Creato da ElettrikaPsike il 17/12/2012

ElettriKaMente

Dillo, bella strega...se lo sai, Adorabile strega…Dimmi, conosci l’irremissibile? (I fiori del male, C. Baudelaire)

 

 

« RIFLESSIONI DI MEZZA EST...L’infallibilità popolare »

SENTIMENTI UGUALI MA TANTO DIVERSI

 

 

 

"I figli sono come gli aquiloni:

insegnerai loro a volare ma non voleranno il tuo volo;

insegnerai loro a sognare ma non sogneranno il tuo sogno;

insegnerai loro a vivere ma non vivranno la tua vita.

Ma in ogni volo, in ogni sogno e in ogni vita

rimarrà per sempre l’impronta dell’insegnamento ricevuto"

 

- Madre Teresa di Calcutta -

 

 

 

 

 

Ho letto per molto tempo, nel corso degli anni, un’inverosimile quanto radicata saggezza popolare che viene tramandata, di bocca in bocca e da tastiera - di pc o smartphone - a tastiera, con una solennità quasi riverenziale riguardo alla centralità (piuttosto che alla supremazia) dell’amore genitoriale, rispetto a qualsiasi altro sentimento.

E guai brutti sono riservati a chi osi sfatarla o sia intenzionato ad interrompere questo passaparola di assennatezza consacrata.

Ma io, il mio punto di vista,

lo voglio argomentare ugualmente.

 

                                                                             

 

Ogni affezione del nostro animo, dalla più nobile alla più meschina - sia quindi amore, benevolenza o sia il disgusto, la repulsione, scendendo sempre più giù, fino ai meandri dell’odio più finemente distillato - essendo espressione naturale della nostra vita interiore  è, ovviamente, puramente personale e come tale va considerata. E su questo non c’è molto da dire.

Pur conservando, quindi, aspetti comuni che sono innegabilmente indicativi di un patrimonio genetico caratterizzante, gli esseri umani possiedono un cervello complesso e di notevoli proporzioni, oltre che neuroplastico e strutturato in modo tale da poter essere in grado di formulare pensieri, introspezioni, linguaggi e finalizzato a produrre ragionamenti logici, astrazioni ed innumerevoli forme di espressioni creative di portata incommensurabile.

Ogni nostra esperienza, quindi, ed in questo caso emotiva, risente, anche di quella che è la nostra irripetibile individualità.

Fa i conti con la nostra indole, con nostri impulsi,  con le nostre predisposizioni e con il nostro retaggio sociale: educazione ricevuta, esperienze vissute, contesti ambientali, grado di cultura.

Ogni singolo aspetto dell'eredità umana si va a sommare alle nostre propensioni interagendo con esse ed ecco perché, se è già di per sé difficile in ogni caso generalizzare, diventa ancora più complicato provare a farlo quando si tratta di indagare sui sentimenti.

In conseguenza a queste premesse, anche il sentimento per un figlio - un affetto che si può facilmente comprendere come tra i più radicati e forti, perchè categoricamente dettato anche da leggi biologiche di protezione, cura e desiderio di sopravvivenza attraverso la propria discendenza - è comunque soggetto alle variabili previste per la natura umana in ogni suo aspetto.

Ed ora affrontiamo alcuni punti estremamente popolari scardinandone almeno le pretese di assolutezza, partendo proprio dal fatto che, ogniqualvolta si parla di genitorialità, viene innanzitutto demarcata una scrematura biologica in nome della visceralità ancestrale che lega il corpo (e la psiche) della madre con quello del nascituro, da lei alimentato ed in lei (il più delle volte comodamente) rifugiato.

Un elemento, questo, che se viene (ed ammettiamolo, accade piuttosto di frequente...) identificato con termini di profondità, intensità e qualità, non solo riesce a differenziare sostanzialmente la paternità dalla maternità, ma va anche a penalizzare, senza alcuna apparente soluzione, la figura di ogni genitore adottivo, necessariamente estraneo a questa invisibile quanto simbiotica eco del sangue…

Sicuramente non si può dire che la natura stessa non ci metta del suo, perchè predispone la visceralità uterina connaturandola proprio nello scambio biologico e mentale tra la madre e il figlio durante la gestazione, ed altrettanto sicuramente va riconosciuto che tale profondità è di fatto necessaria, perchè aiuta a creare un legame che viene  poi ulteriormente rafforzato durante l’allattamento ed é totalmente finalizzato alla protezione ed alla salvaguardia del piccolo.

