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Post n°225 pubblicato il 25 Novembre 2011 da Alberto_Giannino
"La mafia non è affatto invincibile, è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine. Piuttosto bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave e che si può vincere non pretendendo l’eroismo da inerti cittadini ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni". dott. Giovanni Falcone |
Post n°221 pubblicato il 13 Novembre 2011 da Alberto_Giannino
Benedetto XVI: oggi l' unico e vero Maestro è Gesù Cristo
Benedetto XVI ci ha invitato sovente con grandissima fede, gioia, serenità, e pacatezza, nel suo magistero autorevole in questi sette anni di Pontificato, a porre sempre lo sguardo su Gesù, l'unico vero Maestro, a fissarlo, ad imitarlo, a convertirci (metanoia) e a metterci sempre alla sua sequela. Lo ha fatto anche all'Angelus di domenica 30 ottobre quando ha affermato: "Egli pratica per primo il comandamento dell'amore, che insegna a tutti, e può dire che esso è un peso leggero e soave proprio perché ci aiuta a portarlo insieme con Lui (cfr Mt 11,29-30)." |
Post n°220 pubblicato il 13 Novembre 2011 da Alberto_Giannino
Il fenomeno della prostituzione, in Italia, negli ultimi anni, è aumentato notevolmente, in considerazione anche dei flussi migratori. Da 25 mila prostitute di qualche anno fa, siamo passati a 50 mila ( forse 70 mila) di cui 26 mila straniere di cui 2 mila minorenni. In prevalenza arrivano dalla Nigeria, dall’Albania, dalla Romania, dall’ex Jugoslavia, dal Sud America, dal Nord Africa e dai Paesi dell’Est. Tali donne esercitano la loro attività |
Post n°219 pubblicato il 13 Novembre 2011 da Alberto_Giannino
"Tra vent'anni non sarete delusi dalle cose che avete fatto, ma da quelle che non avete fatto. Allora levate l'ancora, abbandonate porti sicuri, catturate il vento nelle vostre vele. Esplorate. Sognate. Scoprite." (M. Twain) Cosi la pensa il Sindaco di Firenze, Matteo Renzi, eletto nel 2009 con 104 mila voti ( su 370 mila residenti) a Palazzo Vecchio nelle ultime elezioni comunali. Matteo Renzi, fiorentino, 37 anni a gennaio, sposato, 3 figli, laureato in Giurisprudenza con una tesi dal titolo "Firenze 1951-1956: la prima esperienza di Giorgio La Pira Sindaco di Firenze" (D'Alema, Veltroni, Cofferati, Susanna Camusso, Livia turco, Bassolino, e Filippo Penati), invece, pur facendo parte del gruppo dirigente al massimo livello, non hanno conseguito nessuna laurea ndr). Renzi, non solo è laureato contrariamente ai mammasantissima del suo partito, ma ha anche lavorato per qualche anno nell'azienda familiare come dirigente Non è, quindi, un professionista della politica che non ha mai lavorato come l'ha accusato ingiustamente l'altra sera a La 7 il signor Cofferati ex leader della CGIL per delegittimarlo il quale è stato paracadutato a Bologna per fare il sindaco. Renzi, quindi, ha studiato e, contemporaneamente, si è laureato e ora è legittimamente in aspettativa essendo un amministratore dal 2004. E scusate se è poco. Dopo la laurea è stato designato dal Pds- Ds Presidente della Provincia di Firenze e, scaduto il mandato, ha vinto le primarie per candidarsi Sindaco di Firenze. Nella città della Massoneria e nella Toscana il Pd ha un sindaco cattolico e questa è una novità nel panorama politico italiano che non fa dormire la notte i liberi muratori che con grembiulino, squadra, compasso, logge e gran maestri fanno affari come abbiamo visto con la P2, P3 e P4. Altra novità di Matteo Renzi, capo dei rottamatori del Pd, è che non ha capi corrente, non deve fare il loro usciere o il loro cameriere, non deve concordare con loro la linea, e, soprattutto, la sindacatura di Firenze avvenuta nel 2009 non la deve a nessuno dell'attuale Gruppo dirigente. Non è un leader che come Rutelli, Casini, Vendola, devono dire grazie ai vari Pannella, Forlani o Bertinotti. Il Renzi ha le idee chiare, programmi, progetti (i famosi 100 progetti per l'Italia li trovate nel suo sito web). Certo, è ambizioso, gli piace il successo, la popolarità, ma ha anche i numeri e le competenze necessarie per essere un leader come il quarantenne Cameron premier nel Regno Unito. Nelle sue posizioni politiche si riconoscono già ben 10 deputati del Pd e tantissimi attivisti del suo partito. Solo Rosy Bindi che ha all'attivo ben 6 legislature ha avuto il barbaro coraggio di dire che le primarie per Renzi non sono scontate. Invece per lei e i suoi sodali vanno bene anche 10 legislature (sempre con proroga come ama dire la senese di Sinalunga di anni 60) e magari anche vanno bene tre pensioni contemporaneamente (parlamentare, consigliere regionale ed europarlamentare) e vanno bene quasi 1000 parlamentari a 15 mila euro al mese con benefit a parte. Quest'anno, al Convegno di Matteo Renzi, che si è tenuto alla Stazione Leopolda di Firenze hanno partecipato oltre 10 mila persone e 300 giornalisti (di cui 160 accreditati, ci sono stati 500 mila streaming dai siti collegati, e oltre 15mila tweet. Il tutto in tre giornate. Fra i personaggi di spicco che hanno partecipato ci sono: l'ex Sindaco di Torino Chiamparino e il sassarese Arturo Parisi già ministro della Difesa nel governo Prodi. Sul palco si avvicendano in molti. Il più applaudito è stato Chiamparino che ha detto: "Le primarie aperte devono essere una scelta irrinunciabile per il partito democratico e sì, anch'io potrei candidarmi". Primarie aperte e nuova legge elettorale. Questa la proposta dell'ex sindaco di Torino. «Se fossi nella leadership del Pd - ha esordito Chiamparino - direi che bisogna andare a votare, ma non con questa legge elettorale, che fa un Parlamento di nominati, che non va bene perchè non riavvicina i cittadini alla politica. E farei la proposta di primarie aperte, le proporrei io, non starei a chiederle». Chiamparino si è detto anche "colpito da un recente sondaggio, che vede solo il 20% degli italiani dare la sufficienza all'opposizione. E' un dato estremamente preoccupante", ha sottolineato tra gli applausi della platea. "Chiamparino - ha detto Renzi- è una persona seria, che ha fatto benissimo il sindaco, io ho tanto da imparare da uno come lui. Felice che sia venuto a dare il suo contributo. È bello che abbia il desiderio profondo di continuare a fare del bene al proprio Paese". L'ex sindaco di Torino Sergio Chiamparino ha parlato anche di "iniziativa vitale per il Pd, perché porta una vivacità di idee e problemi" invitando