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Creato da elliy.writer il 25/09/2008
INFINITE DIVERSITA' IN INFINITE COMBINAZIONI...
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PER DIRLO CON UN FIORE
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Poesia
Cadde tanto in basso
nella mia considerazione
che lo udii battere in terra
e andare in pezzi sulle pietre
in fondo alla mia mente.
Ma rimproverai la sorte che lo abbatté
meno di quanto denunciai me stessa,
per aver tenuto oggetti placcati
sulla mensola degli argenti.
(Emily Dickinson)
Amore e guerra
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TANGO
un racconto di
Sabin Ferraris
*
Questa volta non era come le altre.
Le parole erano volate grosse. All'inizio strozzate in gola, per far sì che non giungessero a orecchie indiscrete, ma ben presto si era andati oltre: ingiurie, urla e oggetti fracassati.
Lui le aveva afferrato i polsi con una mano e, tenendoli ben stretti, le aveva mollato uno schiaffone.
Lei aveva ricambiato la cortesia con un morso deciso e nervoso al braccio di lui, che ancora la tratteneva, e lui, rabbioso, l’aveva spinta via.
No, questa volta non era come le altre: non era mai accaduto in camerino, con tanta violenza, prima di un’esibizione.
La sala moscovita era stracolma: c’era il pubblico delle grandi occasioni.
I nomi di lui e di lei campeggiavano sui manifesti che avevano tappezzato la città già da alcune settimane e la gente, più che per ascoltare l'orchestra, era lì per loro, gli ospiti d'onore della serata: i due famosi ballerini, indiscussi campioni mondiali di tango.
La campanella suonò: tre minuti e sarebbero entrati in scena.
Tre minuti, solo tre minuti e l'orchestra avrebbe attaccato quel pezzo strappacuore che li avrebbe visti protagonisti sul palco.
Tre minuti per scambiarsi le più turpi offese e lanciarsi un ultimo sguardo di odio e disprezzo, prima di ricomporsi, aprire la porta del camerino e salire sul palco.
Le prime note, subito riconosciute dal pubblico, fecero esplodere la sala in un’ovazione.
Lui fece il suo ingresso da un lato del palco, lei dall'altro. Con calma, come da copione.
Due sedie vuote davanti all’orchestra.
Lui si tolse lentamente la giacca e la poggiò su un’asta. Si mise a sedere.
Lei, entrando dall'altro lato del palco, con altrettanta flemma, fece lo stesso e, come da copione, si sedette al suo fianco.
Accavallò le gambe in modo lento e studiato, mentre la mano di lui, come da copione, le toccava una spalla.
Prima lei e poi lui, si alzarono e furono al centro della scena.
Il copione voleva che sulle prime si ignorassero, e quella sera lo avrebbero fatto ben volentieri, ma...
Lui le fu vicino, le cinse le spalle e dopo, come da copione, le bendò gli occhi con un sottile velo nero. Le prese le mani: all'unisono i loro piedi e i loro corpi cominciarono a seguire quella musica struggente e sensuale che li accompagnava in un crescendo, che avvicinava i loro corpi sempre di più, avvolgendoli in un alone denso di passione, erotismo, voluttà.
Non sbagliarono un passo. Un’esibizione perfetta: come sempre.
La musica rallentò e si affievolì pian piano. Ora erano uno di fronte all'altra.
Con un gesto secco, lui le tolse velocemente la benda, come da copione.
I loro visi erano vicinissimi: si sfioravano, si toccavano. Gli sguardi, inequivocabili e diretti: uno negli occhi dell'altra.
Attimi lunghissimi. Poi si staccarono e, girandosi con studiata e meticolosa lentezza, si allontanarono dal centro del palco, per uscire da lati opposti, non senza prima voltarsi per scambiare ancora un'occhiata.
L'orchestra suonò le ultime note e la sala scoppiò in un fragoroso applauso.
Da lati diversi, entrambi presero la via del camerino. Vi giunsero insieme, con lo sguardo abbassato.
La porta si aprì e subito si richiuse dietro di loro. Lei vi appoggiò le spalle, lui si fermò un attimo davanti allo specchio. Poi, la chiave girò due volte nella serratura.
Questa volta no, non sarebbe stata come le altre.
Solo pagine bianche, da lì in avanti, sul copione.
Nessuno rispose quando un ragazzo bussò per consegnare dei fiori.
Più tardi qualcuno si sarebbe accorto di quel rivolo di sangue che scivolava fuori, da sotto la porta.
Un rivolo di sangue, seguito da un altro, che si abbracciava al primo.
*
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Non affidarti alla mia immaginazione
non ti fidare, io non ti conservo,
non ti metto da parte per l'inverno,
io ti apro e ti mangio in un boccone.
Patrizia Cavalli
Credo che sia stato il sorriso
Fu il sorriso che aprì la porta
Era un sorriso molto luminoso
invitava ad entrarci, a togliersi i vestiti
infilarsi dentro quel sorriso.
...
E. de Andrade
Con un fiore - Con una lettera
Con un agile amore -
Se fisso il Chiodo più saldo -
Definitivamente saldo - lassù -
Non importa la mia Incudine ansimante!
Non importa il Riposo!
Non importano i volti fuligginosi
Che si sbracciano alla Fucina!
L'acqua, è insegnata dalla sete.
La terra - dagli oceani traversati.
Il trasporto - dallo spasimo -
La pace - dai suoi racconti di battaglie -
L'amore, dalla memoria di un ritratto -
Gli uccelli, dalla neve.
(E. Dickinson)
Non respingere i sogni perché sono sogni.
Tutti i sogni possono
essere realtà, se il sogno non finisce.
La realtà è un sogno. Se sogniamo
che la pietra è pietra, questo è la pietra.
Ciò che scorre nei fiumi non è acqua,
è un sognare, l'acqua, cristallina.
La realtà traveste
il sogno, e dice:
"Io sono il sole, i cieli, l'amore".
Ma mai si dilegua, mai passa,
se fingiamo di credere che è più che un sogno.
E viviamo sognandola. Sognare
è il mezzo che l'anima ha
perché non le fugga mai
ciò che fuggirebbe se smettessimo
di sognare che è realtà ciò che non esiste.
Muore solo
un amore che ha smesso di essere sognato
fatto materia e che si cerca sulla terra.
Pedro Salinas
Inviato da: emilytorn82
il 23/12/2016 alle 13:01
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