Creato da estremalatitudine il 19/06/2008

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La festa

Post n°236 pubblicato il 13 Settembre 2010 da estremalatitudine

Se una amica ti invita ad una festa non ci vai? specie se l'amica è simpatica e le serate con lei e suo marito sono sempre state divertenti?

E poi me l'aveva detto con così tanto anticipo che, anche volendo, trovare una scusa sarebbe stato difficile, imbarazzante.

Quando poi alla fine della telefonata aveva aggiunto che la festa era senza mariti o fidanzati la cosa era risultata ancora più strana, divertente, eccitante.

Alla fine il giorno, quel giorno arrivò in un attimo. Un venerdì sera. Suo marito a casa con i ragazzi e lei, vestita di tutto punto, dritta alla festa.

L'appuntamento era alle dieci e mezza. Si ballerà, aveva detto l'amica. Senza fidanzati e mariti? E con chi, si era chiesta.

Il marito, quando glielo aveva detto, era stato sarcastico. Poi aveva finto buonismo e aveva lanciato là un "sì, va bene, vai pure a divertirti con le tue amiche, per una volta"

In effetti non capitava spesso. Anzi mai. Specie da quando erano nati i ragazzi. Serate con amici. Pizze. Ristoranti. Cinema. Qualche festa, certo, ma tutto rigorosamente in coppia o adirittura con tutta la famiglia.

Prima qualche volta, ma anche lì, non spesso. Non era una grande amante delle uscite per sole donne, ma quella volta, non avrebbe saputo dire, perché, forse solo per la simpatia verso l'organizzatrice, quella volta era stato diverso.

Forse aveva ragione quel suo collega, un maiale, quando diceva che le donne tornano a voler vivere arrivate ai quaranta, quando i ragazzini sono ormai grandicelli e il loro compito di mamme è ormai diventata routine. Per la verità, quello si esprimeva in tutt'altra maniera. Diventano zoccole, diceva. Ma non era certo il suo caso. Mai tradito il marito, neanche col pensiero, anche se doveva ammettere con se stessa che ultimamente qualche ideuzza in più le era venuta di tanto in tanto, specie al mare, sdraiata al sole, quando passava qualche ragazzotto senza pancia e con dei bei pettorali, ma niente di che, momenti, come un piccolo batticuore, una leggera eccitazione, poi niente.

Insomma quella sera era pronta. Stava per uscire. Aveva driblato gli sguardi curiosi di suo marito che l'aveva osservata lavarsi, vestirsi e truccarsi con cura. D'altronde si sa, gli disse, che non c'è critica più feroce di quella delle amiche.

Aveva messo in borsetta, di nascosto, delle calze autoreggenti. Era stata una richiesta esplicita della sua amica. La festa delle autoreggenti, le aveva detto, ma lei non se l'era sentita di mettersele lì in casa con marito davanti. Le metteva pochissimo e di solito era sempre finita che avevano fatto all'amore.

Arrivata alla festa, prima di entrare, chiese dove era una toilette e lì si tolse i collant e indossò le autoreggenti. Meno male, perché la prima cosa che fece la sua amica con una bella risata grassa quando la vide, fu di alzarle la gonna e controllare che il suo ordine fosse stato rispettato.

Poi la fece entrare nel salone pieno di amiche arrivate prima. Bevevano. Ridevano. Si guardavano in giro. Di uomini neanche l'ombra. Era sempre più curiosa. Andò incontro ad una sua carissima amica che baciò e prese sotto braccio. "E' tanto che sei qui?" "Dieci minuti" "Ma come funziona?" "Non ne ho la più pallida idea. forse è solo una maniera per farci metterci in lungo e farci spendere un po' di soldi in vestiti, scarpe e autoreggenti." "Non ci sono abituata" "Ma se hai delle gambe stupende! Starai benissimo"

Il salone era grande, arredato con poltrone soffici, lettini, e grandi tende rosso cremisi. Dietro il bancone del bar solo belle ragazze giovani, con le camicette bianche e le tette discretamente di fuori. Si rimproverò di non aver messo quell'altro vestito più scollato. Non sapeva se aveva davvero gambe stupende, ma non era certa di avere un bel decoltè.

il seno era sempre stato il suo pezzo forte e nonostante gli anni resisteva egregiamente, come suo marito non mancava di farle notare. Non era il solo.