la dirigenza del partito ad ascoltare le proposte lanciate da Firenze. "Giusto il coraggio di Renzi, ora vada avanti", ha detto dal palco l'ex ministro Arturo Parisi. "E' il coraggio che ha portato Renzi a dire: ho una proposta. Noi siamo qui per ascoltarlo e per fare poi le nostre valutazioni. Qui sicuramente c'è vitalità: è una generazione che avanza, dobbiamo stare a sentire e valutare le proposte". E sulla eventuale candidatura di Renzi, Parisi ha aggiunto: "Alzare la mano è la prima cosa, ma bisogna sentire le proposte e confrontarle con le altre, in contraddittorio". "Il Pd - ha continuato Parisi - fa male ad avere paura di se stesso, del progetto per cui è sceso in campo: un progetto aperto che chiedeva non a Matteo Renzi ma a tutti di dire la loro" . Del resto la posizione di Matteo Renzi è chiara e non dà adito a equivoci: "Il problema è che la generazione dei Pierluigi Bersani [...] non è abituata a dire "io sono qua, misuriamoci". Questa volta, però, devono. Mi dispiace dirlo, ma per loro è l'ultimo treno, l'ultima chiamata. Non funzionerà più il meccanismo del "sono a disposizione del partito, aspetto che me lo chiedano". Se lo devono togliere dalla testa. Anche perché, dopo di loro, non c'è il diluvio". E acora ha detto nel recente passato Matteo Renzi: " È così difficile comprendere che c'è gran voglia di una comunicazione e di soluzioni fuori dai vecchi schemi partitici, che sono logori e anti-moderni? ''Manteniamo il partito che abbiamo e cambiamo le facce dei politici''. Lo ha detto Matteo Renzi, a chiusura del 'Big bang', spiegando che ''non e' possibile che cambino continuamente i simboli dei partiti e restino le stesse facce''. Per Renzi, che insiste sulle primarie, il rischio e' che ''vinca un modello di partito per cui i dirigenti danno la linea agli eletti che poi sono chiamati ad andare dagli elettori a fare volantinaggio per spiegare, andava bene nel '900''. Il segretario Bersani replica con preoccupazione al giovane sindaco rampante: ''Attenzione a non scambiare per nuove idee che sono un usato degli anni '80''- Matteo Renzi chiude la sua Kermesse (costata 130 mila euro auto finanziati e recuperati con pareggio dlle spese) replicando ai suoi due critici Bersani e Vendola: «Sarebbe facile per me dire a Bersani che ha l'età di mio padre, sarebbe facile dire che Nichi Vendola e la sua sinistra radicale mandavano a casa Prodi e io mi disperavo perchè mandavano a casa una speranza e aprivano la strada all'inciucio che portò D'Alema al governo - dice Renzi - No, noi oggi dobbiamo essere capaci di produrre argomenti e una speranza. Non so se alla fine ci candideremo ma certo avremo fatto un piacere all'Italia restituendo dignità alla politica». Renzi quindi conclude con un intervento di 40 minuti alla Stazione Leopolda: "«Vorrei dire grazie a chi ha reso possibile questa cosa, questo evento alla Leopolda. Non siamo personaggi in cerca di autore, non siamo morsi dalla tarantola, noi abbiamo la consapevolezza che quello che stiamo facendo è una cosa che ci fa piacere. Noi siamo contenti di vivere la nostra esistenza quotidiana, non pacatamente, che sennò ci dite che siamo veltroniani. Abbiamo provato a far scorrere dei colori perchè quello che ci fa più paura è il colore della paura e della rassegnazione. Il colore della paura è quello di coloro che pensano che il nostro futuro sia peggiore di quello toccato alle generazioni precedenti. Io credo che il compito dei cittadini, il nostro compito è guardare in faccia la realtà e avere il coraggio di dire che noi reclamiamo il futuro con un principio base: il futuro non sia qualcosa su cui scaricare i nostri problemi. I nostri politici, i nostri predecessori sono andati al ristorante e ci hanno lasciato il conto da pagare». Matteo Renzi non delude la platea e parla del Pd: "La mia paura è che a fronte del fallimento del governo il centrosinistra non sappia reagire, risponda con degli slogan. Quello che non perdono a Berlusconi e a quella classe dirigente è l'idea di aver portato il nostro Paese nell'immaginario collettivo come sede della volgarità. Dobbiamo ripartire da capo. Vogliamo ripartire dai bambini, sono loro i soggetti della politica. Se sei uno statista non pensi alle elezioni, pensi a quei bambini, al loro futuro. E quei bambini non devono avere l'idea di un Paese di cui vergognarci. Alla Leopolda siamo venuti per ascoltare, per permettere agli altri di parlare, di proporre. Noi vogliamo essere un centrosinistra che ha come parola d'ordine la giustizia sociale". Dice Renzi ai suoi detrattori e avversari: "Qui abbiamo discusso di Europa e di imprese. Il centrosinistra non può dividere i lavoratori dagli imprenditori. Guardate - ha aggiunto - che se uno oggi ha i soldi non apre una fabbrica ma lavora e investe nella finanza ed è anche tassato meno. Bisogna tornare a dare valore a chi fa impresa. Noi prendiamo un impegno generazionale: non so se faremo estinguere i dinosauri. Ma dobbiamo estinguere i debiti, smetteremo di vivere di irresponsabilità". Le primarie - ha aggiunto Matteo Renzi - non sono solo un modo per selezionare in modo diverso la classe dirigente, sono un ribaltamento. Gli elettori scelgono e non con il casting». All'idea - ha continuato - che io debba prendere la linea economica di questo Paese da un signore che non prende nemmeno i voti nel suo condominio, io non ci sto. Un partito degno di questo nome, democratico, non fa burocrazia interna, ma si apre. Si apre andando a incontrare le persone. Se il Pd vuole vincere le elezioni deve provare a scrivere una storia nuova. E la storia nuova la scrivono i pioneri, non i reduci. Valorizziamo i militanti, i circoli, andiamo noi fuori, non portiamoli nelle nostre stanze". Concludo. Matteo Renzi è il vero avversario di Nichi Vendola e soprattutto di Bersani. Il gruppo dirigente del Pd non lo ama e non lo perdonerà mai. Ha creato il dissenso, ha favorito il pluralismo, ha espresso il diritto di critica, e la libertà di opinione. Ha contestato tutto il gruppo dirigente. Solo Chiamparino e Parisi potranno salvarlo polticamente. Le vecchie volpi argentate del Pd che controllano il partito da sempre non hanno lavorato 40 anni della loro vita per lasciare il partito al sindaco di Firenze. Renzi, anche se la sua manifestazione ha avuto un grande successo, è odiato: se lo ricordi sempre. Faranno di tutto per espellerlo, per denigrarlo, o per non ricandidarlo alle politiche. Il