Creato da ElettrikaPsike il 17/12/2012

ElettriKaMente

Dillo, bella strega...se lo sai, Adorabile strega…Dimmi, conosci l’irremissibile? (I fiori del male, C. Baudelaire)

 

 

« OGNI CREAZIONE E', PRIM...ED IO »

Sui fratelli, le sorelle, l’estetica e gli equivoci

notturno con torri di babele di salvatore farruggia

«Ecco, essi sono un solo popolo e hanno tutti una lingua sola; questo è l'inizio della loro opera e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile.  Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano più l'uno la lingua dell'altro». Genesi, 11, 1-9

 

L’ "essere incapaci di comprendere" quanto il "non volerlo fare volontariamente", sono scherzetti che il lobo parietale nella parte superiore sinistra del cervello si diverte a giocarci a seconda delle circostanze; ma tanto l’incapacità quanto la non volontà, producono, alla fine, lo stesso risultato.

Per i limiti oggettivi che impediscono il corretto funzionamento cerebrale, però, è facilissimo provare comprensione empatica, compassione, simpatia; provarli nei confronti di una scelta deliberata di non voler capire, invece, è molto meno facile. E il sospetto di saper esattamente riconoscere la differenza tra il primo ed il secondo caso diventa quasi sempre una certezza.

Ed è così che la torre di Babele volontaria diventa una quasi legittimata giustificazione a una dovuta reazione allergica.

Divento, e sono, insofferente (in identica misura senza sconti né privilegi) verso ciò che di me e in me oppure fuori da me non tollero; ed essendo invece attratta dallo scambio interattivo che (cito, autorizzata dall’autore di queste parole, sagredo58, http://blog.libero.it/sognidigitali/12642319.html, e dal loro stesso senso) “può conferire dignità agli interessi di un individuo, qualunque essi siano”, e dal fatto di “esportare agli altri, facendo didattica, i temi che ci avvincono, arricchendoli delle nostre elucubrazioni”, la mia allergia non solo primaverile verso ciò che appunto non tollero, s’accresce in particolar modo davanti alla non volontà di capire.

Così, se gli intellettuali descritti da sagredo “arroccati dietro le loro fortificazioni linguistiche, dietro i loro vocabolari impossibili, all'interno di elitari circoli di comunicazione” ed io aggiungerei dietro ad elitarie e già precostituite volontà di veicolare e stravolgere ogni significato possa non esser loro gradito, assomigliano tanto ai "bambini malvagi" di un mio post; le mie scelte linguistiche vogliono seguire tutt’altra strada.

E talvolta, come scrisse acutamente in un commento benjamin_longbow, sono un mix tra citazioni, pensieri presi, pensieri originali mischiati secondo un filo che sfugge ma che deve esserci. Cos'é?- mi chiedeva- dissimulazione o anarchia o un disegno definito? Tutte e tre le cose, rispondo. E qualcos’altro in più.

Quindi utilizzo parole che nel dizionario non troverete spiegate. Perché non esistono nel mondo letterale ma solo in quello labirintico che gli gira intorno, e del primo prendono in prestito esclusivamente i suoni.

L'abbassare il velo della diffidenza e il predisporre, come fossero antenne, i neuroni, la pelle e tutti gli organi di senso ad un sentire medianico che sia effettivamente in grado di creare contatti diretti con un oltre (che non è, e probabilmente non potrà mai essere, lo stesso oltre di un’altra persona), per taluni è un meccanismo del desiderio ed un gioco dell’attrazione probabilmente riconducibile ad una specifica persona; per me è invece quel che si usa dire “creare”, “evocare” o, più semplicemente, fare "estetica". E, per conseguenza, anche essere strega.

In tutto ciò, il fatto che s’intraveda questo così vagheggiato oltre proprio grazie ad un’interazione (obbligatoria, necessaria ed utile) con una persona e ad una affinità linguistica e/o mentale con essa, esattamente come qualcuno lo può intravedere osservando una tela di Rembrandt, raggiungendo un'affinità alchemica con le sue pennellate o come, invece, altri riescano ad intravederlo attraverso la musica di Beethoven o dei Led Zeppelin, non equivale però, ad un raggiungimento dell'oltre in virtù di una persona in quanto tale. Sia essa il Rembrandt che ha dipinto, il Beethoven o il Jimmy Page che hanno composto o qualsiasi altro essere umano con cui ci sia stato scambio linguistico e di pensiero.

