Creato da believeinyourdream97 il 09/08/2011

REASON TO BELIEVE

"Ho aspettato per molto tempo qualcosa che mi mostrasse le risposte che voglio, una ragione per credere in qualcosa di così forte. Ma non penso che questa ragione esista." Sum 41.

 

 

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~ L'Amicizia;

Post n°30 pubblicato il 04 Luglio 2012 da believeinyourdream97

~ Amicizia.
Bella parola, eh? Da sola non dice molto, ma per chi la conosce è decisamente qualcosa di più di un semplice vocabolo.
Secondo me, l’amicizia è…
felicità. Una delle forme della vera felicità. Perché senza amici è difficile andare avanti, ve lo può assicurare chiunque.
E parla una che preferisce la solitudine. Quindi… vedete voi.
Io, personalmente, amo il silenzio. Amo gli scambi di emozioni reciproche che avvengono con gli occhi, senza bisogno di frasi inutili che rovinano solo l’attimo magico.
Però amo anche i miei amici. Che mi stanno accanto, mi accettano, mi sostengono. Che sono sempre pronti a darmi una mano, a spronarmi, a incoraggiarmi. A volermi bene.
E’ bello sapere di avere sempre qualcuno su cui contare, a cui appoggiarsi, qualcuno che ti sopporta in ogni situazione, anche la più critica. E’ bello scriversi per messaggio e sapere che ci sono in qualsiasi momento, leggere le loro parole, le loro frasi dolci. E’ bello pensare a quanto importanti sono effettivamente per noi, anche se uno più di un altro.
Per me è più difficile vedere l’amicizia secondo questa prospettiva perché io stessa non sono una persona semplice, ma anche io ho molti amici e anche io provo tutto questo, ogni giorno.
Un grazie enorme va ai ragazzi con cui esco quasi ogni giorno, che mi sopportano sempre anche quando rompo troppo, ai nuovi compagni di classe e a tutti gli amici sinceri che ho trovato qui in questa community.
L’amicizia è una
responsabilità, ed è uno scambio di aiuto reciproco. L’amicizia è un’opportunità di vita, qualcosa per cui lottare.
Anche questo è importante. Lottare per l’amicizia. Non temere di dare una mano all’amico che chiede aiuto, ma soprattutto salvare le amicizie dai litigi inutili.
L’amicizia vera è un legame solido che non può essere sciolto.
E’ una speranza.
La speranza che dobbiamo sempre mantenere viva dentro di noi, anche quando siamo sull’orlo dell’abisso. ~



Il brano che segue l’ho scritto io. Uno stralcio di testo per… per afferrare ancor meglio il significato di questo post. Dateci una letta se ne avete voglia, spero sia abbastanza realistico.

" - Basta, basta, BASTA! – urlò Catherine, afferrandosi la testa tra le mani.
Scivolò lungo la superficie dura e ruvida della porta della sua camera, accasciandosi al suolo. Strinse le ginocchia al petto in una presa ferrea, la mente un groviglio di pensieri offuscati dalla rabbia cieca che la stava invadendo, il cuore solo un muscolo lacerato. Uno straccio da buttare.
Cercò di reprimere le lacrime che le salivano agli occhi annebbiandole la vista, strizzando le palpebre sempre più forte fino a farsi male. Premette i palmi delle mani sul viso, digrignando i denti.
Devo essere forte. Devo essere forte. Devo essere forte…

E poi. Di nuovo quelle immagini, ricordi di un Passato troppo vicino, mescolato ad un Presente che continuava a spaventarla.
Non si era mai sentita così sola, indifesa e senza speranze.
Non si era mai sentita così debole. Così vulnerabile.
Allora è questo che si prova? Quando si sta per crollare, quando si vede il proprio mondo cadere a pezzi? Sì.
Oh, Dio.

Dietro le tenebre cupe del suo dolore, un suono familiare. Uno squillo.
Il cellulare. Alex.
Chaterine tirò su con il naso, cercando di annullare almeno per qualche minuto quell’oppressione di emozioni troppo contrastanti.
Lentamente, con gli occhi sbarrati e il cuore in tumulto (ma non era ormai morto?!) si avvicinò al letto, camminando a carponi. Afferrò con mano tremante il cellulare, che era già arrivato al terzo squillo.
Oh, Alex.

