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Dall’Agenda Digitale nuova linfa al lavoro

Post n°60 pubblicato il 21 Maggio 2012 da emmedicom
 
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Nelle società “avanzate” europee l'occupazione dovrà diventare sempre più ad alto contenuto di conoscenza e di tecnologia. Parametri quali tempi e orari saranno sempre meno significativi

 

Nella parte introduttiva del report annuale dell’International Labour Organization (Ilo), è riportata un’affermazione illuminante: “In breve, questo rapporto chiede ai Paesi di mettere in pratica le condizioni necessarie per un deciso cambiamento nell’attuale approccio politico. Mette in risalto la necessità di un approccio che riconosce l’importanza di porre il lavoro in cima all’agenda politica e la necessità della coerenza tra politiche macroeconomiche, dell’occupazione e del sociale”.

Il lavoro in cima. Ma quale lavoro? Se sono vere le proiezioni dell’Ue, nei prossimi anni il tipo di lavoro è destinato a trasformarsi radicalmente. Soprattutto nelle società “avanzate” europee il lavoro dovrà diventare sempre più un lavoro ad alto contenuto di conoscenza e di tecnologia, e quindi lavoro in cui i parametri “tempi e orari” saranno sempre meno significativi, l’identificazione della “sede” sempre meno possibile, la dimensione del “dipendente” e del “subordinato” sempre meno diffusa. Lavoratori nomadi, che si connettono dai propri computer, dagli smartphone, ma anche costantemente in viaggio per realizzare idee e contenuti, per i quali il telelavoro non è un’eccezione, ma la normalità. Lavoratori fragili, perché per loro natura indipendenti e in continua relazione con le diverse comunità, ma non parte di una struttura. E per questo non salvaguardati.

In Italia lavoratori della conoscenza è sinonimo di precarietà. E chi è precario è un passo avanti, perché i giovani, che in gran parte sono naturalmente “lavoratori della conoscenza”, di lavoro non ne trovano. E finiscono per non cercarlo più. Sempre dal Rapporto dell’Ilo, in Italia “ la disoccupazione giovanile, salita al 32,6% durante il 4° trimestre del 2011, è più che raddoppiata dall’inizio del 2008. [..]  Inoltre, molti lavoratori escono completamente dal mercato del lavoro: nello scorso anno, il tasso dei lavoratori che non cercano più lavoro ha raggiunto il 5% del totale della forza lavoro. Il numero dei Neet ha raggiunto il livello allarmante di 1,5 milioni.” 

Se la crescita italiana dipende anche in gran parte dalla sua capacità di innovare nei prodotti e nei servizi, i lavoratori della conoscenza e in particolare i giovani non possono essere ai margini. Anche perché non esiste un “destino di progresso”. Lo sappiamo, il futuro bisogna costruirselo.

Questo ci aspettiamo anche dall’Agenda Digitale Italiana in corso di elaborazione. Che delinei una visione di società, di futuro a cui tendere, a cui il piano strategico (l’agenda digitale, appunto) sia funzionale.

L’Ilo ci avverte che questa visione deve mettere al centro il lavoro. Il nuovo lavoro, un lavoro del tutto diverso da quello oggi regolamentato e salvaguardato. Basato su un modello che privilegi la creatività, la libera circolazione delle idee, la condivisione, il riuso, il remix, come pilastri della creazione di valore. In cui la contaminazione di comunità e di lavoratori di aziende diverse diventa un presupposto per innescare processi creativi e per stimolare miglioramenti nella qualità della vita.

L’attuale declinazione degli obiettivi dell’Agenda si sofferma su questo nodo: non è delineato un nuovo modello di lavoro, non ci sono i nuovi lavoratori, non c’è un nuovo welfare. Non ancora, almeno. Eppure, è proprio nel documento strategico dell’Agenda Digitale che si devono porre le condizioni per la trasformazione sociale di cui abbiamo bisogno e che è alla base della possibilità di riprendere a migliorare la qualità della vita. I tempi sono stretti. E senza una visione organica del futuro non ci sono strategie vincenti.

 

 

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ICT e ambiente: anche l’Italia nel progetto EARTH. Obiettivo, ridurre le emissioni delle reti 4G

Post n°59 pubblicato il 16 Maggio 2012 da emmedicom
 
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Smartphone e tablet saranno sempre più onnipresenti nelle nostre vite e saranno presto gli strumenti più utilizzati per navigare in internet: già oggi, 1,2 miliardi di persone nel mondo accedono al web da un dispositivo mobile e la cifra è destinata a crescere di centinaia di milioni di unità all’anno.

Un trend positivo, non solo per le casse delle società produttrici di device, ma anche per la gente che li utilizza, che ha più servizi a portata di mano e – in un futuro si spera non troppo lontano – potrà interloquire con le pubbliche amministrazioni anche attraverso questi strumenti, risparmiando tempo e denaro.

 Esistono però, eccome, anche i risvolti preoccupanti di questo sviluppo, soprattutto in termini di impatto ambientale: i video mobili e i tanti altri servizi dati consumano più energia delle ‘vecchie’ chiamate e degli sms e questo genera non solo costi aggiuntivi per gli operatori – che si riflettono, poi, sui consumatori – ma anche un forte aumento delle emissioni di anidride carbonica.

Dal 2007 al 2020, calcola la Ue, le emissioni del settore mobile saranno il triplo di quelle attuali e corrisponderanno a quelle prodotte in un anno dal Lussemburgo.

 In questo contesto si inserisce il progetto EARTH: finanziato dalla Ue con 10 milioni dei 15 complessivi, ha ricevuto il premio ‘Future Internet Award’ 2012 per l’apporto fornito alle soluzioni per il risparmio energetico nel settore della telefonia mobile, in particolare per quanto riguarda l’ottimizzazione dei consumi delle base station 4G/LTE, che rappresentano gli elementi più voraci di energia della rete. Nel mondo ci sono attualmente circa 5 milioni di base station e saranno almeno 11 milioni da qui al 2020.

 Al progetto hanno partecipato Alcatel-Lucent, Ericsson, Telecom Italia, DoCoMo e le università di Belgio, Francia, Finlandia, Germania, Ungheria, Italia, Portogallo, Spagna, Svezia e Regno Unito.

 I risultati di questo progetto arriveranno sul mercato nel 2014 e contribuiranno a ridurre la bolletta energetica degli operatori, a mantenere i costi dei servizi su livelli accettabili e a limitare l’inquinamento e le emissioni di carbonio, il tutto aprendo la strada all’utilizzo di fonti di energia rinnovabili.

Il settore dell’Information and Communication Technology rappresenta circa il 2% delle emissioni globali di CO2. Tra i target dell’Agenda digitale anche il taglio del 20% dei gas a effetto serra e del consumo di energia primaria, , più un aumento del 20% dell’uso di energie rinnovabili.

 Per il Commissario Ue Neelie Kroes “Il settore ICT sta crescendo ma le sue emissioni non devono seguire lo stesso trend. Mi congratulo con i partner del progetto EARTH che hanno trovato nuovi metodi per ridurre le emissioni di CO2 dei servizi di cui tutti abbiamo bisogno”.

