Creato da doctor_is_in il 16/10/2006

Il Divano

The doctor is in

 

 

IL RISO

Post n°5 pubblicato il 26 Ottobre 2006 da doctor_is_in
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"Nulla rivela meglio il carattere degli uomini di ciò che essi trovano ridicolo. Il ridicolo nasce da un contrasto morale che viene stabilito in un modo innocuo per i sensi. L'uomo sensuale ride spesso, là dove non c'è niente da ridere. Di qualsiasi genere sia lo stimolo, viene sempre fuori il suo intimo benessere. L'intelletto trova tutto ridicolo, la ragione quasi nulla". (Goethe, "Le affinità elettive")

Ci si chiede spesso perchè si è tristi o perchè si piange ma molto raramente perchè si ride. Eppure durante la giornata i momenti di riso sono molteplici e spontanei. Mi piacerebbe sapere in quanti si sono interrogati sull'origine del riso, in quanti si sono soffermati, usando le parole di Goethe, a pensare all' "intimo benessere" successivo allo scoppio di una sana, vigorosa e sincera risata!

Un amico, serio e distratto, dice una frase, fa un commento, che attrae la nostra attenzione, la troviamo buffa e ridiamo di cuore ... ma lui sorride appena e noi? Noi ridiamo "a crepapelle" .... Guardiamo una immagine che di per sè a molti non dice nulla, ma a noi fa ridere, ridere molto .... perchè?

Ebbene Freud ce l'ha data una spiegazione di questo "intimo benessere" prodotto dal riso .... ma voi, voi l'avete una spiegazione?

Lascio spazio alle molteplici riflessioni prima di raccontar a coloro, i più curiosi, le conclusioni di Freud sull'argomento .....!

 
 
 

Play it again, Icaro

Post n°4 pubblicato il 24 Ottobre 2006 da doctor_is_in
 
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Una mamma sta raccontando alla sua bambina la storia del labirinto e dei due antichi costruttori, prigionieri a loro volta dell'immensa trappola per volere del re.
Cercano la fuga, i due ingegnosi, con le piume, la cera, le ali fissate sulle spalle: la pupetta sgrana gli occhioni, attenta.
Eccoli che provano l'invenzione correndo giù da una collina, l'aria che accarezza il viso, guardano il mare dall'alto e Icaro urla dalla gioia: la bambina ride.
"Icaro, Icaro, dove vai? Torna indietro! Non avvicinarti troppo al sole o la cera si scioglierà!" La bimba chiude gli occhi, se li tappa con le manine, sebbene non ci sia niente da vedere, solo le parole appena dette che si spengono sulle pareti della stanza.

Perchè la bambina si tappa gli occhi e non le orecchie? Certo ha già intuito l'epilogo, si immagina la catastrofe che non vorrebbe mai sentirsi dire, ma sono gli occhi che si acceca da sè, la piccola discendente di Edipo.

E ora cerchiamo di smontare la storia di Dedalo e Icaro. Dal simbolismo onirico sappiamo che il volo e volare rappresentano l'atto sessuale, o l'eccitazione, l'erezione.
Quindi il racconto della prima parte dell'avvenura è piacevole e riporta a sensazioni belle, eccitanti, universali. Tutti l'apprezzano, tutti ne possono fruire.

Ma ecco che sopraggiunge il divieto: non volare troppo in alto, Icaro, altrimenti la punizione sarà tremenda: la caduta e la conseguente evirazione. Per questo la bimba si chiude gli occhi: mima su di sè l'evirazione del povero Icaro, ha compreso, anche se non sa, il significato più profondo della leggenda.




 
 
 

Coazione da Tiffany

Post n°3 pubblicato il 19 Ottobre 2006 da doctor_is_in
 
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Ovvero: perchè ogni volta ci ricasco e mi faccio molto male?

Capita a volte, e non occorre essere gravemente nevrotici, di mettere in atto una serie di comportamenti che sembrano fatti apposta per generare una disastrosa reazione a catena.

Dopo l’ennesimo nefasto epilogo, mentre si raccolgono i propri cocci sparsi sul tappeto si giura a sè stessi che basta, abbiamo capito, non succederà più perchè ormai siamo cresciuti e sapremo riconoscere ai primi indizi una situazione simile e il gatto non si siede due volte sulla stessa stufa eccetera eccetera. Già, non su quella.

Perchè poi ci penseranno le circostanze della vita a inserire quelle piccole variazioni sul tema scovate ad arte per nasconderci l’evidenza e farci abboccare all’ennesimo amo gettatoci dalla sorte: infatti quel che si dice in questi casi è: capitano tutte a me!

