Qualcuno diceva
qualcosa sulle ombre che coprivano il campo, su
come le cose passano, come ci si addormenta verso il mattino
e il mattino se ne va.
Qualcuno diceva
di come il vento si spegne ma poi torna,
di come le conchiglie sono le bare del vento
ma le intemperie continuano.
Era una lunga serata
e qualcuno diceva qualcosa sulla luna che cosparge di bianco
i campi gelidi, e che non c'era niente da aspettarsi
se non sempre le stesse cose.
Non so chi parlò
di una città in cui era stata prima della guerra, una stanza e due candele
al muro, qualcuno che ballava, qualcuno che guardava.
Cominciammo a credere
che la sera non sarebbe mai terminata.
Qualcuno diceva che la musica era finita e non se n'era accorto nessuno.
Poi qualcuno disse qualcosa sui pianeti, sulle stelle,
di quant'erano minuscoli, quant'erano lontani.
(Mark Strand - Dalla lunga festa triste)
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sabinferraris il 19/02/13 alle 11:57 via WEB
Non vado così lontano con lo sguardo, tanto da osservare pianeti e stelle.
Rimango qui sulla terra, come più mi si confà.
Non allego questo mio piccolo vecchio scritto per farmi bello,
ma solo perché forse e in qualche modo vi ho trovato
un parallelismo rispetto alla tua poesia. Un abbraccio a voi tutti.
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Ieri...domani
Entrò in casa chiudendo l'uscio senza cura. Si accasciò sulla prima sedia che vide in cucina.
Poggiò un gomito sul tavolo e con la mano si coprì la fronte. Non disse una parola. Era stanco.
Il suo sguardo incrociò altri due occhi stanchi: quelli di lei. Lo fissavano senza espressione, senza
desiderio. Come se a nessuno dei due importasse la presenza dell'altro, tanto era priva di ogni
sorpresa.
Vita d'ogni giorno, che scorreva lenta come un fiume prossimo alla foce, senza turbolenze, verso il
mare della vecchiaia.
Era pronto in tavola; anche quella sera avrebbero cenato quasi senza appetito, per abitudine.
Poche parole avrebbero rotto il silenzio e sarebbero state le solite, quasi fosse inutile pronunciarle.
Si udì un vocio su per le scale: allegro, squillante. Una voce di donna, giovanile, intonò una
canzone; la seguì un controcanto maschile, festante, incurante di qualche nota stonata. Una risata
argentina, poi la chiave girò nella toppa della toppa d'ingresso sullo stesso pianerottolo.
Erano rientrati i due studenti cui era stata affittato l'appartamento qualche mese prima.
Le voci brillanti furono sopraffatte dalle note di una canzone a cui entrambi fecero coro.
Di là, nella cucina della casa affianco, i piatti erano ormai freddi e svogliatamente si consumava
una cena, insieme a due vite.
I muri sottili erano impietosi e, terminata la musica, indecifrabili ma inequivocabili paroline,
sospiri e mugolii attraversarono le pareti. Di là facevano l'amore.
Lui, di qua, si alzò con lentezza dalla sedia, a bassa voce disse “sparecchi tu ?” e sparì nel buio di
una stanza.
:)
(Rispondi)
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