 

 

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Editoria: in Italia si legge poco. Dal 19 al 23 maggio sconto del 20% sui libri per incentivare la lettura

Post n°58 pubblicato il 16 Maggio 2012 da emmedicom
 
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Interessante iniziativa degli editori, in collaborazione con i librai indipendenti, le catene, le librerie online e la Grande distribuzione, per sostenere l’acquisto dei libri e far crescere la lettura in Italia.

Dal 19 al 23 maggio, centinaia di migliaia di libri verranno messi in vendita con il 20% di sconto, per “festeggiare” il Maggio dei Libri.

Secondo i dati Istat, in Italia i lettori sono, infatti, il 45,3% della popolazione con più di 6 anni di età (25,9 milioni). Di questi, circa la metà (il 45,6%, pari a 11,8 milioni di italiani) non legge più di tre libri all'anno.

Per l’AIE (Associazione Italiana Editori), “sono persone che hanno un rapporto debole con gli autori, i generi, i marchi editoriali, che entrano con fatica nei vari canali di vendita e nelle librerie”.

 

E’ in primo luogo a loro che si rivolge - in questi cinque giorni in tutta Italia e in tutti i punti vendita aderenti - la campagna “Leggere fa crescere”, organizzata con il contributo operativo dell’AIE e il sostegno dell’Associazione Librai Italiani (ALI): la maggior parte dei libri saranno così disponibili con uno sconto importante, solo per questi cinque giorni e solo in occasione del Maggio dei Libri.

 

I numeri dell’iniziativa sono imponenti: 308 i marchi editoriali aderenti, oltre 1000 le librerie fisiche (indipendenti e di catena), 12 quelle online, 2500 i punti vendita della grande distribuzione (supermercati e ipermercati).

La campagna pubblicitaria sui media (radio, quotidiani e internet) partirà giovedì 17 maggio per culminare nel 23 maggio, la Giornata conclusiva del Maggio e vera e proprio Festa del libro. In tutta Italia saranno esposti oltre 12mila locandine e cartelloni per identificare i punti vendita che aderiscono alla promozione.

 

 

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Come investire soldi a breve termine e basso rischio?

Post n°57 pubblicato il 16 Maggio 2012 da emmedicom
 
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Come investire soldi a breve termine e a basso rischio? Questa è una delle domande più ricorrenti nei siti web dedicati ai mercati finanziari, oltre al fatto che è la prima richiesta che, qualunque persona non avvezza del campo, fa a un consulente finanziario quando se lo trova a tiro.

La soluzione su come investire soldi a breve termine e a basso rischio, in realtà, è molto semplice. Il problema, semmai, è che il risultato finale, essendo inferiore alle aspettative, potrebbe lasciare delusi.

Infatti, anche se nessuno lo dice chiaramente, a quell’investire soldi a breve termine e basso rischio si aggiunge una terza richiesta probabilmente lasciata come sottintesa: “…e che abbia un buon rendimento.”

 

Da quanto ho appena detto forse avrai già intuito che non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca, poiché occorre fornire una lista delle preferenze in ordine di importanza, altrimenti un consulente non può operare per fornire la soluzione migliore.

Inoltre, tengo a precisare che chiunque si prende la briga di studiare una soluzione sa già che il cliente vuole guadagnare il più possibile e quindi non c’è bisogno che venga richiesto appositamente. Un esperto (che sia veramente tale) darà direttamente la soluzione che, fermo restando le prime due richieste, darà il rendimento migliore.

Fatta questa necessaria premessa, passo a una possibile soluzione alla domanda iniziale (come investire soldi a breve termine e a basso rischio?). Devi sapere che il tasso d’interesse fornito dai prodotti finanziari dipende sempre da 3 fattori:

  1. Per quanto tempo i capitali rimangono vincolati
  2. Il tipo di difficoltà che si riscontrerebbe nel volersi liberare prima dei termini del contratto
  3. I rischi che si corrono aderendo a un determinato tipo d’investimento

Passo al primo punto: è logico che un prodotto che ti obbliga a tenere fermi col cemento per 10 anni i tuoi soldi, deve fornirti un tasso d’interesse sicuramente maggiore rispetto a una soluzione che vincola le tue risorse finanziarie solo un anno. Da ciò si evince che un investimento a breve termine mal si concilia con un alto rendimento.

Il secondo punto riguarda la facilità o meno di poter ricollocare il contratto che hai stipulato, se tu dovessi avere una qualche urgenza di avere subito denaro liquido. Un prodotto finanziario facile da ricollocare ha tassi d’interesse minori rispetto a uno che, al contrario, ti rimarrà sul groppone per anni.

…Questo è uno dei motivi per cui un BTP (obbligazione statale a tasso fisso) ha tassi migliori rispetto a un CCT (obbligazione a tasso variabile). Il tasso fisso, proprio perché non cambia col tempo, diventa un’arma a doppio taglio!

Infatti, se i tassi scendono il possessore di un BTP guadagna più del mercato e probabilmente non ha problemi a rivenderlo, ma se i tassi salgono si ritroverà con un prodotto di scarso valore che nessuno comprerà (in quanto chiunque potrebbe comprare una nuova emissione più vantaggiosa).

Quindi, siccome chi prende un BTP si fa carico di un rischio maggiore, lo Stato ricompensa tale rischio con una remunerazione migliore.

Da ciò che ti ho appena detto per il punto 2, discende che una soluzione a breve termine non ha un rischio di rimanerti sul groppone e quindi tale rischio basso non verrà di certo premiato con chissà quale ricompensa…

Il terzo punto è quello fondamentale! Infatti i compensi di un investimento sono strettamente legati al rischio che corri quando li tieni in portafoglio.

Le obbligazioni italiane danno rendimenti legati alla stabilità del nostro paese, quelle tedesche daranno rendimenti legati alla stabilità economica della Germania (che nella fattispecie è migliore e quindi le cedole sono più basse) e le obbligazioni dei paesi del terzo mondo – avendo rischi elevatissimi – daranno cedole sostanziose.

Anche il mercato azionario fornisce interessi parecchio elevati e difatti le azioni, se utilizzate in modo errato, possono diventare molto rischiose. In definitiva, più aumenta il rischio di perdere i soldi con un certo investimento e più questa soluzione può, potenzialmente, fornire rendimenti maggiori. Quindi, abbiamo che un investimento “sicuro” non può sicuramente dare interessi decenti.

In conclusione, investire soldi a breve termine e a basso rischio significa affidarsi a un investimento che NON DEVE presentare forti oscillazioni di valori: quindi no azioni, forex, commodities e simili, in quanto non c’è nessuna garanzia che alla fine del termine essi presentino valori maggiori o uguali a quelli di partenza.

Bisogna quindi andare su un investimento ad andamento lineare tipo obbligazioni, fondi immobiliari, eccetera. Inoltre il breve termine taglia fuori quasi tutti gli investimenti ad andamento lineare, ad esclusione delle obbligazioni in liquidità (obbligazioni di tipo trimestrale, semestrale o massimo annuale).