Per sancire questo vincolo, inoltre, la natura si è servita di un ormone che a livello neurologico ha lo specifico compito di favorire l'attaccamento relazionale e che l’organismo umano produce naturalmente - guarda caso - in quantità decisamente elevata proprio durante il parto e durante l’allattamento, chiamato ossitocina.

 

 

Sì, è innegabile, la natura predispone i suoi disegni, ed una madre, dal momento in cui porta nel grembo la propria minuscola creatura, almeno teoricamente dovrebbe essere predisposta a sentirla come una sua creazione: una parte commista alla sua carne.

Ed il legame, sempre su piano ipotetico, dovrebbe essere insolitamente fulmineo, sostanzialmente intuitivo e senza mediazioni, tanto da riuscire ad offuscare se non quasi totalmente occultare ogni altro rapporto - per quanto rilevante ma pur sempre più indipendente - fra il piccolo e qualsivoglia altra figura, compresa quella paterna nel suo ruolo di co-creatore.

Ma c’è un grosso ma, anzi ci sono molti ma…Perché se, da un lato, la natura stabilisce un programma, le singole individualità sono fatte di irridenti eccezioni che sovvertono le regole.

Alcuni comportamenti umani sono accolti e attesi semplicemente come consuetudini; ma nonostante ogni buona intenzione ed impegno, non c’è cordone ombelicale - in tutta la sua lunghezza e consistenza gelatinosa - che tenga, se il sentimento della madre, per una qualsiasi aliena ragione, non scatta.

E quando questo malauguratamente accade, neppure il programma previsto dalla norma della consuetudine si dimostra capace di sancire un legame che, di fatto, talvolta non si fa sentire. O non si fa sentire nel modo previsto…

E la natura stessa non si può certo dire che abbia lesinato sulle eccezioni.

Tralasciando, quindi, i casi più sconsiderati - di competenze psichiatriche e penali - ma anche quelle stesse leggi naturali che muovono un animale a scansare e a disconoscere il proprio cucciolo quando lo avvertono incapace di sopravvivere, chiediamoci, invece, dove si possa essere nascosta l'illustre chiamata del sangue in tutte quelle madri che, pur non animate da istinti omicidi, semplicemente non avvertono siffatta interdipendenza simbiotica con i loro figli.

E, per contro, domandiamoci sinceramente come la mettiamo con quelle donne comunque madri - non biologiche e magari anche sterili - che, armate di un'imprevista dose di ossitocina, pur non avendo mai beneficiato di questo magnanimo neurotrasmettitore durante un travaglio o una montata lattea, riconoscono comunque  un bambino come fosse il loro soltanto attraverso il contatto e l'olfatto, instaurando con lui un legame speciale per il resto dei loro giorni?

Forse, allora, c’è qualcosa di leggermente più forte di un richiamo plasmatico, nell’essere umano? 

Ma c’è ancora di più...

Abbandoniamo, oltre al legame biologico ereditario, anche la corrispondenza tra le specie e focalizziamoci, invece, per un secondo solo sull’affettività. Non solo, infatti, il legame tra una madre ed un figlio non biologico sembra essere  comunque garantito dall’ossitocina, ma anche il legame tra l’essere umano ed un qualsiasi cucciolo di altra specie animale.

Di conseguenza, anche l’affetto che ci lega al nostro animaletto domestico, ma in via ancor più generale, ogni istinto smodato e irrefrenabile che ci induce a nutrire sentimenti di tenerezza e di accudimento verso qualsiasi cucciolo, sono transpecifici. E a tal punto che non solo gli esseri umani, ma tutti gli adulti di qualsiasi specie animale, difficilmente restano insensibili di fronte ai piccoli di altre specie. O, almeno, così vuole e predispone la regola.

Ed è in questo senso che si muove il principio che sta alla base della pet therapy. Un gruppo interdisciplinare di ricercatori internazionali, infatti, avrebbe di fatto dimostrato che nelle terapie cliniche che promuovono come principio cardine il legame affettivo di un paziente con il proprio animale, viene apprezzata la produzione di un elemento chimico dall'intensità pari a quello prodotto da una madre durante l’allattamento del figlio.

