Creato da ElettrikaPsike il 17/12/2012

ElettriKaMente

Dillo, bella strega...se lo sai, Adorabile strega…Dimmi, conosci l’irremissibile? (I fiori del male, C. Baudelaire)

 

 

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SE SI TOCCANO GLI IDOLI

 

 


 

 

              "Non bisogna toccare gli idoli, la doratura rimane sulle mani."

    (Gustave Flaubert) 


 



                

 

 

Si è detto, ed è stato scritto, che il romanzo di Nabokov chiamato Lolita, intitolato con un vezzeggiativo di nome proprio femminile, fosse un romanzo della memoria, un romanzo oltraggioso, una storia in prossimità di pedofilia, un processo patologico, o ancora, una storia d’amore umano, il racconto di un carnefice e una piccola vittima ma anche di una carnefice e di un uomo fragile.

Si è poi indagato il contenuto e si è parlato di morale (più che di etica), e poi di etica (avendo superato la morale), e poi ancora, e tanto, di estetica. L’estetica di quella relazione, il sentire dei protagonisti e l’essenza del fascino della bambina-non bambina che è la proprietaria del titolo del libro.

Ma molto si è indagato sull'aspetto delle persone dentro i personaggi e meno si è compreso, e forse parzialmente accantonato per poco interesse, quanto l’autore fa dichiarare esplicitamente al suo protagonista maschile. 

Dolores, ridefinita in Lolita, non è una ragazzina, bambina, donna, femmina, fantasma o creatura soprannaturale di cui il protagonista s’invaghisce, appassiona, affeziona, innamora o per cui impazzisce. Lolita non è

Non era lei, dice la voce narrante del protagonista, uomo di un ventennio almeno più vecchio della protagonista, ma una creatura mia, di fantasia, forse ancor più reale di Lolita, come se lei fosse un' immagine fotografica che fluttua su uno schermo. Sapevo di essermi innamorato di Lolita per sempre - confessa - ma sapevo anche che lei non sarebbe stata per sempre Lolita. 

Innanzitutto, quindi, la Lo pensata e guardata dall'uomo desiderante non è Dolores, la ragazzina con un’identità sociale e anagrafica come non è, allo stesso tempo, neppure totalmente la Lolita fanciulla non umana, impossessata dallo spirito demoniaco delle mitologiche ninfette. 

Lei è la prestanome, un simulacro, il golem della ninfetta.

Un golem incapace d’esistere in sé, incapace di parlare e sentire qualsivoglia emozione perché semplicemente un manufatto, animato dall'anima del suo creatore. Così, Lolita, golem della ninfa,  per il personaggio da lei insanamente attratto, non è esistente in quanto persona. E sia essa giovane, molto giovane, o di qualsiasi età, Lolita continua a non essere

O meglio, è il protagonista invasato dal suo “profumo” a non vederla, ed è per lui che la sua esistenza non ha un sentire. 

La sola ragione d’esistere della giovanissima Lolita è quella d’essere l’urna, il  contenitore carnale dalle amabili fattezze che richiama l’eco della ninfa. Anzi, agli occhi dell'anagraficamente adulto protagonista maschile, Lolita è solamente quell' eco. 

 Lui la segue per entrare nello spazio della mitologia, nel regno delle ninfe, per accedere alla polla d'acqua di una giovinezza intatta, perfetta, eterna. 

Così, il termine ninfa, usato da Nabokov nel suo vezzeggiativo, esattamente come fa con il nome di Dolores, diventato poi in una metamorfosi non solo linguistica Lolita, viene rievocato per richiamare la possessione che le ninfe attuano nel loro paradossale rapporto erotico con gli esseri umani; un paradosso, cioè, secondo il quale chiunque le possegga ne sarà al contempo ineluttabilmente posseduto.

Questa dea pagana in esilio, quindi, come viene definita da Aby Moritz Warburg, è quel qualcuno che fa la sua comparsa da un tempo molto lontano dal nostro per portarci nell' altrove. Ed è per questo che  il protagonista del libro non vede, e non vedrà mai, nella giovanissima Dolores, un essere essenzialmente umano; ma solo e soltanto una creatura di origine perfettamente “demoniaca”. 

Così, diventa troppo semplice e fuorviante archiviare la ninfetta lolitiana con una definizione da dizionario. 

