Creato da elliy.writer il 25/09/2008
INFINITE DIVERSITA' IN INFINITE COMBINAZIONI...

PER DIRLO CON UN FIORE

mughetti

 

Secondo il linguaggio dei fiori, il mughetto è simbolo della felicità ritrovata, della serenità dopo i travagli. Questo perché, secondo leggenda, il fiore sarebbe nato dal sangue di San Leonardo, ferito ma vittorioso contro il demonio. Regalo azzeccato per festeggiare guarigioni, riconciliazioni, nuovi incontri con vecchi amici, amori ritrovati.
 

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Poesia

.

Cadde tanto in basso
nella mia considerazione
che lo udii battere in terra
e andare in pezzi sulle pietre
in fondo alla mia mente.

Ma rimproverai la sorte che lo 
abbatté
meno di quanto denunciai me stessa,
per aver tenuto oggetti placcati
sulla mensola degli argenti.

(Emily Dickinson)

 

Amore e guerra

 

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LA BEFANA NON ESISTE

Post n°503 pubblicato il 05 Gennaio 2013 da elliy.writer

La Befana non esiste. Il piccolo Edo lo aveva scoperto già da tempo, ma per un po’ aveva fatto finta di crederci ancora, così, per non scontentare la zia Elliy più che altro, che ogni volta, poveretta, si ingegnava per fargli trovare qualcosa di buono e colorato appeso da qualche parte. Quella volta, però, non aveva alcuna voglia di fare scenette, di rimanere col naso all’insù a guardare le stelle, di svegliarsi al mattino chiedendosi se avrebbe trovato un calzettone pieno di dolci e sorpresine di là, in cucina, sotto la cappa dell’aspiratore, legato col solito fiocchetto rosso, per poi esclamare con finto stupore: “ohhhhh!!!...” e fare una scorpacciata di pupazzetti di cioccolato, mandorle, noci, mandarini… e magari trovarci dentro anche un giochino.
Basta, ormai era grande e i grandi non credono alle favole.
Anche la zia Elliy, dopo tutto, diceva di non crederci più. E’ vero, si ostinava a leggere certi libri e guardare certi film e poi magari ci frignava pure su, ma quando la sentiva parlare al telefono, la sentiva raccontare di cose strane e poi era agitata e pensierosa e stava lì a farsi domande su domande dalle risposte impossibili e le stavano venendo persino le rughe da non-sorriso e poi girava per casa con fare assorto borbottando tra sé “spesso il male di vivere ho incontrato…” e anche nel dì di festa, mentre preparava gli spaghetti del cow boy, eccola lì a declamare “era il rivo strozzato che gorgoglia…”

Dunque, a questo punto, poteva il piccolo Edo aspettarsi ancora qualcosa dalla Befana?
Lasciò la zia Elliy davanti al pc, quella sera. Aveva già sbirciato in giro, di nascosto, ma non c’era traccia di dolci, di fiocchetti, di pacchettini segreti. E aveva guardato proprio dappertutto, eh? Dentro gli armadi, sotto il letto, nella cassapanca. Niente. Così il piccolo Edo fece spallucce e se ne andò a dormire.
- Tanto la zia casca dal sonno, tra un po’ spegnerà tutto e buonanotte – si disse.

Chiuse gli occhi stretti stretti: “Tanto la Befana non esiste”.
Poi gli parve di sentire qualcosa, forse... ? Riaprì gli occhi e guardò fuori, nel cielo nero, tra le stelle: forse... ?
La zia Elliy, di là, aveva chiuso bottega e già sembrava ronfare.
“Ormai sono grande e i grandi non credono alle favole” – ripeté tra sé il piccolo Edo, scivolando nel sonno.


Chissà cosa accadrà domattina, al risveglio...

 
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Elliy-channel news: The winner is...

Post n°502 pubblicato il 02 Gennaio 2013 da elliy.writer

Attenzione attenzione!
Post al volo al volo, che come al solito vado di corsa e sono in ritardo su tutto.
Dunque, ho controllato:
la prima estrazione del lotto del 2013 è quella del 1 gennaio, rinviata ad OGGI!
Dunque la prima estrazione utile per conoscere il vincitore dell'ambita (bum!) Elliy-pizza in palio per il gioco LEI NON SA CHI SONO IO sarà quella di STASERA!
Appena potrò respirare un attimo con tranquillità provvederemo alla proclamazione ufficiale, più tardi!
Intanto se qualcuno volesse controllare quel che accade lì dove estraggono i numeretti... tanto io farò tardi, lo sento!
A dopoooo... smack!

*** AGGIORNAMENTO POST ***

E finalmente
alle ore quasi 22.00 - ad estrazione avvenuta - possiamo proclamare vincitore del secondo premio
in palio

nel GIOCO LETTERARIO "LEI NON SA CHI SONO IO"
(vale a dire una squisitissima Elliy-pizza!)
grazie al 23... ehm no, volevo dire
grazie al primo numero estratto sulla ruota di Roma
nella prima estrazione del lotto del 2013, avvenuta stasera
e cioè

il numero

3 3

....

SABIN FERRARIS!

...

  - Ma... di nuovo?? ma nonno Sabin non aveva già vinto in una scorsa edizione? non aveva vinto gli Elliy-scatti?
 - E vabbè, i numeri sono numeri! La fortuna è dea bendata... Il secondo premio è suo!

 - Cioè il primo premio è di nonno Belf e il secondo di nonno Sabin? bene... ma organizzerete un'uscita collettiva, tutti e tre?

- Anche con rispettivi familiari, non lo so, qua sto. Decideranno loro, autonomamente, magari con un po' di preavviso...

 - Oh, beh, se dovessero aggregarsi anche nonno Grunt e nonno Groag, saprei ben io dove prenotare per la seratina...

°°°

Uhm... chissà se, con l'occasione, a nonno Belf verrà in mente di portare con sé un paio di sfogliatelle originali (non surgelate!) e a nonno Sabin una bella torta setteveli doc... chissà chissà... certo mica posso essere così sfacciata da chiedere queste delizie apertamente, ma.. chissà chissà... yummm!

Complimenti e ringraziamenti a tutti
vincitori e partecipanti
e... e anche ai naviganti !

 
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MESSAGGIO AUGURALE DI INIZIO ANNO!

Post n°501 pubblicato il 01 Gennaio 2013 da elliy.writer

L'AMORE FA

... qualcuno vuole bene ai più lontani
anche per telefono

l'amore fa guerra agli idioti
agli arroganti pericolosi

e vi dico che fa viaggiare!

illumina le strade!

fa grande le occasioni
di credere e di imparare

fa crescere i gerani e le rose

aprire i balconi

cose che fanno ridere l'amore fa

aprire bene gli occhi

l'amore fa bene alla gente

comprendere il perdono l'amore fa

***

Felice Anno a tutti noi  !

 
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BUONI PROPOSITI - BUON ANNO NUOVO

Post n°500 pubblicato il 29 Dicembre 2012 da elliy.writer

Buoni propositi. Questo è il tempo classico dei buoni propositi, sta per cominciare un nuovo anno.
Questa volta, direi purtroppo, abbiamo un’occasione in più per trasformare, da subito, i propositi in aiuto vero.