Ma oltre a queste evidenze, c'è poi ancora un’altra non trascurabile osservazione da fare - e so per certo che non sarà fra quelle accolte con più benevolenza perché è una considerazione forse un tantino scomoda da accettare, ma tant'è... - vale a dire la questione complicata dei figli intesi come appendici biologiche.

Perché, per quanto fastidioso, e a tratti, forse, anche imbarazzante possa risultare l’argomento, non sono affatto pochi i genitori che, forti dell'epigrafica considerazione "il più grande amore al mondo è quello per il sangue del mio sangue" (o, a seconda, piume delle mie piume), non si rendono conto di compiere una ben poco amorevole equazione.

Ed è un’equazione malsana che riguarda soprattutto le madri, più difficilmente esentate, rispetto ai padri, dal considerare i propri fanciulli quali giovani prolungamenti delle proprie individualità, e quindi non di rado visti come lusinghieri riflessi, quando, addirittura, non effettive clonazioni o emanazioni perfezionate di se stesse.

E realmente non sono poche queste madri che vedono nella loro discendenza uno o più specchi narcisistici per le loro aspirazioni dismesse.

Tali creatrici castrano senza contenimento ogni libertà d’espressione appena nata nei loro figli prediletti, quando questa può farle vagamente presagire di potersi declinare verso strade non conformi alle loro (inconfessate?) previsioni.

Io non credo si possa parlare di “amore maggiore o inferiore" o, ancora, di "sentimento di serie A, B o fuori serie" né che si tratti di amore per un figlio, né verso un genitore o un fratello, né per un amante, un maestro, oppure un amico. Perché se si parla davvero di sentimenti, necessariamente non esistono né classifiche, né settori.

E poi, a dirla tutta - se è reale e sano - un sentimento d'amore inevitabilmente moltiplica, accresce e contagia e di certo non va ad oscurare minimamente i sentimenti e le espressioni emotive d’altro tipo.

Inoltre, proprio il fatto di considerare il sentimento verso un figlio come totalizzante e superiore a qualsiasi altro, in virtù del fatto che “il figlio è un pezzo - e non solo di cuore! - di chi l’ha generato” è già, di per sé, una motivazione non poco penalizzante, piuttosto che una testimonianza accrescitiva che ne convalidi l’amore.

E questo perché l’identificazione induce pericolosamente a due manifestazioni opposte; ma ugualmente poco amorevoli.

Se da una parte, infatti, l’identificazione narcisistica facilmente riduce il sentimento verso i pargoli ad una proiezione egoistica (involontaria o lucida che sia) che comunque ben poco c’entra con la capacità di amare un’altra persona al di fuori di se stessi; in alternativa, può indurre anche ad una sorta di (lucida o inconscia) repulsione, dal momento che non sono molti gli esseri umani davvero capaci di amare se stessi e certo non  sono molti di più quelli che neppure si piacciono…

Di conseguenza, il rivedersi - anche al di fuori dello specchio - attraverso nidiate di poco stimati "se stessi" in piccole copie, non può certo essere una grande soddisfazione per coloro che non si apprezzano…

Ma proseguiamo: accantoniamo chi riversa il proprio sentimento genitoriale in nome di una identificazione simbiotica e restringiamo ancora di più la panoramica considerando solo i restanti esemplari.

 

 

Anche se l’archetipo genitoriale – ma in particolar modo materno – si realizza passando attraverso il concetto di protezione, cura e nutrimento, tanto dal punto di vista fisico quanto emotivo, spirituale e psicologico, è pur vero che ogni individuo che si appresti ad essere una madre è, prima di ogni altra cosa, un esemplare unico e non più di tanto omologabile. E questo resta un fatto, anche se poi viene sottoposto ad una formattazione universale che lo predispone ad essere incondizionatamente una generosa nutrice e un'attenta dispensatrice di premure.

Per quanto aderente al ruolo atavico, infatti, ogni madre è comunque, molto prima di essere madre, una persona: più o meno libera, più o meno indipendente, più o meno sicura, individualista, insofferente piuttosto che tendenzialmente accogliente, protettiva o devota.

