretari della giunta, con i loro ottomila euro mensili di stipendio e il relativo personale—dice —, rappresentano una spesa di cui si potrebbe fare tranquillamente a meno. Basterebbe infatti che le loro funzioni andassero in capo ai singoli assessorati e si otterrebbe un risparmio di circa 5 milioni di euro per ogni legislatura. E poi sarebbe opportuna pure una stretta sullo staff del presidente Formigoni». La replica è affidata al capogruppo del Pdl Paolo Valentini: «Vista la frenata di ieri della Lega sui tagli ai vitalizi dei consiglieri regionali, sembra proprio che il Carroccio stia cercando di sviare l’attenzione dell’opinione pubblica da una questione che riguarda il Consiglio per trasferirla all’interno della giunta». Di costi della «casta» si è parlato anche a Palazzo Marino. L’ufficio di presidenza del Consiglio comunale ha deciso per l’anno prossimo un’autoriduzione del 30 per cento del budget, mentre la giunta ha annunciato di voler tagliare i contributi a due a s s o c i a z i o n i «non strategiche»: Rete Italia- America Latina e Transpadana- sistema di Corridoi europei. Risparmio stimato? Venticinquemila euro.

 
 
 

Commissione infrastrutture: il punto su Pedemontana e Metrotranvia

Post n°178 pubblicato il 19 Settembre 2011 da desio_5_stelle
 

Giovedì 22 settembre ore 21 presso la Sala Pertini (piazza Don Giussani, Comune di Desio) si riunirà la commissione Infrastrutture. All'ordine del giorno la situazione della Metrotranvia e l'informativa su Pedemontana.

Si ricorda che la commissione è pubblica, pertanto chiunque può assistervi come uditore.

 
 
 

TALPE NEL PALAZZO

Post n°177 pubblicato il 18 Settembre 2011 da te.miti
 

Talpe nel palazzo

 

di Paolo Biondai,

L'Espresso - 16 settembre 2011

 

Talpe nel palazzo

 

La maxi-inchiesta sulla ’ndrangheta lombarda è ancora segretissima, quando una squadra di carabinieri dell’antimafia riesce a nascondere una telecamera di fronte alla villa di un capoclan. 

 

 

I pm milanesi vogliono scoprire (e poter documentare) chi incontra. La missione è difficile: l’inquisito per mafia, ufficialmente imprenditore, è molto guardingo, si circonda di collaboratori- sentinelle e abita in una via di Giussano, nella popolosissima Brianza, dove è difficile passare inosservati. 

Per giorni i militari si fingono operai al lavoro per strada e finalmente piazzano la telecamera in cima a un lampione. 

Il 20 gennaio 2009 le immagini cominciano ad essere registrate nella vicina stazione dell’Arma di Seregno. Ma appena sei giorni dopo, l’inchiesta è bruciata. Un complice avverte il mafioso di aver ricevuto «un’ambasciata dallo sbirro». Una soffiata precisissima: la descrizione esatta dell’inquadratura che arriva sul monitor dei militari. 

Un’immagine che può essere vista solo dall’interno della caserma. Da un traditore dello Stato. E dei tanti carabinieri onesti che rischiano la vita per poco più di mille euro al mese. Un anno e mezzo dopo, nel luglio 2010, quando scatta la storica retata con trecento arresti tra Milano e la Calabria, anche i presunti mafiosi brianzoli finiscono in manette, incastrati da altre microspie. 

Ma la talpa in divisa resta tuttora senza nome. Insieme a troppi altri uomini dello Stato passati al servizio dell’Antistato. Al Sud come nell’insospettato Nord. “L’Espresso” nello scorso numero ha raccontato come l’emissario della cosiddetta P3 si è presentato dal procuratore aggiunto di Milano, Nicola Cerrato, cercando di carpire informazioni sull’inchiesta contro la ’ndrangheta: Pasqualino Lombardi voleva sapere se fossero indagati cinque politici del Pdl lombardo e domandò (invano) di incontrare il pm Ilda Boccassini. 

L’emissario disse che lo mandava il governatore Roberto Formigoni, con cui aveva rapporti diretti. Dei cinque, il più vicino ai boss era l’allora assessore regionale Massimo Ponzoni (l’unico indagato, ma per altre corruzioni), però anche gli altri quattro erano citati nelle intercettazioni antimafia. 

Come faceva Lombardi a sapere così esattamente quali politici comparivano in atti giudiziari ancora top secret? Giudici come Giovanni Falcone hanno insegnato che la criminalità esiste in tutti i Paesi ed è contro lo Stato, ma in Italia la mafia è dentro lo Stato. Ora l’emergenza riguarda la ’ndrangheta, che è diventata l’organizzazione più ricca e potente. Esaminando solo le indagini più recenti sulle cosche in Lombardia, “l’Espresso” ha contato almeno 18 talpe: pubblici ufficiali che hanno svelato i segreti delle inchieste, ma sono rimasti in gran parte «non identificati», come denunciano i giudici sottolineando la «gravità », «pericolosità» ed «evidenza» dei loro tradimenti. Tra i tanti, c’è perfino un «militare in servizio alla Direzione distrettuale antimafia di Milano», ossia negli uffici della procura. Una talpa mai smascherata, ma attiva almeno fino al 2009, visto che a fine anno un mafioso del clan di Milano-Pioltello allertava i complici dicendo di aver «visto insieme a quello della Dda tutte le carte con i nostri nomi» e «le microspie in macchina». La certezza che la ’ndrangheta è riuscita a infiltrarsi perfino nella loro inchiesta, i pm milanesi la ricavano quando sentono gli stessi affiliati parlare di una seconda talpa, che a differenza della prima ha un nome: «Michele, il carabiniere di Rho che ci passava informazioni sulle intercettazioni in cambio della mancia». 