La casa di Chiara è bruciata.
Lachouette  ha perso tutto, in un attimo: la quotidianità, la serenità, il divano, il computer, il piumone, i libri, il frullatore, le tazzine per il caffè... tutte le vecchie e care comode cose che abitano una casa. Una fetta di vita.
La notizia l’ho appresa passando sul suo blog, poi – attraverso Mariapaola
 – ho trovato il link a un altro blog, quello di Magdalene, che ha dato vita a un’iniziativa: dimostrare a Chiara che non siamo soltanto nick, che in questa comunità virtuale non esistono soltanto pixel e sorrisini e faccine, ma vivono e respirano uomini e donne veri, con un corpo e una sensibilità, che possono fare qualcosa di concreto.
Magdalene ha pensato a un modo reale per aiutare Chiara, per farle sentire la nostra vicinanza:

 ecco, provate a leggere QUI (clicca, clicca).

***

 Ora, almeno dal mio punto di vista, non è che possiamo sperare di ricomprare una casa, ma di dare un segno importante si. Magari possiamo partire pensando di regalarle un divano nuovo o un computer, poi chissà. Siamo in tanti, potremmo fare tanto. E dare comunque un segno di presenza, che diventa anche un regalo per noi stessi, un gesto di fiducia nella vita, secondo me.

 - Si vabbè, ma chi la conosce ‘sta tipa? Che c’ho da spartire io con lei?

Ecco, e allora che ci stiamo a fare qui? Click e sorrisini e smack e buongiorno e buonanotte?

  E poi con tutti i problemi miei, con la crisi, le tasse, la nuova stangata in arrivo…

E possibile che non puoi rinunciare a una bottiglia di spumante, al torrone, al salmone, al cotechino, a una pizza, a una decina di cappuccini al bar? Si tratta di dare un segno di presenza. Di uscire di casa, andare al bancomat e fare un bonifico, anche di modesto importo. Ma dire, nell’unico modo concretamente possibile: io ci sono, sono con te.
 - E ci hai pensato che potrebbe essere tutta una bufala? Quelli si sono messi d'accordo per fregarci i soldi, lo sai che girano un sacco di cialtroni da queste parti, no?

No, non ci posso nemmeno pensare.

 Sei un'ingenua.

Non mi interessa. Mi è già capitato altre volte, di essere ingenua e prendere cantonate, anche di recente, nella vita cosiddetta reale, ma quello che conta sono le intenzioni che ci muovono, quello che conta è lo spirito con cui facciamo un’azione. Io opero convinta della buona fede altrui, il resto non mi interessa. La contropartita è alta: se penso di poter regalare un sorriso a qualcuno, io sono contenta. Se oltre al sorriso si riesce a fare anche di più, sono ancora più contenta.

 Fai discorsi da sognatrice.

 No.

        Per non dire di peggio.

Non dirlo.

      Io penso che…

***

Io penso che tutti noi abbiamo bisogno di guardare al futuro con fiducia e possiamo cominciare regalando un po' di fiducia nel futuro a chi in questo momento ne ha un grande bisogno. Dobbiamo provare a dire: ok, ci può essere, c'è al mondo qualcosa di vero e di buono.

Un nuovo anno sta per cominciare
forse i buoni propositi non bastano più...
forse il bello che può accadere dipende in parte anche da noi,
da ciascuno di noi

Sereno 2013 a tutti noi

 

 
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LEI NON SA CHI SONO IO - Gioco letterario - IL VINCITORE

Post n°499 pubblicato il 28 Dicembre 2012 da elliy.writer

LEI NON SA CHI SONO IO...   

 

E il vincitore del gioco chi sarà?
Ebbene, a conti fatti... ta-dah!

THE WINNER IS...

 

BELF!  

con la sua lettera a Silvia, datata giugno 1965.

 

Complimenti al nostro caro Belf, che ha saputo emozionarci con le sue parole, con la sua storia.
Dunque il Belfone vince il primo premio, consistente nei cinque scatti (fotografici) a cura della Elliy!

Ora, caro Belf, non provarti ad accampare scuse: Napoli-Roma è una passeggiata, una di quelle che si può fare anche con famiglia al seguito! E oltretutto il premio non ha scadenza.

E il secondo premio?


Ehm... quello dovrebbe spettare al racconto secondo classificato, che in questo caso è quello del Direttore Generale, ma... ma poiché il Direttore Generale è creaturina della sottoscritta Elliy e la sottoscritta non ha alcuna intenzione di mangiare la pizza in perfetta solitudine, ecco che la suddetta pizza – colpo di scena, olè! – viene rimessa in gioco!
Come?

Con un sistema stile-riffa già sperimentato: utilizzando le estrazioni del lotto!

 - Da questa sezione del gioco vengono eliminati Prontalfredo e Caluinet, che non hanno votato, nonostante il mio esplicito invito inviato attraverso la messaggeria!  Ecco, magari questo è il premio a loro più gradito, evitare la benchè minima possibilità di pizza... sgrunt! -

Vincerà dunque la Elliy-pizza il possessore del primo numero estratto sulla ruota di Roma nella prima estrazione del 2013 (e così cominciamo l’anno con un pensierino positivo), cioè quella del... (mi informo e ve lo dico, ora non so esattamente quando sarà)

Ecco l’elenco dei racconti con l’abbinamento ai rispettivi autori e numeri del lotto assegnati:

 

PRIMO racconto – PRONTALFREDO (escluso perché non ha votato)

SECONDO racconto – ELLIY (esclusa perché non vuole mangiare la pizza da sola)

TERZO racconto – CALUINET (escluso perché non ha votato)

QUARTO racconto – SOCRATE 52numeri  dal 1 al 13

QUINTO racconto – SOTTOILSETTEnumeri dal 14 al 26

SESTO racconto – SABIN FERRARISnumeri dal 27 al 39

SETTIMO racconto – BELF (escluso perché ha vinto il primo premio!)

OTTAVO racconto – SILLYLAMBnumeri dal 40 al 52

NONO racconto – CANTASTORIEnumeri dal 53 al 65

DECIMO racconto – MESSAGGERIA NORMALEnumeri dal 66 al 78

UNDICESIMO racconto – MIRRORMEnumeri dal 79 al 90 (qui purtroppo ci sono dodici possibilità anziché tredici, ma i numeri finiscono a 90... sorry!)

 

E ora... non ci resta che attendere!

Grazie di cuore a tutti voi per aver partecipato, siete Grandi!

 
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Tema: il mio Natale

Post n°498 pubblicato il 26 Dicembre 2012 da elliy.writer

Il mio Natale non è stato un Natale come quello che si vede scorrere nelle immagini della pubblicità in tv. Niente festa di luci, niente bimbi felici sotto l'albero, niente tavola sontuosamente imbandita.
Il mio Natale quest'anno è trascorso in ospedale, per stare vicino a una persona cara. Non tutto il tempo, perchè più di tanto non ti fanno stare, i permessi extra vanno conquistati a fatica e devi pure sentirti chiedere: vuole restare più a lungo? e perchè?
Come "perchè"? C'è bisogno di spiegarlo?
Ma tant'è.
E lì, in ospedale, ti capita di incrociare altre storie, infinite storie di vita, di malattie e solitudini che non puoi dimenticare. Senza poter - o saper - fare.
E il cenone? Beh, si è risolto in un bel piatto di riso in bianco arricchito per l'occasione con un po' di tonno al naturale, perchè oltretutto non mi sento neanche tanto in forma, ma come è ben noto durante il periodo natalizio tutto deve andar bene per forza, perchè il medico di base è in ferie, lo specialista mi ha risposto ci sentiamo ai primi dell'anno che sto andando in vacanza...  Comunque, il seguito è stato un sonnellino sul divano davanti alla  tv accesa su un classico film natalizio, Angeli con le pistole credo fosse il titolo, in attesa della messa di mezzanotte.
La chiesa era piena. C'erano molti gruppi di persone, intere famiglie, qualche coppia. I bambini della parrocchia hanno organizzato persino un piccolo presepe vivente, con tanto di angioletti e bambinello in carne ed ossa. Teneri e commoventi.
Rientrando a casa, il mio sguardo si è posato su un vecchio che camminava davanti a me. Da solo. Era andato in chiesa da solo. Da solo tornava.
E non era l'unico.
Basta guardarsi intorno, basta volerlo fare, voler vedere. Solo che poi sarebbe bello, ancora, riuscire a "fare".