Il fatto che cerchi un investimento sicuro, suppongo intendi che non deve esserci il rischio di perdere soldi, di conseguenza non puoi affidare i tuoi soldi a nazioni o aziende traballanti e quindi devi muoverti nel range di soggetti ritenuti solidi.

Se vuoi davvero investire soldi a breve termine e basso rischio, la soluzione migliore è il BOT (a 3 , 6 o 12 mesi a seconda delle tue esigenze), oppure puoi anche inserire i soldi in un conto di deposito a rendimento elevato (qualora i soldi che devi depositare non siano tantissimi).

 

 

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Clienti che non pagano? Impariamo a gestire gli insoluti

Post n°56 pubblicato il 10 Maggio 2012 da emmedicom
 
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Uno dei problemi più frequenti per chiunque abbia un'attività in proprio è ottenere l'effettivo incasso di quanto dovuto dai propri clienti. In momenti storici come questo, inoltre, il problema (che è da sempre un vero e proprio flagello per l'imprenditoria Italiana) diventa particolarmente sentito a causa dell'aumentare delle sofferenze e della bassa liquidità in circolazione.

In questo articolo, dedicato sia ai freelancer che ai responsabili di Web Agency, vedremo di fare il punto della situazione per cercare di capire quali sono le cause di questa situazione e come è possibile gestire al meglio i mancati pagamenti o gli eccessivi ritardi nell'incasso di quanto ci è dovuto.

Il cliente non paga?

Purtroppo è una delle cattive abitudini di molti (pessimi) clienti: commissionano un lavoro, pretendono che sia fatto a regola d'arte, ricevono il servizio richiesto e al momento di pagare... spariscono, diventano irreperibili o iniziano ad accampare scuse di ogni tipo per omettere o ritardare il pagamento.

Purtroppo, come già detto, non si tratta di casi isolati ma, molto spesso, di un "fenomeno di malcostume" piuttosto diffuso (soprattutto in Italia).

Le cause di queste situazioni sono molteplici, ma per prima cosa è necessario distinguere tra clienti in buonafede e clienti in malafede: mentre i primi sono dei soggetti che, per un qualche motivo, si sono ritrovati ad essere impossibilitati nell'adempiere ai propri impegni, i secondi (la "razza peggiore") non sono mai stati in grado di adempiere ai propri impegni oppure, più semplicemente, non hanno mai avuto intenzione di farlo.

Per quanto riguarda i clienti in buonafede, le cause che possono portare ad un insoluto sono principalmente due:

  1. Insoddisfazione per il lavoro ricevuto;
  2. Improvvisa mancanza di liquidità;

Nel proseguo di questo articolo vedremo come tutelarci di fronte a queste situazioni.

Clienti che non pagano: un circolo vizioso

Diversamente da quello che molti possono credere, il principale fattore di rischio per un imprenditore o un lavoratore autonomo non è la mancanza di lavoro, quanto, piuttosto, l'eventualità di non essere pagato per il lavoro effettivamente portato a termine.

Se per una grossa azienda con migliaia di clienti alcuni insoluti possono essere considerati "fisiologici" e non particolarmente preoccupanti, per un freelancer o una piccola web agency possono bastare uno o due clienti "sbagliati" per ritrovarsi in poco tempo in situazioni anche critiche.

Quando, infatti, l'isoluto diventa (proporzionalmente al nostro business) troppo grande, il rischio di chiudere è elevatissimo. A seguito di un brutto insoluto, infatti, viene a mancare la liquidità necessaria a far fronte ai nostri debiti costringendoci, a nostra volta, a creare dei problemi ad altri!

Come è facile intuire, quindi, il problema dei clienti che non pagano è tutt'altro che marginale ed è da considerare una vera e propria piaga che il sistema dovrebbe cercare di debellare o, quanto meno, arginare.

Le cause di dell'"insolvenza sistemica"

Quando parlo di insolvenza sistemica faccio riferimento a quel vero e proprio male dell'economia italiana in cui tutti (a partire dallo Stato!) tendono a ritardare o eludere il pagamento dei lavori ricevuti. Ma perchè succede questo?

  • Una delle principali cause di questa tendenza è legata alle inefficenze della giustizia civile: tempi e costi rendono, in talune circostanze, assolutamente illogico ricorrere alle vie legali per ottenere il dovuto! Non è infrequente, infatti, che qualche "insolvente per abitudine" sbeffeggi i propri fornitori invitandoli a fargli causa... quasi a sottolineare l'impercorribilità della strada offerta dai tribunali civili!
  • Altra causa è legata alla cronica mancanza di liquidità nel sistema: in tempi di crisi economica, infatti, le banche hanno chiuso i rubinetti del credito rendendo difficile la vita a molte aziende abituate a lavorare con affidamenti che vengono ridotti o peggio revocati.
  • Infine, come accennato in precedenza, l'insolvenza genera insolvenza: in Italia, purtroppo, i problemi partono dall'alto. Nel sistema economico, infatti, l'interdipendenza degli attori in gioco porta ad una facile propagazione degli stati di crisi: è facile comprendere, quindi, come l'enorme buco creato dalle Pubbliche Amministrazioni nei confronti di aziende private (si parla di circa 70 miliardi di Euro di debito non pagato) ricada direttamente ed indirettamente su tutto il sistema economico con un effetto "a valanga".

Alla luce di tutto questo diventa immediatamente comprensibile come combattere l'insolvenza dei nostri clienti sia non solo un'esigenza indivduale ma collettiva.

Il cliente non paga? Ci sono problemi anche per le tasse!

Uno dei risvolti dell'insolenza è l'immediata ricaduta a livello fiscale.

E' bene ricordare, infatti, che nel regime fiscale per competenza il cliente riceverà la fattura prima di emettere il pagamento. In questo caso, purtroppo, il ritardo nel pagamento (oltre a creare i problemi già illustrati) ha un ulteriore risvolto negativo: le tasse vanno pagate... anche se il cliente non vi paga!

Facciamo un esempio pratico: se per aver sviluppato un sito web avete emesso una fattura di 1000 Eu + IVA (tot. 1210 Eu) ed il vostro cliente se ne infischia di saldarvela... voi sarete ugualmente tenuti a far fronte ai vostri impegni con lo stato: dovrete versare l'IVA nei tempi previsti (210 Eu) e potreste, se il ritardo è molto consistente, dover anticipare anche i soldi di IRPEF e INPS (diciamo altre 500 Eu circa)... risultato: oltre al danno la beffa!

Diverso il caso di chi è soggetto a regime per cassa: in questo caso, infatti, la fattura deve essere emessa a pagamento ricevuto e prima di tale momento, solitamente, si emette un semplice proforma ovvero un documento privo di valore fiscale (non ha numero progressivo) che ha l'unico scopo di rappresentare al cliente un prospetto di quanto dovuto.

