Creato da tanksgodisfriday il 26/03/2006
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È stamattina sul sito di QN, quotidiano.net.
Niente di grave, certamente un refuso può capitare a chiunque, e lo sta scrivendo uno che "refonde" spesso e volentieri. Però lasciarne uno proprio nel titolo mi sembra un po' troppo.
Intanto mi sono informato sull'origine e significato di refuso: Wikipedia lo definisce come "l'omissione (es. wikpedia) o l'aggiunta (es. wikiipedia) di un carattere o ancora lo scambio della posizione di due caratteri vicini". E deriverebbe dal latino refundĕre, riversare, di cui refusus è il participio passato.
Si capisce che mi muovo con i piedi di piombo? Scrivere di refusi, e poi piazzarne uno, sarebbe grave; quindi è proprio così, mi muovo con i piedi di piombo.
In genere ho quattro momenti di verifica della mia ortografia.
Il primo è mentre scrivo: occhi sulla tastiera, poi uno sguardo allo schermo, ed eccoli lì, almeno due o tre errori. Si va dai raddoppi, alle mancanze, allo scambio, allo spazio anticipato o ritardato.
Poi, una volta finito il post, la passata di collirio, come la chiamo io: per curare la congiuntivite. E insieme ai periodi pericolosamente costruiti, vengono via parole simili ripetute a poca distanza l'una dall'altra, periodi che posso semplificare, e naturalmente ancora qualche refuso.
Il post lo scrivo con il programma Notepad, o Blocco note che dir si voglia. Quindi il momento successivo è la copiatura nell'editor del blog, a cui segue una rilettura, il terzo momento. Non so dare una spiegazione, ma rileggendo nel box dell'editor mentre piazzo i collegamenti ipertestuali, i link insomma, c'è ancora qualche periodo da sistemare, qualcosa da rendere più scorrevole, e ancora loro, i maledetti refusi.
Piazzo l'immagine, sulla cui scelta almeno cinque minuti in genere li ho spesi; a volte anche di più, prima devo sistemarne le proporzioni con Paint, se non voglio che appaia deformata. Capita anche di doverne ridurre l'occupazione, per portarla sotto i 100 kBytes.
Pubblico e vado al post. Un'ultima rilettura, per controllare che l'immagine vada bene, un controllo ai link, non sempre sono venuti giusti. Serve dirlo? Un paio di omissioni, aggiunte o scambi sono ancora lì, annidati nel testo; indosseranno la mimetica, verrebbe da dire.
Non è detto che, rileggendo qualche ora dopo, non trovi qualcosa che potevo scrivere meglio, rendere più comprensibile. Insieme a un refuso, che a questo punto mi dà l'impressione dei soldati giapponesi che emergevano dalla foresta negli anni 60 e 70, imboscati mentre l'impero giapponese crollava, a resistere in solitudine mentre il mondo andava per i fatti suoi.
Curiosità su QN, il Quotidiano Nazionale. Raggruppa tre giornali storici: la Nazione, il Giorno, il Resto del Carlino. E proprio nel nome di quest'ultimo sta la curiosità. Riporta Wikipedia che la strategia commerciale del lancio del giornale fu di posizionarlo a due centesimi, contro i cinque della stampa normale. Si era nel 1885.
Lo slogan fu preso a prestito dal foglio fiorentino "Il Resto al sigaro": un sigaro veniva otto centesimi, quindi il foglio rimpiazzava il resto di una moneta da dieci centesimi.
E poi “dare il resto del carlino” era un modo di dire che stava per "dare a qualcuno il fatto suo". Efficace, tant'è vero che ha retto fino ad oggi.
Buon sabato.
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