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Il crimine del mobbing dentro la scuola

Post n°121 pubblicato il 31 Gennaio 2011 da Alberto_Giannino
Foto di Alberto_Giannino

I docenti italiani sono circa 800 mila. Di questi, 50 mila, (di cui 160 a Milano e provincia)  sono vittime del mobbing a scuola. Mobbing, dall’inglese to mob, significa  ”ledere”. Vale a dire, ledere i diritti della dignità dei  docenti e della loro salute; docenti che sono presi di mira per motivi interni, sindacali, politici, di sesso, e religiosi attraverso un’aggressione psicologica sistematica che si traduce in azioni vessatorie, angherie e soprusi vari da parte dei colleghi (mobbing orizzontale) o da parte del Dirigente scolastico (mobbing verticale o bossing). In sostanza, si tratta di un aggressione che mira a screditare e a delegittimare il docente attraverso la calunnia o la diffamazione, per indurlo a cambiare scuola e a lasciare libera la sua cattedra ai mobbers. Ecco allora che il docente preso di mira viene controllato ogni giorno se arriva puntuale a scuola, se i suoi registri personali sono debitamente compilati, se partecipa alle riunioni collegiali, se fa assenze. In questo caso la visita del medico fiscale è assicurata sempre, mentre ad altri no. Gli altri docenti naturalmente  possono arrivare in ritardo, possono prendersi un mese di malattia canonico senza controllo medico, possono stare a casa quando ci sono noiose e inutili riunioni collegiali senza giustificare, possono non fare nulla in classe. (Nella scuola, per esempio, ci sono docenti che arrivano con tutta calma non alle 7.50 in punto,  ma alle 8.05, tutti i santi giorni.  Ci sono docenti che telefonano 2 volte alla settimana e dicono: “Arrivo a scuola alle 10  anzichè alle 8 , ma se tu devi arrivare alle 8.00 può capitare una volta al mese che entri alle 10, ma non 2 volte la settimana!
Stendiamo un velo pietoso sulle eterne malattie. Un’altra signora, in previsione del super lavoro e del super stress  di metà gennaio 2010, si mette in malattia per un mese. E il medico fiscale cosa stabilirà secondo voi? I mobbers hanno anche i progetti più remunerativi del Fondo d’Istituto con la complicità del Dirigente. Avete capito, ora, cosa significa far parte del gruppo dirigente e godere di protezioni?  Tutto è permesso e tutto è consentito. Tanto  sono protetti dal Dirigente scolastico, dal suo Vice, dal Comitato di Presidenza e dal gruppo dei mobbers. Le vittime del mobbing
subiscono spesso attacchi alla reputazione, critiche continue e umilianti, denigrazioni sistematiche, diffamazioni,  la dequalificazione, il trasferimento ritorsivo, l’accanimento disciplinare, l’irrogazione plurima di sanzioni disciplinari, in un
arco di tempo ravvicinato, una pratica vessatoria idonea a recare pregiudizio al docente, lo stress occupazionale che, in alcuni casi, conduce al burnout,  visite ispettive a scuola ordinate dal Dirigente scolastico, e visite medico-collegiali per accertare la sua idoneità all’insegnamento. Nella scuola il docente vittima di mobbing trova aguzzini pronti ad attuare molestie morali  nei suoi confronti con ferocia scolastica, creando un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante ed offensivo. In alcune scuole di questo Paese ho visto i mobbers compilare lettere pilotate preconfezionate e fasulle ai Responsabili della scuola a livello regionale e provinciale contro docenti, e presidi con lo scopo di allontanarli dalla scuola riuscendoci.  Destituzioni o defenestramenti veri e propri che però i mobbers hanno pagato poi solo in Tribunale quando sono stati citati in giudizio per danni morali, materiali, biologici ed esistenziali. Il docente vittima di mobbing è sottoposto ad una persecuzione e ad un isolamento  che avrebbe potuto evitare se fosse stato allineato ideologiacamente ai feudatari della scuola e ai suoi vassalli, valvassori e valvassini, se avesse rinunciato a pensare con la propria testa, se avesse sempre compiaciuto il capo, se fosse sempre allineato ai mobbers quando sia deve promevere o bocciare uno studente, se non avesse fatto troppe domande sui bilanci, sulle commissioni e sulle Funzioni strumentali che sono remunerate molto bene e sempre dalle stesse persone dello stesso sindacato  da anni col silenzio-assenso da tutti. L’Italia che è la sesta potenza industriale del mondo non ha