consiglio che gli dò è quello di coltivare i rapporti con Chiamparino e Parisi, e di apparire sulla stampa e sulla Tv per contare politicamente. In questa società dell'immagine purtroppo un politico conta se appare. Non a caso in questi tre giorni il Pd ha organizzato altri convegni perchè Renzi il rottamatore e il suo seguito non apparissero sulla stampa. Ci hanno provato ma gli è andata male, ma continueranno in questo feroce mobbing politico. Non si faccia illusione Renzi. Rottamare un partito e cambiare le facce non ci sono riusciti i democristiani onesti che erano in un partito democratico. Figuriamoci se Renzi può pensare di rottamare Violante, D'Alema, Veltroni, Penati, Prodi, Bassolino, la Bindi, la Bresso, la Turco, e la Toia in un partito che ha una struttura verticistica, che coopta dall'alto le persone e le tessere ai congressi non sempre sono trasparenti come ha rilevato Franceschini e Fioroni. Infine gli dò un altro consiglio: non si fidi nella maniera più assoluta dei cosiddetti giovani: Letta, Franceschini, Serracchiani e Civati. Vogliono il potere e comandare nel Pd facendo fare il "lavoro sporco" a Renzi. E Matteo Renzi, secondo questa cosiddetta classe giovanile, che è più anziana, più arrivista e più ambiziosa degli attuali anziani del partito, dovrebbe lavorare per il re di Prussia? Ma allora pensano che Renzi oltre al coraggio non abbia l'intelligenza e sia pazzo. I rampanti e i rampolli del Pd vogliono pedalare. bene comprino la bicicletta e pedalino da soli, non mandando allo sbaraglio Renzi. Comunque Matteo Renzi: eviti l'isolamento nel Pd, faccia alleanze interne, usi il dialogo anche con i vecchi del Pd (in fondo chi porta i capelli bianchi ha il dono della saggezza) e non prenda il machete per far fuori l'intelligente Massimo D'Alema capo del Copasir ( a proposito Renzi faccia bonificare tutti i suoi uffici e la sua casa con tutti gli uomini dei servizi che girano del Copasir ) che da buon politico navigato, anche se le portasse rancore, potrebbe rivedere le sue posizioni. Il capo del Pd, il leader maximo, come sa bene è lui, e non Bersani, la Finocchiaro, la Bindi, Scalfarotto, Letta o Franceschini. O D'Alema cade da solo, o si ritira politicamente e allora Renzi lei è favorito, ma fino a quando D'Alema non si ritira in pensione nella sua azienda agricola denominata "La Madeleine" di 15 ettari in Umbria ubicata tra Narni e Otricoli (acquistata con un "mutuo importante" per i figli nel 2009) non può pensare di rottamarlo. Questo lo pensa il popolo delle salamelle delle Feste dell'Unità, i dirigenti del Pd e gli intellettuali del partito che, come vede, sono tutti defilati compreso l'ex sindaco di Venezia Massimo Cacciari (membro della Direzione del PD) che si occupa di Filosofia in una Università privata a Milano. E il silenzio agghiacciante di tutto il gruppo dirigente non depone a suo favore. Lavori per unire ciò vi unisce e fate un tratto di strada insieme, ma se lei scassa tutto alla fine i prepotenti del Pd travestiti da angeli l'avranno vinta e rottameranno lei. Si ricordi sempre i casi Pannella- Capezzone, Casini- Follini, Di Pietro-Veltri, Berlusconi e Fini, Bossi-Miglio e tanti altri dissidenti espulsi della Lega Nord. PS: A proposito, il 62 enne deputato Massimo D'Alema, ha promesso che venderà Ikarus II, sloop di 60 piedi, disegnato da Roberto Starkel, costruzione in lamellare di mogano e carbonio in resina epossidica. Piano velico semifrazionato con albero in carbonio'. Un' imbarcazione per lunghe crociere veloci. Coperta in teak, attrezzature Harkenconwinchelettrici. Interni in ciliegio con 4 cabine, 3 bagni". Valorecommerciale : 1 milione di euro.Vedremo se il capo del Copasir manterrà la promessa. Ah, se fossi stato marxista e leninista, forse, anch'io avrei una barca di 60 piedi e un'azienda agricola di 15 ettari nella bellissima campagna umbra... Alberto Giannino alberto.giannino@gmail.com [01 novembre 2011] |
Post n°218 pubblicato il 13 Novembre 2011 da Alberto_Giannino
Gli angeli del volontariato a Genova e in altre zone d'Italia dove ci sono state alluvioni ed esondazioni dei fiumi, tutti li abbiamo visti all'opera in questi giorni. Sono prevalentemente ragazze e ragazzi 20 enni e 30 enni, ma non mancano anche 40 enni, e anche 50 enni. Tutti attivati, allertati, e mobilitati per prestare soccorso gratuitamente alle vittime di questa tragedia in cui hanno perso tutto: i figli, la casa, il negozio, la macchina, e beni personali. |
Post n°217 pubblicato il 13 Novembre 2011 da Alberto_Giannino
Brunetta, il ministro veneziano sconfessato dai suoi amici
Il ministro alla Pubblica Amministrazione, il veneziano Renato Brunetta, 61 anni, economista, esponente del Pdl ed ex socialista craxiano, sotto scorta da 28 anni per minacce terroristiche, lo scorso anno, si era candidato Sindaco di Venezia senza tuttavia essere eletto. La sua lista si chiamava (qui è proprio il caso di usare l'imperfetto del verbo chiamare) Lista Brunetta. Tale lista prese tre consiglieri comunali: Stefano Zecchi, Alessandro Scarpa e Renato Boraso. Su 46 consiglieri eletti a Ca' Loredan 3 appartenevano alla lista Brunetta. |
Post n°216 pubblicato il 21 Ottobre 2011 da Alberto_Giannino
L'onorevole Franco Verga nacque a Milano il 21 settembre 1929 da genitori che erano emigrati dalla Sicilia. Il papà di Franco Verga svolgeva un lavoro artigianale. Franco Verga ebbe fin da giovane profondo interesse verso i bisogni dei poveri e si attivò nella comunità milanese collaborando con l’Azione Cattolica, le ACLI e le Parrocchie sul territorio, diffondendo, predicando un impegno cattolico e non solo, tra le genti della comunità di appartenenza. Successivamente si avvicinò al Movimento giovanile della Democrazia Cristiana e con una intensa attività socio-politica si distinse fino a diventare Deputato nel Parlamento Italiano per lo stesso partito della Democrazia Cristiana (DC) nel 1963. Poco prima era stato fondato a Milano il C.O.I. – Centro Orientamento Immigrati – da parte di un gruppo di amici particolarmente sensibili ai problemi inerenti l’immigrazione interna (sud-nord), fenomeno di risalto in pieno boom economico. Franco Verga venne nominato presidente del C.O.I. Il C.O.I. svolse attività come Centro Studi, organizzando seminari e convegni sul tema dell’immigrazione interna e dei migranti italiani all’estero, attivò corsi di alfabetizzazione e di cultura civica per i lavoratori immigrati, svolgendo