Creato da tanksgodisfriday il 26/03/2006
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Ecco una domanda di estrema attualità: vi sentite walrasiani o hicksiani? |
La giovane signora sistemò tre tazze da the vuote sopra la tavola e sfidò chiunque a mettervi dentro dieci zollette di zucchero in modo che ogni tazza contenesse un numero dispari di zollette. |
Le notti sono gelide, negli inverni parigini di quello scorcio di fine 1700. Persino l'inchiostro congela nei calamai. Mentre fuori imperversa la Rivoluzione, nella sua camera la tredicenne Marie-Sophie, avvolta in una coperta e alla luce di una flebile candela, legge i libri presi di nascosto dalla biblioteca del padre, ricco commerciante di seta. La passione per la matematica l'ha colta quando ha letto dell'uccisione del Grande Siracusano, Archimede: assorto nello studio di una figura geometrica tracciata sulla sabbia, mentre gli invasori romani dilagavano nella città appena caduta, non aveva dato ascolto al legionario che gli intimava di seguirlo. E questi lo aveva trafitto con la spada. Se sono argomenti per cui vale la pena di morire, ha pensato Marie-Sophie, allora devono essere appassionanti. Per un po' i genitori cercano di scoraggiarla, ad esempio nascondendo le candele. Non è roba per signorine, ragionano, tutto questo studiare non le farà sicuramente del bene. La matematica per signorine Non è che le materie scientifiche siano precluse al gentil sesso nella Francia a cavallo tra 700 e 800, questo no. È solo che vanno somministrate (si dice così) nella forma più adatta. Ecco, ad esempio, come viene presentato in un libro di fisica al femminile di quel tempo, la legge di gravitazione di Newton. Nel dialogo, un lui ha appena spiegato Newton a una Marchesa, e questa trova un'analogia nel suo mondo: "Je ne puis m’empêcher de penser que cette proportion des carrés des distances entre les lieux… soit observée même en amour. Ainsi, après huit jours d’absence, l’amour deviendrait 64 fois moins fort qu’il ne l’était le premier jour." Che il detto "lontano dagli occhi lontano dal cuore" possa obbedire alla legge di Newton potrebbe anche starci, per carità. Ma apprendere con questo metodo è come remare contro corrente, non c'è dubbio. E allora, meglio farsi passare per uomo Marie-Sophie supera abbastanza agevolmente le resistenze paterne, ma rimangono quelle esterne. All'École Polytechnique, che ha aperto a Parigi nel 1794, ad esempio, la diciottenne Marie-Sophie non può mettere piede, nemmeno per assistere alle lezioni. Certo, fosse un maschio, sarebbe un altro paio di maniche. Non si sa bene come, Marie-Sophie viene a sapere di un certo Antoine Auguste Le Blanc, che ha mollato Parigi e l'École per manifesta inferiorità, poco dopo l'iscrizione. È perfetto: Sophie si impossessa dell'identità del signor Le Blanc, impossibilitato a frequentare, ma che si fa recapitare a casa copia delle lezioni, dei problemi, e che, sempre tramite messo, consegna le soluzioni. Il direttore dell'École, Joseph Louis Lagrange (torinese di nascita), è stupito dei progressi del signor Le Blanc e vuole congratularsi personalmente con lui. Marie-Sophie è costretta a confessare, temendo il peggio. Invece esce dal colloquio con un nuovo supporter e nuovi stimoli per i suoi studi. Il Grande Teorema di Fermat Uno degli stimoli riguarda il famoso Grande (o Ultimo) Teorema di Fermat: an + bn = cn ha soluzioni intere solo per n=2. Pierre de Fermat l'ha annotato a margine della sua copia dell'Arithmetica di Diofanto, aggiungendo di aver trovato anche una dimostrazione molto semplice ed elegante, che però marginis