Vorrei proporre le mie riflessioni sul caso Alitalia allargandole al rapporto tra mercato e meritocrazia:
1.] per il caso Alitalia non doveva essere nominato un “commissario”, ma un buon manager [come Marchionne, Enrico Bondi o Scaroni], magari anche un docente esperto in strategia aziendale, oppure affidare la compagnia a un dipartimento universitario di economia aziendale [Bocconi, Ca Foscari, Padova].
2.] qui, in città, un solo cinema multisala ha cancellato dal mercato numerosi cinema storici, e gli ipermercati, in periferia, che sorgono di continuo [ce ne sono quattro], stanno mettendo in difficoltà i negozi del centro storico: da questo punto di vista, la competizione, la concorrenza e la globalizzazione appaiono come principii eversivi e anarchici, rispetto all’ordine sociale.
3.] in realtà, dal punto di vista scientifico, forse la meritocrazia si sposa meglio con la pianificazione che con il libero mercato: la prima può stabilire graduatorie di merito e di precedenza, nel secondo tutti i concorrenti [come sta accadendo in città con gli ipermercati], approfittando della “libertà” del “libero mercato”, si mettono tacitamente d’accordo per alti prezzi e bassa qualità. Sanzionarli non è sempre possibile, perché l’accordo può anche non esistere: tutti gli operatori puntano sui grandi spazi, non interessa loro il singolo prodotto ma la massa venduta per una offerta comunque vantaggiosa perché amplissima e quindi psicologicamente irrinunciabile [il consumatore, che entra in un ipermercato la domenica, si sente come in un paradiso pieno di luci e colori].
4.] il merito, da questo punto di vista [come nel caso del cinema multisala], non deve consistere nell’idea vincente, nella strategia e nella concorrenza [anche uno scansafatiche ha buone idee, ma, solo per esse, non va di certo premiato], ma solo nella fatica del lavoro e nella fatica dello studio, da premiare come attestati, rispettivamente, dalla quantità di lavoro svolta e degli esami superati.
5.] il punto di vista degli economisti liberisti [che sono solo di sinistra] è ben comprensbile e condivisibile: solo nella concorrenza si scaricano le tensioni sociali. Ma il mercato non è meritocratico: esso, in quanto libero, funziona per cooptazione. Le tensioni devono potersi scaricare nella fatica, non nell’anarchia sociale della competizione.
7.] l’idea del mercato perfetto è quella di tanti operatori piccoli, tali che tutti hanno protagonismo. Questo io ritengo si possa ottenere solo nella pianificazione del mercato, che costringa gli operatori a rimanere piccoli e quindi a operare nel locale. Diversamente, la scala globale delle transazioni presuppone la grande dimensione, cioè l’oligopolio e il monopolio. Essi sono anche molto positivi, ma dipende dal settore dell’attività. Per alcune attività, come quelle agricole e piccolo-manifatturiere, lo stato [e le autorità competenti a livello internazionale] dovrebbero costringere gli operatori ad agire solo su scala locale.