In questo caso i problemi potrebbero essere diversi, in quanto potreste ritrovarvi (a causa di qualche insoluto) a presentare bilanci squilibrati con conseguenti rischi da un punto di vista di congruità agli studi di settore.

Ridurre il rischio che il nostro cliente diventi insolvente: contratto e acconto

la prima cosa da fare è cercare di evitare che il nostro cliente entri a far parte della schiera degli insolventi. Per farlo è necessario attivarsi nella fase iniziale della collaborazione lavorativa, cioè in fase di accordo circa il lavoro da farsi ed il relativo compenso.

Come ho già avuto modo di sottolineare, per un freelancer o una Web Agency è determinante lavorare avendo in mano un pezzo di carta ben scritto. Non si accettano ordini per telefono, ne tantomeno ci si accorda via email! Ogni lavoro deve essere iniziato con una puntuale contrattualizzazione degli obblighi reciproci meglio se scambiata per originale e tramite raccomandata.

Oggetto del contratto saranno quindi:

  • Le caratteristiche del lavoro da svolgersi, le modalità di consegna e le tempistiche
  • Le modalità ed i termini di pagamento

In questo modo il cliente non potrà accampare insoddisfazione nei confronti del vostro lavoro qualora questo sia stata svolto in aderenza a quanto previsto nel contratto ed allo stesso tempo sarà chiamato ad adempiere ai suoi obblighi di pagamento secondo talune ben precise modalità e tempistiche.

In relazione a quest'ultimo punto diventa determinante l'acconto: personalmente consiglio sempre di NON accettare lavori nei quali il cliente si rifiuta di pagare un acconto adeguatao (minimo 30% del totale, meglio il 50%). L'acconto, infatti, è una prima garanzia di riuscire effettivamente ad incassare parte di quanto concordato.

Se il lavoro è di una certa dimensione e complessità è anche possibile prevedere ulteriori acconti a titolo di avanzamento lavori: il freelancer o la web agency presenta al cliente il lavoro svolto fino ad un certo punto, il cliente - dopo averne preso visione - provvede al pagamento di un ulteriore acconto.

Al termine del lavoro, infine, deve essere richiesto il saldo: personalmente suggerisco di pretendere il saldo alla consegna dopo aver mostrato al cliente una demo funzionante del sito o del software commissionato. Qualora il lavoro consista nella realizzazione di un sito web, ad esempio, è anche possibile prevedere contrattualmente una clausola in cui ci riserviamo il diritto di bloccare il sito (se hostato presso nostre macchine) qualora non pervenga pagamento entro X giorni dalla consegna.

Assolutamente vietato dalla legge, invece, prevedere backdoor o altri sistemi (cd. bombe logiche) che consentano di effettuare forzatamente la disattivazione di un servizio o il blocco di un software a causa di mancato pagamento. L'autotutela, infatti, non è contemplata dal nostro ordinamento e queste attività sono da considerare illecite e, pertanto, sanzionabili!

Ovviamente per taluni servizi (ad esempio consulenze relative al posizionamento di un sito web o alla pianificazione di una campagna di marketing) queste logiche sono difficilmente applicabili e non è possibile prevedere contrattualmente delle forme di "disattivazione" in caso di mancato pagamento... in tali circostanze, più che mai, l'acconto è determinante!

Il cliente non paga: come comportarsi?

Se il cliente non paga entro i termini previsti come bisogna comportarsi? Vediamo di seguito un iter che può essere considerato "standard" di fronte a casi di insolvenza successivi alla consegna del lavoro terminato. E' evidente che quanto segue riguarda l'ipotesi in cui noi abbiamo tenuto fede alla lettera ai nostri impegni, in caso contrario il mancato pagamento del cliente potrebbe essere giustificato dalla nostra inadempienza agli obblighi contrattuali!

Quindi la situazione è questa: lavoro perfetto, consegnato in tempo e nei modi previsti... tuttavia il cliente omette il saldo nei tempi previsti in sede di contratto.

  1. Per prima cosa il mio suggerimento è quello di cercare di risolvere la cosa in via del tutto amichevole e bonaria: prendete il telefono e chiamate il vostro cliente per chiedergli educatamente e con la dovuta calma il motivo del mancato pagamento. Può essere che si tratti di un piccolo ritardo dovuto a qualche inconveniente che potrebbe risolversi molto facilmente. Non è ancora il caso di preoccuparsi, quindi.
  2. In alternativa è possibile inviare una email o spedire una lettera nella quale, con toni amichevoli, si richiede il pagamento di quanto dovuto o ulteriori informazioni circa la data di effettivo pagamento dello stesso.
  3. Se la telefonata e/o la mail non hanno prodotto effetti (il cliente non si fa trovare oppure risponde in modo vago, aggressivo o fa promesse che non mantiene) è necessario "prendere carta e penna" per scrivere una formale richiesta di pagamento che dovrà essere inviata tramite raccomandata A.R.:
    • personalmente consiglio di non procedere ad inviare raccomandate se sono passati meno di 15-20 giorni dalla data di scadenza della fattura, il rischio, infatti, è che percorrere questa strada prima che l'insoluto diventi tale in quanto potrebbe incrinare i rapporti col vostro cliente (alcuni giorni di ritardo sono normali ed anche ammissibili quando determinati da festività, ritardi bancari o piccoli imprevisti);
    • il sollecito di pagamento inviato tramite raccomandata A.R. costituisce una vera e propria messa in mora del debitore in quanto deve contenere un esplicito invito ad adempiere entro un lasso di tempo ragionevole (ad esempio 15 giorni) avvisando che in mancanza si procederà per vie legali.
  4. Se anche la raccomandata non sortisce gli effetti desiderati sarà effettivamente necessario richiedere un decreto ingiuntivo che consiste, in parole povere, in un ordine che un giudice rivolge al debitore intimandogli di adempiere alla propria obbligazione entro un determinato periodo di tempo (ad esempio 40 giorni). Trascorso inutilmente il periodo di tempo concesso, il decreto diventa esecutivo rendendo pertanto possibile il pignoramento dei beni del debitore. Se il debito non supera i 5.000 Euro è anche possibile cercare di evitare il ricorso ad un legale (che comunque comporta una certa spesa) e provare ad appellarsi personalmente al Giudice di Pace competente per territorio.

Da notare che l'invio della Raccomandata per la messa in mora del debitore è un prerequisito indispensabile ai fini della richiesta di decreto ingiuntivo.

Ovviamente, è appena il caso di sottolinearlo, anche il decreto ingiuntivo (che ha dei costi - minimo 400 Euro - variabili in relazione al credito da riscuotere) potrebbe portare ad un nulla di fatto: molti "cattivi pagatori", infatti, sono formalmente nullatenenti... e quindi, anche in caso di pignoramento, potrebbe non esserci nulla da pignorare (ma questo è un caso limite, ovviamente).