Che voglio dire con questo post? Che ringrazio di aver avuto questo Natale. Che tutto è comunque sempre un dono, anche se talvolta difficile da capire e da accettare.
Che dovremmo essere più attenti alle persone che abbiamo accanto, a quelle che incontriamo, che sfioriamo nel nostro andare.
E che vorrei saper fare di più e che sono un po' stanca, probabilmente confusa come quel che ho scritto. Ora vado a dormire.

 
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BUON NATALE!

Post n°497 pubblicato il 23 Dicembre 2012 da elliy.writer

"Che il Natale ci trovi tutti santi e benedetti, cari miei.

E che poi tutto sia come vuole essere

per il bene di tutti."

(Fedor Dostoevskij)

 

Buon Natale a tutti voi

Mi piacerebbe passare in tutti i blog per salutare personalmente, ma non credo riuscirò a farlo, il mio tempo libero in questi giorni è molto limitato, spero vorrete scusarmi. Naturalmente tenterò, ma sono abbastanza in affanno per varie cose. Però vi penso e vi auguro di trascorrere giorni sereni, accanto alle persone che amate.

*

Per quanto riguarda il gioco, poichè mancano ancora tre voti, direi di aspettare un po', proroghiamo il termine al 27 dicembre.

 

 
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LEI NON SA CHI SONO IO - Gioco letterario - SI VOTA!

Post n°496 pubblicato il 22 Dicembre 2012 da elliy.writer

Fase finale del gioco: si vota!
Questa volta il Comitato Organizzatore decide - insindacabilmente, con un decretino al volo al volo - di accorciare i tempi e andare oltre. Non ci sono più racconti da pubblicare e un eventuale affezionato dell'ultimo secondo... beh, il tempo c'è stato, pazienza. Rien ne va plus!

LA VOTAZIONE

Si vota esprimendo la propria preferenza - qui, come commento a questo post, per UNO degli undici racconti in gioco, aggiungendo una breve motivazione, che è sempre la parte più interessante.
Può votare soltanto chi ha partecipato inviando un proprio testo.
Considerando che uno dei racconti è della Elliy e che la Elliy non voterà perchè a conoscenza delle identità degli autori, la votazione sarà conclusa quando tutti e dieci i voti saranno pervenuti, al massimo entro domani, domenica 23.

E dunque... via!

Chi volesse sbilanciarsi potrebbe provare a indovinare l'abbinamento autori-racconti...

 

ps. - termine prorogato al 27.12!

 
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UNDICESIMO RACCONTO - Gioco letterario "LEI NON SA CHI SONO IO"

Post n°495 pubblicato il 20 Dicembre 2012 da elliy.writer

La Corsetta

 (autore anonimo fino alla fine del gioco)

“Come al solito sono in ritardo. E devo fare ancora doccia e barba.
Ultimamente lo sono tutti i giorni.”
Avevo deciso di dedicare un po’ più di tempo a me; “Questa vita ci consuma” mi ripetevo continuamente.
Così tutte le mattine mi ero imposto di andare a fare una corsetta intorno al parco, prima di recarmi in ufficio, senza che nulla avesse potuto impedirmelo.
Pioggia, vento, freddo. Nulla!
Oltre che cercare di recuperare la forma fisica ahimè perduta, mi piaceva sfidare le difficoltà. Mi piaceva sentire il freddo che mi tagliava la faccia e lo scricchiolare del ghiaccio sotto le scarpe e soprattutto vederlo sciogliersi al mio passaggio.
Dovevo vincere il freddo che ti fa accartocciare cancellando ogni forza di reagire.
“Se vinco il freddo fuori” mi dicevo “lo posso vincere anche dentro”.
Infatti per me era sempre una vittoria quando già sentivo quel calore cominciare a salire su dai piedi e avvolgere tutto il corpo.
Il mio cuore cominciava a battere più forte e mi sentivo vivo e onnipotente. Tutto avrei ottenuto. Tutto avrei superato quel giorno.
Avevo attraversato un periodo un po’ difficile e anche le relazioni sociali mi infastidivano.
Ero diventato più intollerante nei confronti di chiunque e di qualsiasi cosa e tutto intorno mi appariva come la fiera dell’inutilità, del superfluo e mi rendevo conto che mi bastavo sempre di più.
Correndo riuscivo addirittura a tirare fuori una certa spiritualità ormai sepolta nel corso degli anni.
Mi era infatti capitato di ritrovarmi ad innalzare una preghiera o una lode davanti allo spettacolo del sorgere del sole, a ritrovarmi rapito dalla forma di una nuvola o dal profumo del terriccio bagnato.
Sentivo di dover prendere dal mondo l’essenziale e riprendere a vivere con entusiasmo.
Si quell’entusiasmo che portava lei nei suoi occhi. Lei proprio lei, quella mezza cartuccia che correva con quel mezzo sorrisino, tutte le mattine anche lei, con la sua amica. Quanto mi innervosiva.
Con quei mezzi passetti riusciva addirittura a superarmi e a sciogliere quel ghiaccio che io, io proprio io, avrei dovuto sciogliere.
Ma che pensava? Che aveva in quella testolina? Ma non si accorgeva del mondo che le esplodeva intorno?
Sciocca. Come tutto il resto in fondo.
Intanto non facevo che pensare a lei. Ma che sorride? Ma ce l’avrà mai un problema una come quella lì?
Ma se lo pone almeno un problema anche se ha la fortuna di non averne? Ride lei, ride.
Ormai era diventata una sfida. Io devo sciogliere il ghiaccio. Io, non il suo maledetto mezzo sorrisino.
Ma lei ogni mattina mi passa davanti sculettandomi in faccia con l’aria di quella che del resto dei problemi del mondo se ne infischia.
E intanto mi passa davanti, spargendo un fresco profumo d’estate nell’alba di novembre. Mi chiedo se mi ha riconosciuto.
Ho, infatti, come la sensazione che mi conosca e che sappia tutto di me. Dei miei silenzi, della mia sfiducia, della mia solitudine e che è lì per me quasi per alleggerire i miei pensieri.
Stamattina non ce l’ho fatta e le ho chiesto:
- Ma… mi scusi. Lei non sa chi sono io! Vero?
Lei ha addolcito lo sguardo e due fossette le hanno incorniciato le labbra come per dirmi “Sì. Lo so!”

