elaborando

 faccenda che sembra ingarbugliata, invece è semplice.
Dei cittadini hanno ottenuto, come prevedono le nostre leggi, di chiamare un referendum che intende modificare l'attuale legge elettorale; legge che mi pare sia stata criticata anche da chi la propose e la fece approvare.
C'è stato tempo per formulare e approvare una nuova legge, ma sia il governo attuale che quello precedente non l'hanno fatto: il punto è che decidere per un sistema realmente maggioritario è difficile anche per i partiti maggiori, condizionati da chi raccoglie meno voti ma è essenziale nel gioco delle alleanze. Sottovalutare il condizionamento, vedi il PD delle ultime elezioni politiche, significa perdere.

Da questa posizione di stallo si esce prendendo una decisione in un verso o in un altro e non tentando di far fallire il referendum (facendolo votare il 14 giugno), costi quel che costi, oppure rimandando il voto a tempi migliori. Su questo tema non ci sono tempi migliori, se non per far fallire il referendum senza troppi clamori: è facile pronosticare che tra un anno si sarà fatto su questo tema più o meno quello che è stato fatto nell'ultimo anno, e cioè nulla.

Che si sia a favore o contrari alla sostanza di questo referendum, è il metodo che dovrebbe preoccupare: i nostri politici si impegnino non a pilotare il risultato del referendum, ma a produrre una buona legge elettorale. Ne avranno comunque tempo e modo, qualunque sia il risultato del referendum.

Buon venerdì.