E non è affatto detto che ogni donna, pur amando, e tanto - il proprio figlio, il proprio compagno, il proprio anziano genitore o, ancor più filantropicamente, anche solo il prossimo suo, bisognoso e infermo - necessariamente ricerchi o ritrovi la propria completezza e soddisfazione nell’accudimento. E non è affatto detto che la consideri obbligatoriamente, e con somma beatitudine, un’esperienza di suprema gratificazione.

Ma questo non significa nemmeno che non sia disposta a farlo quando o se occorre, e che non possa essere comunque efficiente o solerte.

Significa soltanto che non c’è un solo modo per essere madri, perché non c’è un solo modo di essere persone, o donne; né esiste un ricettario universale che ci spieghi quali siano le regole per accudire o trasmettere amore per la vita. E questo perché, semplicemente, non esiste un solo modo per essere presenti o perseveranti, e non é prevista un'unica strada per insegnare ad essere forti, appassionati e liberi.

Amare i figli a discapito di se stessi rende quello stesso genitore che dovrebbe insegnare al proprio bambino la vita e la forza, un individuo impoverito ed appiattito nella sua esistenza rateizzata.

 

 

Una madre ed un padre non felici come possono inventare per i figli una felicità che non hanno, quando ogni lezione che s’impara a questo mondo non è mai data con le parole ma soltanto attraverso gli esempi?

E quali perle di saggezza può lasciare in eredità ad un figlio ormai svezzato, una donna che si sente inutile e mutilata, vittima della “sindrome del nido vuoto” perché deprivata dell'unico ruolo che si é concessa nella vita? Con ogni probabilità solo una collana fatta di ombre, sensi di colpa e incertezze.

E poi, ancora, perché mai dovremmo poter affermare con così tanta disinvoltura che è sempre e imprescindibilmente prioritario solo un tipo di sentimento?

Non ha neppure un senso, se ci pensiamo, il dover fare un confronto tra due specie di amori tanto differenti (si spera…)  e qualitativamente così distanti tra loro come quelli per un figlio o un genitore e quelli per un amante ed un compagno…

Inoltre, c'è anche un ingrediente che non si può dimenticare nel pacchetto regalo: un figlio non è solo un sacro piacere; ma anche una sacra responsabilità.

Verso un bambino c’è un elemento integrante al sentimento che, in un qualsiasi altro rapporto, di natura differente e paritaria, non è così preminente: vale a dire la responsabilità, congiunta direttamente al dovere. E che, purtroppo, non solo non può far sempre rima con piacere ma va considerata come prioritaria e centrale.

E dire il contrario, o negare a se stessi anche questa concessione, non solo non rende i genitori creature più stimabili, ma fa di loro semplicemente esseri umani più ipocriti.

Ed è per questo aspetto essenziale, che è poi lo stesso per il quale istintivamente ci sentiamo anche di privilegiare i bambini - ogni bambino - in caso di difficoltà o pericolo, che il sentimento verso i piccoli assume una connotazione avvantaggiata ed una posizione favorita in una fantomatica classifica d’amore.

Ma un figlio non nasce per essere della madre o del padre.

Il figlio non è un surrogato per la nostra solitudine o una panacea per la nostra vanità.

Un figlio si dà al mondo, letteralmente.

Nasce per essere amato, accolto e accudito, istruito e messo nelle condizioni di stare nel mondo. E tutto il resto non è neppure letteratura; ma letteratura distorta.

Perché quando la letteratura parla di amore con l’iniziale scritta in grassetto maiuscolo, non lo fa né lo ha mai fatto in riferimento all’amore genitoriale per il proprio pargolo.

“Ponimi come sigillo sul tuo braccio, come un sigillo sul tuo cuore, perché forte come la morte è l’amore” si legge nel Canto dei Cantici: l’amore per antonomasia che viene definito “anima gemella”, “spirito affine”, “affinità elettiva” non è il figlio.

La “corrispondenza d’amorosi sensi” non è intesa in termini di progenie…

L’amore che fa impazzire, quello che strappa i capelli non è mai stato cantato per un affetto filiale…

"D’ora in avanti tu chiamami “Amore”, ed io sarò per te non più Romeo - fa declamare Shakespeare al suo protagonista infervorato da quel tipo d’amore verso Giulietta - perché m’avrai così ribattezzato."