***

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DECIMO RACCONTO - Gioco letterario "LEI NON SA CHI SONO IO"

Post n°494 pubblicato il 19 Dicembre 2012 da elliy.writer

A Tolucantica si fa così

(autore anonimo fino alla fine del gioco) 

Lei sa chi sono io
Lei non sa chi sono io
Lei sa chi sono io
Lei non sa chi sono io
Lei sa
No. Ernesto Simón Gomez non sfogliava margherite.
A Tolucantica non si sfogliano margherite per trovare certe risposte, anzi, a Tolucantica non si sfogliano affatto margherite. Solo il vento osa ogni tanto spogliarle con tanta fine tenerezza. Gli umani no.
Lei sa
Lei non sa
Ernesto non sfogliava margherite ma raccoglieva le stelle che il mare si era dimenticato quella notte azzurra sulla sabbia umida.
A Tolucantica si fa così. Si aspetta una notte azzurra e si raccolgono le stelle dimenticate sulla sabbia umida.
Tolucantica è un posto strano e come prevedibile, ha delle tradizioni spesso strane.
Ad esempio la sagra delle parole sdrucciole o  il ballo del coniglio innamorato.
Ebbene sì, le costumanze sono strambe a Tolucantica.
Pure il dizionario lo è: ordinato e logico in un modo tutto Tolucantichese.
Sapere chi è qualcuno: amare
Odorare una inaspettata vampata di lavanda: felicità lillà
Il sapore di una caramella che esplode in bocca: infanzia
Camminare sull’orlo del tempo senza fretta: diventare lentamente anziano
La guancia di pesca di un neonato: miracolo maiuscolo
Le definizioni si riscrivono ogni anno bisestile e tutto il paese ne partecipa.
Prima il dizionario funzionava come un dizionario comune, ma poi un giorno  il Consiglio degli Anziani di Tolucantica decise che questo nuovo modo sarebbe stato decisamente meglio e quindi, così decisamente fu e così decisamente è, fino adesso.
Ma Ernesto Simón Gomez non pensava al dizionario. Ernesto Simón Gomez raccoglieva stelle…
Lei sa chi sono io… cioè lei sa che ho gli occhi scuri ma che i mercoledì si svegliano verdi se il martedì ho guardato troppo tempo il cielo.
Lei non sa chi sono io se ignora che a volte il mio sguardo diventa un po’  brizzolato e che questo fenomeno succede quando lo fisso sulla terza luna a sinistra, quella d’argento. (Che poi a Tolucantica le lune sono 3. Due d’argento a destra e sinistra  ed una d’ametista giusto in centro).
Lei sa chi sono io se ha in mente il nomignolo con cui l’ho chiamata il primo giorno di scuola, tanti anni fa.
Invece lei non sa chi sono io se pensa che il mio tacere è lontana indifferenza.
Lei sa chi sono io se conosce e ricorda quale canzone vorrei ascoltare nel mio funerale.
Lei non sa chi sono io se non trova magia nel condividere insieme  un’alba eterna ed un panino fiacco.
Lei sa chi sono io se mi parla ogni mattina anche se siamo a chilometri di distanza.
Lei non sa chi sono io se pensa che non la sento parlarmi ogni mattina.
Lei sa chi sono io se sa che mi mangerò felice i malfattissimi  malfatti che mi mi ha fatto.
Lei non sa
Lei sa
E così via.
Ernesto percorreva la spiaggia, saltellando a volte, a volte rallentando il passo, ma senza smettere.
Lei sa chi sono io ed afferrava una stella viola.
Lei non sa chi sono io e ne prendeva una un po’ blu.
Lei sa e la stella odorava di menta.
Lei non sa e la stella era curiosamente grigia.
Lei sa
Lei non sa
Ernesto Simón Gomez, una stella in mano, si guardò intorno.
In ansia annusava il vento, gli occhi illimitati, alla caccia di una certezza in più…
La spiaggia sembrava vuota di stelle, ma inaspettatamente ne vide una.
Era piccina piccina e le mancava un pezzettino qua ed un’altro pezzettino là. Ma sempre una stella era, pensò Ernesto e sospirò.
Si chinò e la mise con le altre,  in tasca. Un sorriso gli sorvolava le labbra e il cuore era un tamburo impazzito. LEI SA CHI SONO IO.
Lei sa chi sono io, aveva confermato la stella ed Ernesto si allontanò mentre mordicchiava le parole con lentezza e accarezzava un sogno sognato a lungo.

***

Maria Luz Candil, gli occhi nuovi, aspettava seduta nel portico di casa. Il suo pensiero cagnolino pascolava nel giardino, scanzonato.
Il cuore le diceva che tra 5 minuti Ernesto Simón Gomez, i capelli spettinati, le mani scompigliando le stelle di mare che aveva raccolto mormorando lei sa - lei non sa, avrebbe girato l’angolo.
Sì, tra 5 minuti...
Maria Luz Candil ne era certa. Perché lei sapeva chi era lui. E lui sapeva chi era lei.
Senza alcun bisogno di stelle. Ma a Tolucantica si fa così.

***

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NONO RACCONTO - Gioco letterario "LEI NON SA CHI SONO IO"

Post n°493 pubblicato il 18 Dicembre 2012 da elliy.writer

LA STAR

(autore anonimo fino alla fine del gioco)

Il concerto era terminato da pochi minuti.
Esausto, si lasciò cadere sul letto del camper super accessoriato e si accese una sigaretta. All'esterno, il brusio degli spettatori gli giunse ovattato, adorava il rumore del proprio pubblico. A nemmeno trent'anni aveva raggiunto il tanto agognato successo, non ne avrebbe più potuto fare a meno.
Da una piccola mensola prese un cofanetto e lo aprì con cura, una bustina trasparente apparve come per magia nelle sue mani, sorrise. Stava per versarne il contenuto sul tavolino, quando un sommesso bussare gli fece voltare la testa stupito. Jerry, il capo del suo staff, aveva l'ordine di non fare avvicinare nessuno dopo ogni esibizione, chi cazzo poteva essere?
Contrariato, si alzò avvicinandosi alla porta, quindi l'aprì con uno scatto secco.
La persona che si trovò dinanzi lo lasciò ammutolito
- Ciao Gianni...- Disse la donna. Trascorsero alcuni secondi duranti i quali l'eco di quel semplice saluto riempì l'aria come una scossa elettrica
- Come...come...- Balbettò il cantante.
Lei sorrise e si strinse nelle spalle
- Come ho fatto ad eludere i tuoi gorilla? Semplice, nell'ambiente mi conoscono e questa camicetta ha fatto il resto, non credi?
Il volto di Gianni assunse la durezza della pietra
- Cosa vuoi Monica, credevo che tra noi fosse tutto chiarito
Sempre sorridendo, la donna affondò una mano nella borsetta e quando la ritrasse stringeva un piccolo revolver, quasi un giocattolo
- Sono venuta a regolare i conti stronzo, avanti...entra!
L'uomo fu costretto ad obbedire, un leggero tremito gli fece muovere involontariamente il labbro superiore
- Ascolta Monica, se vuoi dei soldi sai che non ci sono problemi, ma non fare cazzate - riuscì appena a mormorare.
Tenendolo sempre sotto tiro, la donna si avvicinò al costoso stereo e inserì un cd.
Le note dell'ultimo successo della star invasero il camper, il rumore dello sparo praticamente non si udì nemmeno. 