nel contempo un’attività di lobby verso il Parlamento al fine di migliorare le norme e le disposizioni che riguardavano, in quegli anni, gli italiani emigrati all’estero. Il C.O.I. è stato un importante centro di solidarietà e di assistenza per 150.000 immigrati. La missione dell’ente è stata definita prevalentemente dall’opera dell’On. Franco Verga, persona profondamente motivata alla difesa dei diritti umani dei migranti. Franco Verga morì tragicamente il 28 agosto del 1975. Il suo corpo fu trovato a Milano in una vasca d'acqua di fronte alla Basilica di Sant'Antonio a Milano in Via Carlo Farini. Fu annegato (e non suicidato) prima in una vasca da bagno in un appartamento, poi, una volta morto, fu portato in Via Farini. Infatti oggettivamente non è possibile annegarsi nella vasca di via Farini. Dunque l'onorevole Verga fu ammazzato prima e qualcuno lo mise nella vasca per inscenare un improbabile suicidio. In ballo c'erano i miliardi che il COI aveva ricevuto dal governo e che gli esecutori del suo delitto hanno sottratto. Il delitto Verga fu un delitto di mafia deciso a tavolino. Chi scrisse un libro proponendo la tesi del suicidio fu Vincenzo La Russa di Paternò (Catania). Il libro è intitolato "uno scandalo cristiano". No, signor La Russa, l'onorevole Verga è stato ammazzato come un cane e all'appello mancano i miliardi del COI. Sarebbe il caso che la procura di Milano, dopo 30 anni, riaprisse il caso Verga. Tutti i dirigenti e i deputati della DC dell'epoca sanno molto bene chi sono i mandanti e gli esecutori del primo delitto di mafia di un deputato in Italia avvenuto a Milano. Ma non hanno mai fornito indicazioni per paura. Il mandante è un palermitano, pregiudicato per tangenti, ragioniere (chissà dove ha preso il diploma), fa politica attiva, disponde di molto denaro (è strano dal momento che è arrivato a milano con la valigia di cartone senza arte ne parte) ed è membro della Direzione nazionale di un partito. Cara Ilda Boccassini tu quest'uomo lo conosci già e molto bene: sei andata a parlargli in cella. E' pericolosissimo, ma io non lo temo. Non temo le sue minacce e non temo nè le sue querele nè i suoi avvocati. Se vuole soldi da me, il ragionere della mafia casca male. Quindi mi lasci perdere, non mi rompa più le palle, e soprattutto non mi minacci: è peggio. Io non temo la morte e sono sereno. Spero che tutti gli ex democristiani di Via Nirone 15 a Milano degli anni 70 parlino, se no parlo io. Hai capito ragioniere dei miei stivali? Comunque, per tutelarmi, ho già fatto un bel dossier su di te pronto per DIA, DDA, Procura nazionale Antimafia, Sco, Gico e Ros. E credo che avrai presto delle sorprese visto che non capisci che mi devi lasciare perdere dal momento che non sono un tuo picciotto. Anche il tuo ex capocorrente, ex detenuto eccellente di mani pulite, che ti consiglia male potrebbe essere accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Lo stesso dicasi per il tizio che sedeva nel cda dell'Aem e dell'Ospedale per il quale andavi a ritirare tangenti. A uno come te del resto come facevano gli imprenditori a dire di no? Senza contare l'onorevole defunto Egidio Carenini ex P2 il cui immenso patrimonio milionario era nelle tue mani che ho frequentato per tre anni consecutivi, ospite la domenica nella sua azienda agricola a Santa Cristina (Pavia) solo per arricchire la mia personale documentazione di alcuni fatti attraverso i nostri colloqui che duravano ore. Stranamente Carenini che cambiava spesso autista mi faceva cenno in macchina di parlare di cose generiche e generali, ma non di altro. Era controllato dal gruppo del ragioniere di Palermo e sarebbe interessante conoscere a chi è andata la sua immensa eredità. Al figlio adottivo? Puo' darsi, ma il ragioniere che l'ha tutelato per anni evitando sequestri e altro cosa si è preso? Le briciole del patrimonio Carenini? Lo escludo. Alla guardia di finanza il compito di controllare i vari prestanome e tutte le società riconducibili all'onorevole Carenini. tra parantesi il suo decesso l'ho appreso dopo alcuni mesi... ag
NB: L' ing. Gianni Verga, cugino del morto ex assessore al Comune, Regione e Provincia di Milano per anni, stranamente, sulla sua morte non si è mai pronunciato e non ha mai stigmatizzato tale efferato omicidio. |
Post n°214 pubblicato il 20 Ottobre 2011 da Alberto_Giannino
Giuliano Pisapia, è sindaco di Milano da appena 140 giorni, e il suo bilancio politico è, per usare un linguaggio scolastico, appena sufficiente anche se, per essere obiettivi, bisognerebbe aspettare almeno gennaio 2012. Ma vediamo ora i primi provvedimenti adottati, così ci facciamo un'idea sulla sua Giunta che è la più importante del Paese con quella di Roma, Napoli, Torino, Palermo, Bologna, e Venezia. La sua Giunta ha trovato un buco nel bilancio di 180 milioni di euro. L' ex sindachessa Letizia Moratti ha sempre negato tale buco perchè pensava di quotare in Borsa la Sea spa che avrebbe portato nelle casse comunali 124 milioni ma passando dall'84% dell'attuale proprietà del comune di Sea spa al 51%. E poi c'era il discorso dell'autostrada Serravalle ( la Milano Genova) di cui il Comune voleva disfarsi totalmente vendendo la sua quota di minoranza portando altri soldi freschi. Ma nessuno si è fatto avavnti per l'acquisto e allora Pisapia e Podestà stanno studiando una soluzione alternativa che consenta di contemperare l'esigenza dei due enti locali di fare cassa (cosa di cui hanno estremo bisogno visto cosa hanno lasciato in eredità Moratti e Penati), l'esigenza di mantenere insieme il controllo della società e l'esigenza di coinvolgere un partner privato che consideri appetibile l'acquisto delle azioni in vista di una cogestione della società stessa e altri vantaggi di cooperazione imprenditoriale. Alberto Giannino |
Post n°213 pubblicato il 04 Giugno 2011 da Alberto_Giannino