A Rho, il comune dell’Expo 2015, l’inchiesta travolge quattro carabinieri accusati di corruzione. L’appuntato Michele, al secolo Berlingieri, viene arrestato addirittura per concorso esterno in associazione mafiosa. A incastrarlo è il video di un omicidio. Il 25 gennaio 2010 il figlio di un boss calabrese ammazza a colpi di pistola un giovane albanese in un bar. L’appuntato Michele, ignaro che i colleghi di Monza lo stanno filmando, entra nel locale, raccoglie i bossoli e li risistema per truccare la scena del delitto. Quando il killer passa la pistola a un complice, lo lascia uscire indisturbato. Poi stringe la mano al padre dell’assassino. 

Commento dei mafiosi: «Michele lo sbirro si è comportato benissimo». Dalle stesse indagini saltano fuori storie di blitz antidroga organizzati tra Milano e Varese per togliere di mezzo gli spacciatori concorrenti della ’ndrangheta. Ignoti funzionari dell’Anas che, quando la procura deve farsi autorizzare una videoripresa sulla statale, avvisano in diretta un boss, che annulla un summit con decine di mafiosi. Cittadini derubati di auto o furgoni che, seguendo il loro Gps, guidano una pattuglia da uno sfasciacarrozze, che non viene controllato, ma salvato. E quando i carabinieri onesti arrestano tutti, si scopre che proprio lì c’era «un arsenale di armi da guerra della ’ndrangheta». Nelle ordinanze del 2011 spunta perfino “suor talpa”. 

Paolo Martino, boss reggino con ricchi interessi e molti amici tra politica e discoteche a Milano (il più famoso è Lele Mora), prima dell’arresto si ritrova una microspia in macchina. Al che si rivolge alla sorella, che è religiosa delle Paoline nonché vicedirettore sanitario dell’ospedale cattolico di Albano Laziale. «Informati dalla tua consorella », le dice furbescamente. Tre settimane dopo, la suora gli spiattella che c’è un pentito: «Ho sentito quella persona lì, mi ha detto di stare attenta... quel personaggio sta a cantà». Un aiuto alla mafia arriva pure dalle polizie municipali tanto amate dalla Lega: a Lurago d’Erba il comandante locale controlla le targhe delle auto dell’antimafia e avverte i boss (si spera ignorandone lo spessore criminale) riuniti nel loro maneggio. Intanto il direttore sanitario del carcere di Monza chiede voti e favori a un mafioso appena scarcerato (e poi ammazzato). 

Mentre un maresciallo «non identificato» avverte un padrino di Pioltello, in teoria ai domiciliari, di «non girare sulla sua Bmw», dove in effetti i carabinieri hanno piazzato una cimice. E non manca «un sottufficiale in servizio alla procura di Monza » che non denuncia due ricettatori, pur sentendosi dire che «nascondono armi» poi finite alla ’ndrangheta. Nei rapporti con le talpe, i mafiosi sembrano seguire un codice. 

Ogni boss protegge l’identità dei propri informatori: un tesoro da nascondere anche ai complici. Proprio le indagini di Milano e Reggio dimostrano però che la ’ndrangheta è un’organizzazione «unitaria e verticistica». Per cui la singola talpa rischia di favorire tutte la ’ndrine. E di manipolare anche le indagini più serie, come ha denunciato il procuratore Giuseppe Pignatone alla commissione Antimafia: il boss informato in anticipo ha il potere di decidere quali amici salvare e quali nemici far arrestare. Ora la scoperta di una rete di talpe così ramificata perfino a Milano rafforza i sospetti che la ’ndrangheta continui a beneficiare di un livello ancora segreto di complicità clamorose e inconfessabili. 

«La vicenda più inquietante», secondo i giudici antimafia, almeno per ora è l’arresto di Giovanni Zumbo, ex custode giudiziario di immobili e società sequestrate alla mafia calabrese, nonché collaboratore del Sismi dal 2004 al 2006, quando il servizio segreto militare era in mano al generale Nicolò Pollari e al suo uomo forte Marco Mancini. 

Nel marzo 2010 l’allora insospettabile Zumbo, accompagnato da un mafioso, Giovanni Ficara, viene intercettato mentre racconta a un superlatitante, Giuseppe Pelle, tutti i particolari della maxi-inchiesta ancora top secret di Milano e Reggio. Non lo fa «per soldi», ma perché, come spiega lui stesso ai boss, «ho fatto parte e faccio tuttora parte di un sistema molto vasto», formato da uomini dello Stato che in realtà sono «i peggiori criminali»: «Hanno fatto cose che solo a sentirle, a me viene freddo». 