Centrato al ginocchio, Gianni stramazzò al suolo, il proprio urlo coperto dalla musica
- Ho cinque pallottole...le userò tutte, i prossimi concerti dovrai farli su una sedia a rotelle amore mio - disse Monica con freddezza.
Il dolore fu sostituito dalla paura, il cantante sapeva benissimo di cosa fosse capace. La sua mente andò a qualche anno prima quando, giovane autore dei propri testi, vagava da una casa discografica all'altra. Monica era la proprietaria di quella più importante, quella che deteneva, all'epoca, il potere di lanciare o distruggere chiunque.
Dopo un pomeriggio d'anticamera, Gianni era stato informato dalla segretaria che la signora non avrebbe ricevuto più nessuno. Stanco e infuriato, aveva letteralmente fatto irruzione nello studio privato, gli occhi fuori dalle orbite - Ma come si permette! Lei non sa chi sono io!- Aveva ruggito Monica alzandosi dalla lussuosa poltrona in pelle. Ne era seguita una discussione furibonda, alla fine della quale Monica aveva giurato di fare terra bruciata sotto i suoi piedi, nessun discografico l'avrebbe mai più preso in considerazione.
Gianni trascorse un anno pensando alla maniera di fargliela pagare. E il momento arrivò inaspettato sotto forma di Luca, un suo amico musicista truffato dalla donna. Con l'aiuto di un avvocato, riuscirono a dimostrare traffici illeciti di capitali all'estero.
In poco tempo, la casa discografica fu costretta a chiudere, Monica venne condannata a quattro anni di reclusione e la favola di Gianni spiccò il volo.

Il secondo e terzo sparo arrivarono in rapida successione. Il primo gli frantumò una spalla, mentre il secondo gli staccò di netto l'indice della mano destra. Gianni urlò di nuovo ma la sua stessa voce, proveniente dallo stereo, ne coprì ogni traccia
- Ancora due...- disse la donna con un sogghigno- Sono indecisa dove...-
Poi il suo volto s'illuminò fissando l'inguine dell'uomo
- Tanto chi vuoi che vada con uno storpio...
Per la quarta volta il revolver fece fuoco.
Stavolta Gianni svenne, mentre una chiazza scura andava allargandosi sui pantaloni di scena attillati.
A questo punto, Monica spense lo stereo e, avvicinatasi al tavolino, prese la bustina e ne vuotò il contenuto sul ripiano. Dopo averlo consumato per intero, si sedette accanto all'uomo svenuto e gli accarezzò la folta chioma
- Ora sai chi sono amore mio vero?
Quindi si portò la canna del revolver in bocca per il quinto ed ultimo colpo.

 

 

***

 

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OTTAVO RACCONTO - Gioco letterario "LEI NON SA CHI SONO IO"

Post n°492 pubblicato il 17 Dicembre 2012 da elliy.writer

(autore anonimo fino alla fine del gioco)

 

Che palle! Spostarsi la mattina a Milano è sempre un dramma e quando  piove bastano 2 gocce d’acqua e la città si ferma. Sono in coda dietro a un Porche Cayenne. Mi consola che queste auto enormi e costose nel traffico sono equivalenti alla mia Fiesta ormai tutta ammaccata. Pazienza. Ci vuole pazienza.
Meno male che c’è la radio a farmi compagnia, anche se di nuovo ecco in onda la pubblicità di quella nota discoteca che venerdì sera ospiterà Valente Intagliati. Mi chiedo quanto abbiano investito in pubblicità. E soprattutto mi chiedo come è possibile che Valente Intagliati sia ancora in circolazione. Ne
sono passati di anni dai tempi di quel programmino tv che lo rese famoso. Lui non ha né arte né parte.
E per dirla tutta io ho un motivo in più per detestarlo. Un motivo personale.
Saranno passati ormai 6 anni, ma quel pomeriggio me lo ricordo bene.
Mi ricordo bene quella signora di mezza età dai capelli neri e la tenuta un po’ sciatta che accompagnava un magnifico esemplare di levriero afgano. Era incredibile in contrasto tra l’eleganza dell’animale e la goffaggine di quella tizia un po’ in sovrappeso. Mi ha detto che il cane doveva fare la vaccinazione.
Come sempre ho visitato il cane, fatto l’iniezione ed emesso fattura per 35€.
La signora prende in mano la fattura e inorridisce: “35€ per una vaccinazione? Lei non sa chi sono io! Sono la madre di Valente Intagliati! E l’altro giorno al pronto soccorso veterinario mi hanno riconosciuto senza bisogno che dicessi nulla e mi hanno fatto una radiografia gratuita!”
Inutile dire che questo discorso mi ha messo di pessimo umore. Ho fatto notare alla signora che non siamo al mercato del pesce, sono stata irremovibile e alla fine ho avuto i miei 35€.
Ma ti pare  possibile che con i soldi che prendono quelli della tv, questa deve stare a  pitoccare su cifre del genere? Se ci penso mi viene ancora il nervoso. Per fortuna che questa canzone dei Muse mi piace. E forse anche la coda si sta muovendo…

***

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NELL'INTERVALLO...

Post n°491 pubblicato il 15 Dicembre 2012 da elliy.writer

... aspettando di leggere i prossimi racconti che vorranno partecipare al gioco "Lei non sa chi sono io" (se vorranno!)...

ecco una Elliy-foto che non è delle migliori se non altro per via della migliorabile gestione della luce, ma secondo me è in tema col periodo che stiamo vivendo.

 elliy.foto

O no?
*

e grazie al suggerimento di Mirrorme, ecco un altro contributo sul tema:

*

...

 

 

 
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SETTIMO RACCONTO - Gioco letterario "LEI NON SA CHI SONO IO"

Post n°490 pubblicato il 13 Dicembre 2012 da elliy.writer

(autore anonimo fino alla fine del gioco)

Napoli, 14 giugno 1965

 

Cara Silvia,

Lei non sa chi sono io. Ma io so chi è lei.

No, la prego, non cestini questa lettera e la legga fino in fondo! Non è una lettera anonima. L'ho firmata,  anche se il nome non le dice nulla. 

Le voglio raccontare una storia di tanti anni fa. 

Napoli, marzo1941, vico Lammatari.  

Filippo! Filippo! Ormai lo hanno imparato tutti: è il grido convenzionale  che parte dal Vico Palma e preannuncia l'allarme antiaereo. La gente ferma tutto quello che stava facendo e corre giù al ricovero.  

Era il segnale per muoversi con un poco di anticipo ed evitare la ressa che si faceva per le scale e consentiva di potersi sistemare nel ricovero in maniera un poco più confortevole. C'era qualcuno che riceveva per telefono l'avviso e lo divulgava al vicinato: dopo  un paio di minuti le sirene si sarebbero messe in moto e tutti avrebbero fatto la loro corsa nel rifugio. 

E la destinazione era il numero 26 di vico Lammatari. Superato il cortile interno, a metà della seconda rampa di scale c'era un cancello che si apriva  su un giardino e da qui si raggiungevano le grotte.   

Non era difficile trovare sui muri scritte come: famiglia Esposito o famiglia di Rienzo. Erano i posti che abitualmente occupavano gli abitanti del palazzo. Per noi che venivamo da fuori non c'erano posti riservati e ognuno si sistemava dove poteva.

 

Fu durante un allarme aereo che conobbi Giannina. 

Il suo vero nome era  Giovanna, ma tutti la chiamavano così. Era la più grande  di quattro figli. Minuta, bruna e con gli occhi che brillavano di un nero profondo.

Aveva in braccio il fratellino,  un bambino sui tre anni, e seguiva la mamma e il padre che la invitavano ad affrettarsi. 