di Nicola Porro - Vice direttore de IL GIORNALE Ha destato un certo clamore l’intervista fatta dal finanziere Francesco Micheli al Corriere della Sera all’indomani della vittoria di Giuliano Pisapia: Milano può diventare più bella «purché non la si lasci in mano a immobiliaristi spregiudicati». La prima battuta che viene in mente è che in genere ad essere «spregiudicati» sono i finanzieri: quelli che, come Micheli, scalano le società con ardite operazioni di Borsa. Ma si tratta di una battutaccia: in fondo Micheli, oltre alla scalata di Bi-Invest, con Scaglia fondò Fastweb, che poi gli rese quasi un miliardo di euro, proprio nella città della destra italiana. Ma la curiosità nella Milano che conta è a chi si sia riferito il «finanziere non spregiudicato». È da escludere che Micheli abbia potuto pensare per un solo secondo ai Ligresti. Sapete com’è, il rischio c’era: Ligresti nei salotti di sinistra non gode di gran fama. E poteva essere il candidato numero uno alla spregiudicatezza. Ma come la mettiamo allora con il fatto che Micheli è socio di Ligresti? Lo era in Fondiaria Sai e lo è oggi in una Sgr che si occupa proprio di mattone: la Hines Italia. Secondo indiziato per giro d’affari: Manfredi Catella. Sta costruendo mezza Milano, con progetti e grattacieli tanto interessanti quanto contestati dai Celentano-maniaci. Ahi, ahi, ahi. Anche qui le cose non tornano. Hines Italia, dove sono partner Micheli e Ligresti, ha come socio forte proprio Catella. Che è appunto il numero uno di Hines. Diventa così ragionevole ritenere che Ligresti e Catella, con cui Micheli fa affari, siano automaticamente esclusi dalla spregiudicatezza denunciata. Con loro siamo fuori pista. Resta l’imbarazzante particolare (non proprio messo in evidenza dal Corsera) che Micheli è più o meno socio dei più grandi progetti immobiliari che si stanno realizzando a Milano. Ma andiamo avanti e parliamo dei concorrenti di Micheli. Tra i più grandi c’è Citylife, il megaprogetto che dovrebbe dare un nuovo volto alla ex Fiera di Milano. Anche qui però cadiamo male: a menare le danze sono i tedeschi di Allianz e Generali. Più che spregiudicati, sembrano istituzionali. Poi ci sono i progetti per la riqualificazione delle aree da parte del ministero della Difesa, per le caserme, e delle Stazioni da parte delle Fs: sai che furbacchioni. C’è Pasquarelli di Euromilano con le coop rosse dentro: a lui si riferiva Micheli? Nel qual caso è semplice: se la caveranno tra di loro. Forse i Cabassi, a cui è restato poco, ma che hanno il grande vantaggio di una coppia di fratelli alla guida dal sapore bipartisan: uno legato al centrodestra e l’altro al centrosinistra. Così si fa. Di Beni Stabili (roba del patron di Luxottica, Del Vecchio) e Paribas è meglio non parlare: sono al di sopra di ogni sospetto. Ma chi sono dunque questi spregiudicati che dobbiamo temere? È possibile per un nanosecondo ritenere che Micheli si riferisse a Stefano Boeri, l’archistar che con la sua anima progressista ha opportunamente verniciato buona parte dei grandi progetti di Milano. Ma anche in questo caso è difficile pensare a lui: eletto, anzi supereletto nella lista del Pd, è troppo vicino a Micheli&Co. In effetti perse le primarie contro Pisapia proprio perché la sinistra lo accusava di connivenza con «il nemico». Gli rimproveravano quei progetti firmati per Catella. Ma soprattutto quelli siglati con lo «spregiudicato» Ligresti. Micheli quindi si riferiva a Boeri e non a degli immobiliaristi? Nooo. Da escludere. Il giro Catella- Hines-Ligresti-Boeri e Micheli ha troppi legami e interessi reciproci: se ne azzoppi uno, cadono tutti. Gli è che a Milano l’edilizia è un business che fa gola. Micheli, che annusa bene l’aria come la Borsa, prima degli altri ha segnato il territorio. Gli immobiliaristipiù che spregiudicati appaiono lesti nel cambiare casacca. Finalmente ci siamo liberati della Moratti, ma non dei suoi immobiliaristi sarebbe stato più corretto affermare. Sempre gli stessi continueranno a fare affari, ma saranno più verdi, più ecologici, più sostenibili, più giusti, più equi, più rispettabili e più solidali. Hip Hip Hurrà. ps. A proposito di Fastweb. Nelle prossime settimane il gruppo di tlc controllato dagli svizzeri di Swisscom annuncerà l’acquisizione, in più tranche, del 15 per cento di Metroweb. Si tratta della società che ha in pancia la rete di fibra ottica di Milano e che è stata recentemente comprata dal fondo F2i di Gamberale e Banca Imi. Fastweb diventa così sempre più appetibile per i nostri tre big del settore della telefonia mobile. Escludendo Telecom (che per motivi antitrust ha dovuto anche recedere dall’intento di acquisire Metroweb) restano Vodafone e Wind. Quest’ultima è la candidata numero uno all’acquisto di Fastweb, ma ad una cifra ben superiore ai due miliardi circa di euro coi quali gli svizzeri l’hanno tolta dalla Borsa. |
Post n°212 pubblicato il 04 Giugno 2011 da Alberto_Giannino
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Post n°211 pubblicato il 31 Maggio 2011 da Alberto_Giannino
Letizia Moratti farà il passaggio di consegne con il nuovo sindaco di Milano Giuliano Pisapia il pomeriggio del 1 giugno a Palazzo Marino. Dopo, la sua avventura politica milanese, si chiuderà avendo ella perso ben 70 mila voti rispetto al 2006 fallendo clamorosamente l'obiettivo politico della rielezione a sindaco. Un grosso smacco per lei che è sempre stata gelida, fredda, e distante dalle gente. Le rimane, comunque, l'incarico di Commissario governativo per l'Expo, ma dovrà dimettersi da Consigliere comunale perchè incompatibili. In questo modo, il vecchio consigliere del Pdl, Fabrizio De Pasquale (secondo dei non eletti) e vicinissimo al coordinatore lombardo del Pdl, il Sottosegretario sen. Mario Mantovani, potrebbe essere ripescato (solo se Berlusconi e Moratti si dimetteranno) e fare ritorno a Palazzo Marino dove siede da 15 anni con la stima di molte persone per la sua competenza. La sconfitta della signora Moratti risale al 16 maggio scorso perchè in 15 giorni ha recuperato solo 25 mila voti che sono quelli dell'Udc, del Fli e di qualche moderato. Questo significa che anche se Berlusconi non si è fatto vedere a Milano in questi giorni, anche se Albertini l'ha affiancata in campagna elettorale, anche se la Moratti ha richiamato al fronte il signor Glisenti, non è servito a nulla. I milanesi hanno protestato e non sono andati a votare ritenendo che dalla Moratti non bisognasse acquistare nemmeno un'auto usata. Obiettivamente chi lo farebbe a Milano? L'elettorato moderato ha preferito disertare le urne e non votare Letizia Moratti. La borghesia milanese ha puntato, invece, su Giuliano Pisapia uomo mite, competente, e corretto. In questi cinque anni la Moratti non ha fatto nulla per piacere ai milanesi. Altera, sicura di sè, superba ha privilegiato prevalentemente i suoi interessi e non sempre quelli dei cittadini. Ha privilegiato gli interessi dei costruttori e dell'Expo girando per il mondo. Non ha mai ritenuto di