elaborando

Pure l'Italia ha avuto i suoi emigranti, e in tempi anche recenti (anni 60 e 70), ma è un ricordo che abbiamo rimosso con il benessere: quasi nessuno ricorda più i problemi di integrazione che i nostri connazionali hanno subìto ma anche generato in Germania, Belgio, Francia.
Il benessere intanto ci ha reso un paese che ha opportunità non raccolte dai nostri giovani, perché si tratta di lavori giudicati pesanti, o mal retribuiti oppure scomodi; opportunità che hanno stimolato immigrazione, spesso guidata da speranza o addirittura illusioni, più che da concreta e puntuale richiesta.
Il resto lo ha fatto una politica di controllo dell'immigrazione che non ha funzionato, con nessuno dei governi che si sono succeduti negli ultimi anni, e così si è creata quella zona di grigio, nella quale si rifugia chi non è solo disposto, ma addirittura propenso a delinquere, ma anche, ed è la maggioranza, chi è costretto a nascondersi nel limbo dell'illegalità, aspirando solo a trovare un lavoro onesto e riconosciuto.
Tutto questo non ha nulla a che vedere con razze, nazionalità, lingue, religioni, ma solo con il livello di sviluppo economico e sociale, e con la demografia: qui mancano persone e ci sono opportunità di lavoro, altrove la situazione è a rovescio. E quindi le premesse per ottenere un "circuito virtuoso" ci sono. Come ottenerlo?

Prima regola: piantarla con le generalizzazioni: ancor prima che scorciatoie mentali, sono supreme sciocchezze, portano solo fuori strada. Se passa il concetto (ahimé, affermato da un qualche nostro onorevole nei giorni scorsi) che il popolo x ha nel dna la predisposizione allo stupro, oltre ad affermare una bestialità, si ottiene semplicemente di perdere il dialogo con la parte buona di quel popolo, che ne è la maggioranza, sia nel paese di residenza che tra noi. Una sciocchezza, ripeto.
Seconda regola: facilitare l'integrazione. Il che vuol dire regole chiare e umane per guidare l'immigrazione, ma poi apprezzare e valorizzare le differenze che arricchiscono, comprendere i valori dell'altro, premessa indispensabile per fargli conoscere e riconoscere i nostri.
Occorre riuscire a ragionare non come "io" e "tu", ma, pur ognuno con le proprie sfumature, come "noi". Conviene a tutti.
Perdona il commento lungo, però hai cominciato tu :)))
p.