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Radio Caterina

Post n°290 pubblicato il 06 Novembre 2006 da tanksgodisfriday
 
Foto di tanksgodisfriday

Non provate a sintonizzare la vostra radio, non è un'emula dell'onnipresente Radio Maria.
È, anzi è stata, un'apparecchio radio, costruito con mezzi di fortuna.
1944, campo di prigionia tedesco. Il tenente Matignago riesce a far entrare una valvola, un pentodo 1Q5, nascosto nella sua borraccia. Ci si può costruire una radio, ma occorrono anche altre cose.
La dinamo della bici di un militare tedesco fornirà il filo di rame per la bobina; dei fondi di barattoli metallici, alternati a fogli di celluloide, costituiranno il condensatore variabile. E la sintonia è a posto.
Un condensatore fisso sarà messo insieme avvolgendo carta stagnola e cartine per sigarette, una mina di matita fornirà i restanti componenti passivi, le resistenze.
I progettisti, il capitano Aldo Angiolillo e il sottotenente Oliviero Olivero, costruiranno anche una cuffia, filo di rame sempre dalla stessa dinamo, membrana ricavata dal fondo di latta più sottile trovato. Olivero farà da operatore radio e anche da antenna, filo in bocca e piedi nudi a pochi centimetri dal terreno bagnato.
Per finire due pile, una per l'accensione del filamento della valvola. L'altra, per l'anodo del pentodo, sarà un'alternanza di monete da 10 centesimi e pezzettini di stoffa, il tutto imbevuto in una miscela acida costituita da: residui di una pila tedesca scarica, aceto, acidi rubati in infermeria, ammoniaca recuperata dai pozzi neri. Esatto, "quell'ammoniaca".
Sarà così che le notizie del disfacimento dell'armata tedesca, ascoltate di notte da Radio Londra, ma anche dalle stazioni italiane di Bari e Busto Arstizio, entreranno nel campo di prigionia. E i bollettini preparati al mattino dai tenenti Capolozza e Pisani manterranno viva nei militari italiani la speranza di tornare alla normalità.

Questo racconto mi accese la passione nell'estate del '65, tredici anni appena compiuti. Da lì a qualche mese avevo messo insieme la mia prima radio a galena. Non servono valvole e non servono pile, occorre solo che la stazione radio sia vicina, la mia era Radio 1 a cinque chilometri, e che l'antenna sia bella lunga. Mi costò una lunga contrattazione con mia mamma, oggettivamente il lunghissimo filo era un intralcio quando stendeva i panni.
Poi seguirono i primi transistor, recuperati da radioline rotte, e la passione crebbe. E da passione, indirizzo di studi e poi lavoro. Mi sono sempre ritenuto fortunato, la mia passione da ragazzino si è trasformata poi nel mio lavoro. Evolvendo ovviamente nel tempo come contenuti, saranno vent'anni che non prendo in mano un saldatore, ma sostanzialmente rimanendo quella originata da questo racconto di prigionia letto in una sera d'estate.

Ieri sera ho scoperto su internet che radio Caterina è ancora visibile, presso il museo dell’ Internamento a Padova in località Terranegra. Deciso, un giro che includa Padova è nel mio futuro più o meno prossimo.

Per chi avesse avuto la pazienza di seguirmi fin qui, devo spiegare lo scioglilingua dell'"anodo del pentodo".
Una valvola elettronica ha come minimo tre cose: un filamento che, reso incandescente, riscalda un catodo. Il catodo emette elettroni, che vengono attratti dall'anodo. La pila anodica serve appunto a creare una differenza di potenziale tra catodo e anodo, e quindi a far spostare gli elettroni dal primo verso l'altro. Questa appena descritta è la valvola più semplice, il diodo.
E' possibile inserire, tra il catodo e l'anodo, delle griglie, che possono controllare in vario modo il flusso di elettroni. Con una griglia avremo un trìodo, con due un tètrodo, con tre un pèntodo.

Buon lunedì.

 
 
 
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