E nel Sonetto 39 si legge “Sei tu la parte migliore di me stesso, il limpido specchio dei miei occhi, il profondo del cuore, il nutrimento, la fortuna, l’oggetto di ogni mia speranza, il solo cielo della mia terra, il paradiso cui aspiro”...ma neppure questo era dedicato ad un figlio.

 

                

 

Per correttezza, però,

chiuderò con la stessa fonte che mi ha indotto a scrivere il post:

la saggezza popolare.

Perché anche dalla voce della piazza sembra evincersi che non è propriamente l’affetto genitoriale del padre verso il figlio quello che fa girare il mondo…

 

Si tramanda, infatti, che Bacco, tabacco e Venere riducano l’uomo in cenere; ma non mi sembra che nella traide venga menzionato un neonato.

Detto questo, parrebbe evidente che siano decisamente altre passioni travolgenti quelle capaci di consumare un uomo...

Sempre che non si vogliano, però, considerare come ipotesi di pathos anche i vagiti del neonato - di certo, anche questi, perfettamente in grado di distruggere sia l'uomo sia la donna - ma da tutti riconosciuti come un genere differente di passione, vale a dire quella clinicamente definita deprivazione del sonno e ricordata dai più come martirio d'insonnia…

 

 

 

 

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Commenti al Post:
misteropagano
misteropagano il 04/09/18 alle 21:14 via WEB
Bisognerà leggerti a puntate________* stella mia, punto focale è senza dubbio l'osservazione sui sentimenti: "un sentimento - se è reale e sano - moltiplica, accresce e contagia inevitabilmente e di certo non va ad oscurare i sentimenti e le espressioni emotive d’altro tipo".
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 13/09/18 alle 20:57 via WEB
O farne un fumetto...che ne dici? ;-P
 
   
misteropagano
misteropagano il 13/09/18 alle 21:54 via WEB
Si, anima gemella”, “spirito affine”, “affinità elettiva (-.. ne abbiamo parlato tante volte di creature, creato e creazione)_*
 
     
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 16/09/18 alle 19:41 via WEB
Potresti farlo realmente, mist! pensaci...
 
korov_ev
korov_ev il 05/09/18 alle 13:39 via WEB
Sono assolutamente d'accordo con lei, madame Psike.
Ora, non è questo il posto per mettere in piazza i fatti propri, però vorrei dare il mio piccolo contributo alla sua opinione:
Mio figlio, in realtà, non è biologicamente mio. Nacque da una storia che la mia ex moglie ebbe 13 anni fa. Il padre se ne andò neanche dopo un anno per non farsi più vedere e io che nei giorno stabiliti dalla sentenza di separazione passavo a prendere mia figlia di quattro anni (lei figlia biologica) mi trovavo tra i piedi questo batuffolo che mi si arrampicava su per le gambe.
Be', per farla breve, cominciai a dare una mano alla mia ex moglie per permetterle di sopravvivere,ora che era sola, e in breve mi ritrovai a fare da baby sitter a quella piccola canaglia. Fino ai 7 / 8 anni mi chiamava zio, poi, un giorno mi prese la mano, mi portò in disparte e mi disse: "Zio, posso chiamarti Papà?".
Quelle parole, madame, me le porto stampate a fuoco nel cuore.
Da quel momento io ho due figli. Uno mio e l'altro pure.
Certo, io parlo da padre e non so cosa possa voler dire essere madre. Un padre, malgrado sia anche lui legato dal sangue alla sua prole, è sempre un estraneo, è sempre quello che è costretto ad inseguire l'amore dei figli, però posso dirle che quando lui mi chiama papà è la cosa più naturale del mondo e io sono felice.
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 13/09/18 alle 21:02 via WEB
Ed io la ringrazio Korov_ev e ringrazio la persona dietro al profilo perchè un commento come questo, io che non ho, e non posso avere figli dopo un problema oncologico (tanto perchè non è questo il posto per mettere in piazza i fatti propri...;-) ) lo conservo stampato a fuoco.
 