ancora una legge sul mobbing. A differenza della Svezia che lo considera un crimine. Senza contare quasi tutti i Paesi dell’Europa. Per l’Italia esiste solo il reato di maltrattamenti punito dal Codice penale. Ma in Parlamento ci sono 14 disegni di legge che attendono di essere riunificati in uno solo stabilendo che il mobbing è un reato. Chiediamo pertanto al presidente della Camera Gianfranco Fini e al Presidente del Senato avvocato Schifani  di riunire il più presto possibile le Commissioni lavoro per licenziare il testo. Cosa è il mobbing secondo la giurisprudenza? Queste le parole dei giudici: “Il mobbing consiste in una pluralità di comportamenti, che si inseriscono in una precisa strategia di persecuzione, posti in essere dal datore di lavoro per isolare, fisicamente psicologicamente, il lavoratore…”  (Trib. Tempio Pausania, 10/07/2003) “…il termine mobbing si riferisce ad ogni ipotesi di pratiche vessatorie poste in essere da uno o più soggetti diversi per danneggiare in modo sistematico un lavoratore nel suo ambiente di lavoro” (Cass. Civ. Sez. Un. 04/05/2004, n. 8438) “…il mobbing si identifica in atti e comportamenti ostili, vessatori e di persecuzione psicologica, posti in essere dai colleghi, il c.d. mobbing orizzontale e/o dal datore di lavoro e dai superiori di gerarchia, il c.d. mobbing verticale, nei confronti di un dipendente, individuato come vittima, atti e comportamenti intenzionalmente volti ad isolarla ed emarginarla nell’ambiente del lavoro…” (Tribunale di Milano, 31/07/2003) “…costituisce mobbing la sottoposizione di una lavoratrice per vari mesi a controlli esasperati della sua attività di lavoro, a una serie di contestazioni e sanzioni disciplinari conseguenti a episodi di inesistente e scarsissima rilevanza disciplinare, nonché a frequenti aggressioni verbali consumate di fronte a terzi…”(Trib Milano, 28/02/2003). I Giudici hanno affermato che le pratiche del mobbing danneggiano il lavoratore, sia nella dignità personale, sia nella professionalità, sia nell’immagine (si veda ad es. Cass. Civ. Sez. Lav. n. 15868/2002) e l’azienda non ci guadagna….anzi perde sia in produttività che in giudizio. I Giudici, infatti, hanno detto che, nel caso del demansionamento, a parte l’eventuale danno all’integrità psico fisica che, se accertato dal medico incaricato di effettuare la perizia, dovrà essere naturalmente risarcito, il danno alla professionalità non debba neppure essere provato scaturendo, quale conseguenza necessaria, dalla sottrazione delle mansioni precedentemente svolte e dalla sostituzione di queste con nuove di contenuto non equivalente (si rammenta la recente sentenza n. 10157 del 26 maggio 2004 secondo cui: “l’allontanamento del lavoratore dal posto di lavoro in precedenza attribuitogli e la sua assegnazione a mansioni diverse e di minore qualificazione rispetto a quelle anteriori…si traduce in lesione di un diritto fondamentale del lavoratore avente ad oggetto la libera esplicazione – garantita dagli art. 1 e 2 della Costituzione – della sua personalità anche nel luogo di lavoro, con la conseguenza che il pregiudizio correlato lesione…ha un’indubbia dimensione patrimoniale che lo rende suscettibile di risarcimento per la cui determinazione e liquidazione da parte del Giudice, può trovare applicazione il criterio equitativo”).  Per quanto attiene ai concreti parametri utilizzati dai Giudici di merito per determinare il risarcimento del danno alla professionalità, è costante il riferimento alla retribuzione del lavoratore oggetto di demansionamento, con una oscillazione che va dal 25% all’intera misura del corrispettivo (si vedano Trib. Milano 26 aprile 20000 per il 100%; Pretura Milano 26 giugno 1999 per il 25%; Pretura Milano 1° aprile 1998 per il 50%). Per contrastare il comportamento sgradevole dei mobbers, la loro cattiveria e la loro malvagità (oltra ad una legge ad hoc) occorre denunciare pubblicamente il loro operato, denunciarli alla Forze dell’Ordine,  raccogliere documentazione, testimoni e trascinarli in Tribunale: è l’unica cosa che temono. Del resto, essendo loro i carnefici e i mobbizzati le vittime, se uno non soffre della sindrome di Stoccolma, si faccia coraggio, reagisca e si difenda senza troppe remore. Altrimenti “muore” professionalmente.

alberto.giannino@gmail.com

 
 
 
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