Anche il DJ era una donna, con una minigonna ridicola, tacchi altissimi con zeppa e camicetta aperta sul petto. Si agitava al ritmo della musica.

Preso un bicchiere di prosecco si mise a passeggiare per l'enorme sala. Qualcuna si era seduta con qualche amica sui divanetti senza spalliere. Comodi, pensò, comodissimi.

Quache altra si era allungata sulle poltrone profondissime e aveva cercato si accavallare le gambe scoprendo abbondantemente le cosce.

Che fosse una festa per lesbiche, si chiese. Impossibile. La sua amica, l'organizzatrice, era per certo non di quella sponda, anzi. Aveva marito e ridendo ogni tanto diceva "amanti".

Ad un certo punto le luci si spensero completamente e una voce roca annunciò che stava per arrivare una gioia per gli occhi e non solo.

La voce proseguì: "Signore, state ferme, immobili, aspirate, sentite il profumo che vi arriva e cercate di riconoscerlo."

Era un profumo forte. Non avrebbe saputo dire di che cosa o a cosa assimigliasse. Non era certo uno di quelli in commercio. L'avrebbe saputo, avendo una profumeria.

Aveva resine, ordore di bruciato, era secco, aspro, anche se aveva un fondo di dolce. Ne uscivano delle quantità enormi che in breve invasero tutta la grande sala. Incominciarono a sentirsi i sussurri delle altre e le voci che si chiedevano cosa fosse. Su una cosa erano tutte concordi. Era un profumo maschile, anzi per la verità l'unica cosa certa era che ricordava immediatamente l'odore di un uomo, di un maschio.

La voce riprese: "Ed ora sentite!"

Battiti di mano, forti, ritmiche e tacchi, tacchi spessi su un pavimento di legno, come musica zigana, come musica per un flamenco o per l'introduzione di un tango.

Le voci delle altre invitate si era zittite. Solo quanche risatina. Di quelle stupide, da ragazzina imbarazzata.

La voce: "Ed ecco!"

Un faro la acceccò. Si chiese perché proprio lei. Poi la luce si spense e se ne accesero altre, altrettanto forti, bianche, accecanti, lungo una pedana di legno rosso.

Intanto la musica continuava e il profumo, se possibile, aumentava ancora di intensità. Sentiva quasi venirle il mal di testa, che le passò immediatamente quando al centro della sala, apparso dal nulla come un miracolo, si materializzò un uomo giovane, muscoloso, con un sorriso abbagliante, quasi quanto la luce che lo carezzava, dalla pelle leggermente scura. Completamente nudo.

Due passi. Un tuono. E nello stesso punto di prima un altro. Più alto, altrettanto giovane, nudo anche lui. E poi un altro, e un altro e un altro e un altro ancora. In breve tutta la sala nella sua lunghezza fu separata in due da questa pedana sulla quale stavano questi uomini, giovani, muscolosi, sorridenti, stroffottenti (qualcuno) e completamentente nudi.

Protetta dall'oscurità se li guardò ben bene. Inevitabile la discesa al pene e alle sue varie grandezze. In generale sembravano tutti ben dotati, salvo un asiatico che nonostante di altezza fosse simile agli altri sembrava leggermente meno dotato. Al contrario al centro della pedana, e quindi della sala, si era piazzati tre negroni enormi, un bel dieci o venti centimetri più alti degli altri che, a vederli da lontano, possedevano tre attrezzi di dimensioni considerevoli.