Prima qualche sorriso, poi cominciammo a parlare. Aveva 17 anni e faceva i guanti. In quel vicolo tutti facevano i guanti. Ogni due giorni veniva un ragazzo:  portava i guanti da cucire e se ne tornava con quelli cuciti.  Gli allarmi erano frequenti e mi vedevo spesso con Giannina. Eravamo anche usciti insieme e l'avevo portata al cinema. 

Parlavamo, parlavamo, parlavamo. Lei aveva la terza media, ma si informava, leggeva i giornali, quando li trovava, e aspirava a qualcosa di più che fare i guanti. Mi piaceva da morire e avrei voluto molto di più dei suoi baci. Ma su questo era irremovibile. 

Ci eravamo  trovati un nostro angolino. Era una delle grotte più esterne, una grossa tettoia  di tufo,  più che una grotta, ma  sufficientemente ampia per darci protezione.  Noi stavamo lì, mano nella mano, in attesa che suonasse la fine dell'allarme. 

Era il due di maggio, e quella sera non la potrò mai dimenticare. C'era un profumo di fiori d'arancio da mal di testa. Alzando gli occhi al cielo si vedevano le stelle, offuscate ogni tanto dai traccianti e dai colpi dell'antiaerea.  

Una bomba cadde a pochi metri da noi. Non fummo colpiti dalle schegge, ma lo spostamento d'aria ci inchiodò contro il muro. Ci spaventammo da morire. Giannina mi abbracciò. Sentii il suo cuore che batteva forte e vidi i suoi occhi pieni di paura.  

“Vieni qui” - mi disse.  

Più avanti c'era una lunga panca. Vi si stese sopra e si alzò il vestito. Capii subito e mi poggiai su di lei. Sentivo quel cuore che batteva mentre eravamo l'uno nell'altro.

 

Dopo un paio di giorni ci fu un rastrellamento. Al quarto piano c'era un appartamento costruito sul terrazzo con una rampa che portava sul tetto. Un muro chiudeva la rampa, ma nascondeva un buco  coperto dalle piante. Era il nostro nascondiglio per noi in età di leva. Quella volta le cose andarono storte. C'erano anche i cani e i tedeschi ci trovarono.

 

Due anni in Germania a ricostruire ferrovie e a spalare macerie.

 

Quando tornai trovai la mia casa distrutta e i miei genitori morti sotto il crollo. Non ho avuto più il coraggio di tornare  al vico Lammatari.

 

Sono passati gli anni, mi sono sposato e ho fatto due figli. La settimana scorsa ho incontrato per caso un vecchio amico del quartiere.

“Ti ricordi Giannina?” - Mi ha detto

“Certo che me la ricordo. Perchè me lo chiedi?”

“Beh......è morta..... due anni fa, l'ho saputo dalla figlia”

“La figlia? Non sapevo che avesse una figlia. Si era sposata dopo la guerra?”

“No, non si è mai sposata, e non ha mai voluto dire chi era il padre della figlia. Si chiama Silvia, ed è nata nel gennaio del '42”.

 

Ecco, Silvia,  ora ha capito perchè le ho scritto, vero?

Vorrei tanto incontrarla.

 

F.to Pasquale Russo

***

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SESTO RACCONTO - Gioco letterario "LEI NON SA CHI SONO IO"

Post n°489 pubblicato il 12 Dicembre 2012 da elliy.writer

Lei non sa chi sono io – le  origini

(autore anonimo fino alla fine del gioco)

 

Quello del cacciatore era un mestiere molto faticoso. Soprattutto perché ancora non  ne esistevano altri e  cacciare era l'unico modo per  garantirsi la sopravvivenza.

Erano tempi davvero duri. I  mezzi a disposizione erano ben pochi. Potevi darti da fare solo con la forza bruta. L'intelligenza contava, così come la furbizia, ma le possibili prede non stavano di  certo a guardare.

Gli ominidi non si reggevano  in piedi; si muovevano ancora a quattro zampe, seppur saltellando  anche con  discreta velocità, ma avevano già acquisito la capacità prensile e riuscivano a tenere ben stretta l'unica arma che erano riusciti a modellare: la clava.

Ma già da allora avevano capito  che l'unione fa la forza e quindi cacciare in due è meglio che farlo da soli.

Per questo quella mattina, Grunt uscì dalla sua piccola fredda caverna, clava in mano (si fa per dire)  e, quando vide Groag anche lui clava in mano, uscito dalla sua   maxi-caverna pluriaccessioriata  con riscaldamento autonomo, fece per seguirlo e si affiancò a lui.

Entrambi erano diretti a caccia; entrambi avevano lasciato la loro femmina a guardia dei  rispettivi rifugi.

Groag gli lanciò uno sguardo per niente benevolo ed emise un grugnito d'avvertimento, ma alla fine, fatti i suoi bravi calcoli, lasciò che Grunt l'accompagnasse nella battuta di caccia.
Grunt ringraziò con un grugnito molto più mite. Erano due ominidi di poche parole (a quei tempi mancavano gli argomenti di conversazione) e in fondo, seppur vicini di caverna,  si conoscevano ben poco.
Un lungo cammino li portò, tra un grugnito e l'altro, verso il  luogo favorevole all'avvistamento della preda: u
n bel cinghialone roseo e pasciuto. Ottima cena da portare in caverna.

Fu un combattimento selvaggio (e come sennò?), ma alla fine, tra una botta di clava e l'altra, tra urla e  grugniti  d'ogni tipo, il cinghialone fu abbattuto.

A loro modo festanti, i due cacciatori presero la via del ritorno. Al povero Grunt toccò sobbarcarsi il peso della preda, mentre Groag lo precedeva saltellando allegramente.

Giunti in prossimità delle loro caverne, Grunt lasciò scivolare la preda  sul terreno e, benché trafelato dal lungo cammino e dal peso sopportato, fece come per dividerla in due parti a colpi di clava.

Fu a quel punto che inaspettatamente Groag assunse la posizione eretta e, appropriandosi di forza dell'intero cinghialone, emise per la prima volta al mondo una frase di senso compito: “Lei non sa chi sono io !”, e dopo aver inferto una randellata al povero Grunt, si avviò trionfante verso la sua maxi caverna accolto dai saltelli di gioia della sua femmina.

Il povero Grunt non poté far altro che rientrare tristemente nella sua piccola caverna dove l'attendeva per un'altra randellata la sua femmina furiosa.

Stretta la foglia, larga la via, dite la vostra che ho detto la mia.

(Anche se Voi non sapete chi sono io !)