Lolita non è una “ragazzina sessualmente precoce che assume atteggiamenti provocanti”, anche perché, come fa specificare Nabokov al protagonista del suo libro, il sesso c’entra ben poco in questa fascinazione: il tema del cosiddetto "sesso" non mi interessa affatto - gli fa dire Nabokov - Chiunque può immaginare quegli elementi di pura animalità. Ciò che mi alletta è un'ambizione superiore: fissare una volta per tutte il periglioso sortilegio delle ninfette

Un sortilegio che non si esime dal descrivere, spiegando accuratamente come queste “creature” ammalianti non partecipino in alcunché all'immediatamente rilevabile fascino di una natura umana, ma siano invece di tutt’altra specie. Sintetizzando il concetto, spiega egli stesso come possa accadere talvolta che queste ninfe si mostrino agli occhi umani, che talune fanciulle rivelino a certi ammaliati viaggiatori la propria vera natura, che non è umana, ma di ninfa (e cioè demoniaca)

Ma quello che lo rende pazzo per la ninfa rievocata dal golem Lolita non è amore. Lolita come essere umano non le interessa. Semplicemente non c’è. 

C’è il corpo-simulacro, ma è solo una figura antropomorfa di materia carnale. E di questo contenitore di carne riempito dall’essenza ninfea di “giovinezza”, “vita” e “altrove” non saprà che farsene quando avrà superato i confini dell'età fanciullesca.

Non si dà nessuna pena pensando che in quel momento se ne dovrà sbarazzare, liberandosi di quel che gli sarebbe restato di lei, un’adolescente difficile il cui magico ninfaggio era svaporato.

Avrebbe cessato di essere una ninfetta e si sarebbe trasformata in una ragazza (…) bara di grossolana carne femminile nella quale vengono sepolte vive le mie ninfette.

Non si dà nessuna pena, questo protagonista invasato del fascino mitologico, a tenerla reclusa o ad intimarle minacce nel caso si fosse allontanata da lui. Non si dà pena per il suo dolore, la sua solitudine, la sua ignoranza di se stessa: come essere umano e come essere umano poco più che bambino. Non se ne dà pena perché non la ravvisa in altro modo se non come linfa vitale di cui nutrirsi. 

Lolita, così impossessata dalla tagliente e iperborea essenza ninfica, infatti, più che il fascino della fanciullezza è il fascino del demone dell’egoismo. 

Spietatamente nuda e diabolica come lo è la natura delle ninfe, Lolita è un’evocazione e pari a quella delle sirene, diabolicamente fragile, sensualmente evanescente. E da vera ninfa, Lolita si concede solo superficialmente, nell'equilibrio di una danza bambina di grazia leggerissima e d’innocenza prosaica.

Così, svagata, impunita e di una carnalità ludica e annoiata, consapevolmente inconsapevole del suo ascendente, in quel miscuglio d'infantilità tenera e sognante e di una sorta di raccapricciante volgarità, la sirena, ninfa infanta Lolita, evoca agli occhi del suo marinaio impossessato,  un fascino obliquo ed altamente erotico. Tanto più erotico perché non esaudibile.  

Neppure dopo l'apparente soddisfacimento sessuale e carnale, infatti, la sua fascinazione può dare pace. Perché non è per il suo corpo tangibile che il suo esile profilo di degustazioni acerbe e distrazioni infantili seduce; ma per tutto quell’ altrove di vita che le sue fattezze e la gestualità svelta e casuale suggeriscono.

Il protagonista non desidera la ninfetta, la invidia. 

Vorrebbe per lui la sua giovinezza, la sua vita. Quello che veramente desidera è uno spietato partecipare della sua immortalità.

Ed è veramente solo alla fine, quando la ninfa definitivamente se ne sarà andata dalla giovane Dolores, che, d’un tratto, il suo corpo-fantoccio si anima diventando “persona”. Ed ascoltando la melodia dei bambini che giocavano, il suo amante-carceriereaspirante ad un'immortalità faustiana, si renderà realmente conto di averle negato prima di ogni altra cosa, un'identità umana, la cosa disperatamente straziante non era l'assenza di Lolita dal mio fianco, ma l'assenza della sua voce da quel concerto di suoni

E quando rivedrà Lolita, ormai non più Lolita, dopo pochi ma incommensurabili anni, ormai non più ninfa e quindi ai suoi occhi di navigante perso nel regno dell'irremissibile, ormai logora, probabilmente per la prima volta, sente di essere in condizioni di poter amare, ed amare proprio lei, una persona irrimediabilmente logora, a diciassette anni, con quel bambino che già sognava, dentro di lei (…) la guardai, la guardai, e seppi con chiarezza, come so di dover morire, che l'amavo più di qualunque cosa avessi mai visto o immaginato sulla terra, più di qualunque cosa avessi sperato in un altro mondo. Di lei restava soltanto il fievole odor di viole, l'eco di foglia morta della ninfetta (…) ma grazie a Dio io non veneravo soltanto quell'eco (…) il vizio sterile ed egoista, quello lo cancellai e lo maledissi (…) 

A quel punto solamente, spiega al mondo e a se stesso che ama Lolita. 