La musica cambio in un valzer lento e gli uomini iniziarono a camminare scambiandosi il posto. Era tutta una delizia di spalle, di culi e di cazzi che ciondolavano lasciandosi ammirare in tutta la loro naturale possanza.

Quel valzer durò un bel pezzo, tanto che dopo poco, qualcuno le avvicinò una poltroncina, sulla quale lei si sedette comoda a godersi lo spettacolo.

Ovviamente non aveva mai visto nulla di simile. Un tale portento di eleganza dei corpi. Istitivamente nel perdersi ad osservare uno che non aveva notato prima, poi, dopo poco, tornava a cercare con lo sguardo quello dei negri che l'aveva colpita di più e ne osservava ancora una volta il pene, nero e spaventoso, con la cappella scoperta rosso intenso, quasi che il fissarglielo la tranquillizzasse.

Dopo una buona mezz'ora di quel movimento, la luce accecante che avvolgeva il palco un poco si spense e in compenso si accesa una luce bianco latte, soffusa e diffusa che rischiarò un minimo la sala.

Vide che anche le altre si erano sedute su quelle poltroncine miracolosamente apparse. Si alzò. Una ragazza le si avvicinò e ritirò prontamente la poltroncina.

Gli uomini avevano smesso di stare in quella lunga fila ed ora si aggiravano tra di loro, sempre completamente nudi.

Uno le si parò anche davanti, ma lei abilmente lo scivò e si mise a camminare. Poco più in là un cappannello chiaccherava. Di già. Si disse. Erano due signore elegantemente vestite e uno dei tre negri che conversavano della stranezza di quella festa. Buon gustaie, pensò. E si fermò dietro di loro. Gentilemente il cerchio ci aprì e l'ammisero alla conversazione. Lui parlava un eccellente italiano e dopo aver detto che non aveva la più pallida idea di come la festa si sarebbe svillupata in seguito proseguì con osservazione divertenti sulle sorprese come sale della vita.

Si allontanò dopo aver salutato.

Quel genere di cappannelli si erano formati ovunque. Nonostante l'apparente normalità (a parte la nudità maschile) avvertiva una sensibile eccitazione da parte delle signore. Si ricordò sempre quel suo collega, quello che era un maiale, che diceva che le donne eccitate emettono un odore che eccita ul maschio.

Se era vero, i signori ignudi avevano un ottimo self control, perché camminando su e giù non aveva notato nessuna turbolenza in atto. Aveva notato, invece, qualche unghia laccata di rosso un pochino troppo vicina a qualche oggetto del desiderio, un polpastrello lasciato carezzare una coscia, una palmo di una mano ingioiellata, che tra una risata e l'altra con eleganza si era poggiata sui pettorali del cavaliere presente.

Sempre camminando avvertì anche come i discorsi dalla festa in generale avessero pian piano virato su argomenti più scabrosi, ovviamente sempre grazie a qualche battuta femminile, buttata là con un sorriso smagliante.

Nel suo camminare incocciò l'organizzatrice, che prendendola per le spalle e avvicinandole il viso all'orecchio le sussurrò "stasera mi tolgo proprio l'appetito"

Ovviamente non poteva essere stato quello il segnale, ma fatto sta, che al gruppetto successivo notò che il signore, un bel ragazzo biondo che dal fisico asciutto e longilineo poteva essere qualcuno che correva in atletica, bé sì insomma lui, si era rizzato e la sua vicina di destra glielo teneva saldamente tra le dita.

Di lì a poco i baci, anche appassionati, si sprecarono. Gli uomini baciavano tutte quelle che glielo chiedevano o facevano capire loro di volerlo. Molti si erano già alzati. Qualche mano femmminile si allungò sulle chiappe di qualcuno.

Dopo dieci minuti, la voce annunciò "la festa si trasferisce nel salone accanto. Per le signore che lo desiderino a sinistra dell'uscita, vicino alla toilette, c'è uno spogliatoio dove a richiesta verrà data la chiave di un armadio.  In esso, troverete, se lo desiderate, un accapatoio di seta"

Gli uomini sparirono più veloci della luce seguiti da uno sciame di signore sui loro tacchi alti.