exiguitas non caperet, non ci sta nell'esiguità del margine della pagina. Questo avveniva nel 1637, poi Fermat non era più tornato sull'argomento. Serviranno schiere di eccelenti matematici e 357 anni, per arrivare al 1994 e alla soluzione di Andrew Wiles, mirabile senza dubbio, ma che beato chi ci capisce anche solo un passaggio. Gli attacchi iniziali al teorema non fanno percorrere molta strada. Il primo risultato arriva presto: basta dimostrare il teorema per n primo. Ok, la complicazione si sfronda un po', ma di casi da dimostrare ne rimangono un'infinità. Poi, più o meno un secolo dopo, Eulero dimostra il teorema per n=3. Ci prova per n=5, ma deve arrendersi. Ci riuscirà nel 1830 Adrien-Marie Legendre, altro matematico francese. Marie-Sophie ha invece un'intuizione che le consente di aprire la partita per un'intero gruppo di numeri primi: quelli il cui doppio più uno è a sua volta primo. Esempio 5 (2*5+1 = 11), 11 (2*11+1 = 23). Ma non 7 (2*7+1 = 15). Il risultato a cui arriva è che una soluzione all'equazione di Fermat è possibile solo se n divide a, b oppure c. Più tardi il suo lavoro servirà a dimostrare il teorema per tutti i primi detti, che passano alla storia come numeri di Germain. Gauss e il signor Le Blanc Come verificare se la sua strada per la soluzione è valida? Basta chiederlo al più grande matematico dell'epoca, Carl Friedrich Gauss, che vive in Prussia. Marie-Sophie riveste nuovamente i panni del signor Le Blanc e nel 1804 comincia una corrispondenza con Gauss. Il teorema di Fermat non è un tema che appassioni Gauss, è troppo isolato. Ma il signor Le Blanc sembra in gamba, Gauss lo incoraggia. Intanto Napoleone ha cominciato ad allargarsi fuori dai confini Francesi. Nel 1806 invade la Prussia. Temendo che a Gauss capiti quello che è accaduto ad Archimede, Sophie ne raccomanda la vita al generale Joseph Marie Pernety, amico del padre. Il generale conosce la fama di Gauss e decide di rassicurarlo personalmente: «Stia tranquillo, la sua sicurezza sta a cuore a Mademoiselle Sophie Germain». Gauss ringrazia, ma è confuso, non ha idea di chi sia la Mademoiselle in questione. E lo scrive a Le Blanc. Per la seconda volta, Sophie è costretta a rivelarsi. L'ammirazione di Gauss si moltiplica: una donna deve superare così tanti preconcetti e avversità per raggiungere gli stessi risultati di un uomo, che deve avere capacità e determinazione non comuni. E Sophie batte moltissimi uomini in circolazione. Ma non è facile comunque La corrispondenza con Gauss si interrompe nel 1809. Sophie cambia terreno di indagine, dedicandosi alla fisica. L'Accademia delle Scienze francese ha pubblicato un bando per chi ponga le basi matematiche per spiegare la fisica delle vibrazioni elastiche. Sophie si appassiona al tema e arriva a formulare le basi della teoria. Il suo lavoro è l'unico presentato, gli altri matematici e fisici si sono arresi davanti alla complessità del problema: nuovo, si parte da zero, bisogna saperne di fisica e avere padronanza degli strumenti matematici. Nessuno ha la preparazione e la determinazione di Marie-Sophie. Il suo lavoro viene giudicato però lacunoso e il bando viene riproposto. Marie-Sophie si ripresenta, con un elaborato più completo. Anche questa volta è l'unica concorrente e anche questa volta la giuria conclude che non ci siamo, manca ancora qualcosa, ma non specifica cosa. Terzo bando, terzo lavoro di Marie-Sophie e questa volta la giuria è costretta a riconoscerla vincitrice. Non ritira il premio, questa volta è lei a bocciare la giuria. Pubblicherà il suo lavoro a proprie spese. Ma per una donna è proprio dura: i suoi risultati saranno noti per molti anni come equazione differenziale di Lagrange, solo successivamente si chiamerà di Lagrange-Germain. Senza rispettare nemmeno l'ordine alfabetico. Marie-Sophie se andrà nel 1831, per un tumore al seno dopo due anni di malattia. Non riuscirà a ritirare la laurea honoris causa, che l'università di Göttingen le ha conferito nel 1830, per la sua vita per la scienza. Nel 1889 viene viene eretta la Tour Eiffel, a celebrare l'Esposizione Universale tenuta quell'anno a Parigi. Alla sua base quattro placche riportano i nomi di 72 personalità francesi della scienza: c'è Legendre, c'è Lagrange. Non c'è Marie-Sophie, che pure con il suo teorema sull'elasticità ha contribuito indirettamente, ma sostanzialmente, alla costruzione della torre. Buon martedì. [Tutti i post su compleanni.] |
Un matematico è una macchina che converte caffè in teoremi. Ne bevve molto di caffè il matematico ungherese Paul Erdős, in pratica si cibava quasi esclusivamente di caffè e stimolanti. E, tenendo fede al suo motto, produsse una quantità record di lavori matematici, 1475 pubblicazioni per l'esattezza, collaborando con 485 altri matematici. Più prolifico di lui fu solo Eulero. L'infanzia A tre anni il piccolo Paul era già in grado di moltiplicare due numeri di tre cifre e appena un anno dopo scoprì da solo l'esistenza dei numeri negativi. La sua non fu però un'infanzia felice, già segnata in partenza dalla morte per scarlattina di entrambe le sue sorelline di 3 e 5 anni, proprio mentre lui nasceva in ospedale. L'Ungheria attraversava i terribili anni tra le due guerre mondiali, che videro il potere passare dagli Asburgo alla Repubblica democratica di Ungheria (1918), alla Republica Sovietica di Béla Kun (1918-1919), al regime fascista di Miklòs Horthy (1919-1945). La famiglia Erdős, come tante altre famiglie ebree d'Ungheria, passò dal notevole benessere del periodo degli Asburgo (il 5% della popolazione, possedeva il 38% delle terre e forniva il 60% degli avvocati e l'80% dei finanzieri del paese), alla repressione nel periodo fascista. Il padre di Paul, Lajos Erdős fu fatto prigioniero dai sovietici all'inizio del primo conflitto mondiale, rimanendo confinato in Siberia per sei anni. In quegli anni si sommarono quindi la mancanza del padre, l'apprensività della madre, Anna, rimasta da sola a gestire la famiglia, il regime fascista fortemente anti-ebraico. Le manie di Erdős: il senso della proprietà Quando nel 1934, fresco laureato in matematica, lasciò l'Ungheria per gli Stati Uniti, Paul si portò dietro un bagaglio di manie non da poco, probabilmente frutto proprio della sua infanzia travagliata. Cominciamo dalla proprietà privata. «Dei socialisti francesi hanno detto che la proprietà privata è un furto. Io penso che sia una seccatura». Applicazione della regola: Erdős non si curò mai del danaro. Aveva appena riscosso il primo stipendio negli Stati Uniti, quando incrociò un mendicante che gli chiese l'elemosina. Erdős prese lo stipendio e, dopo aver tolto il poco che stimava gli sarebbe bastato per vivere quel mese, regalò il resto al mendicante. Allo stesso modo il prestigioso premio Wolfe Prize (50.000 $) finì quasi interamente nel fondo per una borsa di studio intitolata ai suoi genitori in Isreale. O ancora, saputo di un ragazzo molto promettente e desideroso di iscriversi a Harvard, ma a corto di mezzi, lo invitò a un colloquio nel quale si convinse che il ragazzo prometteva bene. Gli prestò allora 1.000 $ con la promessa di restituirli appena fosse stato in grado di farlo. Dieci anni dopo, al momento della restituzione, Erdős