woodenship
woodenship il 06/09/18 alle 18:01 via WEB
Uff uff!!!Ce l'ho fatta ad arrivare alla fine di questo ponderoso ed interessantissimo post.E ne valeva davvero la pena: le considerazioni in esse contenute sono per me assai pregevoli e degne di ulteriori riflessioni.Ma qui non voglio dilungarmi oltre.Darwinianamente,mi limito ad osservare che mi ci riconosco in molti tuoi passaggi: solo una vulgata tendente ad esorcizzare le reali e vere differenze,oltre che dissonanze,tra genitori e figli,può ribadire cieca e sorda illudendo che i figli siano pezzi di cuore di madre e padre.Sì,perchè nella realtà,la storia è molto diversa.Sorvoliamo sui casi d'incesto.Sorvoliamo sulla violenza insita in rapporti che hanno molto di patologico tra genitori e figli.Quel che ne rimane della parentalità affettiva,non è che un cumulo di conflitti generazionali e frustrazioni.Certo,non si può generalizzare.Però è anche vero che,le statistiche registrano l'interno delle famiglie come uno dei luoghi più pericolosi al mondo.Dunque tendenti a smentire la mitizzazione del ruolo materno e paterno,per non dire dell'amor filiale. Ma,come dicevo,concordo con molti tuoi passaggi,come quando affidi alla natura l'origine e la necessità di differenziazioni tra una generazione e l'altra.Quindi con il naturale sorgere d'un corollario di incomprensioni e rapporti conflittuali.E quando non si tratta di reattività,spesso ha il sopravvento l'appropriazione del minore a scopo dell'autorealizzazione dell'adulto frustrato dalla vita.Insomma, un quadro non molto sereno,si direbbe.In conclusione,come ben esplichi:è necessario rifuggire da qualsiasi mitizzazione dei ruoli,per approdare alla consapevolezza che si è,prima ancora figli del proprio tempo.E poi di chi mette al mondo.E che costoro debbono comprendere l'importanza di essere guide ed accompagnatori,piuttosto che padroni o solo amiconi.Come anche i figli debbono approdare alla consapevolezza di quanto conservano nel loro patrimonio genetico e morale dei propri genitori,per rendere loro il giusto tributo di rispetto ed affetto........E qua mi fermo,abbracciandoti stretta e ringraziandoti per questo splendido post così ben articolato e scorrevole come acqua fresca di fonte...........W........
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 13/09/18 alle 21:07 via WEB
Io come sempre ti ringrazio, caro wood, apprezzando la tua costanza nell'arrivare fino alla fine (perchè, diciamolo, già sono prolissa ma questa volta mi sono superata di brutto...) e l'acqua fresca di fonte, forse, farei meglio ad offrirla io a te a questo punto ;-)
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
ARGYRIA il 13/09/18 alle 18:30 via WEB
Io la penso come te e ti dico solo questo: brava hai fatto bene, spero solo che possano capire che il messaggio NON è che l'amore verso i figli non sia grande ma che l'amore non ha classifiche! Ho qualche dubbio che capiranno tutti perché scarseggia il sale nelle zucche e vedrai che molti fraintenderanno, ma tu fregatene.
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 13/09/18 alle 21:09 via WEB
Penso che a voler fraintendere ci sia sempre modo, tempo, maniera...e chi ne ha più ne metta...ma appunto, nel caso, non è un mio problema ,-p Grazie Argyria!
 
legrillonnoirdestael
legrillonnoirdestael il 13/09/18 alle 18:53 via WEB
Interessante e soprattutto vera e facilmente verificabile tutta la questione che riporti sui sentimenti transpecifici. Alla questione del richiamo del sangue, personalmente, non ho mai creduto e credo forse abbia un senso solo per i vampiri...Che dirti, invece, sull'affettività materna molto spesso simbiotica e pertanto egoistica e al pericolo delle identificazioni? Innegabile, nostro malgrado. Scomoda ma pur vera realtà dei fatti. Come insindacabile, a parer mio, è questa assidua volontà di classificare i sentimenti. Queste graduatorie sono un evidente segno di una frequente mancanza di educazione all’affettività sana (per quanto detesti parlare di educazione riferita al sentimento, eppure anche in questo ambito sembra essere necessaria). La possessività gelosa e castrante di un genitore, più sovente della madre, viene accettata per consuetudine come un normale e sacrosanto attaccamento nei confronti di un figlio, ed ugualmente come normale viene considerato il binomio amore e morte nei crimini con movente passionale. Se si assiste tranquillamente e con assurda assuefazione al paradossale concetto di “uccidere per troppo amore”, una madre che strappa le ali o rimpinza di ricatti morali i propri protetti con soffocante premure e dolci da forno può mai destare qualche perplessità? .Ottimo post, come sempre, Ele.
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 13/09/18 alle 21:10 via WEB
Ottimo commento, come sempre ;-p
 
