ElettriKaMente
Dillo, bella strega...se lo sai, Adorabile strega…Dimmi, conosci l’irremissibile? (I fiori del male, C. Baudelaire)
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Tutti i passanti sono gentilmente invitati a lasciare fuori da questo blog:
incontinenze di ogni genere e tipo,
pratiche onanistiche finalizzate alla pubblicazione
e manie persecutorie-vittimistiche,
grazie.
Anche se il blog é moderato, ogni intervento pervenuto viene pubblicato.
Qualora il vostro non risulti, invece, visibile tra gli altri è semplicemente perché, presentando tracce delle sopracitate (incontinenze, pratiche onanistiche o manie persecutorie-vittimistiche)
vergognandosi di se stesso e di chi l'ha messo al mondo, si è autoeliminato.
Capisco che il nome del blog potrebbe trarre in inganno, ma qui non troverete il supporto psichiatrico che andate cercando.
Cordialmente,
Elettrikamente,
EleP.
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I sorrisi più autentici sono quelli che illuminano i nostri volti
quando nessuno ci guarda.
(Minhal Mehdi)
Una volta si diceva che ridere eccessivamente e a sproposito fosse, nella “migliore” delle ipotesi segno evidente di sguaiatezza, mentre nella peggiore un segnale piuttosto inequivocabile d’imbecillità e accertata demenza.
Ma anche al di là del proverbio popolare che, con il suo risus abundat in ore stultorum, sanciva inequivocabilmente il concetto, e al di là del fatto che la chiave di lettura di una risata inappropriata stia appunto nell’essere “a sproposito”, sicuramente una larga e insistente espressione ridanciana, proprio al pari di un’incalzante mitragliata di facezie, alla lunga stanca tutti e, almeno per quanto mi riguarda, stanca anche a breve.
E c’è pure di più. Stanca quando non trasmette anche una sorta d’inquietante e inaspettata agitazione.
E’ vero anche che, inevitabilmente, in risposta ai sostenitori della teoria che la sovrabbondanza di risate sia prerogativa delle bocche stolte, altre fazioni contrattaccano chiamando in causa tutti quei litri di buon sangue che il riso – ma qui se la contende con il vino – produrrebbe. Però, forse, per far buon sangue è meglio distinguere risate sane da frustrazioni e tristezze mistificate o lasciarlo perdere e dedicarsi solo al vino (parola di quasi astemia).
Ed anche se, insieme all’acqua calda e al fatto che sono scomparse le stagioni intermedie, la psicologia e la medicina da web hanno sentenziato che bisogna ridere il più possibile – di tutto e tutti, con tutto e tutti – meglio se sfrenatamente, convulsamente e senza soluzione, per riuscire a stare meglio ed uscire dallo stress, (aggiungendo anche che, seppure non c’è un motivo per farlo, è raccomandabile farlo ugualmente perché il motivo seguirà) io mi trovo molto distante dal considerare sane le forzature.
E sono convinta che questo antistress sia uno fra i più stressanti.
Una frase molto popolare da cui prendo considerevoli distanze è anche quell’invito a sorridere pur se di un sorriso triste, perché -la citazione sostiene- non esiste tristezza più grande del non saper sorridere.
Ecco, evidentemente chi l’ha detto, e non voglio proprio risalire alla fonte, non conosce affatto il carico d’angoscia che bussa dietro ad un sorriso composto di tristezza…perché altro non è se non una preannunciata cronaca di un’esplosione di buio accecante.
Però, sia chiaro, la mia avversione non deriva solo dal fatto che questi inviti ad oltranza al sorriso mi suonano stucchevoli e opprimenti quasi quanto il politicamente corretto, nonché evidentemente per me controproducenti. C’è anche una matrice logica a muovere le mie idiosincrasie.
Distinguiamo le risate una volta per tutte:
Una cosa sono quelle che rispondono al nostro cuore illuminato, quando s’incendia ed esplode di lucciole; ma decisamente un'altra sono le corse artificiose verso l’appropriazione di una frenesia di suoni che, per la loro totale assenza di pertinenza, possono ricordare vagamenente alcuni sintomi epilettici.
Queste corse alla risata senza fine non rientrano in nessuna aura di ben accetta ilarità e sembrano piuttosto nascondere tutt’altro buio. Quello che comunicano – o rischiano di regalare – è, infatti, piuttosto lontano dalla gaiezza luminosa che professano ed è pericolosamente molto vicino ad un nervosismo ansioso e capace d’innescare – una risata (e/o, talvolta, battuta) dopo l’altra - un climax di claustrofobica apnea.
Ed il risultato è davvero ben lontano da qualsiasi “suono di uno scontro fra stelle” che, invece, l’essenza della risata più autentica riesce a farci ascoltare.
Quindi, non sarebbe poi un gran male ricordarci - e magari ricordarcelo anche prima di farci sommergere da una convulsione di suoni nevrotici che costringono a felicità comandate - che quel magnifico “imprevisto capace di far volare via gli strati di tedio depositati dai giorni”, è sì, la grazia di un sorriso…ma pur sempre di un sorriso intelligente!
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