ascoltare la Chiesa ambrosiana e il suo Pastore cardinale Dionigi Tettamanzi o i cittadini, o le varie associazioni. Non ha mai aperto tavoli sindacali per dirimere controversie o contenziosi, ma ha servito il padrone di Arcore come fa una brava serva; ha fatto gli interessi dei poteri forti, e ha amministrato male la città. Le altre due sue liste civiche (Milano al centro e Giovani per l'Expo)non sono arrivate insieme neanche al 3%. Cio' significa che lei ha stanziato somme di denaro ingenti per obiettivi politici insignificanti. Questa operazione politica ha portato, infatti, solo all'elezione di Mariolina Moioli catapultata da Bergamo a Milano. La Moratti aveva iniziato la sua campagna elettorale già un anno fa creando la Casa di Letizia Moratti in V. Montebello 24 affidandone la presidenza prima all'avvocato Marcello Di Capua, poi al pranoterapeuta e veggente Mario Azzoni entrambi senza un'esperienza politica significativa (Di Capua una volta silurato è stato premiato dalla Moratti alla Presidenza della Fondazione AEM di Milano con uno stipendio favoloso). I risultati sono stati deludenti nonostante le varie riunioni che si sono tenute al suo quartier generale. Sta di fatto che la Moratti per sè stessa ha speso 6 milioni di euro e per la Lista civica della Moioli ben 1, 4 milioni. Cioè 7,4 milioni. Il marito, che ha materialmente pagato, non sappiamo se è contento di come siano stati spesi tutti questi soldi per conseguire un risultato negativo che resterà sui libri di storia. In conclusione, Letizia Moratti, ha preso 297 mila voti, Pisapia 365 mila. La differenza fra i due candidati è notevole e non lascia adito a dubbi. Letizia Moratti ha chiuso il suo mandato nel modo peggiore deludendo i moderati e settori rilevanti della pubblica opinione. Senza contare che un pubblico amministratore condannato dalla Corte dei Conti per danno erariale è anche un pessimo amministratore la cui gestione pubblica non può non destare preoccupazione fra i cittadini attenti e responsabili. Credo che il caso della condanna della Moratti sia il primo nella storia della città che riguardi un Sindaco di Milano e, questo fatto, deve indurre tutti a una riflessione sulla questione morale che è stata volutamente elusa in questi cinque anni. Milano, adesso, ha scelto di cambiare pagina. Diamo fiducia al nuovo sindaco Giuliano Pisapia che, sicuramente, ci aiuterà a dimenticare la signora Moratti e tutta la sua corte dei miracoli; corte che ha fatto fortuna con incarichi e consulenze d'oro alla faccia dei milanesi e dei contribuenti onesti che diedero fiducia alla Moratti cinque anni fa e sono rimasti buggerati. Fortunatamente in democrazia i cittadini possono mandare a casa gli amministratori che non hanno gestito la cosa pubblica con trasparenza e nell'interesse del bene comune. Alberto Giannino |
Post n°210 pubblicato il 31 Maggio 2011 da Alberto_Giannino
Sulla città brechtiana dove tutto era permesso con il denaro, malgovernata da lustri dalle lobby neo-feudali incardinate nelle riunioni del lunedì ad Arcore, dove i vassalli collezionavano i pizzini del sovrano, ha soffiato il nuovo Vento del nord. Il vento che porta a palazzo Marino Giuliano Pisapia, aspirante tardo epigono del riformismo ambrosiano. “Adesso mi aspetto il 25 luglio 1943, la data del Gran Consiglio del Fascismo che disarcionò Mussolini”, esulta Piero Bassetti, primo presidente democristiano della regione Lombardia, che si è speso in campagna elettorale con il Gruppo del 51 (per cento), la cosiddetta borghesia illuminata rediviva, non solo contro la cricca spregiudicata che ha governato la città nel quinquennio del grande bluff di Letizia Moratti, ma per restituire a Milano il ruolo anticipatore di tutte le grandi svolte politiche del paese: il fascismo, la resistenza, l’immigrazione, il centrosinistra, il boom economico, il craxismo, infine il berlusconismo. «Quello che oggi pensa Milano — diceva Gaetano Salvemini — , domani lo penserà l’Italia». Sarà Bossi il Dino Grandi del Terzo millennio o il Pdl imploderà da solo? Quel che è certo è che si profila qui, come a Napoli, a Cagliari, a Trieste, un nuovo blocco sociale. «Non solo tra i borghesi e gli intellettuali, ma tra i giovani, i ceti popolari, i disoccupati, l’associazionismo, i cattolici, per ricostruire questa città e questo paese dati in appalto per troppo tempo all’affarismo coniugato con l’incompetenza al potere», preconizza il neo-sindaco, che festeggia a piazza Duomo, in una Milano estiva che stasera sembra liberata da una “introversione regressiva”. Così la chiama l’urbanista del Politecnico Matteo Bolocan, che denuncia l’anarchia urbanistica come l’unica cosa visibile di vent’anni di governo della destra. A poche centinaia di metri dai festeggiamenti per Giuliano, come tutti ormai lo chiamano, svettano gli scheletri dei grattacieli di Garibaldi, di fronte a quello già imbellettato eretto da Roberto Formigoni a eterna icona del potere suo e dell’affarismo di Cl e della Compagnia delle Opere. La nuova stirpe dei «grattacielari» senza un disegno, se non quello dello sfruttamento della “leva finanziaria”, cioè l’indebitamento con le banche, si è impossessata degli spazi lasciati vuoti dall’industria qui in centro e un po’ più in là, dove sorgeva la storica Fiera. Se la Moratti fosse stata rieletta sarebbero stati subito in ballo col nuovo Piano di Governo del Territorio altri 35 milioni di metri cubi, 100 nuove torri, o addirittura 341 secondo l’ambientalista Michele Sacerdoti. Si chiama “ridensificazione” la filosofia dell’assessore uscente Carlo Masseroli, 700mila abitanti in più vagheggiati per la città, con un tasso di densità che passerebbe da 7 a 12mila abitanti per chilometro quadrato, secondo il conto fatto dai tecnici di Milly Moratti, la cognata dell’ex sindaco. Peccato che non si venda o non si affitti un solo appartamento, i metri cubi si scambiano soltanto tra speculatori e banche come le figurine dei calciatori. Quando non sono grattacieli, sono loft negli ex capannoni industriali dismessi. Ce ne sono 70mila illegali, come quello dedicato a Batman dal figlio dell’ex sindaco Moratti, forse timorata di Dio e anche moderata, ma strumento malleabile nelle mani di un comitato d’affari con sede ad Arcore e con ciambellani del calibro di Bruno Ermolli, il Gianni Letta ambrosiano. La “Peste di Milano” l’ha chiamata in un suo libro Marco Alfieri, una peste fatta di