Ed anche (e soprattutto) da questa apparente ovvietà nascono molti degli equivoci linguistici, di indole, di pensiero e di vita tra gli uomini che si confondono nella nebbia dell’arte.

Ma non sono solo le parole riutilizzate per rinnovate vite ad essere labirintiche;  la stessa interazione di pensieri fra più persone, quando non presuppone un interesse finalizzato agli individui (immaginati o non, idealizzati o meno) nella loro identità personale, può essere, in un certo senso, definita Labirinto: uno scambio di parole e di idee che apre un portale solamente in virtù del come queste sono state pronunciate, espresse, collocate e ritmate.

Il Labirinto ne diventa il recipiente ed un luogo di transizione e deviazione volontariamente serpentino.

Un  luogo che non serve per vivere, ma per perdersi e attraversare se stessi.

Il Labirinto diventa così l’essere e il dire qualcosa, per essere e dire altro. Il luogo per poter essere altrove, avvalendosi inoltre delle stesse funzioni proprie del mito: un discorso volutamente a metà, un luogo di inizio soltanto, da proseguire su altri piani, in un’altra dimensione tanto del pensiero quanto della parola.

Come scrive Sibaldi i miti danno solo un incipit  degli avvenimenti narrati e dei loro personaggi; essi infatti proseguono inoltrandosi nel luogo dove è dato solamente a noi il comprenderli, uno spazio fatto “non di trame; ma solo di intuizione e di pensiero”.

Ed è in quel luogo che l’arte non ha sesso. Ed anzi, diventa proprio l'atto erotico senza il sesso, l'amore senza essere l'amore e la ricerca senza fare filosofia.

Esiste un certo tipo di arte che ti apre al mondo per poterlo saccheggiare e reimpastare e creare il Nuovo. Ed è questo il viaggio che o si sa fare, o si capisce, oppure non si fa.

Si parla di "libertà" e di "accoglienza mentale" ovunque, in qualsiasi contesto, soprattutto come condizioni inevitabili per l’arte e nell’arte. Si pensa infatti che l'apertura verso il "nuovo", la "metamorfosi" e le libertà mentali tanto dichiarate e assunte come presupposti interiorizzati siano implicite e scontate in chi gioca alla creatività; ma così non è, e spesso i Labirinti diventano davvero solo le mura di difesa e di controllo progettate nell’isola di Creta.

Ognuno di noi sceglie il volto della propria libertà. E da che cosa liberarsi.

Ognuno sceglie per sé la sua libertà, ed è inevitabilmente la libertà che più assomiglia alla conoscenza che ha di se stesso. Ed il nome scelto, i mezzi o le circostanze sono sempre labirintiche, non possono parlare con voci lineari.

Così come un’artista che frequentemente ho voluto accostare a me con il termine di sorella, in passato volutamente scelse di non rendersi artisticamente umana fino a quando e laddove avrebbe potuto continuare ad essere divina (http://blog.libero.it/MISTEROPAGANO/); altri preferirono addirittura non rendersi neppure identità contestualizzabili e riconducibili ad una persona anagrafica o ad una voce o ad un nome, perché proprio questa essenziale invisibilità era la loro libertà, il loro libero modo per essere liberi davse stessi per poter essere liberi di "fare arte".

Ma in ogni caso sono entrambi percorsi attraverso i quali si scelgono di vedere le parole e le idee diventare "carne". Sia le prime che le seconde, infatti, sono già nate per essere carne, e quando non lo sono si chiamano semplicemente aborti.

Sono nate per essere. Umane,  muse o sacre; ma per essere.

In questo senso sorella è una parola labirintica che non definisce un rapporto consanguineo e la condivisione dei medesimi genitori, se per genitori vogliamo indicare individui biologici e non un'idea, un desiderio, una volontà comune o una stessa natura; e neppure ha solo una valenza specificamente affettiva, in quanto esula anche dal rapporto personale di amicizia.