** * **

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QUINTO RACCONTO - Gioco letterario "LEI NON SA CHI SONO IO"

Post n°488 pubblicato il 11 Dicembre 2012 da elliy.writer

(autore anonimo fino alla fine del gioco)

- Lei non sa chi sono io, vero?
      L’uomo mi guarda incredulo. I suoi occhi sono in fiamme. Non capisce che ci faccio lì, dall’altra parte dello sportello aperto. Non concepisce altra regola del “ciò che mi disturba deve sparire dal mio orizzonte”. Passa in un attimo dallo stupore alla rabbia per l’inconcepibile che si materializza davanti ai suoi occhi. E’ grasso. Sbava. Sembra un cinghiale selvatico. Scatta verso di me come farebbe per schiacciare una zanzara che lo infastidisce. 
      Tanto per fare capire che in quel momento non comanda niente e nessuno, gli pianto una pallottola in una mano. Quella che si è fatta troppo vicina alla mia faccia. 
      La mano rimbalza come se avesse preso una pallonata, sbattendo sulla carrozzeria e lordandola di un fiotto di sangue. I suoi occhi si spalancano mentre cade sulle ginocchia, sotto la pioggia battente.
- Sei carne da macello – mi fa con un moto d’orgoglio. E' talmente furibondo che non sente il dolore. – sei morto, appena i miei ragazzi ti mettono le mani addosso. Hai capito? Sei morto!
      Indico freddamente una lama di luce alle nostre spalle. L’animale comprende che viene da quella che era la macchina dei suoi sgherri e finalmente comprende che sta passando dalla parte sbagliata della catena alimentare. La sua bocca rimane spalancata e finalmente tace.
      Alle sue spalle, sull'altro sedile, la intravedo. La sottile luce delle fiamme si appoggia sulla pelle bianca della sua spalla.
-        Vedo che non lo sa. Non mi stupisco.
Punto la canna della pistola verso la sua faccia. Realizza che ho il silenziatore. Nessuno ha sentito gli spari precedenti. Nessuno ne sentirebbe altri. Mi guarda e finalmente comprende che deve soppesare le parole.
- Come... come faccio a saperlo?
E già. Come fa a saperlo lui, quando non lo so più nemmeno io?
Piazzo una pallottola nel suo ginocchio destro. Il cinghiale si accascia, lamentandosi e lasciando libera la mia visuale verso di lei. La osservo in silenzio, mentre lei, rivestitasi frettolosamente, tiene lo sguardo basso e trema.
Allungo il mio braccio verso di lei e delicatamente le sollevo il mento e lo volto verso di me. Dopo tantissimo tempo, torniamo a guardarci in faccia.
E nel riflesso dei suoi occhi spaventati capisco che non c'è più niente del ragazzo che ero. Quello che ha condiviso con lei le speranze e i sogni di una vita insieme, quella di prima, sporcata e sepolta dai miraggi di una vita facile.
Troppo facile.
Fa per aprire la bocca, ma con un dito poggiato su quelle labbra che una volta erano mie la faccio tacere.
La guardo per un istante, senza alcuna sentimento. Appartengono ad un uomo che non esiste più. Ucciso da quello schifo che ci circondava. E che regola il mondo, da sempre.
Scendo dalla macchina. Non smette di piovere.
Alla mia sinistra, la bestia cerca di strisciare via, bestemmiando e lamentandosi. Anche se sa che non ha speranza di arrivare alla salvezza in alcun modo.
La raggiungo con pochi passi e la supero.
Mi farfuglia qualcosa. Potrebbe essere di tutto, da una supplica a una minaccia. Non lo sento nemmeno.
Gli prendo la testa per i pochi capelli che ha. Gli volto la testa a forza verso la macchina.
E allora capisce.
Lo rigetto a terra.
Urla. Piange. Implora.
Non serve a niente, mi dico.
Ma punto lo stesso la pistola e faccio in modo di non sentirlo più.

 

***

 

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QUARTO RACCONTO - Gioco letterario "LEI NON SA CHI SONO IO"

Post n°487 pubblicato il 10 Dicembre 2012 da elliy.writer


La femme fatale

 

Era vestita di nero, la minigonna mostrava due gambe slanciate e due cosce arrotondate proprio del genere che lo mandavano in visibilio, la scollatura generosa lasciava intravedere due seni piccoli e sodi che sembravano  palpitare seguendo il respiro, il viso leggermente pallido ed affilato faceva da contrasto alle labbra carnose colorate da un rossetto rosso scarlatto ,  i capelli ricci e corvini completavano una figura estremamente conturbante e sexy, ma quello che lo attrasse senza rimedio furono i suoi occhi scuri, grandi e dolci !

“Deve aver conosciuto il dolore” , pensava mentre la osservava  e si trovò a parlare quasi senza accorgersene  “La sua bontà non  deve  essere inferiore alla sua bellezza, vorrei conoscerla meglio …” le disse senza ritegno.

Lei non finse di essere stupita e rispose “E’ da un po’ che la osservo! L’ho vista all’opera con quei muratori e mi è piaciuto come li ha trattati, senza superbia, con rispetto, non è da tutti, mi ha conquistata senza che se ne accorgesse!” sorrideva compiaciuta mentre parlava  e finì dicendo  “…anche a me piacerebbe conoscerla meglio” poi  avvicinatasi lo baciò leggera sulle labbra.

Lui resistette alla tentazione di stringerla a sé… “i miracoli avvengono solo una volta nella vita, ora che ti ho incontrata non ti lascio più” , ma lei lo allontanò da se   Lei non sa chi sono io!” disse , poi con tono più dolce e passando al tu aggiunse “ho fatto molti errori nella mia vita, non voglio farne uno con te… credimi sarebbe un errore portarti con me adesso!” Quindi si allontanò  piangendo mentre lui rimase lì impietrito.

Fu solo dopo aver girato l’angolo della strada , quando fu sicura che lui non potesse vederla , che da sotto il mantello nero tirò fuori la falce!

***

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TERZO RACCONTO - Gioco letterario "LEI NON SA CHI SONO IO"

Post n°485 pubblicato il 09 Dicembre 2012 da elliy.writer

(autore anonimo fino alla fine del gioco)

- Lei non sa chi sono io.
L’uomo rimase in piedi davanti a lui, continuando a fissarlo senza espressione.
- Lei non sa chi sono io.
Una smorfia impercettibile segnò il viso dell’uomo. Non si sarebbe saputo dire se si trattasse di disgusto o di pietà.
Era troppo.
Si mosse per mettergli la mano sotto il naso, minacciarlo, inveirgli contro facendo sentire forte la sua voce. Insomma rimetterlo al suo posto.
La sua mano non si mosse. Dalla sua bocca non uscì alcun suono.
La sua anima improvvisamente si acquietò.
Che grande seccatura essere morti.

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SECONDO RACCONTO - Gioco letterario "LEI NON SA CHI SONO IO"

Post n°484 pubblicato il 07 Dicembre 2012 da elliy.writer

(autore anonimo fino alla fine del gioco)

Quando l’auto blu frenò di botto, la portiera posteriore destra si spalancò e una sferzata di pioggia gelata investì in pieno il Direttore Generale, che sobbalzò, rimanendo per un istante senza fiato.
- Idiota – sibilò in direzione dell’autista, che nel frattempo si era catapultato fuori della macchina, precipitandosi a chiudere quella dannata portiera. Precipitandosi, ma non abbastanza in fretta da impedire che una moto in transito sollevasse uno schizzo di fango da una pozzanghera.
Fango che – splat! – andò a insozzare la giacca blu del Direttore. E un pochino anche la camicia bianca.
Doveva esservi  proprio una strana congiuntura astrale lassù, perché di lì in poi gli eventi sarebbero inauditamente precipitati.
L’autista richiuse la portiera e completamente fradicio si rimise al volante, ma la macchina – cough cough splut – non volle saperne di ripartire.