Dopo l’arresto per mafia, Zumbo è stato rinviato a giudizio, con il boss Ficara e due complici, anche per le armi e l’esplosivo fatti ritrovare a Reggio nel gennaio 2010, nel giorno della visita del presidente della Repubblica. Un depistaggio spettacolare, inscenato per accreditarsi come confidente con i magistrati della nuova guardia. 

E rubare altre soffiate. Ordinandone la cattura, i giudici avvertono che Zumbo si era messo a disposizione dei mafiosi «perché incaricato da qualcuno, interessato a entrare in rapporto con i boss a costo di vanificare le più importanti indagini dei carabinieri contro la ’ndrangheta». 

Qualcuno «alla cui volontà non poteva sottrarsi». Il procuratore Pignatone lo ha definito «il puparo». 

Il suo nome resta un mistero: le indagini documentano solo che i due boss dei clan Pelle e Ficara- Latella «convocarono» la loro talpa, dopo aver avuto una prima soffiata da un agente segreto, ex militare, in contatto con altri tre 007, con un passato nel Ros. 

Dopo un anno di carcere duro, Zumbo ha parlato una sola volta con i magistrati, ripetendo lo sfogo che aveva confidato a un ufficiale dei carabinieri fin dal giorno dell’arresto: «I servizi mi avevano lasciato in pace per un po’, ma all’inizio del 2010 sono tornati a inquietarmi per collaborare. Se mi pento io, succede un terremoto». «Dal boss Pelle, io sono stato mandato », aveva aggiunto Zumbo, che si rifiuta però di fare il nome del suo «puparo» in divisa. 

Tra Milano e Reggio non si escludono sorprese esplosive sui complici eccellenti della ’ndrangheta.

 
 
 
 

IL CONSIGLIO COMUNALE E' ON-LINE

Lo chiedevamo da 2 anni noi del MoVimento 5 stelle: finalmente, grazie alla decisione del sindaco Roberto Corti e della giunta del Comune di Desio, da Luglio 2011 è possibile vedere da casa il consiglio comunale in diretta streaming tramite Internet e rivedere la registrazione anche a distanza di tempo attraverso il sito istituzionale del comune (accedi alla web tv).

Inizialmente avevamo cercato di riprendere le sedute consiliari - pubbliche - come semplici cittadini, ma ci è sempre stato vietato dall'ex presidente del consiglio Nicola Mazzacuva; dal 2010, tramite il nostro consigliere Di Carlo, abbiamo portato la questione in commissione Statuto e Regolamenti, ma l'iter si era fermato nel novembre 2010 con l'auto-scioglimento del consiglio comunale. Nel luglio 2011 la svolta, grazie all'intervento rapido ed efficace del neo-sindaco.

 

 

CHI SIAMO

Siamo cittadini delusi dai partiti, dai quali non ci sentiamo rappresentati. Ci impegnamo in prima persona perché l'amministrazione della città di Desio sia intesa in modo nuovo, trasparente e aperto alla partecipazione di tutti: con questo spirito abbiamo presentato alle elezioni comunali 2010 la lista civica "DESIO 5 STELLE". Essere residenti a Desio, non avere condanne penali, non essere iscritti a partiti e non aver ricoperto cariche politiche per più di un mandato sono caratteristiche di tutti i candidati che ne fanno parte: semplici cittadini, fuori dai partiti e lontani dai centri di potere, convinti che il riscatto della città possa arrivare solo lavorando per il bene comune. 

Nonostante ci presentassimo per la prima volta, e nonostante i "gufi" che ci davano sconfitti al 2%, alle scorse elezioni abbiamo ricevuto un ottimo sostegno: quasi il 5% e un seggio ampiamente guadagnato in consiglio comunale. Un risultato migliore di quelli ottenuti da UDC e IDV.

In seguito alla sospensione e al successivo scioglimento del consiglio comunale (v. box a sinistra) la città di Desio è stata giudata dal Commissario dott.ssa Nuzzi fino alle elezioni amministrative (maggio 2011). Mentre tutti i partiti hanno visto scendere il numero di voti, il MoVimento a Desio è cresciuto fino al 6,17% ottenendo un seggio di minoranza.

 

 
 

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PAOLO DI CARLO, CONSIGLIERE DESIO 5 STELLE

Dal 2007 faccio parte del Meetup degli Amici di Beppe Grillo di Desio, mentre dal 2008 sono attivo all'interno del Comitato per l'Alternativa al nuovo inceneritore di Desio per dimostrare che vivere senza inceneritore (e senza l'inquinamento e le malattie che ne conseguono) è possibile. Nel 2010, candidato sindaco per Desio 5 Stelle, sono stato eletto consigliere comunale, risultato confermato nel 2011 nonostante la riduzione del numero dei consiglieri da 30 a 24.

 

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