affarismo, ciellismo, berlusconismo, leghismo, avventurismo e trasversalismo del malaffare, che non nega neanche Bobo Craxi, figlio dell’inventore della Milano da bere, che con Tangentopoli aprì le porte al berluscoleghismo, dopo anni di riformismo che aveva fatto di Milano la capitale morale del paese: ”Quando non c’è più la politica — dice — confliggono soltanto gli interessi”. I protagonisti sono sempre gli stessi: Ligresti, estensione d’affari della famiglia La Russa oberato da miliardi di debiti, ma che — ci si può giurare — non faranno fallire, i Cabassi, venditori dei terreni dell’Expo ed acquirenti delle aree della famiglia Berlusconi a Monza. L’oggetto le aree edificabili, i tunnel, le metropolitane, la sanità. «Un’intera oligarchia adesso travolta dal voto», secondo Nichi Vendola, che, liquidati gli affaristi ambrosiani, sbeffeggia «la volgarità dei raffinati intellettuali della Magna Padania». Poi, con i grattacieli e gli appalti, le fondazioni bancarie, la Scala, i musei, una cassaforte di 22 società partecipate, 70 altri enti e fondazioni con 3 miliardi di patrimonio e 13mila dipendenti, che si aggiungono ai 16mila comunali. Il gas, l’acqua, le fognature, i trasporti, la sanità. Migliaia di poltrone lottizzate tra Pdl, Cl e Lega in modo scientifico, come neanche erano riusciti a fare democristiani e socialisti. Milano in questi anni ha subito persino l’onta di Cesare Geronzi nella poltrona che fu di Enrico Cuccia, che anche la borghesia illuminata accettò senza battere ciglio. «Non faremo prigionieri», proclamò l’avvocato Cesare Previti dopo una delle prime vittorie elettorali di Berlusconi. A Milano di prigionieri negli enti non ne hanno lasciato neanche uno, salvo quelli — non pochi — che negli anni si sono autoreclusi, facendo il salto della quaglia verso il potere pervasivo del berlusconismo. Pisapia, pur dolce e gentile, non sembra che intenda fare prigionieri. Ma l’insipienza del berlusco-morattismo è stata certificata oltre ogni legittimo dubbio dalla vicenda dell’Expo 2015. Sono passati 1.160 giorni da quando Milano strappò a Smirne l’esposizione. Troppo pochi per il partito del “fare e dell’amore” che si è scannato pubblicamente in una rappresentazione fatta di dilettantismi, incapacità, tradimenti, imboscate, conquista di poltrone e prebende, sotto la regia dei signori del cemento, cui hanno assistito annichiliti i membri del Bureau International des Expositions. Il risultato è ad oggi zero. Del resto, la vicenda era nata sotto una pessima stella. L’azione di lobbying sugli altri paese del Bie, indovinate da chi era cominciata? Dalla Libia del colonnello Gheddafi e dall’Egitto di Mubarak, i due dittatori spazzati via poco dopo. Ai milanesi non piace farsi prendere per i fondelli, dopo vent’anni di promesse al vento e di fuffa che l’economista Marco Vitale considera offensiva: «I musulmani, la Moschea, gli attacchi al cardinale Tettamanzi. Hanno trattato i milanesi da deficienti». «Cinquecento sgomberi di Rom ha fatto il vicesindaco De Corato», ha calcolato il neo-sindaco. «Risultato: ha speso 7 milioni e non ha risolto, ma ha aggravato il problema». Nel frattempo, un negozio milanese su cinque paga il pizzo alla ‘ndrangheta, che ha già allungato le mani sugli appalti per l’Expo, nella sostanziale indifferenza della giunta, del Consiglio comunale e anche del ministro dell’Interno Maroni. Cacciare gli immigrati, del resto, «significherebbe tagliare il 10 per cento dell’economia e mandare definitivamente a fondo Milano, una sciocchezza senza pari», avverte Bassetti. Missione ardita per Giuliano, di fronte a quella che è stata definita la sindrome dello “sconfittismo di sinistra”. A piazza del Duomo, Vendola inneggia stanotte ai “fratelli musulmani”. Forse un lessico un po’ forte per una città che rimane moderata. Ma infiamma la piazza con le parole: «Ora prenderemo Palazzo Chigi».
di ALBERTO STATERA (REPUBBLICA) |
Post n°209 pubblicato il 31 Maggio 2011 da Alberto_Giannino
Accade tutto in questi giorni di campagna di fine mandato, ma forse è solo una combinazione. Fatto è che la gara per l’individuazione dei soci privati che concorreranno a costruire la linea 4 della metropolitana è stata finalmente aggiudicata, a cinque anni precisi dall’uscita del bando del Comune. I 15 chilometri lungo la tratta LinateLorenteggio verranno progettati, costruiti e gestiti da Impregilo, leader e mandataria di un gruppo di imprese formato da Astaldi, Ansaldo Sts, Ansaldo Breda, Atm e Sirti. Sconfitta l’offerta del raggruppamento Pizzarotti, Thales e Siemens. Costo complessivo: 1,7 milardi di euro, dei quali 786 milioni coperti dallo Stato, 512 da privati e 400 dal Comune che, precisa, ha già messo a bilancio la cifra. Impregilo e Astaldi saranno responsabili, con quote paritetiche, della realizzazione di opere civili per 870 milioni, mentre per Ansaldo Sts il valore del contratto ammonta a 255 milioni. L’inizio dei lavori è previsto per luglioagosto e dovrebbe concludersi in tempo per l’apertura di Expo. La concessione, si legge nel comunicato diffuso da Impregilo, avrà una durata complessiva di 30 anni di cui 6,5 anni per la progettazione e costruzione, e i restanti 23,5 per la fase di gestione. Ma fra sei anni e mezzo saremo a fine 2017, dunque a Expo ormai archiviato. Dunque, più verosimilmente, per il 2015 sarà realizzabile solo la prima tratta, da Linate a Dateo, stazione di interscambio col passante ferroviario. A meno che si ridiscutano i termini del contratto, come già prevedeva il bando, perché terminare significa lavoro in straordinario, assunzione di personale aggiuntivo e utilizzo di più mezzi. Sulle cifre grava ora la fretta: un tavolo di negoziazione tra le parti in causa sarà indispensabile se si vorranno accelerare i tempi, e nella suddivisione degli oneri aggiuntivi il Comune dovrà probabilmente stanziare nuovi fondi. Una volta terminata nel 2015, o nel 2017 secondo l’offerta iniziale, l’opera dovrebbe trasportare 86 milioni di passeggeri l’anno, pari a 3,69 milioni di spostamenti in auto in meno, secondo le stime fornite dal Comune. La nuova linea sarà ad automatismo integrale, senza macchinista a bordo. Nel progetto la linea collegherà Linate a San Cristoforo F. S. passando per il Policlinico, le stazioni intermedie saranno 21, verranno scavate due gallerie a binario singolo, una per senso di marcia, e verrà realizzato un deposito-officina. Il progetto della M4 ha origini lontane nel tempo. La giunta Albertini, nel 2005 aveva previsto una serie di grandi opere da realizzarsi grazie alla vendita della municipalizzata Aem. Ma tutto si arenò, passando alla giunta Moratti. La gara è stata bandita nel giugno 2006, l’iter si è concluso il 9 maggio con l’apertura delle offerte delle due concorrenti, fino all’aggiudicazione provvisoria, che diverrà definitiva dopo i controlli tecnici. Seguirà la stipula della convenzione di concessione, che verrà accordata entro il 30 dicembre di quest’anno. Per quell’epoca i lavori dovrebbero però essere abbondantemente in corso, almeno secondo il calendario annunciato dal sindaco. LAURA FUGNOLI (Repubblica) |
