Creato da eco_del_silenzio il 23/01/2007
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Messaggi del 24/06/2007

Apriamo gli occhi e diamoci la mano

Post n°26 pubblicato il 24 Giugno 2007 da eco_del_silenzio
Foto di eco_del_silenzio

Buona domenica! Come nell'intervento del 26 maggio, cito un articolo di Roberto Gervaso.

Da "Il giornale di Vicenza" di oggi

"SPENSIERATAMENTE ALLA DERIVA"
L'OMBRA DEL TITANIC SUL BELPAESE

Un popolo serio, una nazione che si rispetti, una democrazia matura e compiuta non può vivere di promesse non mantenute, di impegni elusi o traditi, di riforme quotidianamente annunciate e puntualmente rinviate o archiviate. Una democrazia matura e compiuta non può vivere d'insulti, di risse, di piazzate, di occupazioni abusive dei banchi parlamentari, a cominciare da quello del governo. Una democrazia matura e compiuta non può vivere di scandali, o di falsi scandali, montati ad arte e ad arte pilotati per colpire gli avversari di turno. Una democrazia che si rispetti non può permettersi questi giochi e giochetti, irresponsabili e truffaldini. Una democrazia, e chi non sempre degnamente la rappresenta, e la rappresentano anche i cittadini, deve avere e onorare un codice etico e morale. Una democrazia deve essere rigorosa ed efficiente, ispirarsi senza retorica e buonismo alla Costituzione. Una democrazia dev'essere orgogliosa del nome che porta, delle funzioni che svolge, dei simboli che ha scelto e che ne certificano la sacralità e l'intangibilità.
Quando una democrazia viene meno ai suoi doveri, quando i poteri confliggono fra di loro o latitano, quando i suoi organi rivendicano o, peggio, usurpano ruoli incongrui, questa democrazia cessa di essere tale e degrada a regime.
Il regime è una democrazia malata, che campa di gherminelle, trucchi da circo, picche e ripicche comaresche, accuse e contraccuse spesso infondate, menzogne gabellate per verità e verità scomode e inconfessate. In un regime non ci sono più regole, ma solo calcoli personali, sotterfugi levantini e bizantini, manovre sordide e mai disinteressate.
Non so se il nostro Paese abbia toccato il fondo, ché in Italia nasconde sempre un sottofondo. Non so se siamo alla resa dei conti, ma so che quelli che dovremmo pagare non tornano. E non tornano perché nessuno li ha fatti, procrastinandoli in attesa di un miracolo che neppure padre Pio, se rinascesse, potrebbe fare. Stiamo andando spensieratamente alla deriva rischiando la sorte del Titanic, investiti dall'iceberg di un colossale debito pubblico, accumulato in decenni di malgoverno e di consociativismo, frutto di un patto tacito e scellerato fra maggioranza e opposizione. Un patto stipulato non per salvare il Paese dal baratro, ma per conservare il più a lungo possibile un potere esercitato con incompetenza e impunità.
Il governo non sa governare e l'opposizione non sa opporsi. Ognuno pensa al proprio "particulare", al tornaconto privato, tanto più caduco quanto più contingente.
Nessuno sa guardare di là del proprio naso, che noi ci turiamo per non respirare. Ogni giorno ce n'è una. A chi destinare il tesoretto o fra chi spartirne le spoglie? Tutti lo vorrebbero e chi lo ha in consegna non ha il coraggio e la forza di assegnarlo ai più meritevoli e bisognosi, anche perché tutti piangono miseria ed è difficile capire chi ne avrebbe diritto. Il caos è all'acme e a renderlo ancora più drammatico sono nomine improvvise di alti ufficiali o di gran commis dello Stato.
Dulcis in fundo, le intercettazioni telefoniche, proibite dal ministero della Giustizia e puntualmente rese pubbliche dalla stampa moralizzatrice. Nel Paese dei tanti misteri non ci sono segreti. Tutto viene usato contro tutti, e chi oggi è sotto i riflettori e sulle prime pagine dei giornali per aver detto al telefono cose che avrebbe fatto meglio a tacere, ieri lanciava dal suo pergamo di censore senza macchia e senza paura, accuse contro i suoi accusatori, che gli rendono finalmente la pariglia.
Una politica fatta di stiletti all'arsenico, di omeriche menzogne, d'infami calunnie, squalifica una democrazia, esponendola a repentagli fatali. Ma la nostra non è una democrazia: è un regime sfiancato, sfiatato, screditato. Se non vogliamo fare la fine dell'Italia del 1922 apriamo gli occhi e diamoci la mano. Non da complici, ma da cittadini che rischiano di cadere nella brace di un castigamatti ambizioso e spregiudicato. La Storia è piena di democrazie infette degenerate in regimi che -la "Repubblica" di Platone docet- spianano la via alla dittatura. Una, lunga vent'anni, l'abbiamo avuta e ci è bastata.


Beh, pur rispettando l'opinione di uno storico, io non penso ci sia attualmente un rischio di dittatura in Italia.
Ma dobbiamo cambiare rotta, tutti e subito. Ormai siamo già in basso, dobbiamo affrettarci a risalire. Sono stanco e infastidito del fatto che il nostro Paese faccia ridere, tra scandali, calcio, bond argentini e banche, Cirio e Parmalat, politica senza futuro, cittadini senza coscienza.
Come diceva Don L.Milani, di cui martedì ricorre il 40° dalla morte, "I care" (m'interesso, mi prendo cura); non come il Duce, che fiero gridava "Me ne frego!".

 
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