li rifiutò, suggerendogli di «fare dei 1.000 $ la stessa cosa che ne ho fatto io». La religione Erdős non era un convinto credente. Ma se aveva dubbi sull'esistenza di Dio, credeva però nel Grande Libro, che conteneva la dimostrazione più elegante di qualunque proposizione matematica potesse essere concepita. «Viene dritta dal grande Libro» era il miglior complimento che potesse fare ad una dimostrazione. Per Dio aveva un acronimo tutto suo: SF, Sommo Fascista, per l'arbitrarietà di Dio stesso sui nostri destini e sul suo in particolare: se faticava a trovare una dimostrazione, oppure se non trovava gli occhiali, era il SF che si prendeva gioco di lui. Il linguaggio cifrato Nel periodo giovanile in cui si era dovuto difendere dalla polizia fascista, Erdős aveva elaborato un linguaggio cifrato che utilizzò poi per tutta la vita. Così le donne erano le cape, gli uomini schiavi, i bambini epsilon. E poi gli acronimi. Oltre a SF, elaborò per sé: PGOM = povero grande vecchio uomo, quando raggiunse la soglia dei sessant'anni PGOMLD = PGOM living dead (morto vivente), superati i 60 PGOMLDAD = PGOM LD archeological discovery a 65 PGOMLDADLD = PGOMLDAD legally dead a 70 PGOMLDADLDCD = PGOMLDADLD Count for dead, conta come morto, riferendosi alla prassi dell'Accademia Ungherese che non consentiva più la votazione ai membri untrasettantacinquenni L'abbigliamento, la casa e altre cose simili Tutto quello che possedeva stava in una valigia e in una busta di un grande magazzino ungherese. Passò la vita facendosi ospitare da colleghi matematici, da cui riceveva brevi ospitalità, servizi di sussistenza (tipo: lavaggio biancheria) e a cui forniva in cambio la collaborazione per qualche saggio. La difficoltà di gestirlo era comunque ben compensata dal risultato matematico ottenuto. Tutti quelli che hanno scritto qualcosa con lui hanno un Numero di Erdős pari a 1, e ne traggono vanto. Chi ha pubblicato qualcosa con un Erdős #1 ha diritto a fregiarsi di un Erdős #2, e così via. La matematica di Erdős Fin dalla prima infanzia, Erdős era affascinato non dall'approccio teorico, ma dalla risoluzione di problemi specifici. Da bambino si divertiva a chiedere l'età agli amici della mamma, che subito traduceva a mente nel numero di secondi vissuti (non so se tenesse conto anche dei bisestili, ma penso proprio di sì). Si tratta di una domanda semplice, comprensibile, anche se forse è improbabile che nasca spontanea in molte persone. Fu questa la linea guida dei lavori di Erdős, alla cui base c'era in genere una domanda il cui senso è facile da afferrare. Dare una risposta è un altro paio di maniche. Esempio, legato alla teoria di Ramsey: quanti invitati sono necessari a una festa, perché almeno 3 di loro si conoscano tra di loro o non si conoscano? Supponiamo che gli invitati siano 6: A, B, C, D, E, F. Prendiamo in considerazione A: dei 5 invitati rimanenti sicuramente ce ne saranno almeno 3 che conosce (e 2 no), oppure almeno 3 che non conosce (e 2 si). Nel primo caso, se due dei tre si conoscono, allora formano insieme ad A il gruppo di 3 che stiamo cercando. Altrimenti, non conoscendosi, formano il gruppo di 3 che non si conosce. Ragionando in modo simmetrico, si trova lo stesso risultato (3), nel caso che A non conosca almeno 3 altri inviatati. La risposta al nostro problema è quindi 3, quando si hanno 6 invitati. Quanti invitati servono per avere un gruppo di 4 conoscenti o non conoscenti? Erdős ha dimostrato, con il suo grandissimo amico Graham, che servono 18 invitati. E per un gruppo di 5 amici? La risposta esatta non c'è ancora, si sa solo che ci vogliono tra 