Creato da ElettrikaPsike il 17/12/2012

ElettriKaMente

Dillo, bella strega...se lo sai, Adorabile strega…Dimmi, conosci l’irremissibile? (I fiori del male, C. Baudelaire)

 

 

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LA FONTANA DELLA VITA

 

E’ luogo comune affermare che la differenza tra l’esistere ed il vivere sia una partita che termina con la vittoria della seconda a discapito della prima.

Credo, in parte, perché erroneamente è stato accomunato al concetto di esistere quello passivo di vegetare, inteso come il condurre una vita in stato d’inerzia e d’incoscienza nella quale vengono esplicate esclusivamente le proprie funzioni basiche ed essenziali, parimenti (o quasi) ad un qualsiasi organismo vegetale che in un terreno argilloso si alimenta, cresce e respira; ma al di là del fatto d’essere in grado di sintetizzare le proprie molecole organiche da sostanze inorganiche non fa poi molto per spassarsela.

O, almeno, dal nostro soggettivo punto di vista.

Ma è indubbio che, se da un lato l'emissione di molecole per ottenere difesa in caso di pericolo, lo scambio d’informazioni attraverso l’utilizzo di miceli, il propagare segnali elettrici simili a neuroni cerebrali o la stessa capacità di chiudere le foglie in risposta all’ambiente circostante, per una pianta non sono affatto cose di trascurabile valore,  dall'altro, per noi creature umane, risulterebbe decisamente penalizzante il limitarci a queste aspirazioni…

Pertanto sì, vegetare non è un gran bel vivere per un essere umano: “Mi mancan le parole per costruire torri in faccia al sole - scriveva il cantautore Pierangelo Bertoli - sarà perché son stato troppo tempo a vegetare e l'ho chiamato spesso riposare”; ma vegetare non è sinonimo di esistere.

Penso, però, che anche la letteratura abbia fatto il suo, alimentando non di poco l’equivoco, se lo stesso Wilde convintamente scriveva che per essere felici è necessario essere capaci di vivere, non dimenticandosi di aggiungere che la maggior parte degli uomini si limita solo ad  esistere e nulla più, perché il saper vivere è la cosa più rara al mondo.

Eppure, riflettiamo: vivere non è altro che la condizione di poter esplicare le funzioni vitali primarie, e questo indipendentemente dalla specie di appartenenza a cui si faccia riferimento, tanto che si parli di vegetali, funghi, licheni, animali o uomini, infatti, è sempre lo stesso sottofondo musicale.

Anche le nostre amiche verdi o fiorite, nel loro stato vegetale, conducono comunque una vita.

Vivere è, infatti, questo, vale a dire semplicemente stare al mondo.

E’ l’esistenza, invece, ad essere qualcosa di differente, perché in sé l'esistere implica un carattere di trascendenza.

Ma anche al di là dell’esistenzialismo ontologico o fideistico, un ente che esiste sta necessariamente sempre al fuori di se stesso, non fosse altro per il fatto che non è mai solamente quello che si trova ad essere in atto. Al contempo, infatti, è anche quello che potenzialmente sarà e che, pur nel presente, sta già progettando di voler essere nel suo prossimo o remoto futuro.

La vita, infatti, può anche essere passata in un letto o in un carcere o spesa in quattro mura timbrando sempre alla stessa ora la propria entrata e la propria uscita, mangiando, dormendo e garantendo le funzioni necessarie per la propria sussistenza organica, ma per quanto poco coinvolgente ed anche al di sotto di ogni lecita attesa possa essere - in ogni caso - è sempre vita. Vivere, quindi non è indicativo di null'altro.

Esistere, invece, è tutt'altra storia. Perché implica una promessa d'infinito che non ci limita al solo significato di curare il nostro organismo biologico - proprio come fa ogni specie sulla terra - ma permette all’essere umano di non esaurirsi mai del tutto in se stesso.

Una buona parte di letteratura e tutti i luoghi comuni del mondo, invece, continuano a tramandare la fola che esistere significhi vegetare, ovverosia esplicare un mero atto di passiva comparsa - perlopiù incosciente - in questo mondo, e che sia il vivere, invece, ad essere un qualcosa di più, perché oltre ad essere comprensivo dello stare al mondo viene considerato legittimo sinonimo della capacità di sentire, pensare, sperimentare ogni emozione, momento e moto dell’anima.

Ecco, io credo sia esattamente il contrario.

Ed il perché, lo chiarirà in immagini verbali Milan Kundera al mio posto.

 

 

 

Nel vivere non c’è alcuna felicità.

Vivere è soltanto portare il proprio io dolente per il mondo.

 

Ma essere è felicità.

