Non lo sapevo.
Avevo sempre pensato che fossero sinonimi perfetti, dimenticare e scordare, e che il secondo fosse solo più utilizzato dai parteno-foni come me. E infatti io uso scordare, mentre dimenticare lo riservo ai formal speak, quando m'impegno a cancellare l'inflessione napoletana.
Perché di partenopeismi ne ho qualcuno che non mi lascia mai.
Comincio da scatolo, perché è maschile al sud. E credo sia una forma di elogio della bellezza femminile, a nessun essere ragionevole verrebbe in mente di attribuire il genere femminile ad un oggetto che per sua definizione è squadrato e senza grazia. Però l'arco alpino e la pianura padana lo fanno. Adesso sapete chi vi apprezza e chi no, gentili blogger al femminile.
Poi c'è fontana, tranquillamente utilizzato al posto di rubinetto. Non uso, ma a malincuore, il bidirezionalismo del verbo imparare, grande dimostrazione di flessibilità linguistica. In italiano la stessa azione è insegnare in un verso e imparare nell'altro, come se fossero due cose disgiunte. Il napoletano riconosce l'assoluta unicità della relazione che lega in quel momento i due soggetti, e riduce ad imparare: io imparo a te, tu impari da me. Perfetto.
E poi c'è la pronuncia. Mi capita di ascoltarmi, di tanto in tanto, complice il ritardo con cui si presenta il ritorno di voce nei sistemi di videoconferenza. E quindi posso apprezzare lo sfoggio di s con strascico davanti alle f, m, p: scforzo, scmau, scperiamo. Lo stesso accade con le parole inglesi, naturalmente.
Ma torniamo a dimenticare e scordare: non sono sinonimi perfetti, apprendo, ma indicano due situazioni radicalmente diverse.
Dimenticare deriva dal latino demens, privo di mente, e vuol dire uscire dalla mente. Ho dimenticato il nostro appuntamento, mi è uscito di mente; purtroppo la mia memoria è quella che è, lo stress, l'Alzheimer, ecc. ecc.
Scordare deriva dal latino cor-cordis, cuore e la s privativa iniziale riporta tutta la drammaticità della cosa: ho scordato il nostro appuntamento, mi è uscito dal cuore e, sembra sottinteso, tu con lui.
Terribile, da ieri sera ho eliminato il verbo scordare dal mio vocabolario, non vorrei mai ritrovarmi a ferire così il prossimo.
E a proposito di latino, un ricordo liceale, uno di quelli che mi ha sempre trattenuto dal dire a nostra figlia: ai miei tempi!".
Interrogazione di latino: «La declinazione di plus», chiede il professore.
È il comparativo di multus (molto), e la risposta giusta è plus-pluris (e poi non saprei andare avanti). Si declina come se fosse aggettivo di seconda classe, ma bisognerebbe aver studiato, se uno è rimasto agli aggettivi di prima classe, si gioca quelli.
«Plus, pli, plo, plum, ple, plo!». Sparato con gran velocità e somma sicurezza. Altrettanto velocemente finisce a posto con un due. Mentre si siede il mio compagno si rallegra: «meno male che mi ha fermato, col plurale erano c....».
Vi propongo in sottofondo musicale: "Non dimenticar le mie parole", nella versione originale dii Carlo Buti, e nella versione di qualche anno fa di Manlio Sgalambro, filosofo, poeta e dramamturgo, come riporta Wikipedia.
Buona domenica.
Tranquilla, non sono ammattito, è solo l'anagramma di piacevole risveglio ;)
Buon inizio settimana, carissima S.