Coazione a ripetere: processo incoercibile e di origine inconscia, con cui il soggetto si pone attivamente in situazioni penose, ripetendo così vecchie esperienze senza ricordarsi del prototipo e con invece l’impressione molto viva che si tratti di qualcosa che è pienamente motivato dalla situazione attuale.
(Laplanche e Pontalis, Enciclopedia della psicoanalisi, Laterza)

 
 
 

Il calcio non è uno sport per signorine

Post n°2 pubblicato il 18 Ottobre 2006 da doctor_is_in
 
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Nella decima lezione della sua celebre Introduzione alla psicoanalisi, Freud avverte con molta chiarezza - come al solito - il suo pubblico:

Poiché è la prima volta che in questa lezione si parla di contenuti della vita sessuale, mi sento in dovere di dirvi qualcosa a proposito del modo in cui intendo trattare questo tema. La psicoanalisi non trova alcun motivo per dissimulare e alludere, non ritiene necessario vergognarsi perché si occupa di questa importante materia, pensa che sia corretto e decente chiamare tutto col suo vero nome, e spera che questo sia il modo migliore per tenere lontani secondi pensieri importuni. Il fatto che si parli davanti a un pubblico composto di persone di entrambi i sessi non può cambiare nulla di quanto abbiamo detto. Come non vi è una scienza in usum delphini, così non ve n'è una per educande, e le signore che si trovano fra voi hanno fatto capire con la loro presenza in quest'aula che vogliono essere equiparate agli uomini.

A quasi un secolo di distanza, e con una rivoluzione sessuale di mezzo (rivoluzione che forse deve qualcosa alla stessa psicoanalisi, e che nonostante tutto è riuscita a tradirsi e fallire), l'appello di Freud ci suona un po' patetico. Siamo pronti a pensare: "ma dove sono oggi le educande?" In un mondo in cui le donne sono ancora di fatto discriminate - sul lavoro, nella vita sociale - non ci si aspetta comunque di veder arrossire una qualsiasi timida ragazzetta solo perché si parla di sesso. Anzi. Siamo sicuri di trovarla in prima fila. Non è dunque questo, quel che ci preoccupa... E allora?

Allora succede che le parole di Freud, apparentemente anacronistiche, fanno riflettere lo stesso - sempre che si voglia spendere un minimo di tempo a tradurre, trasporre e contestualizzare. Nell'epoca della liberazione femminile (ma dove, alla fine?) la rimozione sessuale ha preso, nella società, strade diverse e contorte. Strade che non esitiamo a definire - cercando di fare nostra la lezione di Freud, e sforzandoci di chiamare le cose con il loro nome - tendenzialmente perverse. In poche parole: la pornografia è solo l'ennesimo tentativo di nascondere la verità. Esattamente come ne La lettera rubata di Poe, l'occultamento nasce dall'apparentemente chiara esposizione al pubblico.

Nessuna vergogna, quindi, nessuna pruderie fuori luogo, ma anche nessuna perversione. C'è solo bisogno di chiamare la rosa con il suo nome.

 
 
 

Specchio, specchio delle mie brame

Post n°1 pubblicato il 17 Ottobre 2006 da doctor_is_in
 
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Sarebbe un errore credere che una scienza sia costituita esclusivamente da un certo numero di tesi rigorosamente dimostrate, e ingiusto pretenderlo. Solo uno spirito smanioso di autorità, che ha il bisogno di sostituire il suo catechismo religioso con un altro catechismo, sia pure scientifico, solleva questa esigenza.
(S. Freud, OO, vol. 8, pag 231)

Nel Giardino dei sentieri che si biforcano Borges attribuisce alle Mille e una notte una circolarità che rende l'opera infinita:

[...] m'ero chiesto in che modo un libro potesse essere infinito. Non potei pensare che a un volume ciclico, circolare: un volume la cui ultima pagina fosse identica alla prima, con la possibilità di continuare indefinitamente. Mi rammentai anche della notte centrale delle Mille e una notte, dove la regina Shahrazad (per una magica distrazione del copista) si mette a raccontare testualmente la storia delle Mille e una notte a rischio di tornare un'altra volta alla notte in cui racconta, e così all'infinito.

In un altro passo della sua opera Borges specifica che la notte in questione è la seicentoduesima. Ci sembra che questa notte impossibile somigli in maniera singolare all'ombelico del sogno di cui parla Freud, quel punto in cui le associazioni sprofondano in maniera così repentina nell'inconscio da non poter più essere seguite (ombelico che in qualche senso coincide col limite asintotico dell'analisi teorizzato in Analisi terminabile, analisi interminabile). Inoltre, quelle di Shahrazad e del principe sembrano ben strane sedute psicanalitiche al contrario: il paziente, mortalmente ammalato del suo stesso tedio di vivere, guarisce ascoltando, e non parlando. In ogni caso c'è di mezzo la verbalizzazione: non sembra quindi difficile leggere l'analisi - intendiamo l'atto pratico di stendersi su un lettino e di raccontare la propria vita all'interno di una cornice narrativa, rivivendo nel rapporto transferenziale (ed è qui che la ricorsività resta in agguato) la storia stessa che si sta narrando - come una portentosa mise en abyme. O come uno strambo gioco di riflessi su specchi affacciati: ti racconto che una volta ti ho raccontato di averti raccontato... Come un blog, in fondo: ti leggo così tu mi leggi, ti cito e tu mi citi, e così via, all'infinito, in un reiterato appagamento narcisistico. Peccato non sia facile comprendere che il gioco non va solo agito: va compreso e smontato nei suoi meccanismi più segreti, pena la sconfinata solitudine della nevrosi, la desertificazione degli orizzonti umani.

 
 
 

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