Non la ninfa, non il suo simulacro; ma lei, e chiunque ella potesse essere stata per tutto il tempo in cui lui non l'aveva vista.

 Lolita, quella Lolita, pallida e contaminata, gravida del figlio di un altro, ma sempre con gli occhi grigi, sempre con le sopracciglia fuligginose, sempre castano e mandorla, sempre mia

E, ad un tratto, probabilmente  non gli sarebbe più importato se i suoi occhi si fossero sbiaditi, i seni screpolati, e se tutta lei nel suo meravigliosamente giovane incanto si fosse corrotta e lacerata. E forse, per primo, è lui a stupirsi e credersi sincero quando dice che anche così sarebbe impazzito per lei. Ma questa volta diversamente, e di tenerezza, alla sola vista del caro viso esangue, al solo suono della giovane voce rauca

Perché quel che non si perdona agli dei e agli archetipi, volentieri si perdona agli uomini, rendendoli autenticamente amabili.

 

 

                                                                                   

 

 

 

 

 

 Le immagini del post sono opere digitali di Catrin Welz-Stein;

Cupido, particolare, William-Adolphe Bouguerea

 

 

 

 

 

 

 

NOTA AGGIUNTIVA (NON DELL'AUTORE)

Riporto interamente il commento al post inserito da cineciclista:

I veri scrittori non sbattono mai i nomi dei personaggi a casaccio. Nabkov lo dimostra magistralmente. Da Dolores si va a Dolly, bambola, a Lolly, lecca-lecca, Lo, Lolita: tutta una serie di equivoche lallazioni non infantili ma senili.
Passiamo al cognome della ninfetta: Haze. Lolita si chiama anagraficamente Dolores Haze. Questo Haze è un termine inglese in sé altamente polisemantico ed equivoco. Oltre a basarsi sulla radice haz di hazard, produce una serie impressionante di variazioni terminologiche contigue. Le elenco. Nebbia, annebbiare, caligine, confusione, foschia, vapore, velatura, stuzzicare, tormentare. Per Humbert Humbert Lolita è di volta in volta e anche simultaneamente, indistricabilmente tutto questo.

Haze, però, è anche qualcos'altro di molto sorprendente. È una delle più pure qualità di cannabis mai prodotte nel mondo. Che Lolita fosse per il suo ossessionato patrigno una vera e propria droga o canna continua, su questo non sembra pioverci. La cosa davvero ad effetto esilarante è che questa cannabis fu selezionata in California dagli Haze Bross, ossia dai Fratelli Haze... e qui altro che nomen omen!

Al tempo della stesura di Lolita quasi certamente Nabkov non poteva sapere di questa cannabis, anche perché cominciò a circolare, come consumo di massa, solo una decina di anni dopo. Ma proprio in questo sta la forza profetica di un nome azzeccato in letteratura. Come Lolita è diventato, anche grazie al film di Kubrik, un concetto, un termine diffuso nel liguaggio comune di massa, che Nabkov abbia poi addirittura anticipato il vero senso, a lui stesso nascosto, del cognome di Dolores non deve per niente stupire, anzi!

Altro nome: Quilty. È il regista che soffia Lolita a Humbert e cerca di convincerla a girare film porno. L'assonaza con guilty, “colpevole” appare fin troppo evidente. Che il professore alla fine lo giustiziasse era quindi già iscritto nel suo nome fin dalla sua prima apparizione nel romanzo.

Annabel Leigh, la prima ninfetta di cui si innmora Humbert da giovane, è una più che esplicita citazione della Annabel Lee dell'ultima poesia composta da Edgar Allan Poe.

(cineclista, http://blog.libero.it/CycloCine/view.php?nocache=1405273472)


 

Grazie!


 

 

 

 
Rispondi al commento:
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 13/07/14 alle 19:33 via WEB
In ritardo, come sempre, sulle risposte, verrò a vedere la tua ideazione, Soli ;-)
 
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