Post n°208 pubblicato il 30 Maggio 2011 da Alberto_Giannino
Letizia Moratti è stata sconfitta sonoramente dai milanesi: il 55,1% dei consensi è andato a Giuliano Pisapia, mentre solo il 44,8% ha votato per il sindaco uscente. Un sindaco solo, impopolare, e poco amato. Milano ha cambiato pagina dopo 20 anni di giunte leghiste o di centro destra. Ora la città è ritornata libera. Non avremo più politicanti, immobiliaristi, costruttori, professionisti e amici degli amici che vanno a Palazzo alla ricerca di consulenze o di posti, poltrone e prebende per denaro, successo e carriera, ma gente che lavorerà per il bene comune come l'avvocato Pisapia che è persona mite e perbene contrariamente a quanto ha affermato la Moratti che lo defini' a Sky ladro d'auto dimenticando che Pisapia fu assolto con formula piena da quell'accusa infamante. Abbiamo assistito, in questi anni, ad un arrivismo e un egoismo che non trova eguali. Al punto che la Corte dei Conti della Lombardia ha condannato, nel 2009, l'ex Sindaco Moratti e la sua Giunta per danno erariale per un importo di 261 mila euro complessivi di cui una multa di 80 mila euro solo per il sindaco. Il tutto per lo scandalo delle consulenze d'oro ( 11 milioni ) che ha fatto indignare l'Italia e i milanesi. Abbiamo visto, inoltre, il figlio del sindaco, Gabriele Moratti, 33 anni, con la sua maxi abitazione di 447 mq in Via Ajraghi n.30, indagato dalla Procura di Milano per violazione edilizia e per una brutta storia di una sanatoria poco chiara. Una casa alla Batman dove per il rampollo (laureatosi negli Usa in Psicologia e storia dell'arte?) c'era di tutto: sala fitness di «200 metri quadrati con grande vasca idromassaggio, sauna, bagno turco, piscina salata e soppalco-palestra», «ponte levatoio che sale in un enorme soggiorno con cinema privato» e al piano superiore «immense camere da letto». L’effetto-Batman è garantito soprattutto da una «botola motorizzata» che porta in un bunker sotterraneo in cemento, con «ring da boxe» e «poligono di tiro insonorizzato». Due esempi: quello dello scandalo delle consulenze d'oro e quello della maxi abitazione irregolare che i milanesi che hanno a cuore la questione morale non hanno ancora dimenticato. Una nota che non ha giovato alla Moratti in questi anni è il suo carettere, la sua freddezza, il suo cinismo e opportunismo politico, e la sua durezza, anche se in Tv dice che è timida. La realtà è che ella non non ha appeal. Passiamo alla campagna elettorale di Letizia Moratti. Lo staff era quello del 2005 con l'aggiunta di uno strano pranoterapeuta veggente, tale Mario Azzoni, e un dirigente di San Patrignano: mancavano Paolo Glisenti e Roberto Pesenti (ripescati per il ballottaggio). A dirigere lo staff c'era la zarina Mariolina Moioli che deve tutto alla Moratti (rieletta con i voti di Comunione e Liberazione), qualche brava impiegata, Red Ronnie (per la Tv), Usai(portavoce), la società di comunicazione di Fiorenzo Tagliabue di CL e una sondaggista licenziata dopo il primo turno. Questo era il suo comitato elettorale. Davvero modesto: una corte dei miracoli con nani e ballerine. Se la Moratti si qualifica imprenditrice europea e poi si avvale solo di questo comitato, incomincio a dubitare delle sue doti manageriali. Con questo comitato non poteva andare lontano e vincere: ci voleva ben altro signora Moratti! Tutti l'abbiamo vista, oggi pomeriggio, alle 17.30 in via Montebello n. 24 alla conferenza stampa di addio. Volto tirato, pallida, occhiaie profonde, gli occhi coperti da un velo di ombretto verde pisello come il colore dei suoi orecchini, un filo di rossetto rosso, pantaloni neri e una camicetta di seta bianca e nera a pois. In quella sede la Moratti ha promesso collaborazione alla nuova maggioranza, ha detto che intende riunire i moderati e ha fatto capire che intende guidare a Palazzo Marino il Pdl e la Lista Moratti (in tutto 12 consiglieri oltre se stessa). La Lega Nord con 4 consiglieri deciderà invece il da farsi. La Moratti che ha perso tutto (gli è rimasto solo l'incarico governativo di Commissario per l'Expo) è probabile che intenda ri-partire da Milano per arrivare a Roma e sostituire tra due anni Berlusconi nel Pdl al posto di Alfano. Credo che ambisca a guidare il prossimo governo o, quanto meno, fare il ministro. Magari anche adesso: quello delle Politiche Comunitarie lasciato libero da Ronchi ora del Fli. Oppure pensa alle prossime politiche: un seggio a Milano non glielo nega nessuno specie ora che l'ex Sindachessa conosca dopo cinque anni tutte le 9 zone della città. Ma sicuramente si batterà per occuparsi di Expo 2015. non dimentichiamoci mai che c'è un business di diversi milioni di euro. Solo in questo modo la signora dell'alta borghesia milanese cosiddetta illuminata ri-avrebbe visibilità, potere, e successo. Che ha perso nel peggiore dei modi, scaricando gli amici perbene e disinteressati, ascoltando mezze calzette opportuniste ed avide di denaro (meglio se pubblico) che l'adulavano anche quando sbagliava. Che dire di fronte a questa batosta elettorale da cui è difficile rialzarsi? Chi è causa del suo mal pianga se stesso... Alberto Giannino |
Post n°207 pubblicato il 30 Maggio 2011 da Alberto_Giannino
di ALESSIA GALLIONE MILANO - Se vincerà Giuliano Pisapia, sarà la prima operazione che farà: guardare nei bilanci del Comune per capire realmente la situazione ereditata e con quali risorse mettere in moto la sua idea di città. Ma anche Letizia Moratti, nel caso venisse riconfermata, dovrà riaprire il libro dei conti. Per trasformare in realtà le ultime carte elettorali, dall'Ecopass ai parcheggi sotto casa gratuiti per i milanesi: introiti a cui dire addio. Fino alla promessa delle promesse: non aumentare le tariffe, garantendo gli stessi servizi. (30 maggio 2011) © Repubblica |