La raccomandata di messa in mora

Di seguito una bozza che potete utilizzare per scrivere la vostra raccomandata di messa in mora:

Luogo e Data

Spett.Le
(Nome e Cognome del Cliente
o Denominazione Sociale)

OGGETTO: Mancato pagamento ns. fattura XXX

Non avendo ricevuto alcun riscontro alle nostre precedenti richieste telefoniche e via email, con la presente siamo a chiedervi formalmente il pagamento della ns. fattura N. XXX del XX/XX/XXXX di Euro XXXX,XX che, ad oggi, risulta NON saldata nonostante i termini di pagamento concordati siano ampiamente scaduti.

Al fine di regolarizzare la situazione, pertanto, vi chiediamo di provvedere al saldo della suddetta fattura nel tempo più breve possibile e comunque non oltre XX giorni dal ricevimento della presente raccomandata A.R.

Contestualmente avvisiamo che in caso di mancato pagamento, nei termini indicati, non seguiranno altri avvisi ma ci troveremo costretti a procedere mediante decreto ingiuntivo addebitandovi, oltre agli interessi nella misura stabilita dalla legge, gli ulteriori costi derivanti dagli oneri e dalle spese di natura legale e/o comunque legati all'incasso di quanto ci è dovuto.

Alleghiamo alla presente copia della fattura.

Distinti Saluti

(Nome e Cognome
Firma)

(Allegate a questa lettera copia della fattura)

inoltre è necessario:

  • allegare le prove documentali a sostegno delle ragioni esposte (originale del contratto e delle fattura);
  • indicare il domicilio del ricorrente (se il domicilio indicato non è nel comune dove ha sede il Giudice di Pace, le notifiche verranno fatte presso la cancelleria)

Di seguito una bozza di domanda al giudice:

Al Giudice di Pace di XXXXXXXXXXX Ricorso per Ingiunzione Il sottoscritto ........... (indicare nome e cognome o ragione sociale, indirizzo, codice fsicale e partita iva) Premesso che: - Il sig ... (nome del cliente) commissionava la realizzazione di un sito web avente le specifiche indicate nel contratto sottoscritto in data XX/XX/XXXX. - Tale sito web è stato realizzato secondo le specifiche concordate e nei tempi previsti. - A fronte di tale lavoro era stato pattuito un compenso di Euro XXXX,XX come risultante dal medesimo contratto. - In data XX/XX/XXXX il sig ... (nome cliente) ha pagato un acconto di Euro XXXX,XX. (da omettere se non è stato pagato alcun acconto) - All'atto della consegna è stata emessa fattura N. XXX in data XX/XX/XXXX. (indicare gli estremi della fattura eventualmente emessa) - Nonostante il termine previsto per il saldo sia ampiamente scaduto, il sig ... (nome del cliente) non ha adempiuto al pagamento di quanto dovuto pari ad Euro XXXX,XX. - Che in data XX/XX/XXX il sottoscritto provvedeva a richiedere il pagamento a mezzo raccomandata A.R. concedendo un termine di XX giorni per l'adempimento. - Che nonostante tale richiesta il agamento non è mai pervenuto. Ricorre alla S.V. Giudice di Pace di XXXXXXXXXXX, ai sensi e per gli effetti degli artt. 633, 634 e 641 c.p.c., affinché voglia ingiungere al Sig ... (generalità del cliente complete di indirizzo di residenza o della sede legale se trattasi di società) di pagare alla ricorrente per le causali indicate in premessa, la somma di Euro XXXX,XX oltre gli interessi legali a decorrere dal XX/XX/XXXX (data di scadenza prevista per il saldo) alla data dell'effettivo soddisfo ed onorari di questo procedimento, come da nota spese allegata, fissando alla parte debitrice un termine non superiore ai quaranta giorni ai fini dell'opposizione. Si allega: - Originale del contratto / modulo d'ordine - Originale della fattura N. XXX emessa in data XX/XX/XXXX - Nosta spese eventualmente sostenute (ad es. i costi per l'assistenza di un legale nella preparazione della domanda)

Conclusioni

Chiunque abbia un lavoro indipendente incapperà, prima o poi, in un insoluto... mantenendo un alto livello di attenzione, tuttavia, è possibile abbattere il rischio effettuando una rigida selezione all'ingresso: evitate clienti che non vogliono pagare l'acconto o che chiedono sconti sull'anticipo... viceversa offrite un prezzo di favore a chi accetta di pagare un acconto sostanziale!

Ricordate che la fortuna di un impresa non è proporzionale al numero dei clienti ma alla loro qualità. Costruitevi un parco clienti affidabile ed avrete una vita lavorativa serena e senza il rischio di incappare in brutte sorprese.

(fonte: MRWebmaster)

 

 

Crookout

 

 
 
 

Usare il PC riduce la perdita di memoria negli anziani

Post n°55 pubblicato il 07 Maggio 2012 da emmedicom
 
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Secondo un recente studio, alternare uso del computer e attività fisica mantiene in forma il cervello.

Quando l'età avanza, tenere in esercizio il corpo fa bene anche alle mente, in particolare per quanto riguarda la memoria; ma la cosa migliore che si possa fare per il proprio cervello è combinare l'attività fisica con l'utilizzo di un PC.

Sono queste le conclusioni - da considerare preliminari, come avvertono i ricercatori - cui è giunto uno studio condotto dalla Mayo Clinic.

L'indagine ha coinvolto 926 persone di età compresa tra i 70 e i 93 anni cui è stato chiesto di compilare dei questionari relativi all'esercizi fisico e all'utilizzo del computer, e di sottoporsi quindi a dei test.

Le attività fisiche moderate prese in considerazione per la loro efficacia includono l'escursionismo, il golf, le camminate a passo veloce, l'aerobica, il nuoto, lo yoga, le arti marziali e il sollevamento pesi.

Quelle mentali ritenute stimolanti includono invece l'utilizzo del computer, la lettura, l'utilizzo di giochi, l'utilizzo di strumenti musicali e la riduzione del tempo passato davanti alla TV.

Il dottor Yonas Geda, autore principale dello studio, spiega che ci si è concentrati sull'uso del computer perché è risultato un'attività molto popolare.

I dati raccolti hanno mostrato che, di quanti non fanno attività fisica né utilizzano il computer, il 20,1% dimostra di avere capacità cognitive normali ma ben il 37,6% mostra un deficit moderato.

Le percentuali si possono pressoché invertire quando si considerano le persone che usano il computer e fanno attività fisica: in quel caso il 36% mostra capacità cognitive nella norma, e il 18,3% invece rivela il deficit.

Come già accennato, questi risultati non vanno considerati definitivi; i ricercatori, peraltro, non hanno considerato la quantità di tempo passata al computer, o le attività svolte, né hanno potuto stabilire l'esistenza certa di un legame tra l'uso del PC e la riduzione delle perdite di memoria. Tuttavia ritengono che quanto scoperto in questo studio meriti un ulteriore approfondimento.

 

 

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Crescita, Decrescita o più semplicemente Sviluppo Sostenibile?