43 e 49 invitati. Per avere un gruppo di 6 amici servono tra 102 e 165, ma anche qui il numero esatto è ancora da scoprire. Su Wikipedia si può controllare lo stato attuale della ricerca. il problema di Erdős che più mi affascina è però quello delle frazioni egizie. Gli Egizi concepivano solo frazioni con numeratore unitario (1/4, 1/19, ...) ad eccezione di 2/3. Dovendo calcora quanto fa un intero meno 1/4, la loro risposta non sarebbe stata 3/4, ma 1/2 + 1/4. Erdős congetturò che una frazione con numeratore 4 (es. 4/7) può essere sempre espressa come la somma di 3 frazioni al massimo. La congettura, non ancora risolta, è un tipico problema di Erdős: comprensibile, complicato da risolvere. Lungo la strada per la soluzione si incontrano tantissime cose interessanti. Buon mercoledì. [Tutti i post su compleanni.] |
Una delle figure più rilevanti della storia della Matematica applicata alla Fisica, Emmy Noether è nota probabilmente solo alla ristretta cerchia degli addetti ai lavori. Eppure a lei è legato uno dei risultati più importanti del 1900, il Teorema di Noether, tra gli attrezzi di base anche della fisica odierna, quella che esplora l'antimateria e insegue il bosone di Higgs. Il teorema di Noether Non fatevi ingannare dal titolo del paragrafo, non state per leggere la spiegazione elementare del teorema. Posso intuirne la portata, questo sì, ma seguirne i passaggi e, quindi, essere in grado di spiegarlo, non è roba per me. Non mi aiuta nemmeno la descrizione di Wikipedia (secondo il principio di località ad ogni simmetria differenziabile dell'azione di un sistema fisico corrisponde una quantità conservata). Girando per la Rete ho trovato però una bella lezione (purtroppo in inglese) su Emmy Noether e sul suo teorema, con una slide illuminante, da cui ho estratto la figura qui a lato. In sostanza il teorema di Noether consente di dedurre leggi di conservazione della Fisica, partendo dalle simmetrie del sistema fisico. Così, dalla simmetria spaziale si deducono le prime due leggi del moto di Newton, dalla simmetria nel tempo la legge della conservazione dell'energia. La forza del risultato della Noether non sta però solo nello spiegare leggi già acquisite per via empirica, ma nel suggerire dove cercarne altre, partendo dall'osservazione delle simmetrie del sistema fisico che si sta studiando. È in sostanza uno strumento potentissimo, che consente di lavorare per deduzione analitica, complementando la deduzione sperimentale. Quando si dice la parità Emmy Noether era la prima dei quattro figli di Max Noether, professore di matematica all'università di Erlangen. All'epoca (siamo a fine 800), in Germania non era previsto che le donne potessero accedere all'università, tanto meno insegnarvi. Così Emmy completò gli studi liceali in lingue, abilitandosi all'insegnamento del francese e dell'inglese. Non era però la sua vocazione. Il papà le aveva instillato la curiosità per la matematica, oltre a ferrarla in materia, come nessun normale corso universitario avrebbe potuto. Fu così che la giovanissima Emmy provò a far accettare la sua iscrizione all'università di Erlangen, inizialmente senza successo. Ottenne di poter assistere alle lezioni, questo sì, ed era già un buon risultato, visto che c'erano professori che si rifiutavano di tenere lezioni ad un uditorio che non fosse esclusivamente maschile. Ancora qualche anno e nel 1904 finalmente si aprirono le porte dell'università anche al gentil sesso, ed Emmy fu tra le prime ad entrare. Ne sarebbe uscita qualche anno più tardi, nel 1907, con il massimo dei voti e la lode, grazie a un lavoro di tesi