Dizzly
Dizzly il 16/09/18 alle 10:11 via WEB
Un sogno pro die https://blog.libero.it/wp/dizzly/2018/09/16/sit-webzinetake-on-me-sogno-pro-die-formare-una-narrativa/ Buona domenica^_^
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 16/09/18 alle 19:46 via WEB
Bello rileggerti! Tra l'altro: hai fatto davvero un grandissimo lavoro con il tuo blog! Grazie Dizzly ;-)
 
   
Dizzly
Dizzly il 23/09/18 alle 15:52 via WEB
Chissà! Non mi allontano molto a leggere nei blog per non incontrare gruppi che si vogliono frequentare solo tra loro e per fortuna o peggio moderati, ma qui non mi da nessun fastidio perchè è tutto pertinente e le moine se ci sono sono interessanti dialoghi. Quanto al figlio un "blog", si dà al mondo, letteralmente. Invece il figlio non è proprio tutto del mondo: quando si allontana non diventa di tutti, penso ai rischi e il sano diritto di sentirseli sempre di mamma.^_^
 
ravenback0
ravenback0 il 16/09/18 alle 18:12 via WEB
Sono molto contento di questo post perchè che i figli siano pezzi o core non lo mette in dubbio nessuno ma certo altri amori di genere diverso non sono da meno. E l'ipocrisia di chi fa finta di far tutto per i figli quando mille volte al giorno le cose le fanno per il loro orgoglio e la loro vanità ogni tanto fa bene sottolinearla. In più cara Ele hai ragione e c'è un bel discorso da fare sul fatto che i genitori di oggi non fanno che sentirsi in colpa solo per il fatto di voler sgridare un figlio o perchè non gli si compra tutto quello che chiede o che si sente una persona orribile solo perchè osa pensare che gestire un figlio con tutto il bene che si può volergli, a volte è anche una croce, un problema e ti fa venire 2 oo così...E' normale. lo pensano tutti e lo hanno pensato tutti: i nostri genitori, nonni, bisnonni e via fino agli inizi dei tempi e mò avast...
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 16/09/18 alle 20:07 via WEB
L'ultimo tuo passaggio è di utilità pressochè quotidiana perchè proprio i rapporti che si muovono all'interno della sfera emotiva e che dovrebbero essere tra i più spontanei, se non propriamente facili, da gestire stanno subendo una pressione che sta rischiando di sciuparli e stravolgerli. E come naturalmente accade, non c'è modo migliore per essere un pessimo genitore, figlio, amico o amante del trattenere il fiato mirando alla perfezione e perdendo per strada giusto giusto quello che dovrebbe sostenere ogni relazione: la spontanetà emotiva...Grazie davvero raven. Solo sull’elenco di tutte le ansie da prestazione con relativi sensi di colpa annessi ci sarebbe da sviluppare un post anche più lungo di questo…E per ora anche no, tranquilli ;-)
 
arwen971
arwen971 il 16/09/18 alle 18:20 via WEB
Tutto vero dal discorso sui figli naturali e quelli adottivi (mi ha fatto proprio piacere legger korov-ev bello il suo intervento) anche quello che dici sull'identificazioni nei figli. Guarda...io sono madre da poco, lo sai, e sai comìè la mia situazione perchè non sto con il padre del bambino; ma ti posso dire che per quanto ami mio figlio facccio ancora di più attenzione a non caricarlo della responsabilità di essere centrale nella mia vita! Lui è mio figlio ed è importantissimo ma non dee diventare tutta la mia vita: per me ma anche e soprattutto per lui! Un bacio, Monica.
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 16/09/18 alle 20:31 via WEB
Che dirti? Intanto, ma lo sai già, grazie anche a te, come a Korov_ev, per tutto e per questo spiraglio che hai lasciato sulla tua vita personale al di là del profilo "virtuale" e poi posso aggiungerti un'altra cosa, altrettanto personale? Secondo me sei già un'ottima mamma, ma lo sarai ancora di più - se possibile - con il tempo, e sicuramente quando ti sentirai completa e felice sotto ogni aspetto per te essenziale, sarai un esempio straordinario per il tuo bimbo. Un bacio a te, bella amica.
 
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