Post n°54 pubblicato il 05 Maggio 2012 da emmedicom
 
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Oggi il tema di maggiore attualità si chiama "Crescita".
Tutti i partiti, le associazioni, i media e gli "opinion maker" sono d’accordo all'unisono che, dopo tante tasse e contenimento della spesa, occorre finalmente capire come sia possibile da una parte assicurare la capacità competitiva e reddituale alle nostre imprese, dall'altra la capacità del sistema economico di creare occupazione, ricchezza, capacità di spesa e di prelievo fiscale. Insomma, occorre mettere al centro del dibattito la possibilità che la tanto vituperata "economia" sia in grado di esprimere quelle valenze positive in grado di mettere in moto il paese e scongiurare il collasso del suo intero sistema politico-sociale.

Finalmente si sta cercando di evolvere il ragionamento da una base introversa puramente aritmetica di contabilità e di numeri per far quadrare i conti, a una fase estroversa ben più impegnativa di evoluzione strategica del nostro paese.
Peccato che, almeno dal nostro punto di vista, nessuno sia in grado di farlo! O meglio, nessuno ha ancora mostrato un segno forte, semplice e comprensibile di dove si debba e si possa andare in maniera certa e risolutiva. Nessuno ha esplicitato una chiara direzione evolutiva strategica in grado di rendere credibile questa nozione di "Crescita" del nostro paese.

Anche perché la stessa nozione di "Crescita" è fortemente equivoca per chi conosce i limiti planetari che sono imposti alle nostre economie di mercato (1)  e, dall'altra parte, l'opposta nozione di "Decrescita"  (2) è ancora più teorica e non realisticamente perseguibile, solo utilizzando il più semplice e banale "buon senso" di tutti noi.
In questo senso queste due nozioni sono pragmaticamente impossibili da perseguire e realizzare in un contesto di corretta e possibile pianificazione strategica "sostenibile" del nostro paese.

E allora? Cosa bisogna fare? Quale direzione certa intraprendere? Quale strategia consistente di breve periodo occorre perseguire, nella certezza dei risultati e nella consistenza di lungo periodo? Quali priorità assolute occorre dare al nostro governo al di là della confusione partitica, istituzionale e sociale che si è pesantemente manifestata recentemente?
La risposta è apparentemente semplice, e forse già in parte proposta: ridare vigore e sostegno al tessuto imprenditoriale del nostro paese delle PMI di territorio, e smetterla di ragionare in funzione delle grandi imprese (che praticamente non esistono nel nostro paese) e dei loro impraticabili modelli gestionali di natura teorica e accademica.

Basta con le "Best Practices" di chi è sempre più grande di noi. Basta con la filosofia dell'efficienza esasperata che offusca la capacità di vedere e orientare le nostre imprese. Basta con lo spauracchio della competizione di basso prezzo mai in grado di creare benessere, soddisfazione e compiacimento nei consumi e negli stili di vita. Basta con le filosofie delle delocalizzazioni produttive, dell'Outsourcing, delle Merger &  Acquisition, focalizzate solo a tagliare i costi (tagliare le teste e l'occupazione) e a magnificare gli algoritmi virtuali finanziari. Basta con la finanza speculativa - e le banche che la sostengono - che crea tanto malessere e malcostume, per non dire vera e propria delinquenza organizzata.

Occorre riappropriarci con forza delle nostre origini, delle nostre capacità tanto invidiate nel mondo, del nostro Dna territoriale e dare ossigeno alle nostre imprese, a partire dallo sblocco del credito e dei suoi vincoli internazionali.
E se le grandi banche nazionali o internazionali non lo sanno fare, rivolgiamoci alla banche più piccole del territorio, che sapranno seguirci e assisterci meglio.

Ma non basta ancora perché, come anticipato, questa svolta strategica a favore delle PMI non è sufficiente se non viene messa in parallelo alle nuove pratiche gestionali e ai modelli comportamentali di un intero sistema territoriale, per altro da noi già ben descritto anche nei suoi nuovi strumenti applicativi.
Occorre infatti essere certi di sostenere queste imprese aiutandole a identificare nuovi  possibili sbocchi commerciali in coerenza ai modelli di Economia Sostenibile che si stanno configurando nel mondo e che assicurano, da una parte, un adeguato Valore Aggiunto (3)  all'impresa e, dall'altra, vero benessere duraturo alla gente e al territorio (4).

Occorre aiutarle nel loro accorpamento e integrazione con altre realtà locali eccellenti (non fusioni, M&A, integrazioni di distretto ma, invece, solo reti di imprese eccellenti), rimettendo al centro il ruolo strategico aggregante delle amministrazioni e delle associazioni locali (e forse della politica: quella della gente responsabile locale).
Occorre permetterle di disporre di sbocchi distributivi di nuova generazione sui territori e molto più vicini ai luoghi di consumo della gente a prescindere dai "blocchi" imposti dalle centrali di acquisto delle insegne commerciali, ormai per la gran parte internazionali e collocate all'estero a protezione dei loro fornitori preferenziali e multinazionali.
Occorre dare spazio e sostegno a nuove forme di imprenditoria giovanile che, facendo perno strategico sulla maggiore richiesta di beni a elevato contenuto di immaterialità (arte, musica, spettacolo, cultura, intrattenimento, sport, beni storici, beni naturali, beni relazionali) possono sviluppare occupazione e ricchezza proprio nel territorio di appartenenza e senza importanti investimenti .

Insomma, è facile e immediatamente perseguibile un modello di sviluppo che non comporti una "Crescita" o "Decrescita" dei consumi, ma li trasformi in nuovi mercati in grado di mettere tutti d'accordo. Occorre un immediato sostegno alle PMI di territorio, tuttavia ancorato a un modello di Sviluppo Sostenibile in grado di conciliare contemporaneamente tutte le esigenze.
Sarà così possibile appagare con nuove tipologie di consumi i veri bisogni della gente con un'offerta abbondante e senza più limiti di beni ad elevato contenuto immateriale. Sarà possibile proteggere e mantenere la vitalità dell'ambiente attraverso una minore necessità di prodotti  implicanti materie prime scarse e con effetti inquinanti. Sarà possibile trasformare progressivamente la struttura delle nostre imprese nella direzione strategica di quelle in grado di creare reale ricchezza territoriale, così favorendo nuova occupazione e benessere locale. Sarà possibile, infine, riedificare una società civile che sappia finalmente garantire riconoscimento e aderenza ai solidi principi e ai valori storici e tradizionali che hanno da sempre sorretto la coesione sociale delle diverse comunità.
La direzione strategica, ricca, sostenibile, appagante e fattibile per la nostre imprese e territorio è già pronta e completa. Basta capirla e volerla perseguire senza incertezze: subito!