 

Essere significa trasformarsi in una fontana e in una vasca di pietra,

nella quale l’universo cade come una tiepida pioggia.

 

M. Kundera

 

 

 

 

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Commenti al Post:
woodenship
woodenship il 22/06/18 alle 16:27 via WEB
A ciascuno la propria vita,mi vien da dire di primo acchito:essa zampilla dalle vene d'un albero o da quelle di un animale, ronza comme una mosca e ronfa come il plancton nel mare. Esistere non fa la differenza, visto che, contemporaneamente si esiste per esser l'uno di supporto all'altro.E pure il virus che c'infiamma e definiamo tra i miasmi del patologico ingravescente: così la vita di Wilde o l'esistenza di Wilde...che poi:vivere o esistere son sempre rappresentazioni di un sè disperatamente racchiuso nell'involucro. E che, oltre la corporeità, vede la libertà dell'esistere senza la schiavitù del dover vivere.........Un bacioi scintillante di stelle..........W........
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 30/06/18 alle 18:40 via WEB
Questa è la sintesi più appropriata e che voglio cogliere: ciò che più desidera l'io è la libertà dell'esistere senza la schiavitù del dover vivere...Perfetta! Grazie wood ;-)
 
legrillonnoirdestael
legrillonnoirdestael il 23/06/18 alle 17:45 via WEB
Non ci ho mai riflettuto più di tanto anche se, in effetti, il termine esistenza pare davvero essere il più appropriato per indicare una piena completezza o compiutezza di vita. Direi che non sia affatto considerabile come un sinonimo di vita passiva e di uno stato vegetativo. Un inchino, mademoiselle ,-)
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 30/06/18 alle 18:40 via WEB
A te, Niccolò ;-)
 
ITALIANOinATTESA
ITALIANOinATTESA il 23/06/18 alle 18:49 via WEB
Si, credo fermamente che "l'esistere implica un carattere di trascendenza" e dal quale non si può prescindere in ogni analisi tesa a comprendere qualcosa in più, appunto, del nostro "ESISTERE" che mai potrei sostituire con il pur importante "vivere". Come così bene hai illustrato e, pertanto, non possiamo che ringraziarti, cara Ele.
Buona domenica, M@.
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 30/06/18 alle 18:41 via WEB
Ringrazio io te, It, buon tutto ,-)
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
ARGYRIA il 25/06/18 alle 18:10 via WEB
Credo di non averci mai pensato ma leggendo te e Kundera opto per esistenza = real life :)
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 30/06/18 alle 18:43 via WEB
;-)
 
ravenback0
ravenback0 il 25/06/18 alle 18:13 via WEB
Vivere come vegetare esplicando solo le funzioni basali o vivere come significato di vivere veramente e vegetare è solo esistere? Ai posteri...anzi a noi hai lasciato un bell'interrogativo :) Fino ad oggi anche io sai ero tra quelli che dicevano esistere=vegetare ma hai ragione forse...ci hanno condizionato frasi fatte e letteratura perchè pensandoci esistere è proprio altro che solo vegetare passivamente...uhm...
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 30/06/18 alle 18:44 via WEB
Semplici considerazioni, raven, ma sono come sempre ben accetti altri punti di vista...pensaci e poi mi dici ;-)
 
arwen971
arwen971 il 27/06/18 alle 19:21 via WEB
Anche io ero solita usare la contrapposizione vivere: vivere con gusto a pieno mentre esistere: vegetare...ma sto riconsiderando :) in effetti dovrei andarmi a ripassare un pochino l'esistenzialismo della filosofia...:)) non bacchettarmi eh?
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 30/06/18 alle 18:44 via WEB
Mai! ,-p
 
spageti
spageti il 01/07/18 alle 11:57 via WEB
Perfettamente d'accordo... Ahimè però mi pare di intravedere in questo mondo, al di là dei discorsi "new age" che molte persone adottano, l'impossibilità da parte dei più di portare avanti il cammello no, se non forse proprio alla vigilia dell'ultima transizione.
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 05/07/18 alle 02:00 via WEB
I cammelli sono animali con una grande resistenza, si dice che marcino per decine di chilometri e che grazie alle riserve di grasso nelle loro gobbe resistano a lungo ai periodi di scarsità di cibo...Vivono, e portano anche loro il proprio io dolente per il mondo. Come noi, probabilmente. E noi come loro. Chi lo sa se la loro resistenza per noi proverbiale e la capacità di sopportare fatiche, pesi e privazioni non sia, invece, un paravento di pena, come quella degli uomini di cui scrivi, di tutti quelli che si sentono impossibilitati a fare un altro singolo passo e che li conducono verso un cammino a tempo indeterminato. Essere è altro e oltre tutto questo...Grazie mille, spageti.
 
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