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Tramonti

Post n°116 pubblicato il 07 Dicembre 2009 da guerrinob

L'ora africana più bella è quella del tramonto. L'aria rinfresca e le zanzare non sono ancora entrate in azione. Me la godo sempre nelle vicinanze del pozzo, dove si radunano  donne e  bambini. Questi si contendono la possibilità di starmi più vicino possibile, possibilmente addosso.

Arriva Ze, con la corporatura di un metalmeccanico veneto. Mi fa capire che ha delle piantine di pulga. Mi accompagna nel cortile della sua moranza dove vedo delle meravigliose piantine di trenta, quaranta centimetri. Sono cresciute spontaneamente in un angolo, dove erano stati depositati dei rami con frutto. Mi dice di prenderle tutte. Dico che fa sera e verrò domani. Lui domani ha un impegno di lavoro, ma di fare io liberamente. Lo ringrazierò con un paio di sapato, visto che le sue infradito hanno due buchi, che superano in percentuale la superficie residua della suola.

Dopo cena, di solito, cerchiamo di stazionare negli angoli ventilati. Un po' di brezza ci attira fuori dal caldo delle stanze a farci pungere dalle zanzare.

Metto scarpe alte. Qualche volta anche le ghette che adoperavo in montagna in inverno e nuvole di autan. Ciò nonostante le mie caviglie sembrano una grattugia. Il loro prurito, una tosse secca dovuta alla polvere de Africa e il caldo non facilitano il sonno. Mi sveglio ripetutamente anche a mezzanotte, perchè nella gara di resistenza all'aperto, difficilmente superiamo le ventidue. E se il primo sonno finisce intorno a mezzanotte è difficile avere pensieri sufficienti a riempire le altre sette ore, fino al levar del sole. Alternative nessuna. Fuori i moschitos sono in attesa. Dentro siamo senza luce e l'utilizzo della pila disturberebbe il riposo di Pino. Mi conforto con la protezione della zanzariera, pensando che il prurito residuo, quello delle punture pregresse,  sparirà nel giro di poche settimane.

Stassera siamo andati a vedere i lottatori. I ragazzi del villaggio hanno una piccola arena, dieci metri di terreno circolare, libero da sterpi, a trenta metri dalla scuola, nella vicinanza del pozzo portoghese con pompa, che serve a pulirli dalla povere e dal sudore a fine allenamento. Ci sarebbe la luna, ma è velata dalle nuvole. Poco importa trovano a memoria il corpo dell'avversario e si confrontano a lotta libera con buona tecnica. Nn piffero, suonato da un loro compagno, incita ora una coppia ora un'altra.

La speranza che le zanzare in presenza di tanti corpi giovani, sudati e seminudi trovino di meglio è vana. Si appassionano alle mie mani, che non so dove nascondere.

Intenti a guardare il loro accanimento sportivo, ci raggiunge una telefonata di padre Eugenio. Ha avuto lo spostamento di alcuni impegni e mi invita a fermarmi a Nhoma, mentre Pino e Felipe vanno a Bissau. Mi accompagnerà a Comura, il lebbrosario, ora ospedale polivalente, il più grande della Guinea, che fu la prima sede dei missionari francescani italiani. Per primi arrivarono due frati veneti, che erano stati espulsi dal Tibet ai tempi di Mao.

 

 

 
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