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1 La nozione di Crescita collegata all'attuale modello dei consumi è per definizione insostenibile nel tempo perché, in parallelo alla crescita delle popolazioni, della progressiva riduzione dei territori utili alla produzione alimentare, e al parallelo veloce depauperamento delle risorse naturali, non è possibile assicurare la possibilità di vita alle generazioni future. Addirittura, come proiettato nel diagramma dello studio dell'MIT "I limiti dello sviluppo" 1972 e oggi precisamente confermato nelle sue tendenze evolutive, questo collasso delle popolazioni potrebbe avvenire già attorno alla metà di questo secolo (vedi in proposito le affermazioni di Alberto di Fazio a pag. 28 del libro di Paolo Ricotti Sostenibilità e Green Economy - Quarto Settore - Franco Angeli 2010.)
Serge La Touche - Breve trattato della decrescita serena - Bollati Boringhieri - 2005
3 Questa nozione di Valore Aggiunto si riferisce al differenziale che c'è tra fatturato netto e costo del venduto: ciò che resta all'impresa, cioè, per coprire tutti i suoi costi di gestione interna, personale fisso, investimenti, profitto, interessi, ammortamenti, ecc. E’ una nozione di cultura di impresa, che si differenzia da quella “pubblica” che fa coincidere il Valore Aggiunto col fatturato, senza coglierne gli aspetti più significativi: si può avere, infatti, un fatturato enorme, ma se questo non genera reale e consistente V.A., quell’impresa, quello Stato, fallirà.
4 Questo modo di agire, non oneroso per le PMI e portatore di immediati risultati, è ben visibile nel testo di Paolo Ricotti appena sopra citato che raccoglie le esperienze pragmatiche gestionali e le coerenze di sostenibilità economica della  Fondazione Planet Life Economy Foundation (www.plef.org).
5 Le tipologie dei beni immateriali, sempre ben descritte nel testo della Fondazione sopra citato, sono normalmente abbondantemente disponibili in tutti i territori italiani e, essendo immateriali, non comportano investimenti, né scarsità. Sono perfetti per chi ha tante idee e pochi danari: i giovani di oggi.

 

 

 

 
 
 

Come aumentare i profitti della tua attività o professione

Post n°53 pubblicato il 01 Maggio 2012 da emmedicom
 
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Spesso imprenditori e professionisti conoscono nei minimi dettagli il prodotto o servizio, ma non sanno molto su come venderlo.

La verità è fin troppo evidente in Italia: la gente entra nel mondo degli affari, senza avere la più pallida idea su come porteranno clienti nella loro attività. E purtroppo non esistono corsi universitari o professionali dove, oltre ad insegnarti il mestiere, ti insegnano anche come ottenere una valanga di clienti per guadagnare con esso.

Il mio primo maestro puliva i vetri

E’ stato un caro amico sudamericano ad insegnarmi i primi rudimenti per aumentare i profitti e le vendite.

Fabrizio non era un Guru o un super esperto di marketing, lui puliva vetri, appartamenti e si adattava a fare qualsiasi lavoro. Ma di una cosa sono certo: ne sa più lui di marketing di quasi tutti i businessman conosciuti negli ultimi anni.

La sua scuola? Il bisogno di fare soldi per campare.
Il suo coach motivazionale? La voglia di tornare a casa, un giorno, con i soldi accumulati in 10 anni di lavoro in Italia.

3 modi per incrementare i profitti

Fabrizio, a modo suo, mi ha insegnato che ci sono solo tre modi con cui puoi aumentare i profitti:

  1. Trova nuovi clienti.
  2. Tieniti stretti quelli che già hai.
  3. Offri sempre qualcos’altro.

Allenati per massimizzare queste tre aree e la tua attività non sentirà mai la crisi.

Trova nuovi clienti

I clienti sono come i fidanzatini, a parte qualche caso cronico follemente innamorato di te, la maggior parte di loro ti frequenterà per un po’ e poi andrà via.

La gente cambia gusti, tendenze, città, vizi…  ognuno avrà una motivazione diversa per abbandonarti, per questo è importante trovare nuovi clienti per avere un riciclo continuo ogni giorno.

Tieniti stretti quelli che già hai

Non importa se hai un prodotto ad alto consumo (cibo, estetica, ecc) o che viene acquistato una volta ogni 5 anni (macchina, mobili, ecc), resta sempre in contatto con quel cliente.

Dai sempre una motivazione per tornare nel tuo negozio, studio o comunque per rimanere in contatto con te. Un omaggio, un offerta, un concorso, inventati quello che vuoi, purché una volta al mese o a settimana voi vi vediate o sentite.

I clienti sono come gli amici, se non li chiami e non ti fai sentire, prima o poi spariscono.

Offri sempre qualcos’altro

“Batti il ferro quando è caldo” – dice un detto popolare.

L’ultima volta, sono andato in un negozio per comprare un vestito e insieme al vestito mi hanno venduto camicia, scarpe, cinta e cravatta. Non avevo voglia di girare e per comodità mentale ho comprato tutto lì.

I negozi di abbigliamento, soprattutto ad alto costo, sanno come battere il ferro quando è caldo. Tradotto: ti invogliano a comprare altro quando hai già aperto il portafoglio. Una semplice strategia per aumentare le vendite che non applicano solo i negozi d’abbigliamento.

Ad esempio, osserva e impara dal tuo panettiere, salumiere, parrucchiere di fiducia, tutti quei piccoli professionisti e negozianti che ci sanno fare. Noterai che tendono spesso a offrirti qualcosa in più.

Addio crisi

Come vedi per evitare la crisi, non devi sborsare un capitale in grandi investimenti pubblicitari o applicare elaborate strategie di marketing.

Aumentare i profitti richiede pochi, ma utili, accorgimenti nelle normali attività che già svolgi giornalmente. E soprattutto devi avere due soli obiettivi nella testa: trovare nuovi clienti e aumentare le vendite.

Cosa stai facendo nella tua attività o professione per non sentire la crisi? Scrivilo qui sotto nei commenti…

( fonte: quintuplica.com )

 

 

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Start-up, è Berlino la Silicon Valley europea

Post n°52 pubblicato il 01 Maggio 2012 da emmedicom
 
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Secondo i dati di Thomson Reuters, lo scorso anno 103 start-up internet hanno ricevuto finanziamenti da parte di venture capitalist in Germania. Un dato che batte quello di qualsiasi altro Paese, Stati Uniti e Cina compresi. Non esiste un dato sugli investimenti per città, ma tutto fa pensare che Berlino sia la capitale delle giovani imprese digitali.

Dal 2008 a oggi, rivela la Camera di Commercio locale, sono state fondate 1.300 start-up internet di cui 500 solo nell’ultimo anno. Mike Butcher, direttore della testata digitale TechCrunch Europe, dà al successo di Berlino una spiegazione molto semplice: “Berlino è una città a forte vocazione internazionale, l’inglese è parlato comunemente, c’è una grande vivacità artistica e, dal punto di vista economico, trovare casa è facile e poco costoso. Una variabile ideale, quest’ultima, per chi ha pochi soldi e molte idee”.

Circa l’80% dei finanziamenti proviene da fonti internazionali. Uno squilibrio che Ciarán O’Leary, partner del fondo di venture capitalist da oltre cento milioni di dollari Earlybird, attribuisce a due variabili. La prima è una sorta di disinteresse tutto tedesco per il rischio, aggravato, in questo caso, dalla scottattura della bolla speculativa di internet.