Sorella, qui, ha un diverso suono. Ed è un suono che partecipa alla stessa tonalità di una canzone di 29 anni fa...Il testo parlava di una fratellanza nelle armi, di compagni nella guerra. Esistono molte fratellanze. In nome di molti modi di sentire. E la differenza umana,  può non contare minimamente:"Ci sono tanti mondi diversi, così tanti e diversi soli. E noi abbiamo un mondo solo. Ma viviamo in due differenti..."  

Così diventa possibile essere fratelli, nelle armi come nelle parole o per le parole.

Perchè le parole lasciate libere nei labirinti in ogni caso sono evocative. E possono uccidere, darti la nascita, strapparti a brandelli l'anima, innamorarti o impalarti lo spirito, essere sensuali ed erotiche.

Se uno scritto di Dylan Thomas è un orgasmo, lo può essere altrettanto quello di qualche sconosciuto, come può esserlo una musica mai sentita ed una sentita innumerevoli volte tanto da uscirne lisa all'ascolto della nostra mente ma che diventa inaudita se contestualizzata; questo è l’eros noumenico, la corrispondenza d'erotici sensi, l'epidemia di "furti" tra le menti. E menti è inteso proprio in senso letterale e non significa altro che menti. Non artisti, non intellettuali, non specialisti delle idee…

È chiaro che l'essere umano dietro al quadro, alla musica ed alla parola scritta che sbrandella le anime o i sensi, esiste; ed è chiaro, oltre che determinante e implicito, il suo talento, ma, talvolta, anche la combinazione di elementi senza la presenza di nessuna tecnica particolare o qualifica settoriale può, più o meno volontariamente, creare una magia alchemico-evocativa. E qui, ritorno ancora alla Cultura dello slash descritta da sagredo “Per questo trovo ridicoli i superspecialisti, così profondi nel loro importantissimo e limitatissimo campo, così ghettizzati dal loro sapere, così incapaci di percepire il benché minimo legame associativo con un qualcosa a loro ignoto”.

Ma, anche ammettendo che esistessero solo pochi eletti in grado di evocare queste emozioni, davvero esisterebbe un’equivalenza matematica tra l’artista e la sua produzione di cui ci innamoriamo? Tra tutta una persona, cioè, e quelle sole parole scritte in endecasillabi sciolti? Con cosa o con chi si avrebbe il "rapporto erotico" di fruizione, con la persona eletta che contribuisce ad evocare le emozioni o con la sua opera?  Dipende...per te forse con gli artisti, per me con l'opera...la parola, la musica e il quadro...per qualcun altro con entrambi.

Per me sono i loro figli a sedurre e non chi li mette nel mondo. E di loro le parole, i suoni e le immagini non ancora sentite e viste; ricreate in un progetto che dopo averle denudate della loro legittima identità le reinterpreta in inimmaginate connessioni e in piani inesplorati della narrazione.

Se mi eccito per un ritmo inaudito provocato da Jimi Hendrix... (o suonato, ipoteticamente, con lui)  con questa eccitazione che cosa faccio?

Se la usassi inglobando lui e rivestendo su di lui i gesti ed i pensieri erotici,  starei facendo sesso con Jimi, (in questo caso con l’idea di lui, con il suo ricordo, la sua immagine, ma, anche  se attraverso la sua musica, l’attenzione sarebbe rivolta però verso l’uomo o la sua icona); diverso sarebbe se prendessi  la sua musica e la vivessi autonomamente ed esclusivamente su di me, tralasciando la sua persona;questo suono diventerebbe quindi per me solo una masturbazione, ed il mezzo per un piacere solitario.

Ma se io, invece,  prendessi la sua musica e con essa "facessi estetica, ed arte, ed eros" proprio e direttamente con le sue note non sarebbe più un esercizio onanistico o un rapporto mercenario, di "consumo personale"e, soprattutto, non esisterebbe più né l'artista né l'uomo. Ed allora, in quel caso, esisterebbe solo l’arte nel mio rapporto d'amore.

Solo l’arte, nuda.

 

 

L'immagine utilizzata per il post è Notturno con torri di Babele, di Salvatore Farruggia. 

 

 

 

 

 
Rispondi al commento:
misteropagano
misteropagano il 08/05/14 alle 12:10 via WEB
che notti ragazze e ragazzi..S.O.N.A.R® eros noumenico..E alla Popper..senza che tuttavia se ne abbia mai umana certezza;) .grazie, montagne di parole..servono a fare scala.. all'Olimpo..
 
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