Lei era indecisa. Aveva visto abbastanza, anche se una occhiatina più da vicino al signore di colore che l'aveva così colpita l'avrebbe data volentieri.

Decise di trasferirsi anche lei di là, ma senza svestirsi.

Di là era orgia. I lettini aveva lasciato il posto a veri e propri letti e per terra c'erano cuscini di seta daperttutto.

Molte stavano assaggiando il frutto della passione. Qualcuna era già passata ad argomenti più forti.

Lei si aggirò alla ricerca dell'oggetto del suo desiderio.

Immaginava di non essere la sola e affrettò il passo. In effetti, lui stava già subendo le avances di una bionda di mezza età piuttosto abbondante di peso. Una roba inguardabile. Li lascò tranquilli un pochino (notando con un sentimento tra il raccapriccio e l'eccitazione che quella mentro lo baciava glielo menava lentamente), poi si avvicinò e carezzò la spalla di lui che si girò lasciando l'altra a fare quello che voleva. La guardò e lei allungando una mano gli carezzò una spalla scendendo poi al torace. Era così alto che per farlo aveva dovuto alzare tutto il braccio, nonostante i suoi bei tacchi dodici.

Lui si girò completamente verso di lei, che notò che quell'altra a quel punto si era dovuta staccare. Ne fu intimamente contenta. Lui si abbassò e la baciò profondo. Aveva una lingua grossa e calda e ruvida, con la quale dopo il bacio prese a leccarle le labbra. Rabbrividì all'idea. Lo lasciò fare un poco. Non sapeva come fare. Voleva guardarglielo, guardarglielo per bene, senza fretta, ma senza fargli un pompino, forse, solo guardarlo. Dopo un poco lo interruppe e lo prese per mano. Quello si fece guidare come un bambino. In un agono si fermarono e lei glielo prese in mano osservando le sue reazioni. Il suo viso era immobile. Maledisse l'idea di non togliersi il vestito, ma sarebbe stato troppo. Certo. Troppo. Però adesso non ce la faceva a chinarsi, neanche quel poco che serviva, tenuto conto dell'altezza di lui. Il cazzo infatti le stava appena sotto le tette. Lo guardò dall'altro. Era quello che si aspettava. Là in fila sembrava un re ed era un re. Moriva dalla voglia di menarlo. Non osava. Era come bloccata. Lui lo capì e prese a muoversi lui, come una danza, così che lei tenendolo solo in mano ne sentì e apprezzò la consistenza e le nervature.

"va a fa in culo" si disse, abbassandosi e prendendo a leccarglielo con passione. Era un lago. Temeva di macchiarsi. Si tirò su il vestito fino a dove poteva. Sui fianchi. Sì la passera era libera. Riprese a succhiarglielo. Era al settimo cielo. Non aveva mai succhiato altri cazzi. Una benedizione. Finalmente. Si disse.

Quando lui venne lei riuscì a scostarsi per non farsi macchiare e subito dopo stringendo le cosce venne cercando di contenere i mugolii. Poi riabassando l'abito, gli passò un dito sulla cappella ancora gocciolante e con un sorriso se lo portò alle labbra, senza leccarlo, ma solo passandoselo sopra, come un rossetto. Ripetè la cosa ancora una volta, gli diede un bacino (lui si abbassò per riceverlo) e se ne andò felice.

Quella notte dormì i sonni del giusto, con tremendi sensi di colpa il mattino dopo.

L'amica la tranquillizzò. Non c'era da vergognarsi per niente. Mica erano dei prostituti. "No?" "ma no, assolutamente. Anzi adesso che me ne parli, ma sai che uno di quelli di colore mi ha chiesto di una come te? Potresti essere tu, no?"

Lei si sentì svenire.

 

 

 

 
 
 
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