La seconda è la lungimiranza degli investitori internazionali per i quali pochi venture capitalist significano maggiori opportunità. Lo scorso maggio, Wooga, il più grande sviluppatore europeo di social gaming, ha annunciato un giro di finanziamenti da 24 milioni dollari guidato da una società del Massachusetts. A novembre, la londinese Atomico, società di venture capitalist del co-fondatore di Skype Niklas Zennström, ha investito 4,2 milioni di dollari in 6Wunderkinder, un creatore di applicazioni di produttività come come Wunderlist, che consente di condividere liste fra i dipendenti di un’azienda.

L’interesse delle società di venture capital della Silicon Valley (e non solo) è la conseguenza della vivacità dell’iniziativa imprenditoriale che molto deve, in realtà, al sostrato culturale di una città portata allo scambio e all’incontro. È così che gli hacker Chaos Computer Club, uno dei più storici gruppi di hacker del mondo con base a Berlino, si sono ritrovati in contatto con “colleghi”, come esperti di tecnologia internazionali e ingegneri provenienti dall’università di Berlino, ma anche con designer, artisti e musicisti che da sempre affollano la città.

La piazza di internet è diventata un nuovo punto di aggregazione. Questo spiega perchè molte start-up si occupano di contenuti culturali: Gidsy, per esempio, è un mercato online dove acquistare esperienze offerte da persone comuni, come visite d’arte guidate da graffitari locali, corsi di tango o di cucina.

SoundCloud è una piattaforma di distribuzione di registrazioni audio che oggi vanta oltre dodici milioni di membri e che è anche una tra le più grandi storie di successo recenti, come dimostra l’ultimo giro di finanziamenti da dieci milioni di dollari provenienti da New York e dalla Svizzera. “L’atteggiamento di Berlino è molto punk e questo è molto importante per una start-up che, fondamentalmente, è come se dicesse: “Ho intenzione di fare le cose a modo mio”, osserva Alex Ljung, sound designer e fondatore di SoundCloud.

Adesso, c’è anche chi finanzia questa libertà.

 

 

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Rim cambia per il rilancio nuovo OS e altri Blackberry

Post n°51 pubblicato il 30 Aprile 2012 da emmedicom
 
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Dopo il cambio di guardia ai vertici, l'azienda canadese mette a punto la riscossa: in autunno nuovo software e nuovo hardware. Riprogettazione completa dell'interfaccia utente e delle funzionalità. Contrariamente al passato si punterà di più sul touch. Investimenti sulle applicazioni. E in Florida parte il Blackberry World

La voglia di Blackberry RIM di tornare a dire la sua nel segmento degli smartphone è fortissima. Ma lo è anche la concorrenza, che nel giro di qualche anno ha letteralmente scombussolato i rapporti di forza in questo mercato. Perciò l'appuntamento di Orlando, in Florida, dove da domani al 3 maggio si terrà il Blackberry World 2012, ha un che di catartico. I canadesi di Research in Motion (Rim) hanno dovuto metabolizzare la riduzione della loro fetta nel settore smartphone, che negli ultimi mesi dell'anno scorso (fonte Idc) è stimata attorno all'8,2%, ovvero un terzo di quella dichiarata da Apple. Una caduta certificata dai conti del primo trimestre del 2012  (4,2 miliardi di dollari di profitti, ovvero -19% rispetto al trimestre precedente e -25% rispetto al corrispondente periodo del 2011). Da Orlando, assicurano i vertici di Rim, partirà il rilancio in salsa canadese.

Una sterzata c'è già stata. Quasi un sisma, a dire il vero: all'inizio dell'anno i due storici co-fondatori, Mike Lazaridis e Jim Balsillie, hanno lasciato la guida dell'azienda che è così passata nelle mani del 55enne tedesco Thorsten Heins. Questi senza perdere tempo ha subito indicato quali le strade sulle quali si dovrà muovere la riscossa dei devices mobili della "mora": il

settore business, innanzi tutto, che è sempre stato il suo core business, e la sicurezza: appena qualche giorno fa Trend Micro, nota azienda del settore degli antivirus, ha indicato il BlackBerry col sistema operativo 7 come il più sicuro per uso aziendale. E qui si parla di sicurezza delle applicazioni, di difesa del sistema, di autenticazioni protette e cancellazione sicure dei dati dalla memoria dei dispositivi, tallone d'Achille di molti sistemi operativi.

Restano da capire i tempi di questa riscossa annunciata. Se tenderanno ad aumentare, lo faranno di pari passo con le perplessità. In caso contrario saremmo dinanzi a un'azienda che è nelle condizioni di offrire qualche gradita sorpresa. Di sicuro la chiave di volta non può che essere l'Os 10 che, insieme al crescente Windows Phone potrebbe far venire qualche mal di pancia ai giganti Apple e Samsung. In realtà di questo BB10 si sa davvero poco, rispetto all'attuale versione, la Blackberry 7,  è stata completamente rivoluzionata l'interfaccia utente e ottimizzate le funzioni. Non si sbaglia se si immagina che punterà molto sul touchscreen, contrariamente a quanto Rim ha fatto finora. Gli schermi dei suoi modelli - a parte alcune interessanti eccezioni - sono sempre stati più piccoli e meno usabili della concorrenza.

Per le certezze, a dar credito ad alcune indiscrezioni, dovremo aspettare soltanto qualche mese. Agosto, per l'esattezza, quando dovrebbe essere presentato ufficialmente il primo smartphone con cuore Blackberry 10 mentre il suo lancio sul mercato sarebbe fissato per ottobre 2012. Schermo ampio, naturalmente touch, forse addirittura senza tastiera fisica. Ma qui forse ci spingiamo troppo in là. sì, perché una delle ipotesi - confortate da un brevetto specifico - dà come possibile l'avvento di una nuova tastiera a scomparsa, che ruotando si muoverebbe in più direzioni fino a scomparire dietro allo stesso smartphone.

L'ultimo capitolo è quello delle applicazioni, nota non sempre accordata nell'offerta dell'azienda canadese. L'esperimento Mobile Fusion - strumento a disposizione degli amministratori IT aziendali per incorporare dispositivi iOs e Android (e naturalmente smartphone e tablet di Rim) all'interno dell'ecosistema Blackberry - è certamente lodevole. Allo stesso modo la possibilità per il tablet Blackberry Playbook, di utilizzare anche applicazioni Android. Di sicuro Rim si sta preparando a investire, e anche parecchio, nelle sue applicazioni avendo già reclutato un numero consistente di sviluppatori in vista del lancio di Blackberry 10. La qualità dell'hardware e la sicurezza del sistema operativo possono fare molto, ma alla fine a decidere la fortuna o meno di un prodotto in un mercato estremo e sensibile ai cambiamenti come quello degli smartphone sono loro, le applicazioni. Tante e in grado di rispondere a tutte le esigenze dell'utente. Che ci si trovi in ambito business o consumer ormai non fa più tanta differenza. La strada del successo passa da quelle parti.

 

 

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