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Wilco - The Whole Love

Post n°178 pubblicato il 02 Settembre 2011 da nem_o

Ieri ho fatto un sogno.

Ho sognato un disco che uscirà solo a fine mese.

Ho sognato ripetutamente un brano dal titolo “Art of Almost”, mi ha tenuto sveglio per parte della notte con la sua potenza. Il brano che avrebbero scritto i Radiohead se avessero pisciato sul Josuah Tree anziché rigenerarsi con un Kid A dopo il quale nulla sarebbe più stato lo stesso. E poco mi importa se il Mucchio parla di Hawkind. Un gran pezzo con un gran finale schitarrato.

Il migliore del lotto?

Un sogno che non mi parla di solo rock, ma anche di reminiscenze alt-country e a volte velvettiane, come la prima parte di “Sunloathe”, che parte lenta e poi diventa Wilco.

E che dire di “Born Alone” il cui riff di basso prima e di chitarra poi ti entra ossessivamente in testa e se ne uscirà solo quando lo ballerai al prossimo concerto, e forse neanche allora.

Il singolo col suo organetto sixties si è già sentito nella realtà (fuori dal sogno).

Tra i pezzi vecchi Wilco direi che “Open Mind” fa sognare e forse rimpiangere le vecchie ballate (Summerteeth è dietro l’angolo)

“Capitol City” è un piacevole teatrino, “Standing O” un piacevole rock’n’roll per le feste di fine estate.

“Rising Red Lung” un altro passo indietro (o avanti) nella doppia anima di Jeff Tweedy, una voce sussurrata a cantare quello che erano i Wilco.

Il finale, “One Sunday Morning” è il giusto contraltare del feroce impatto sonoro del primo brano, dodici minuti di soffice chitarra … riportando tutto a casa?

 

In conclusione devo dire di un sogno bello, ma non bellissimo.

Chissà che risvegliandomi non riesca a vederlo sotto altra luce.

La luce del giorno, perlomeno.

O magari a sognare Summerteeth e un mondo dove Yankee Hotel Foxtrot deve ancora uscire … e sì ... mio caro Jeff, non sei l’unico ad avere due anime ….

 
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