tutt'altro che compilativo. Per farsi un'idea, il relatore della sua tesi, Paul Gordan, pare che si esprimesse solo mediante formule, una ventina di pagine per volta. Erano i suoi amici ad aggiungere un po' di testo tra le formule, per renderle minimamente digeribili. Una volta laureata, Emmy rimase all'università di Erlangen, dove insegnavano il padre e il fratello. La sua retribuzione era però pari a zero, perché alle donne continuava a non era consentito insegnare. Nei successivi anni, quelli che precipitarono l'Europa nella tragedia delle Prima Guerra Mondiale, Emmy lavorò all'ombra paterna, sostituendolo nelle lezioni di tanto in tanto, e pubblicando lavori con lui. Nel 1915 le arriva un invito per l'università di Göttingen, il tempio della matematica. David Hilbert (il dio supremo, per rimanere nella metafora religiosa) e Felix Klein la invitano a lavorare in quella università e cercano di ottenere per lei l'eccezione, la nomina a professore. La risposta del ministero è agghiacciante: cosa penserebbero i soldati reduci dal fronte se, tornati all'università, si ritrovassero a seguire le lezioni di una donna? Nel 1919 cade anche questo tabù, e arriva per Emmy la meritata cattedra. La sua carriera decolla, tra studi e insegnamento. È amatissima dai suoi allievi, i ragazzi della Noether, che arrivano anche dalla Russia per assistere alle sue lezioni. Fila tutto liscio, fino al 1933, con la presa del potere da parte di Hitler: Emmy e i suoi sono ebrei, e questa volta la discriminazione all'insegnamento non è più di genere ma di religione. Il fratello emigra a insegnare in Siberia, lei negli Stati Uniti. Due anni più tardi, a soli 53 anni, Emmy se ne va. Il suo amico Albert Einstein la commemora sul New York Times: «Fräulein Noether was the most significant creative mathematical genius thus far produced since the higher education of women began». Emmy e la non-bellezza Non era una gran bellezza Emmy. Lo testimonia, ad esempio, la descrizione del nipote di un suo collega: "Ricordo chiaramente una persona in visita che, sebbene una donna, mi sembrò simile a un cappellano cattolico di una parrocchia di campagna. Vestita con un indescrivibile pastrano nero che le sfiorava la caviglia, un cappello da uomo da cui spuntavano capelli corti (ancora una rarità all’epoca) e con una borsa a tracolla sistemata di traverso simile a quella dei ferrovieri all’epoca dell’impero. Era una ben strana figura. Avrà avuto circa trent’anni allora. L’avrei facilmente scambiata per un prete di qualche villaggio dei dintorni." Se "Nessuno potrebbe sostenere che le Grazie abbiano presieduto alla sua nascita", altra testimonianza impietosa, c'è anche da dire che il suo spirito l'aveva sempre portata ad adattarsi al destino avverso: oltre a lavorare a lungo senza stipendio, dovette barcamenarsi con la piccola eredità ricevuta alla morte del padre, la legge testamentaria favoriva, infatti, i figli maschi. E quindi si era abituata a tagliare tutto il superfluo, abbigliamento incluso. Peraltro allievi e colleghi le riconoscevano gran cuore e calore umano. Formale e irrigidita in quasi tutte le foto che la ritraggono, mi piace invece in una foto del 1931, in cui appare a suo agio, sorridente e felice. Come se non le avesse passate tutte lei: donna, ebrea, socialdemocratica e, perfino, pacifista. Buona domenica. [Tutti i post su compleanni.] |
Inviato da: tanksgodisfriday
il 17/01/2023 alle 18:30
Inviato da: Fajr
il 17/01/2023 alle 17:14
Inviato da: Mr.Loto
il 07/01/2023 alle 18:09
Inviato da: Marco Rossi
il 18/08/2019 alle 21:27
Inviato da: amandaclark82
il 30/12/2016 alle 15:48