Il Direttore Generale, in preda a uno scatto d’ira, decise di avviarsi a piedi, da solo, sotto la pioggia. Era tardi, la seduta non poteva iniziare senza di lui. Se avesse allungato il passo sarebbe arrivato in breve tempo. Per il cambio d’abito poi nessun problema, aveva una dependance proprio di fianco alla Sede Centrale: sarebbero bastati pochi minuti.
Peccato per lo scivolone però, che gli fece sbattere la testa contro una vetrina (senza rompere niente, per fortuna del negoziante), procurandogli un immediato vistoso ematoma che gli deformò all’istante i connotati, oltre alla slogatura della caviglia destra. La borsa in pelle con la relazione, il cellulare e il portafoglio, caddero poco più in là e tosto tutto scomparve, grazie a laboriose mani plebee, mentre il Direttore, poveretto, rimaneva accasciato e senza respiro sul marciapiede, fortunosamente riparato dalla pioggia grazie al balcone del primo piano.
Fu una bambina a chiedere, indicando con il ditino:
- Mamma, ma i barboni dormono sui marciapiedi anche quando piove?
- Si tratta di una ragazzina del popolo  – pensò il Direttore, che l’aveva sentita forte e chiaro – lei non sa chi sono io.
Subito dopo si soffermò un vecchio, con l’ombrello rattoppato, grondante acqua dentro e fuori:
- Questo sta peggio di me! – ridacchiò tirando dritto.
- Lei non sa chi sono io!- gli strillò dietro il Direttore Generale, cercando invano di alzarsi e invece urlando di dolore per via della caviglia che si stava gonfiando sempre più.
Se ne accorse un tale, che disse:
- Ah, la gente è sempre più egoista, mica la chiamano un’ambulanza quando vedono un povero vecchio in difficoltà.
E zic e zac, lo fece trasportare al pronto soccorso, dove per prima cosa gli chiesero le generalità.

- Come? – chiese il Direttore all’infermiere del Triage – lei non sa chi sono io? Sono il Direttore Generale, io!
L’infermiere guardò il bernoccolo, valutò l’ematoma, gli stiracchiò la caviglia e gli affibbiò un codice verde:
- Ah, Robè, portalo de llà, er Direttore Generale– disse al collega, strizzandogli l’occhio  - e mettilo vicino a Napoleone.
Napoleone era quello che non la smetteva di starnutire, dalla barella a fianco:
- Il battaglione di Waterloo… etciùù! Ci vedremo a Waterlooo… etciuuu!- Tutto sporco di fango, bagnato e puzzolente come tutti gli altri vecchi ammassati dentro quel camerone, che tossivano e si lagnavano in modo insopportabile...
Il Direttore Generale chiamò l’infermiera, che dopo un’oretta si avvicinò:
- Mi chiami subito il Presidente. Devo parlare con il Presidente. Lui lo sa chi sono io!
- E lo so pur’io chi sei tu, non te preoccupa’, sei un amico de Napoleone. Parla co’ lui, metteteve d’accordo ... - rispose quella sghignazzando. E poi, al collega:
- Angelì, qui ce n’è un altro, spojamoli tutti e due, Napoleone e il Direttore Generale, che se so’ bagnati. E’ sempre la stessa storia, prima s’ubriacano e poi se pisciano sotto e noi qui a...
- Non mi tocchi! – intimò il Direttore – Lei non sa chi sono io!
- T’ho detto che lo so, statte bbono... Porta il siringone, Angelì!
- Che siringone? Ma… ma… noooo!

La congiuntura astrale stava facendo davvero scintille, quella sera.
Già dopo la prima delle iniezioni tutto parve filare più liscio.
Delle quindici ore di attesa in barella quasi non se ne sarebbe accorto, il Direttore, se non fosse stato per quella tosse che ora lo squassava e quel doloretto alla schiena e qualche fitta improvvisa al petto... nulla di preoccupante, beninteso. Tutto da codice verde.
- Hai parenti qui fuori? – gli chiese a un tratto un tale col camice bianco, forse un dottore, forse un portantino, chissà.
Lui si toccò il bernoccolo, poi il braccio sinistro, storse la bocca, rabbrividì.
- C’è qualcuno per te in sala d’attesa? Tua moglie, i figli, un assistente sociale? – insistette quello.

Il vecchio scosse la testa mentre il camice bianco  faceva un cenno a un camice verde nominando confusamente tac e gesso e cardiochissàcchè  e quando la  barella venne portata via, ingoiata da una porta a vetri, nel corridoio rimbalzò una domanda: lei non sa chi sono io? lei non sa chi sono io? io? …io? cough cough… splut.

***

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"LEI NON SA CHI SONO IO" - Gioco letterario - PRIMO RACCONTO

Post n°483 pubblicato il 06 Dicembre 2012 da elliy.writer

Breve premessa, per ricapitolare.
I racconti partecipanti al gioco verranno pubblicati di volta in volta IN FORMA ANONIMA. Tutti possono commentare liberamente e anzi questa è forse la parte più interessante poichè èpuò essere un bel riscontro per l'autore.
Ovviamente anche lo stesso autore può dire la sua, purchè non sveli la paternità dell'opera!
A fine gioco tutti i partecipanti esprimeranno la propria preferenza per il racconto che avranno preferito e vincerà chi avrà totalizzato (ovviamente) il maggior numero di voti.
La Elliy potrebbe anche partecipare con un racconto, non si sa, ma di sicuro non voterà, visto che è l'unica a conoscere le identità degli autori. Però commenterà-à-à!
Bene, basta così per ora. Anzi no, diciamo pure che il limite delle 5000 battute è appunto un limite, massimo.
Ed ecco il

PRIMO RACCONTO

(autore anonimo fino alla fine del gioco)

Lei non sa chi sono io!

E allora tu diglielo! E baciala! Falle capire che l'ami!

***

se volete partecipare
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Non affidarti alla mia immaginazione
non ti fidare, io non ti conservo,
non ti metto da parte per l'inverno,
io ti apro e ti mangio in un boccone.

Patrizia Cavalli

 

Credo che sia stato il sorriso
Fu il sorriso che aprì la porta
Era un sorriso molto luminoso
invitava ad entrarci, a togliersi i vestiti
infilarsi dentro quel sorriso.
...
E. de Andrade

 

Con un fiore - Con una lettera
Con un agile amore -
Se fisso il Chiodo più saldo -
Definitivamente saldo - lassù -

Non importa la mia Incudine ansimante!
Non importa il Riposo!
Non importano i volti fuligginosi
Che si sbracciano alla Fucina!

L'acqua, è insegnata dalla sete.
La terra - dagli oceani traversati.
Il trasporto - dallo spasimo -
La pace - dai suoi racconti di battaglie -
L'amore, dalla memoria di un ritratto -
Gli uccelli, dalla neve.

(E. Dickinson)

 

Non respingere i sogni perché sono sogni.
Tutti i sogni possono
essere realtà, se il sogno non finisce.
La realtà è un sogno. Se sogniamo
che la pietra è pietra, questo è la pietra.
Ciò che scorre nei fiumi non è acqua,
è un sognare, l'acqua, cristallina.
La realtà traveste
il sogno, e dice:
"Io sono il sole, i cieli, l'amore".
Ma mai si dilegua, mai passa,
se fingiamo di credere che è più che un sogno.
E viviamo sognandola. Sognare
è il mezzo che l'anima ha
perché non le fugga mai
ciò che fuggirebbe se smettessimo
di sognare che è realtà ciò che non esiste.
Muore solo
un amore che ha smesso di essere sognato
fatto materia e che si cerca sulla terra.

Pedro Salinas

 

Un regalo di Dimanto... per Nonno Sabin!

 
 

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