Premette il tasto del verde, portando il telefono all’orecchio.
- A…Alex? – balbettò, mentre la vista le si annebbiava di nuovo e sentiva la testa girare.
- Chaterine, sei tu? –
La sua voce. Oh.
La sua voce calda, così conosciuta, la sua voce.
- Sì. –
La stanza vorticava davanti a lei, tutto le sembrava sempre più indistinto… afferrò un lembo della trapunta, poi si aggrappò alla gamba del letto e chiuse gli occhi.
- Ti chiamavo per dirti che… - si interruppe. Forse aveva udito il singhiozzo della ragazza. - Oddio Cat, che succede? –. La voce era preoccupata, ora.
- Niente… - tentò. Oh, no. Basta fingere, ne aveva abbastanza. – Alex… - provò ancora, ma la voce le si smorzò in gola.
- Cat, che cos’hai? – mormorò Alex dall’altro capo, cercando di mantenere la calma.
- Alex… - Oh, Signore, come suonava bene il suo nome.
Se non ci fosse lui… le bastava la sua voce per ricordarle di non essere sola.
- Arrivo. Dammi due minuti e arrivo. Ti voglio bene. – Alex chiuse la telefonata, mentre le lacrime cominciavano a rigare il viso scavato di Catherine.
Ok. Calma e sangue freddo. Lui stava arrivando. Va tutto bene. Ok, no, non andava tutto bene. Ma forse…
Due minuti.
Poi sentì il rumore del cavalletto di una bici, la porta aprirsi senza il permesso di nessuno e alcuni passi affrettati farsi strada in corridoio.
- Cat. –
La sua voce. Prima dietro il cellulare, modificata dal ricevitore, ora lì, viva, vera.
La maniglia si abbassò.
Catherine trattenne il respiro, ancora ancorata al suo letto per non svenire e con le palpebre premute.
La porta cigolò.
Alex.

Il ragazzo aveva solo i jeans addosso, ai piedi le sue Nike nere consumate.
- Oh, Cat… - . Alex le corse incontro, i capelli scuri ad accarezzargli le guance, con gli occhi verdi venati dall’angoscia.
Le si sedette di fronte, e la prese fra le braccia.
Non l’aveva mai fatto prima. Non mi aveva mai abbracciato.

Chaterine gemette. Lui la stava stringendo forte, e lei era solo una pezza ormai inutilizzabile contro i suoi muscoli freschi di palestra.
La sua pelle abbronzata e così calda la stordiva, ma ancora la nuvola di pensieri che la tormentava non accennava ad andarsene.
Si fece coraggio.
- Alex… perché sei qui da me, invece che dalla tua ragazza? – bisbigliò, la faccia premuta contro il suo collo profumato di dopobarba.
- Lei non ha bisogno di me, ora. Tu sì. –. La sua voce era ferma, priva di rancore.
Chaterine deglutì.
Quel pomeriggio poteva averlo tutto per sé.
Il suo amico.
Praticamente l’unico che la capisse, o quasi.
Il solo ad essere a conoscenza della sua situazione e delle sue preoccupazioni.
Preoccupazioni che non avrebbero dovuto nemmeno sfiorare un’adolescente come lei.
- Grazie, Alex. –
Lui si scostò appena. – Per cosa? – sussurrò, scrutandola.
Catherine abbassò lo sguardo, imbarazzata. – Grazie per essere venuto. Per sopportarmi. Per…capirmi. E per tutto. –
Lui affondò di nuovo la testa tra i suoi capelli, attirandola a sè ancora.
Le accarezzò i riccioli lentamente, massaggiandole anche la schiena con l’altra mano.
Lei rabbrividì.
- Devi essere forte, Cat. –
Eh, continuava a ripeterselo pure lei. Da troppo tempo, ormai.
Eppure, incredibile ma vero, detto dalle sue labbra aveva un altro suono. Sembrava più fattibile. Meno difficile da affrontare.
- E comunque… -, Alex accostò la bocca al suo orecchio, il fiato caldo a carezzarle il collo, - E’ a questo che servono gli amici. –
Lei non fu in grado di evitare di sorridere. "

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