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favole e scorpioni

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INSENSIBILE

Post n°57 pubblicato il 20 Gennaio 2008 da fabio1972dgl

Sei un pagliaccio. Ti manca solo il naso rosso, ma non fa nulla, così com'è è ugualmente ridicolo.
Hai la mimica del buffone. La tua bocca piccola può diventare enorme smorfia che fa ridere.
Si, sei un autentico clown.
Sfotti tuo padre e tua madre. Sfotti te stesso.
Anche quel giorno al funerale di tuo zio, giù in Calabria, hai riso.

Dopo due ore abbondanti di messa il prete chiede ai parenti più stretti di avvicinarsi all'altare. Ti aggreghi anche tu. "Ci canteranno una canzone, o faranno un applauso" pensi. Invece no: tutto il paese ordinatamente in fila va a porgere ai famigliari le più sentite condoglianze: questa l'usanza.
Ci sono almeno mille persone, e voi siete una ventina intorno all'altare. Mille per venti, queste sono le strette di mano che dovrai contare prima di essere libero. Non ci credi. "Ma che è sta roba?" ti chiedi.
Il rito inizia.
"Condoglianze"
"Grazie"
Uno ad uno sfilano tutti. La stanchezza già al culmine fiacca tutte le tue resistenze, ma inesorabile la tragicommedia continua il suo corso.
"Condoglianze", "Grazie".
Osservi la gente affluire, ma le persone che escono dalla chiesa sono sempre meno di quelle che entrano. Sei incredulo, è la prima volta che vedi i calabresi rispettare una coda, una precedenza, una regola. Giusto quel giorno, che fortuna.
"Condogliaze", "Grazie".
Spossato cominci a lamentare dolori, fastidi alle gambe e un certo formicolio al collo.
"Hey, ma questo fa il furbo, è la seconda volta che passa" così dici a tuo cugino che trattiene un mezzo sorriso.
Non tu, tu non trattieni nulla, tu ridi.
Un'ora è passata e la tortura non è nemmeno giunta a metà. La stanchezza e la noia strozzano le parole e "condoglianze" e "grazie" vengono via via storpiate e sostituite.
"Condoglianze", "grazie". In principio.
"Condoglinz", "razie". Dopo la prima ora.
"Anz", "azie" .Dopo la seconda.
"Azz", "azz" . Fino alla fine, bis compresi.
La chiesa è un eccheggiare di "azz". "Azz", "azz". "Azz, Azz".
Ti giri verso tuo cugino e dici " Qua se ci sono cazz sono solo quelli del morto"
Lui ride. Tu singhiozzi, e non stai piangendo.
Alla fine distratto anzichè il solito "grazie" ti scappa un "auguri".

Quel giorno c'era l'assemblea in fabbrica. Il Supremo Direttore Generale, Capo Organizzativo, Impresario Economico, Dottore Ecumenico in Alte Scienze ne era il relatore. Dopo una predica di un'ora sull'importanza della pulizia e dell'ordine in fabbrica, sugli sforzi dell'azienda nell'ottenere ogni possibile certificazione europea, sulla centralità di avere impianti il più possibile puliti per accaparrare nuovi clienti tu, e solo tu tra duecento, hai sentito l'esigenza di porre la seguente domanda:
"Allora la pizza non si può più mangiare in reparto?" Risate ed occhi esterrefatti.
In un'altra assemblea tenuta dai sindacati si parlava di fondi pensioni e TFR. Hai giocato col cellulare polverizzando ogni record, hai richiamato alla mente la formazione scudetto dell'inter del '78 e vaffanculo non ti ricordavi  il numero 7. Hai perso conoscenza dopo l'ennesima percentuale sparata a cazzo e ti sei ripreso solo perchè il tuo vicino di sedia nel russare ti ha svegliato.
Ad un tratto quel tuo collega vecchio magro e gracilino, quello dall'aspetto sempre provato,  quello sicuramente malato, con poche belle speranze per il futuro alza la mano ed epone la sua questione con un filo di voce. Forse già l'ultimo che esalerà.
"Io non ho capito, ma i miei soldi a chi andranno?". Chiede con l'affanno.
Rispondi tu : " Alla tua badante".
Risate. Qualcuno ti da dello stronzo.

Sono mesi che tuo padre ha un forte dolore ad una gamba. Problemi di circolazione. Una trombosi che per fortuna ha creato solo minimi problemi. Punture sul pancione e calza elastica questa la terapia.
Tra la pancia, il dolore alla gamba e l'età non più verde indossare quella calza per tuo padre è un vero e proprio supplizio. Così ogni mattina passa almeno quaranta minuti in bagno solo per mettersi addosso quella dannata cosa.
Quella sera tua madre non sta bene, ha la pressione alta, a 240. Ha la testa a palloncino. Bisogna correre al pronto soccorso. Bisogna fare in fretta. Non c'è tempo da perdere. Non ci sono domande da farsi l'un l'altro. Bisogna andare. La situazione è tesa e critica. Ti metti il giaccone senza nemmeno allacciarlo, ti pettini i quattro peli in testa con le mani. Non ti lavi nemmeno i denti.
"Ma io mi sono appena tolto la calza, che faccio la rimetto?". Chiede tuo padre.
Tu gliela sfili dalle mani e fai finta di mettertela sopra jeans: "Su, la metto io, così facciamo prima".
Avete riso in ascensore tutti e tre. Avete appannato lo specchio dal ridere.
Avete corso ridendo fino alla macchina. Tutti insieme, tu, papà con il trombo, e mamma a palloncino.

Si, sei ridicolo. Invece di dedicare il tempo dovuto alla preghiera, al pensiero, o quanto meno al silenzio, tu ridi. Ti prendi gioco degli altri, delle situazioni.
Sei un autentico pagliaccio.
Dio, non ti perdonerà.
Sarà lui, a prenderti per il culo. E tu che dirai quel giorno?

"Mio Signore, perdono, volevo solo morire dal ridere".



 
 
 
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