Da Corriere.it
Indagini troppo sofisticate fanno apparire certi tumori più gravi di quello che sono
Dal nostro inviato
CHICAGO - Un passo indietro: la chirurgia
conservativa del tumore al seno, da sempre sostenuta dal uno dei padri
della oncologia moderna, il professor Umberto Veronesi, sta perdendo un
po’ di terreno rispetto all’intervento radicale di mastectomia, cioè
dell’asportazione completa della mammella. Negli Stati Uniti, ma anche
in Italia. La colpa sarebbe della risonanza magnetica (un esame per la
diagnosi precoce del cancro più sofisticato della mammografia): secondo
gli esperti fa apparire certi tumori più gravi di quello che sono e
spinge le donne a ricorre a un intervento mutilante che potrebbe essere
evitato. Lo sostengono alcuni ricercatori americani della Mayo Clinic
di Rochester che hanno presentato uno studio al meeting annuale
dell’American Society of Clinical Oncology in corso a Chicago.
ALLA MAYO CLINIC - I loro dati riguardano oltre 4.500 donne, con
una malattia in fase precoce, che sono state operate dal 1997 al 2006
alla Mayo Clinic e dimostrano che la percentuale delle pazienti
sottoposte a una mastectomia radicale, invece che a interventi meno
pesanti come la semplice asportazione del tumore o la quadrantectomia,
si è ridotta dal 45 per cento del 1997 al 30 per cento nel 2003, ma è
poi risalita al 46 per cento nel 2006. Parallelamente la percentuale di
donne che avevano eseguito una risonanza magnetica è raddoppiato,
passando da un 11 per cento nel 2003 a un 43 per cento nel 2006. I
ricercatori sono così andati a scavare nelle storie cliniche delle
pazienti. «Abbiamo dimostrato – ha detto Matthew Goetz, uno degli
autori dello studio – che le donne sottoposte a risonanza magnetica
prima della chirurgia avevano un probabilità del 10-15 per cento
maggiore, rispetto a chi non aveva eseguito l’esame, di sottoporsi poi
a una mastectomia».
L’INDAGINE - La risonanza magnetica è un’indagine raffinata e
molto sensibile che può «vedere» non soltanto le lesioni cancerose, ma
anche lesioni non cancerose: difficile distinguerle, così si tende a
non correre rischi, optando per la scelta più impegnativa. «Si sa –
commenta Pierfranco Conte oncologo all’Università di Modena – che
quando si trova un tumore in una mammella, c’è una certa probabilità
che siano presenti microfocolai, qualche volta anche nell’altra
mammella, ma questo non cambia l’approccio: queste lesioni non evolvono
o evolvono molto lentamente, la terapia conservativa funziona e,
comunque, la terapia adiuvante con i farmaci dopo l’intervento è in
grado di distruggere anche queste micro-lesioni».
IN ITALIA - Lo studio americano ha rilevato come le donne che
erano ricorse alla risonanza magnetica sceglievano la mastectomina nel
52 per cento dei casi contro un 41 per cento di coloro che invece non
si erano sottoposte all’esame. Secondo Conte, benché manchino dati
precisi come quelli che hanno presentato gli americani, questa tendenza
si comincia a notare anche in Italia. «E’ indispensabile – commenta
Conte – fare diagnosi di malattia pericolosa per il paziente, non di
un’entità biologica che invece non incide sulla sua vita. Indagini
troppo sofisticate come la risonanza magnetica, che è utile nelle donne
giovani a alto rischio di tumore, potrebbero spingere, in altri casi, a
un aumento di interventi inutili».
Adriana Bazzi
Inviato da: diletta.castelli
il 08/10/2016 alle 13:30
Inviato da: scampipercena77
il 01/02/2016 alle 11:47
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